Si
tratta degli schemi di decreto legislativo, rispettivamente, sul riordino delle
discipline contrattuali e sulla tutela e conciliazione delle esigenze di cura,
vita e di lavoro.
In
relazione al primo, si riporta la versione integrale del “testo organico semplificato delle
tipologie contrattuali e revisione della disciplina delle mansioni”, recante novità
sostanziali in ambito di part-time, lavoro a chiamata, contratti a termine,
somministrazione, apprendistato, Co.co.co, false Partita Iva, associazione in
partecipazione, lavoro accessorio e disciplina delle mansioni.
Schema di Decreto Legislativo recante il testo
organico delle tipologie contrattuali e la revisione della disciplina delle
mansioni, in attuazione della Legge n.183 del 10 dicembre 2014
IL PRESIDENTE
DELLA REPUBBLICA
VISTI gli
articoli 76, 87, quinto comma, della Costituzione;
VISTO l’articolo
1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183, che, allo scopo di rafforzare
le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in
cerca di occupazione, nonché di riordinare i contratti di lavoro vigenti per
renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto
occupazionale e produttivo e di rendere più efficiente l’attività ispettiva,
delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi, di cui uno recante
un testo semplificato delle discipline delle tipologie contrattuali e dei
rapporti di lavoro;
VISTO l’articolo
1, comma 7, lettera a), recante il criterio di delega volto a individuare e
analizzare tutte le forme contrattuali esistenti, ai fini di poterne valutare
l'effettiva coerenza con il tessuto occupazionale e con il contesto produttivo
nazionale e internazionale, in funzione di interventi di semplificazione,
modifica o superamento
delle medesime
tipologie contrattuali;
VISTO l’articolo
1, comma 7, lettera b), recante il criterio di delega volto a promuovere, in
coerenza con le indicazioni europee, il contratto a tempo indeterminato come
forma comune di contratto di lavoro rendendolo più conveniente rispetto agli
altri tipi di contratto in termini di oneri diretti e indiretti;
VISTO l’articolo
1, comma 7, lettera d), recante il criterio di delega volto a rafforzare gli
strumenti per favorire l’alternanza tra scuola e lavoro;
VISTO l’articolo
1, comma 7, lettera e), recante il criterio di delega volto a revisionare la
disciplina delle mansioni, in caso di processi di riorganizzazione,
ristrutturazione o conversione aziendale individuati sulla base di parametri
oggettivi, contemperando l'interesse dell'impresa all'utile impiego del
personale con l'interesse del lavoratore alla tutela del posto di lavoro, della
professionalità e delle condizioni di
vita ed
economiche, prevedendo limiti alla modifica dell'inquadramento e a prevedere
che la
contrattazione collettiva, anche aziendale ovvero di secondo livello, stipulata
con le organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria
possa individuare ulteriori ipotesi;
VISTO l’articolo
1, comma 7, lettera h), recante il criterio di delega volto a prevedere, tenuto
conto di quanto disposto dall'articolo 70 del decreto legislativo 10 settembre
2003, n. 276, della possibilità di estendere, secondo linee coerenti con quanto
disposto dalla lettera a) del presente comma, il ricorso a prestazioni di
lavoro accessorio per le attività lavorative discontinue e occasionali nei
diversi settori produttivi, fatta salva la piena tracciabilità dei buoni lavoro
acquistati, con contestuale rideterminazione contributiva di cui all'articolo
72, comma 4, ultimo periodo, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;
VISTO l’articolo
1, comma 7, lettera i), recante il criterio di delega relativo all’ abrogazione
di tutte le disposizioni che disciplinano le singole forme contrattuali,
incompatibili con le disposizioni del testo organico semplificato, al fine di
eliminare duplicazioni normative e difficoltà interpretative e applicative;
VISTA la
preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione
del……;
ACQUISITI i
pareri delle competenti commissioni parlamentari della Camera dei deputati e
del Senato della Repubblica;
VISTA la
deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del…..;
Sulla proposta
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali
EMANA
il seguente
decreto legislativo
TITOLO I -
LAVORO SUBORDINATO
CAPO I
Art.1 -
Contratto a tempo indeterminato
1. Il contratto
di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di
rapporto di lavoro.
CAPO II
Sezione I -
LAVORO A TEMPO PARZIALE
Art.2 - Definizioni
1. Nel rapporto
di lavoro subordinato, anche a tempo determinato, l'assunzione può
avvenire a tempo
pieno o a tempo parziale.
2. Ai fini della
disciplina della presente sezione si intendono per:
a) «tempo pieno»
l'orario normale di lavoro di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto
legislativo 8 aprile 2003, n. 66, o l'eventuale minor orario normale fissato
dai contratti collettivi applicati;
b) «tempo
parziale» l'orario di lavoro, fissato dal contratto individuale, cui sia tenuto
un lavoratore, che risulti comunque inferiore a quello indicato nella lettera
a);
c) «rapporto di
lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale» quello in cui la riduzione di
orario rispetto al tempo pieno è prevista in relazione all'orario normale
giornaliero di lavoro;
d) «rapporto di
lavoro a tempo parziale di tipo verticale» quello in relazione al quale risulti
previsto che l'attività lavorativa sia svolta a tempo pieno, ma limitatamente a
periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell'anno;
e) «rapporto di
lavoro a tempo parziale di tipo misto» quello che si svolge secondo una
combinazione delle due modalità indicate nelle lettere c) e d);
f) «lavoro
supplementare» quello corrispondente alle prestazioni lavorative svolte oltre
l'orario di lavoro concordato fra le parti ai sensi dell'articolo 3, comma 2,
ed entro il limite del tempo pieno;
g) «contratti
collettivi» i contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati da
associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali
stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalle rappresentanze
sindacali unitarie.
Art.3 - Forma e contenuti del contratto di lavoro a
tempo parziale
1. Il contratto
di lavoro a tempo parziale è stipulato in forma scritta ai fini della prova.
2. Nel contratto
di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della
prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell'orario con
riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno.
Art.4 - Modalità del rapporto di lavoro a tempo
parziale. Lavoro supplementare, lavoro straordinario, clausole flessibili ed
elastiche
1. Nelle ipotesi
di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale il datore di lavoro ha la
facoltà di richiedere lo svolgimento di prestazioni supplementari nel rispetto
di quanto previsto dai commi che seguono.
