Monitorare a distanza di cinque anni dalla introduzione
della legislazione dello strumento, le caratteristiche sia quantitative sia
qualitative, anche attraverso una indagine sul campo, dei contratti di rete
realizzati dalle nostre imprese. Tutto ciò analizzandone le criticità e
individuando delle proposte di policy che possano facilitarne l’utilizzo,
favorendone anche l’impatto economico. Questo l’obiettivo dello studio promosso
da Unimpresa e realizzato da studiosi provenienti da varie discipline
(economisti, aziendalisti e giuristi) con il coordinamento dell’esperto
Giuseppe Capuano che verrà presentato domani a Napoli in un convegno
organizzato con la Camera di commercio e col patrocinio del ministero per lo
Sviluppo economico.
Subito dopo il saluto del presidente della Camera di
commercio di Napoli, Maurizio Maddaloni, i lavori saranno introdotti dal
presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. Seguirà il dibattito sul libro
“Imprese e territorio nel Contratto di rete”. Discuteranno Giuseppe Capuano
(economista ed esperto del ministero per lo Sviluppo economico, Maria
Antonietta Conte (esperta del movimento cooperativo dello stesso dicastero),
Annalisa Tunisini (ordinario di economia e gestione delle imprese
all’Università Cattolica di Milano), Tommaso Arrigo (docente di diritto privato
all’Università di Genova), Luciano Consolati (professore di geografia politica
ed economica all’Università Guglielmo Marconi di Roma), Giuseppe Granata
(docente di comunicazione d’impresa all’Università di Cassino).
Con lo Small business act dell’Unione europea, accanto alla
“politica industriale” più vicina alle esigenze della medio-grande azienda, è
stata introdotta una “nuova politica produttiva” riferita alle micro e piccole
imprese. La base è formata prevalentemente da imprese terziarie, artigiane,
manifatturiere, della filiera agroalimentare. Gli interventi mirano ad
affiancare e rafforzare le misure adottate nell’ambito della “politica
industriale”, secondo il principio di “filiera produttiva” e delle reti di
impresa. Il “modello rete” è stato individuato come il modello organizzativo
tra quelli maggiormente rispondenti alle esigenze delle nostre piccole imprese
che potesse più facilmente favorire il superamento delle carenze strutturali
presenti nel sistema produttivo.
Secondo lo studio, il concetto di rete rappresenta un
possibile ed efficace approccio alle questioni sollevate in precedenza. La rete
vuol dire interdipendenza stabile e governata, che affida a un legame
affidabile la possibilità di usare al meglio – in termini di risultati
economici – la conoscenza posseduta dai suoi singoli nodi.
L’analisi si muove su tre piani differenti ma collegati tra
loro: il primo è un tentativo di incrociare i percorsi di sviluppo locale,
territori e settori produttivi con la formazione e lo sviluppo dei Contratti di
rete. In questa sede si mette in evidenza l’importanza del territorio e delle
politiche di sviluppo locale nell’utilizzo del Contratto di rete e come
quest’ultimo sia condizionato positivamente e caratterizzato dalle
specializzazioni settoriali regionali a dal livello di sviluppo raggiunto dai territori
di appartenenza; il secondo piano dell’analisi sottolinea l’ importanza dei
percorsi intrapresi dalle singole imprese con un approccio di tipo
giuridico-aziendalistico, secondo il quale il Contratto di rete, come un
“organismo vitale”, segue un suo “ciclo di vita” che ne diversifica fasi e ne
qualifica i comportamenti; il terzo piano dell’analisi mette in evidenza le
differenze all’interno delle politiche di sviluppo regionale di due regioni
importanti quali la Lombardia, con il Progetto Ergon, e la Campania.
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