Il ribasso del prezzo del petrolio – che porta il costo del
barile a 30,94 euro nei primi undici giorni di gennaio 2016 – riduce la
bolletta petrolifera: negli ultimi dodici mesi il saldo del commercio estero di
petrolio greggio e prodotti petroliferi raffinati scende a -17,1 miliardi di
euro, pari al -1,0% del Pil; per ritrovare un peso della bolletta petrolifera
inferiore bisogna tornare al 1999.
La fase ribassista del prezzo del petrolio riduce i costi di
trasporto delle imprese, accompagnando la ripresa in corso: all’11 gennaio 2016
il costo del gasolio per una impresa manifatturiera, al netto dell’Iva, è di
1,022 euro/litro. La pressione del fisco attenua la ricaduta del ribasso del
prezzo del petrolio sui prezzi dei carburanti: l’Italia, infatti, si colloca al
14° posto tra i 19 Paesi dell’Eurozona per prezzo industriale del gasolio ma
balza al 2° posto del prezzo comprensivo di accisa, la più alta dell’Eurozona;
infine il prezzo al consumo, comprensivo di Iva, in Italia è il più alto
dell’Uem, dato che l’Italia è al 2° posto in Eurozona per prelievo dell’Iva.
Un effetto negativo del calo del prezzo del petrolio è dato
dalla debolezza della domanda dei Paesi produttori: mentre a novembre 2015 le
vendite del made in Italy salgono del 6,4% rispetto a novembre 2014, l’export
cede del 10,5% nei Paesi OPEC – Algeria, Angola, Arabia Saudita, Ecuador,
Emirati Arabi Uniti, Iraq, Kuwait, Libia, Nigeria, Qatar, Repubblica islamica
dell’Iran e Venezuela – e segna un calo del 6,8% in Russia; su base
annua, nei tredici Paesi in esame equivale ad una riduzione dell’export del 2,7
miliardi di euro.
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