2. I contratti
collettivi stabiliscono il numero massimo delle ore di lavoro supplementare
effettuabili, nonché le conseguenze del suo superamento.
3.
L'effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare richiede il consenso del
lavoratore interessato ove non prevista e regolamentata dal contratto
collettivo.
4. I contratti
collettivi possono prevedere una percentuale di maggiorazione sull'importo
della retribuzione oraria globale di fatto, dovuta in relazione al lavoro
supplementare. I contratti collettivi possono anche stabilire che l'incidenza
della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti
e differiti sia determinata convenzionalmente mediante l'applicazione di una
maggiorazione forfettaria sulla retribuzione dovuta per la singola ora di
lavoro supplementare.
5. Nel caso in
cui il contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro non contenga una
specifica disciplina del lavoro supplementare, nei rapporti di lavoro a tempo
parziale di tipo orizzontale il datore di lavoro può richiedere al lavoratore
lo svolgimento di prestazioni di lavoro supplementare in misura non superiore
al 15 per cento delle ore di lavoro settimanali concordate. In tale ipotesi il
lavoro supplementare è retribuito con una percentuale di maggiorazione
sull'importo della retribuzione oraria globale di fatto pari al 15 per cento,
comprensiva dell'incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli
istituti retributivi indiretti e differiti.
6. Nel rapporto
di lavoro a tempo parziale verticale o misto è consentito lo svolgimento di
prestazioni lavorative straordinarie.
7. Nel rispetto
di quanto previsto dai contratti collettivi le parti del contratto di lavoro a
tempo parziale possono concordare, per iscritto, clausole flessibili relative
alla variazione della collocazione temporale della prestazione stessa. Nei
rapporti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto possono essere
stabilite, per iscritto, anche clausole elastiche relative alla variazione in
aumento della durata della prestazione lavorativa. I contratti collettivi
stabiliscono:
1) condizioni e
modalità in relazione alle quali il datore di lavoro può modificare la
collocazione temporale della prestazione lavorativa;
2) condizioni e
modalità in relazione alle quali il datore di lavoro può variare in aumento la
durata della prestazione lavorativa;
3) i limiti
massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione lavorativa;
4) condizioni e
modalità che consentono al lavoratore di richiedere l'eliminazione ovvero la
modifica delle clausole flessibili e delle clausole elastiche stabilite ai
sensi del presente comma.
8. L'esercizio
da parte del datore di lavoro del potere di variare in aumento la durata della
prestazione lavorativa, nonché di modificare la collocazione temporale della
stessa comporta in favore del prestatore di lavoro un preavviso, fatte salve le
intese tra le parti, di due giorni lavorativi, nonché il diritto a specifiche
compensazioni, nella misura ovvero nelle forme fissate dai contratti
collettivi.
9. Nel caso in
cui il contratto collettivo applicato al rapporto non contenga una specifica
disciplina delle clausole flessibili ed elastiche, le parti del contratto di
lavoro a tempo parziale possono concordare, avanti alle commissioni di
certificazione di cui all’articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre
2003, n. 276, clausole flessibili relative alla variazione della collocazione
temporale della prestazione lavorativa e, nei rapporti di lavoro a tempo
parziale di tipo verticale o misto, clausole elastiche relative alla variazione
in aumento della stessa. Le predette clausole prevedono, a pena di nullità, le
condizioni e le modalità con le quali il datore di lavoro, con preavviso di due
giorni lavorativi, può modificare, la collocazione temporale della prestazione
e variare in aumento la durata della stessa, nonché la misura massima
dell’aumento, che non può eccedere il limite del 25 per cento della normale
prestazione annua a tempo parziale. Le modifiche dell’orario di cui al periodo
che precede comportano il diritto del lavoratore ad una maggiorazione della
retribuzione oraria pari al 15 per cento, comprensiva dell'incidenza della
retribuzione sugli istituti retributivi indiretti e differiti.
10. Ferme
restando le ulteriori condizioni individuate dai contratti collettivi ai sensi
del comma 7, n. 4, al lavoratore che si trovi nelle condizioni di cui
all'articolo 6, commi da 3 a 5, della presente disciplina, ovvero in quelle di
cui all'articolo 10, primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, è
riconosciuta la facoltà di revocare il consenso prestato alla clausola
flessibile o elastica.
Art.5 - Trattamento del lavoratore a tempo parziale
1. Il lavoratore
a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al
lavoratore a tempo pieno comparabile, intendendosi per tale quello inquadrato
nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dai
contratti collettivi per il solo fatto di lavorare a tempo parziale.
2. Il lavoratore
a tempo parziale ha i medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno
comparabile ed il suo trattamento economico e normativo è riproporzionato in
ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa. I contratti collettivi
possono modulare la durata del periodo di prova e quella del periodo di
conservazione del posto di lavoro in caso di malattia ed infortunio qualora
l'assunzione avvenga con contratto a tempo parziale di tipo verticale.
Art.6 - Trasformazione del rapporto
1. Il rifiuto
del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in
rapporto a tempo parziale, o viceversa, non costituisce giustificato motivo di
licenziamento.
2. Su accordo
delle parti risultante da atto scritto è ammessa la trasformazione del rapporto
di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale.
3. I lavoratori
del settore pubblico e del settore privato affetti da patologie oncologiche
nonché da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, per i quali
residui una
ridotta capacità lavorativa, eventualmente anche a causa degli effetti
invalidanti di terapie salvavita, accertata da una commissione medica istituita
presso l'azienda unità sanitaria locale territorialmente competente, hanno
diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a
tempo parziale verticale od orizzontale. A richiesta del lavoratore il rapporto
di lavoro a tempo parziale è trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a
tempo pieno.
4. In caso di
patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti
riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore o della
lavoratrice, nonché nel caso in cui il lavoratore o la lavoratrice assista una
persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, che assuma
connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5
febbraio 1992, n. 104, alla quale è stata riconosciuta una percentuale di
invalidità pari al 100 per cento, con necessità di assistenza continua in
quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, è riconosciuta
la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo
parziale.
5. In caso di
richiesta del lavoratore o della lavoratrice, con figlio convivente di età non
superiore a tredici anni o con figlio convivente portatore di handicap ai sensi
dell'articolo 3 della legge n. 104 del 1992, è riconosciuta la priorità nella
trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
6. Il lavoratore
che abbia trasformato il rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro
a tempo parziale ha diritto di precedenza nelle assunzioni con contratto a
tempo pieno per l'espletamento delle stesse mansioni o di quelle equivalenti a
quelle oggetto del rapporto di lavoro a tempo parziale.
