Nel
caso di specie, il Tribunale di Mantova aveva respinto l’opposizione proposta
dall’azienda avverso la cartella esattoriale con cui le era stato intimato il
pagamento in favore dell’Inail di somme a titolo di imposizione contributiva in
relazione a quanto corrisposto ai dipendenti a titolo di indennità di
trasferta.
Detta
pronuncia era stata confermata anche dalla Corte di Appello di Brescia.
Nel
pervenire alla reiezione del gravame proposto dalla società, la Corte
territoriale aveva richiamato innanzitutto i presupposti dell’indennità di
trasferta, ravvisabili nell’esistenza di una sede abituale di lavoro ove viene
resa la prestazione, e nel comando temporaneo di eseguire la prestazione presso
un luogo diverso, nonché la ratio
dell’emolumento, volto a compensare il maggior disagio della prestazione resa
al di fuori della principale sede lavorativa.
Si
tratta di presupposti che, ad opinione della Corte del merito, debbono essere
effettivi, atteso che, diversamente, nella
specie l’erogazione dell’emolumento non soggiaceva a quella finalità
risarcitoria che avrebbe giustificato l’esonero dall’obbligo contributivo,
avendo assunto, altresì, una natura integralmente
retributiva.
Stando
ai verbali di accertamento ispettivo dell’Inail e a quello emesso dalla Guardia di Finanza, infatti, risultava
ordinariamente corrisposto ai dipendenti, il pagamento di ore settimanali
inferiori a quelle previste dal c.c.n.l. di settore, mancando una correlazione
fra ore pagate ed indennità di trasferta.
Precisando
che l’onere di provare la sussistenza di una ipotesi di esenzione totale o
parziale dalla contribuzione è a carico del datore di lavoro che la invoca, la
Corte distrettuale aveva ritenuto che la società non avesse adempiuto ad un
simile obbligo, non avendo allegato, ne’
provato, che le ore indicate in busta paga fossero diverse da quelle stimate
dagli ispettori e corrispondenti a quelle previste dal c.c.n.l., ne’ che vi
fosse corrispondenza fra ore di lavoro e le
indennità di trasferta.
Avverso
tale decisione, la società aveva proposto ricorso per Cassazione e, ricordando
che l’art.51 del D.P.R. n.917/1986 esclude dal reddito imponibile le indennità
percepite per trasferte o missioni svolte al di fuori del territorio comunale, aveva
ribadito che gli importi a tale titolo
erogati ai dipendenti non sarebbero assoggettabili a contribuzione, gravando
comunque sull’Istituto l’onere di provare che le somme in questione non fossero
state corrisposte a titolo di indennità di trasferta, bensì a titolo di
retribuzione per l’attività di lavoro svolta.
In
sostanza, la ricorrente aveva negato che, nella specie, sussistessero elementi
sufficienti per ritenere che le somme versate a titolo di indennità di trasferta
celassero il pagamento di ore di lavoro straordinario.
Quella
appena espressa, tuttavia, è una censura che la Cassazione ha ritenuto priva di
fondamento.
Nella
premessa, gli ermellini hanno riepilogato che l’opposizione alla cartella
esattoriale risultava fondata sulla contrapposizione, al diritto dell’Inps di
pretendere il versamento della contribuzione in misura intera,
del diritto del datore di lavoro all’applicazione di un beneficio comportante la riduzione del carico contributivo, in
relazione alle supposte trasferte svolte dai dipendenti.
Sul
punto, la Suprema Corte ha richiamato il principiò generale più volte enunciato
dalla giurisprudenza, secondo cui, laddove si versi in situazione di eccezione
in senso riduttivo dell’obbligo contributivo, grava sul soggetto che intenda
beneficiarne l’onere di provare il possesso dei requisiti che, per legge,
attribuiscono il diritto all’esonero (o alla detrazione) di volta in volta
invocata (1).
Nel
solco tracciato da questo principio, può dunque affermarsi che spetta al datore
di lavoro che pretenda di avere accesso ai benefici contributivi previsti in
caso di trasferta dei dipendenti o di rimborso per spese di viaggio, dimostrare
la causa dell’esonero dell’assoggettamento a contribuzione.
Sulla
scorta di tali rilievi, pertanto, la pronuncia impugnata resta immune dalle
censure mosse dalla ricorrente.
Valerio
Pollastrini
1)
-
cfr, “ex plurimis” Cass., Sentenza n.5137/2006;
Cass., Sentenza n.16351/2007; Cass., Sentenza n.499/2009; Cass., Sentenza
n.21898/2010;
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