Provvedimento
di sospensione dell’attività imprenditoriale ex art. 14 del Dlgs. n. 81/2008 -
Decisione della DIL Milano, prot. n. 1701 del 2.03.2015, di accoglimento del
ricorso ex art. 14, comma 9 D.lgs. il 81/2008
Risposta
a nota prot. 1561 del 3.03.2015
Si
riscontra la nota del 3 marzo u.s., concernente l’esatta individuazione della
cd. micro impresa e le categorie di prestatori di lavoro computabili ai fini
dell’adozione del provvedimento di sospensione, al fine di fornire, in merito,
le seguenti valutazioni.
Ai
sensi dell’art. 14, comma 1, del D.lgs. n. 81/2008, i requisiti per l’adozione
del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale sono
individuati:
a)
nell’impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in
misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul
luogo di lavoro;
b)
nonché in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della
salute e della sicurezza sul lavoro [...]
Unicamente
nell’ipotesi di lavoro irregolare, il D.lgs. n. 106/2009, con l’art. 11, comma
1, lett. e) ha introdotto, nel medesimo art. 14, il comma 11-bis, stabilendo
una deroga alla adozione del provvedimento di sospensione qualora il lavoratore
irregolare risulti l’unico occupato dall’impresa.
La
scrivente Direzione ha in proposito emanato due circolari - n. 30/2008 e n.
33/2009 - in cui, nell’esaminare i presupposti per l’adozione del
provvedimento, con particolare riguardo al calcolo di detta percentuale, ha
affrontato il tema dell’impiego dei lavoratori "in nero",
specificando che devono considerarsi tali anche "tutti i soggetti comunque
riconducibili all’ampia nozione di cui all’art. 2, comma 1, lett. a), del
D.lgs. n. 81/2008, rispetto ai quali non si sia provveduto a formalizzare il
rapporto, comprendendovi anche i soggetti che pur risultando indicati nella
visura CCIAA in quanto titolari di cariche societarie svolgono attività
lavorative a qualsiasi titolo...".
Da
tale indicazione si è argomentata l’automatica computabilità, nel novero dei
"lavoratori", dei soci, anche investiti di particolari poteri, che
svolgono attività lavorativa a favore dell’impresa.
È
opportuno in tale sede, al fine di chiarire e delimitare il concetto sopra
formulato, richiamare la definizione di "lavoratore" contenuta
nell’art. 2, comma 1, lett. a), del D.lgs. n. 81/2008, in cui tale qualifica si
attribuisce alla "persona che, indipendentemente dalla tipologia
contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di
un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo
fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione [...] Al lavoratore
così definito è equiparato il socio lavoratore di cooperativa o di società,
anche di fatto che presta la sua attività per conto delle società e dell’ente
stesso;".
L’enunciato
sembra porre, a ben vedere, la persona del lavoratore in una posizione di
alterità, all’interno dell’organizzazione aziendale, rispetto alla figura
datoriale. Anche la successiva equiparazione, al lavoratore così definito dalla
norma, del socio lavoratore "che presta la sua attività per conto delle
società [...]" non muta la prospettiva di una necessaria dissociazione tra
la figura del lavoratore e quella del datore, all’interno della compagine
aziendale, pur nell’ipotesi di un’attività lavorativa prestata da uno o più
soci.
Nello
stesso senso sembra deporre il tenore letterale dell’art. 14, comma 11-bis, del
D.lgs. n. 81/2008, ove e previsto che "il provvedimento di sospensione
nelle ipotesi di lavoro irregolare non si applica nel caso in cui il lavoratore
irregolare risulti l’unico occupato dall’impresa".
Sembra
pertanto corretto porre in evidenza la sostanziale diversità che intercorre tra
coloro che, prestando attività lavorativa a favore dell’impresa, rivestono la
carica di amministratori, e sono dotati, pertanto, dei tipici poteri datoriali,
e chi invece, pur appartenendo alla compagine societaria, non dispone di tali
poteri gestori.
Nel
primo caso, come sopra evidenziato, non sussiste la necessaria dissociazione
tra le figure di datore e prestatore di lavoro e, pertanto, non è possibile
computare tali soggetti nella categoria dei "lavoratori", ai fini
richiesti dalla legge.
Pertanto,
i soci amministratori che prestano attività lavorativa in azienda non andranno
computati nel calcolo della percentuale dei lavoratori complessivamente
"occupati" ai fini della adozione del provvedimento di sospensione.
Ne consegue che tale esclusione opera anche nell’eventualità in cui venga
rilevata la presenza di un solo lavoratore "in nero" alla luce di
quanto previsto all’art. 14 comma 11-bis del D.lgs. n. 81/2008 con conseguente
inapplicabilità del provvedimento di sospensione.
Per
contro, i soci lavoratori cui non spetta l’amministrazione o la gestione della
società, non disponendo dei poteri datoriali tipici, dovranno essere computati
agli effetti di cui sopra.
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