7. Il lavoratore
può chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale spettante ai
sensi del Capo V del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, la
trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo
parziale per un periodo corrispondente, con una riduzione d’orario non
superiore al 50 per cento.
8. In caso di
assunzione di personale a tempo parziale il datore di lavoro è tenuto a darne
tempestiva informazione al personale già dipendente con rapporto a tempo pieno
occupato in unità produttive site nello stesso ambito comunale, anche mediante
comunicazione scritta in luogo accessibile a tutti nei locali dell'impresa ed a
prendere in considerazione le eventuali domande di trasformazione a tempo parziale
del rapporto dei dipendenti a tempo pieno. I contratti collettivi possono
individuare criteri applicativi con riguardo a tale disposizione.
9. Il rifiuto
del lavoratore di concordare variazioni dell’orario di lavoro non costituisce
giustificato motivo di licenziamento.
Art.7 - Criteri di computo dei lavoratori a tempo
parziale
1. Ai fini della
applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la
quale sia
rilevante il computo dei dipendenti del datore di lavoro, i lavoratori a tempo
parziale sono
computati in proporzione all'orario svolto, rapportato al tempo pieno. Al fine,
l'arrotondamento opera per le frazioni di orario eccedenti la somma degli orari
a tempo parziale corrispondente a unità intere di orario a tempo pieno.
Art.8 - Sanzioni
1. In difetto di
prova in ordine alla stipulazione a tempo parziale del contratto di lavoro, su
domanda del lavoratore è dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto
di lavoro a tempo pieno, fermo restando, per il periodo antecedente alla data
della pronuncia giudiziale, il diritto alle retribuzioni ed al versamento dei
contributi dovuti per le prestazioni effettivamente rese.
2. Qualora nel
contratto scritto non sia determinata la durata della prestazione lavorativa,
su domanda del lavoratore è dichiarata la sussistenza fra le parti di un
rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla data della sentenza. Qualora
l'omissione riguardi la sola collocazione temporale dell'orario, il giudice
determina le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a
tempo parziale con valutazione equitativa, tenendo conto in particolare delle
responsabilità familiari del lavoratore interessato, della sua necessità di
integrazione mediante lo svolgimento di altra attività lavorativa, nonché delle
esigenze del datore di lavoro. Per il periodo antecedente alla data della
pronuncia della sentenza, il lavoratore ha in entrambi i casi diritto, in
aggiunta alla retribuzione dovuta per le prestazioni effettivamente rese, alla
corresponsione di un ulteriore emolumento a titolo di risarcimento del danno.
3. Lo
svolgimento di prestazioni elastiche o flessibili senza il rispetto delle
condizioni, delle modalità e dei limiti previsti dalla legge o dai contratti
collettivi comporta a favore del prestatore di lavoro il diritto, in aggiunta
alla retribuzione dovuta, alla corresponsione di un ulteriore emolumento a
titolo di risarcimento del danno.
Art.9 - Disciplina previdenziale
1. La
retribuzione minima oraria, da assumere quale base per il calcolo dei contributi
previdenziali dovuti per i lavoratori a tempo parziale, si determina
rapportando alle giornate di lavoro settimanale ad orario normale il minimale
giornaliero di cui all'articolo 7 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463,
convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, e
dividendo l'importo così ottenuto per il numero delle ore di orario normale
settimanale previsto dal contratto collettivo nazionale di categoria per i
lavoratori a tempo pieno.
2. Gli assegni
per il nucleo familiare spettano ai lavoratori a tempo parziale per l'intera
misura settimanale in presenza di una prestazione lavorativa settimanale di
durata non inferiore al minimo di ventiquattro ore. A tal fine sono cumulate le
ore prestate in diversi rapporti di lavoro. In caso contrario spettano tanti
assegni giornalieri quante sono le giornate di lavoro effettivamente prestate,
qualunque sia il numero delle ore lavorate nella giornata. Qualora non si possa
individuare l’attività principale per gli effetti dell'articolo 20 del testo
unico delle norme sugli assegni familiari, approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797, e successive modificazioni, gli
assegni per il nucleo familiare sono corrisposti direttamente dall'INPS.
3. La retribuzione
dei lavoratori a tempo parziale a valere ai fini dell'assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali è uguale alla retribuzione
tabellare prevista dalla contrattazione collettiva per il corrispondente
rapporto di lavoro a tempo pieno. La retribuzione tabellare è determinata su
base oraria in relazione alla durata normale annua della prestazione di lavoro
espressa in ore. La retribuzione minima oraria da assumere quale base di
calcolo dei premi per l'assicurazione di cui al presente comma è stabilita con
le modalità di cui al comma 1.
4. Nel caso di
trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a
tempo parziale e viceversa, ai fini della determinazione dell'ammontare del
trattamento di pensione si computa per intero l'anzianità relativa ai periodi
di lavoro a tempo pieno e proporzionalmente all'orario effettivamente svolto
l'anzianità inerente ai periodi di lavoro a tempo parziale.
Art.10 - Lavoro a tempo parziale nelle
amministrazioni pubbliche
1. Ai sensi
dell'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le
disposizioni della presente sezione si applicano, ove non diversamente
disposto, anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche, con esclusione di quelle contenute nell’articolo 8, e, comunque,
fermo restando quanto previsto da disposizioni speciali in materia.
Sezione II -
LAVORO INTERMITTENTE
Art.11 - Definizione e tipologie
1.Il contratto
di lavoro intermittente è il contratto, anche a tempo determinato, mediante il
quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può
utilizzare la prestazione lavorativa nei limiti di cui all’articolo 12.
2.Le
disposizioni della presente sezione non trovano applicazione nei confronti
delle pubbliche amministrazioni.
Art.12 - Casi di ricorso al lavoro intermittente
1. Il contratto
di lavoro intermittente può essere concluso per lo svolgimento di prestazioni
di carattere discontinuo o intermittente, secondo le esigenze individuate dai
contratti collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale o territoriale, anche con riferimento alla
possibilità di stipulare tale contratto in periodi predeterminati nell'arco
della settimana, del mese o dell'anno. In mancanza di contratto collettivo,
all’individuazione dei casi di utilizzo del lavoro intermittente si provvede
con decretomnon
regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
2. Il contratto
di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con soggetti con più
di 55 anni di età e con meno di 24 anni di età, fermo restando in tale caso che
le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il venticinquesimo anno
di età.
