Alla
base della colpevolezza dell’imprenditrice, gli ermellini hanno richiamato la
violazione delle norme che, in materia di sicurezza, prevedono espressamente
che le vie di circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine e rampe di
carico, devono essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i veicoli
possano utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla loro
destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste vie di
circolazione non corrano alcun rischio.
Le
predette zone di pericolo, inoltre, devono essere segnalate in modo chiaramente
visibile.
Corte di Cassazione - Sentenza n.24202 del 5 giugno
2015
Ritenuto in
fatto
1. Con sentenza
del 31/1/2014 la Corte di Appello di Palermo confermava la condanna di T.C. per
il delitto di lesioni colpose in danno di S.S. (acc- C. il 18/9/2008).
All'imputata era stata addebitato che, in quantità di legale rapp.te della
s.r.l. "G in violazione dell'art. 64 d.lgs. 81 del 2008, aveva consentito
che nelle aree dello stabilimento, ove vi era traffico veicolare e di
autocarri, non fossero segnalate vie di circolazione per i pedoni (con apposite
strisce), così che il pedone S. veniva investito dall'autocarro condotto da un
dipendente della società, provocandogli lesioni che determinavano l'amputazione
dell'arto inferiore sinistro. Osservava la Corte che:
- la
ricostruzione dell'incidente era stata resa possibile dalle indagini svolte sia
dai locali Carabinieri che dall'A.S.L;
- funzionari
dell'ASL, avevano provveduto a verbalizzare la violazione dell'art. 64-68 d.lgs
cit. a carico della società;
- dai verbali
degli organi di controllo (Carabinieri ed ASL) risultava che negli spazi
aziendali non vi erano strisce pedonali e l'incidente si era verificato mentre
la vittima stava attraversando il parcheggio, dopo avere lasciato in sosta il
suo motoape;
- la presenza
delle vie sicure di attraversamento avrebbe evitato l'evento.
2. Avverso la
sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputata,
lamentando:
2.1. la erronea
applicazione della legge ed il vizio della motivazione. Invero le aree di
circolazione dei pedoni erano oggetto di segnalazione verticale, inoltre due
dipendenti aziendali erano deputati a gestire il traffico nel piazzale; la
disposizione dell'art. 64 cit. non prevedeva alcun obbligo di predisposizione
di strisce pedonali, da questo punto di vista la contestazione era
assolutamente generica; il S. non doveva trovarsi nel luogo dell'incidente,
inoltre considerato che era stato investito con la ruota posteriore destra, ciò
lasciava trasparire una sua disattenzione nell'attraversamento;
2.2. la
violazione di legge, per essere stato condannato alla rifusione delle spese
processuali della parte civile, senza che la vittima si fosse costituita parte
civile nel processo.
Considerato in
diritto
1. Il ricorso è
infondato.
2. Va premesso
che la sicurezza dei luoghi di lavoro trova una specifica disciplina nel d.lgs.
81 del 2008 agli artt. 62 e seg.
Più in
particolare, l'art. 63, al primo comma, dispone che i luoghi di lavoro devono
essere conformi ai requisiti indicati nell'allegato IV.
L'art. 64, lett.
a (richiamata in fatto nel capo di imputazione, come rilevato dai giudici di
merito), dispone che è obbligo del datore di lavoro di provvedere a che i
luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all’articolo 63, commi 1, 2
e 3.
Per quel che qui
interessa, il richiamo operato all'allegato IV (disciplinante i requisiti dei
luoghi di lavoro) è riferito specificamente ai punti 1.4.1. e 1.4.8.
Tali regole di
sicurezza prevedono che:
- 1.4.1. Le vie
di circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine e rampe di carico,
devono essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni 0 i veicoli possano
utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla loro
destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste vie di
circolazione non corrano alcun rischio;
- 1.4.8. Le zone
di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile.
3. Da tali
disposizioni si rileva che l'assenza di segnaletica orizzontale, segnalante il
percorso sicuro destinato ai pedoni nell'area di parcheggio aziendale,
impegnata da intenso traffico veicolare, come rilevato in modo conforme da
entrambi i giudici di merito ha costituito una violazione di specifiche regole
cautelari, nonché di ordinaria diligenza, che hanno concretizzato il rischio
che le dette misure miravano ad evitare.
Inoltre, come
osservato nella sentenza impugnata ed in quella di primo grado, la circostanza
che le norme di sicurezza impongano una segnalazione "chiaramente
visibile", porta ad escludere che a tal fine fossero sufficienti cartelli
in posizione verticale, essendo la segnaletica orizzontale quella
immediatamente percepibile da parte di pedoni e conducenti di veicoli.
Quanto alla
invocata negligenza della vittima (ed a quella dell'investitore) quali cause
escludenti la responsabilità dell'imputata, va osservato che le nome di sicurezza
mirano a prevenire situazioni di pericolo che sono determinate in primo luogo
proprio dalla disattenzione dei soggetti coinvolti. Pertanto la negligenza dei
due protagonisti dell'incidente, ai fini di prevenzione, non può essere
considerato un fatto imprevedibile (cfr. ex plurimis, Sez. 4, Sentenza n. 47146
del 29/09/2005 Ud. (dep. 23/12/2005), Rv. 233186).
Infine, in
ordine alla lamentata genericità del capo di imputazione, va osservato che la
sua mera lettura consente di cogliere la analiticità della contestazione; in
ogni caso il fatto contestato ha consentito l'esercizio del diritto di difesa
in entrambi i giudizi di merito nel corso dei quali l'imputata ha avuto ben
contezza dei rilievi mossi a suo carico.
Le doglianze
rivolte alla sentenza su tali punti sono pertanto da ritenersi infondate.
4. Quanto alla
censura relativa all'erronea condanna al pagamento delle spese in favore della
parte civile, non costituita, tale erronea pronuncia è stata già emendata dalla
Corte di merito, con ordinanza di correzione di errore materiale emessa in data
27/3/2014 ed annotata in calce alla sentenza.
Si impone per
quanto detto il rigetto del ricorso.
Segue, ai sensi
dell'art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
Rigetta il
ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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