3. In ogni caso,
con l'eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello
spettacolo, il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun
lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente
non superiore a quattrocento giornate di effettivo lavoro nell'arco di tre anni
solari. In caso di superamento del predetto periodo il relativo rapporto si
trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.
4. È vietato il
ricorso al lavoro intermittente:
a) per la
sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
b) presso unità
produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a
licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio
1991, n. 223,
che abbiano
riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il
contratto di lavoro intermittente ovvero presso unità produttive nelle quali
sia operante una sospensione del lavoro o una riduzione dell'orario, in regime
di cassa integrazione guadagni, che interessino lavoratori adibiti alle
mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;
c) da parte di
datori di lavoro che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi
dell'articolo 28 e seguenti del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e
successive modificazioni.
Art.13 - Forma e comunicazioni
1. Il contratto
di lavoro intermittente è stipulato in forma scritta ai fini della prova dei
seguenti elementi:
a) durata e
ipotesi, oggettive o soggettive, previste dall'articolo 12, che consentono la
stipulazione del contratto;
b) luogo e
modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del
relativo preavviso di chiamata del lavoratore che non può essere inferiore a un
giorno lavorativo;
c) trattamento
economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e
relativa indennità di disponibilità, ove prevista;
d) forme e
modalità, con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l'esecuzione
della prestazione di lavoro, nonché delle modalità di rilevazione della
prestazione;
e) tempi e
modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità;
f) misure di
sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in
contratto.
2. Fatte salve
previsioni più favorevoli dei contratti collettivi, il datore di lavoro è
altresì tenuto a informare con cadenza annuale le rappresentanze sindacali
aziendali o le rappresentanze sindacali unitarie, ove esistenti, sull'andamento
del ricorso al contratto di lavoro intermittente.
3. Prima dell'inizio
della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata
non superiore a trenta giorni, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la
durata con modalità semplificate alla Direzione territoriale del lavoro
competente per territorio, mediante sms o posta elettronica. Con decreto di
natura non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di
concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione,
possono essere individuate modalità applicative della disposizione di cui al
precedente periodo, nonché ulteriori modalità di comunicazione in funzione
dello sviluppo delle tecnologie. In caso di violazione degli obblighi di cui al
presente comma si applica la sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400
in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione. Non
si applica la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto
legislativo 23 aprile 2004, n. 124.
Art.14 - Indennità di disponibilità
1. Nel contratto
di lavoro intermittente è stabilita la misura della indennità mensile di
disponibilità, divisibile in quote orarie, corrisposta al lavoratore per i
periodi nei quali ha garantito la disponibilità al datore di lavoro. La misura
dell’indennità è prevista dai contratti collettivi e, comunque, non è inferiore
a quanto previsto con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, sentite le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative
sul piano nazionale.
2. L'indennità
di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto
collettivo.
3. Sulla
indennità di disponibilità di cui al comma 1 i contributi sono versati per il
loro effettivo ammontare, anche in deroga alla vigente normativa in materia di
minimale contributivo.
4. In caso di
malattia o di altro evento che renda temporaneamente impossibile rispondere
alla chiamata, il lavoratore è tenuto a informare tempestivamente il datore di
lavoro, specificando la durata dell'impedimento. Nel periodo di temporanea
indisponibilità non matura il diritto alla indennità di disponibilità. Ove il
lavoratore non provveda all'adempimento di cui al periodo precedente, perde il
diritto alla indennità di disponibilità per un periodo di quindici giorni,
salva diversa previsione del contratto individuale.
5. Le
disposizioni di cui ai commi da 1 a 4 si applicano soltanto nei casi in cui il
lavoratore si obbliga contrattualmente a rispondere alla chiamata del datore di
lavoro.
In tal caso, il
rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può costituire un motivo di
licenziamento e comportare la restituzione della quota di indennità di
disponibilità riferita al periodo successivo all'ingiustificato rifiuto.
6. Con decreto
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze, è stabilita la misura della retribuzione
convenzionale in riferimento alla quale il lavoratore intermittente può versare
la differenza contributiva per i periodi in cui ha percepito una retribuzione
inferiore a quella convenzionale ovvero ha usufruito della indennità di
disponibilità fino a concorrenza del medesimo importo.
Art.15 - Principio di non discriminazione
1. Il lavoratore
intermittente non deve ricevere, per i periodi lavorati, un trattamento
economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore
di pari livello, a parità di mansioni svolte.
2. Il
trattamento economico, normativo e previdenziale del lavoratore intermittente è
riproporzionato, in ragione della prestazione lavorativa effettivamente
eseguita, in particolare per quanto riguarda l'importo della retribuzione
globale e delle singole componenti di essa, nonché delle ferie e dei
trattamenti per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale,
maternità, congedi parentali.
3. Per tutto il
periodo durante il quale il lavoratore resta disponibile a rispondere alla
chiamata del datore di lavoro non matura alcun trattamento economico e
normativo, salvo l'indennità di disponibilità di cui all’articolo 14.
Art.16 - Computo del lavoratore intermittente
1. Ai fini della
applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la
quale sia rilevante il computo dei dipendenti del datore di lavoro, il
lavoratore intermittente è computato nell'organico dell'impresa in proporzione
all'orario di lavoro effettivamente svolto nell'arco di ciascun semestre.
CAPO III -
LAVORO A TEMPO DETERMINATO
Art.17 - Apposizione del termine e durata massima
1. È consentita
l'apposizione di un termine al contratto di lavoro subordinato, di durata non
superiore a trentasei mesi.
2. Fatte salve
diverse disposizioni di contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle
associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale, e con l’eccezione delle attività stagionali di cui all’articolo 19,
comma 2, la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo
stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione
di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni equivalenti ed
indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro, non
può superare i trentasei mesi. Ai fini del computo di tale periodo si tiene
altresì conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni equivalenti,
svolti tra i medesimi soggetti, nell’ambito di somministrazioni di lavoro a
tempo determinato. Qualora il limite dei trentasei mesi sia superato, per
effetto di un unico contratto o di una successione di contratti, il rapporto di
lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di tale superamento.
3. Fermo quanto
disposto al comma 2, un ulteriore contratto a tempo determinato fra gli stessi
soggetti, della durata massima di dodici mesi, può essere stipulato presso la
Direzione territoriale del lavoro competente per territorio. In caso di mancato
rispetto della descritta procedura, nonché di superamento del termine stabilito
nel medesimo contratto, lo stesso si considera a tempo indeterminato dalla data
della stipula.
4. Con
l’eccezione dei rapporti di lavoro di durata non superiore a dodici giorni,
l'apposizione del termine al contratto è priva di effetto se non risulta,
direttamente o indirettamente, da atto scritto, una copia del quale deve essere
consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni lavorativi
dall'inizio della prestazione.
Art.18 - Divieti
1. L'apposizione
di un termine alla durata di un contratto di lavoro subordinato non è ammessa:
a) per la
sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
b) presso unità
produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a
licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del
1991, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si
riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che il contratto
sia concluso per provvedere alla sostituzione di lavoratori assenti, per
assumere lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, o abbia una durata
iniziale non superiore a tre mesi;
c) presso unità
produttive nelle quali sia operante una sospensione del lavoro o una riduzione
dell'orario, in regime di cassa integrazione guadagni, che interessino
lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a tempo
determinato;
d) da parte di
datori di lavoro che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi
dell'articolo 28 e seguenti del decreto legislativo n. 81 del 2008, e
successive modificazioni.
Art.19 - Proroghe e rinnovi
1. Il termine
del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del
lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a
trentasei mesi, e, comunque, per un massimo di cinque volte nell'arco di
trentasei mesi a prescindere dal numero dei contratti. Qualora il numero delle
proroghe sia superiore, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla
data della sesta proroga.
2. Qualora il
lavoratore sia riassunto a tempo determinato entro dieci giorni dalla data di
scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla
data di scadenza di un contratto di durata superiore a sei mesi, il secondo
contratto si considera a tempo indeterminato. Le disposizioni di cui al
presente comma non trovano applicazione nei confronti dei lavoratori impiegati
nelle attività stagionali individuate con apposito decreto del Ministero del
lavoro e delle politiche sociali nonché nelle ipotesi individuate dai contratti
collettivi, anche aziendali, stipulati dalle associazioni sindacali
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Fino all’adozione del
decreto di cui al periodo precedente continuano a trovare applicazione le
disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n.
1525.
3. I limiti
previsti dal presente articolo non si applicano alle imprese start-up innovative
di cui di cui all’articolo 25, comma 2, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n.
179, convertito con legge 17 dicembre 2012, n. 221, per il periodo di quattro
anni dalla costituzione della società, ovvero per il più limitato periodo
previsto dal comma
3 dell’articolo
25 per le società già costituite.
Art.20 - Continuazione del rapporto oltre la
scadenza del termine
1. Fermi i
limiti di durata massima di cui all’articolo 17, se il rapporto di lavoro
continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente
prorogato ai sensi dell'articolo 19, comma 1, il datore di lavoro è tenuto a
corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni
giorno di continuazione del rapporto pari al 20 per cento fino al decimo giorno
successivo ed al
40 per cento per
ciascun giorno ulteriore.
2. Qualora il
rapporto di lavoro continui oltre il trentesimo giorno in caso di contratto di
durata inferiore a sei mesi, ovvero oltre il cinquantesimo giorno negli altri
casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei
predetti termini.
Art.21 - Numero complessivo di contratti a tempo
determinato
1. Salvo diversa
disposizione dei contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle
associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale, non
possono essere
assunti lavoratori a tempo determinato in misura superiore al 20 per cento del
numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di
assunzione, con un arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora esso
sia eguale o superiore a 0,5. In caso di inizio dell’attività nel corso
dell’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo
indeterminato in forza al momento dell’assunzione. Per i datori di lavoro che
occupano fino a cinque dipendenti è sempre possibile stipulare un contratto di
lavoro a tempo determinato.
2. Sono esenti
dal limite di cui al comma 1, nonché da eventuali limitazioni quantitative
previste da contratti collettivi, i contratti a tempo determinato conclusi:
a) nella fase di
avvio di nuove attività, per i periodi definiti dai contratti collettivi
nazionali di lavoro anche in misura non uniforme con riferimento ad aree
geografiche e comparti merceologici;
b) da imprese
start-up innovative di cui all’articolo 25, comma 2, del decreto-legge n. 179
del 2012, convertito con legge n. 221 del 2012, per il periodo di quattro anni
dalla costituzione della società, ovvero per il più limitato periodo previsto
dal comma 3 del suddetto articolo 25 per le società già costituite;
c) nelle
attività stagionali di cui all’articolo 19, comma 2;
d) per specifici
spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi;
e) per
sostituzione di lavoratori assenti;
f) con
lavoratori di età superiore a 55 anni.
3. Il limite
percentuale di cui al comma 1 non si applica, inoltre, ai contratti di lavoro a
tempo determinato stipulati tra università pubbliche o private, istituti
pubblici di ricerca ovvero enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a
svolgere attività di insegnamento, ricerca scientifica o tecnologica, di
assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa. I
contratti di lavoro a tempo determinato che hanno ad oggetto in via esclusiva
lo svolgimento di attività' di ricerca scientifica possono avere durata pari a
quella del progetto di ricerca al quale si riferiscono.
4. In caso di
violazione del limite percentuale di cui comma 1, restando esclusa la
trasformazione dei contratti interessati in contratti a tempo indeterminato,
per ciascun lavoratore si applica una sanzione amministrativa di importo pari:
a) al 20 per
cento della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a
quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori
assunti in violazione del limite percentuale non è superiore a uno;
b) al 50 per
cento della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a
quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori
assunti in violazione del limite percentuale è superiore a uno.
5. I maggiori
introiti derivanti dalle sanzioni di cui al comma 4 sono versati ad apposito
capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al Fondo
sociale per l’occupazione e la formazione, di cui all'articolo 18, comma 1,
lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.
6. I contratti
collettivi nazionali di lavoro stipulati da associazioni sindacali
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale definiscono modalità e
contenuti delle informazioni da rendere alle rappresentanze sindacali aziendali
o alle rappresentanze sindacali unitarie dei lavoratori in merito all’utilizzo
del lavoro a tempo determinato.
Art.22 - Diritti di precedenza
1. Il lavoratore
che nell'esecuzione di uno o più contratti a tempo determinato presso la stessa
azienda, abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi
ha diritto di precedenza, fatte salve diverse disposizioni di contratti
collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le
associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale, nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di
lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già
espletate in esecuzione dei rapporti a termine. Per le lavoratrici il congedo
di maternità di cui all'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo n. 151
del 2001, e successive modificazioni, usufruito nell'esecuzione di un contratto
a tempo determinato presso lo stesso datore di lavoro, concorre a determinare
il periodo di attività lavorativa utile a conseguire il diritto di precedenza
di cui al primo periodo. Alle medesime lavoratrici è altresì riconosciuto, con
le stesse modalità di cui al presente comma, il diritto di precedenza anche
nelle assunzioni a tempo determinato effettuate dal datore di lavoro entro i
successivi dodici mesi, con riferimento alle mansioni già espletate in
esecuzione dei precedenti rapporti a termine.
2. Il lavoratore
assunto a tempo determinato per lo svolgimento di attività stagionali ha
diritto di precedenza, rispetto a nuove assunzioni a tempo determinato da parte
dello stesso datore di lavoro per le medesime attività stagionali.
3. Il diritto di
precedenza di cui ai commi precedenti deve essere espressamente richiamato
nell'atto scritto di cui all'articolo 17, comma 4, può essere esercitato a
condizione che il lavoratore manifesti in tal senso la propria volontà al
datore di lavoro entro rispettivamente sei mesi e tre mesi dalla data di
cessazione del rapporto stesso e si estingue trascorso un anno dalla data di
cessazione del rapporto di lavoro.
Art.23 - Principio di non discriminazione
1. Al lavoratore
a tempo determinato spetta il trattamento economico e normativo in atto
nell'impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili,
intendendosi per tali quelli inquadrati nello stesso livello in forza dei
criteri di classificazione stabiliti dalla contrattazione collettiva, ed in
proporzione al periodo lavorativo prestato, sempre che non sia obiettivamente
incompatibile con la natura del contratto a tempo determinato.
2. Nel caso di
inosservanza degli obblighi di cui al comma 1, il datore di lavoro è punito con
la sanzione amministrativa da 25,82 euro a 154,94 euro. Se l’inosservanza si
riferisce a più di cinque lavoratori, si applica la sanzione amministrativa da
lire 154,94 euro a 1.032,91 euro.
Art.24 - Formazione
1. I contratti
collettivi nazionali di lavoro stipulati da associazioni sindacali
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono prevedere
modalità e strumenti diretti ad agevolare l'accesso dei lavoratori a tempo
determinato ad opportunità di formazione adeguata, per aumentarne la qualificazione,
promuoverne la carriera e migliorarne la mobilità occupazionale.
Art.25 - Criteri di computo
1. Salvo che sia
diversamente disposto, ai fini dell’applicazione di qualsiasi disciplina di
fonte legale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dei
dipendenti del datore di lavoro, si tiene conto del numero medio mensile di
lavoratori a tempo determinato, compresi i dirigenti, impiegati negli ultimi
due anni, sulla base dell'effettiva durata dei loro rapporti di lavoro.
Art.26 - Decadenza e tutele
1.
L’impugnazione del contratto a tempo determinato deve avvenire, con le modalità
previste dal primo comma dell’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604,
entro centoventi giorni dalla cessazione del singolo contratto. Trova altresì
applicazione il secondo comma del predetto articolo 6.
2. Nei casi di
conversione del contratto a tempo determinato ai sensi della presente Sezione,
il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno a favore del
lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un
minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di
fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’articolo 8 della legge n. 604
del 1966. La predetta indennità ristora per intero il pregiudizio subito dal
lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al
periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento
con il quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro.
3. In presenza
di contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati da
associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale, che prevedano l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di
lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche
graduatorie, il limite massimo dell’indennità fissata dal comma 2 è ridotto
alla metà.
Art.27 - Esclusioni e discipline specifiche
1. Sono esclusi
dal campo di applicazione della presente Sezione, in quanto già disciplinati da
specifiche normative:
a) ferme
restando le disposizioni di cui agli articoli 23 e 25, i rapporti instaurati ai
sensi dell’articolo 8, comma 2, della legge n. 223 del 1991;
b) i rapporti di
lavoro tra i datori di lavoro dell’agricoltura e gli operai a tempo
determinato, così come definiti dall’articolo 12, comma 2, del decreto
legislativo 11 agosto 1993, n. 375;
c) i richiami in
servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
2. Sono,
altresì, esclusi dal campo di applicazione della presente Sezione:
a) i contratti
di lavoro a tempo determinato con i dirigenti, che non possono avere una durata
superiore a cinque anni, salvo il diritto del dirigente di recedere ai sensi
dell’articolo 2118 del codice civile una volta trascorso un triennio;
b) i rapporti
per l’esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a tre giorni, nel
settore del turismo e dei pubblici esercizi, nei casi individuati dai contratti
collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale, fermo l’obbligo di comunicare
l’instaurazione del rapporto di lavoro entro il giorno antecedente;
c) i contratti a
tempo determinato stipulati con il personale docente ed ATA per il conferimento
delle supplenze e con il personale sanitario, anche dirigente, del Servizio
sanitario nazionale.
3. Resta fermo
quanto disposto dall’articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
CAPO IV -
SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO
Art.28 - Definizione
1. Il contratto
di somministrazione di lavoro è il contratto, a tempo indeterminato o
determinato, con il quale un somministratore autorizzato, ai sensi del decreto
legislativo n. 276 del 2003, mette a disposizione di un utilizzatore uno o più
lavoratori suoi dipendenti, i quali, per tutta la durata della missione,
svolgono la propria attività nell'interesse nonché sotto la direzione e il
controllo dell'utilizzatore.
Art.29 - Somministrazione di lavoro a tempo
indeterminato e determinato
1. Salvo diversa
previsione dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati da
associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale, il numero dei lavoratori somministrati con contratto di
somministrazione di lavoro a tempo indeterminato non può eccedere il 10 per
cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso
l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipula del predetto contratto, con
un arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora esso sia eguale o
superiore a 0,5. In caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno, il limite
percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza
al momento della stipula del contratto di somministrazione di lavoro a tempo
indeterminato.
2. La
somministrazione di lavoro a tempo determinato è utilizzata nei limiti
quantitativi individuati dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati
dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale. E’ in ogni caso esente da limiti quantitativi la somministrazione di
lavoro a tempo determinato di lavoratori di cui all’articolo 8, comma 2, della
legge n. 223 del 1991, di soggetti disoccupati che godono, da almeno sei mesi,
di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali, e di
lavoratori «svantaggiati» o «molto svantaggiati» ai sensi dei numeri 18) e 19)
dell'articolo 2 del regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6
agosto 2008, come individuati da decreto di natura non regolamentare del
Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Art.30 - Divieti
1. Il contratto
di somministrazione di lavoro è vietato:
a) per la
sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
b) presso unità
produttive nelle quali si è proceduto, entro i sei mesi precedenti, a
licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del
1991, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si
riferisce il contratto di somministrazione di lavoro, salvo che il contratto
sia concluso per provvedere alla sostituzione di lavoratori assenti ovvero per
assumere lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, o abbia una durata
iniziale non superiore a tre mesi;
c) presso unità
produttive nelle quali è operante una sospensione del lavoro o una riduzione
dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che
interessino lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il
contratto di somministrazione di lavoro;
d) da parte di
datori di lavoro che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi
dell'articolo 28 e seguenti del decreto legislativo n. 81 del 2008, e
successive modificazioni.
Art.31 - Forma del contratto di somministrazione
1. Il contratto
di somministrazione di lavoro è stipulato in forma scritta e contiene i
seguenti elementi:
a) gli estremi
dell'autorizzazione rilasciata al somministratore;
b) il numero dei
lavoratori da somministrare;
c) la presenza
di eventuali rischi per la salute e la sicurezza del lavoratore e le misure di
prevenzione adottate;
d) la data di
inizio e la durata prevista della somministrazione di lavoro;
e) le mansioni
alle quali saranno adibiti i lavoratori e il loro inquadramento;
f) il luogo e
l'orario di lavoro e il trattamento economico e normativo dei lavoratori.
2. Con il
contratto di somministrazione di lavoro l’utilizzatore assume l’obbligo di
rimborsare al somministratore gli oneri retributivi e previdenziali da questo
effettivamente sostenuti in favore dei lavoratori.
3. Le
informazioni di cui al comma 1, nonché la data di inizio e la durata
prevedibile della missione, devono essere comunicate per iscritto al lavoratore
da parte del somministratore all'atto della stipulazione del contratto di
lavoro ovvero all'atto dell'invio presso l'utilizzatore.
Art.32 - Disciplina dei rapporti di lavoro
1. In caso di
assunzione a tempo indeterminato il rapporto di lavoro tra somministratore e
lavoratore è soggetto alla disciplina generale dei rapporti di lavoro di cui al
codice civile e alle leggi speciali. Nel contratto è stabilita la misura della
indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, corrisposta dal
somministratore al lavoratore per i periodi nei quali il lavoratore stesso
rimane in attesa di assegnazione. La misura di tale indennità è prevista dal contratto
collettivo applicabile al somministratore e comunque non è inferiore a quanto
previsto con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
L'indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o
di contratto collettivo.
3. In caso di
assunzione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e
lavoratore è soggetto alla disciplina di cui al Capo III per quanto
compatibile, e in ogni caso con esclusione delle disposizioni di cui agli
articoli 17, 19, 20 e 21. Il termine inizialmente posto al contratto di lavoro
può in ogni caso essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto
scritto, nei casi e per la durata prevista dal contratto collettivo applicato
dal somministratore.
4. Il lavoratore
somministrato non è computato nell'organico dell'utilizzatore ai fini della
applicazione di normative di legge o di contratto collettivo, fatta eccezione
per quelle relative alla salute e alla sicurezza sul lavoro.
5. Le
disposizioni di cui all'articolo 4 della legge n. 223 del 1991 non trovano
applicazione anche nel caso di fine dei lavori connessi alla somministrazione
di lavoro a tempo indeterminato, cui si applica l'articolo 3 della legge n. 604
del 1966.
Art.33 - Tutela del lavoratore, esercizio del potere
disciplinare e regime della solidarietà
1. Per tutta la
durata della missione presso l’utilizzatore, i lavoratori del somministratore
hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni di base di lavoro e
d'occupazione complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari
livello dell'utilizzatore.
2.
L'utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore a corrispondere ai
lavoratori i trattamenti retributivi e a versare i relativi contributi
previdenziali, salvo il diritto di
rivalsa verso il somministratore.
3. I contratti
collettivi applicati dall'utilizzatore stabiliscono modalità e criteri per la
determinazione e corresponsione delle erogazioni economiche correlate ai
risultati conseguiti nella realizzazione di programmi concordati tra le parti o
collegati all'andamento economico dell'impresa. I lavoratori del
somministratore hanno altresì diritto a fruire di tutti i servizi sociali e
assistenziali di cui godono i dipendenti dell'utilizzatore addetti alla stessa
unità produttiva, esclusi quelli il cui godimento sia condizionato alla
iscrizione ad associazioni o società cooperative o al conseguimento di una
determinata anzianità di servizio.
4. Il
somministratore informa i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute
connessi alle attività produttive in generale e li forma e addestra all'uso
delle attrezzature di lavoro necessarie allo svolgimento della attività
lavorativa per la quale essi vengono assunti, in conformità alle disposizioni
recate dal decreto legislativo n. 81 del 2008.
5. Nel caso in
cui adibisca il lavoratore a mansioni superiori o comunque a mansioni non
equivalenti a quelle dedotte in contratto, l'utilizzatore deve darne immediata
comunicazione scritta al somministratore consegnandone copia al lavoratore
medesimo. Ove non abbia adempiuto all'obbligo di informazione, l'utilizzatore
risponde in via esclusiva per le differenze retributive spettanti al lavoratore
occupato in mansioni superiori e per l'eventuale risarcimento del danno
derivante dalla assegnazione a mansioni inferiori.
6. Ai fini
dell'esercizio del potere disciplinare, che è riservato al somministratore,
l'utilizzatore comunica al somministratore gli elementi che formeranno oggetto
della contestazione ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 300 del 1970.
7.
L'utilizzatore risponde nei confronti dei terzi dei danni a essi arrecati dal
prestatore di lavoro nello svolgimento delle sue mansioni.
8. E' nulla ogni
clausola diretta a limitare, anche indirettamente, la facoltà dell'utilizzatore
di assumere il lavoratore al termine della sua missione, fatta salva l’ipotesi
in cui al lavoratore sia corrisposta una adeguata indennità, secondo quanto
stabilito dal contratto collettivo applicabile al somministratore.
Art.34 - Diritti sindacali e garanzie collettive
1. Ai lavoratori
delle società o imprese di somministrazione si applicano i diritti sindacali
previsti dalla legge n. 300 del 1970 e successive modificazioni.
2. Il prestatore
di lavoro ha diritto a esercitare presso l'utilizzatore, per tutta la durata della
missione, i diritti di libertà e di attività sindacale nonché a partecipare
alle assemblee del personale dipendente delle imprese utilizzatrici.
3.
L'utilizzatore comunica alle rappresentanze sindacali aziendali ovvero alla
rappresentanza sindacale unitaria o, in mancanza, agli organismi territoriali
di categoria delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative
sul piano nazionale:
a) prima della
stipula del contratto o, nel caso in cui ricorrano motivate ragioni di urgenza
entro i cinque giorni successivi, il numero e i motivi del ricorso alla
somministrazione di lavoro;
b) ogni dodici
mesi, anche per il tramite della associazione dei datori di lavoro alla quale
aderisce o conferisce mandato, il numero e i motivi dei contratti di somministrazione
di lavoro conclusi, la durata degli stessi, il numero e la qualifica dei
lavoratori
interessati.
Art.35 - Norme previdenziali
1. Gli oneri
contributivi, previdenziali, assicurativi ed assistenziali, previsti dalle
vigenti disposizioni legislative, sono a carico del somministratore che, ai
sensi e per gli effetti di cui all'articolo 49 della legge 9 marzo 1989, n. 88,
è inquadrato nel settore terziario. Sulla indennità di disponibilità di cui
all'articolo 32, comma 1, i contributi sono versati per il loro effettivo
ammontare, anche in deroga alla vigente normativa in materia di minimale
contributivo.
2. Il
somministratore non è tenuto al versamento della aliquota contributiva di cui
all'articolo 25, comma 4, della legge 21 dicembre 1978, n. 845.
3. Gli obblighi
dell'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali previsti
dal decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e
successive modificazioni, sono determinati in relazione al tipo e al rischio
delle lavorazioni svolte. I premi e i contributi sono determinati in relazione
al tasso medio, o medio ponderato, stabilito per la attività svolta
dall'impresa utilizzatrice, nella quale
sono
inquadrabili le lavorazioni svolte dai lavoratori somministrati, ovvero sono
determinati in base al tasso medio, o medio ponderato, della voce di tariffa
corrispondente alla lavorazione effettivamente prestata dal lavoratore
somministrato, ove presso l'impresa utilizzatrice la stessa non sia già
assicurata.
4. Nel settore
agricolo e in caso di somministrazione di lavoratori domestici trovano
applicazione i criteri erogativi, gli oneri previdenziali e assistenziali
previsti dai relativi settori.
Art.36 - Somministrazione irregolare
1. In mancanza
di forma scritta il contratto di somministrazione di lavoro è nullo e i
lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze
dell'utilizzatore.
2. Quando la
somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di
cui agli articoli 29, 30, 31, comma 1, lettere a), b), c) e d), il lavoratore
può chiedere, anche soltanto nei confronti dell’utilizzatore, la costituzione
di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo, con effetto
dall'inizio della somministrazione.
3. Nelle ipotesi
di cui al comma 1 tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo
retributivo o di contribuzione previdenziale, valgono a liberare il soggetto
che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione dal debito corrispondente
fino a concorrenza della somma effettivamente pagata. Tutti gli atti compiuti o
ricevuti dal somministratore nella costituzione o nella gestione del rapporto,
per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si
intendono come compiuti o ricevuti dal soggetto che ne ha effettivamente utilizzato
la prestazione.
4. La presente
disposizione non trova applicazione nei confronti delle pubbliche
amministrazioni.
Art.37 - Decadenza e tutele
1. Nel caso in
cui il lavoratore chieda la costituzione del rapporto di lavoro con
l’utilizzatore, ai sensi dell’articolo 36, comma 2, trovano applicazione le
disposizioni dell’articolo 6 della legge n. 604 del 1966 e il termine di cui al
primo comma del predetto articolo decorre dalla data in cui il lavoratore ha
cessato di svolgere la propria attività presso l’utilizzatore.
2. Nel caso in
cui il giudice accolga la domanda di cui al comma 1, condanna, altresì, il
datore di lavoro al risarcimento del danno in favore del lavoratore stabilendo
un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un
massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto
riguardo ai criteri indicati nell’articolo 8 della legge n. 604 del 1966. La
predetta indennità ristora per intero il
pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e
contributive, relativo al periodo compreso tra la data in cui il lavoratore ha
cessato di svolgere la propria attività presso l’utilizzatore e la pronuncia
del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la costituzione del
rapporto di lavoro.
Art.38 - Sanzioni
1. La violazione
degli obblighi e dei divieti di cui agli articoli 29, 30, 31, comma 1, nonché,
per il solo somministratore, la violazione del disposto di cui all’articolo 31,
comma 3, sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 250 a
euro 1.250.
2. La violazione
delle disposizioni di cui all’art. 33, comma 1, e per il solo utilizzatore, di
cui all’articolo 33, comma 3, secondo periodo, e 34, comma 3, sono punite con
la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dal comma 1.
CAPO V -
APPRENDISTATO
Art.39 - Definizione
1.
L'apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla
formazione e alla occupazione dei giovani.
2. Il contratto
di apprendistato è definito secondo le seguenti tipologie:
a) apprendistato
per la qualifica, il diploma e la specializzazione professionale;
b) apprendistato
professionalizzante;
c) apprendistato
di alta formazione e ricerca.
3.
L’apprendistato per la qualifica, il diploma e la specializzazione professionale
e quello di alta formazione e ricerca integrano organicamente, in un sistema
duale, formazione e lavoro per l’occupazione dei giovani con riferimento ai
titoli di istruzione e formazione e alle qualificazioni professionali contenuti
nel Repertorio nazionale di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 16
gennaio 2013, n. 13, nell’ambito del Quadro europeo delle qualificazioni.
Art.40 - Disciplina generale
1. Il contratto
di apprendistato è stipulato in forma scritta ai fini della prova. Il contratto
di apprendistato contiene, in forma sintetica, il piano formativo individuale
definito anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione
collettiva o dagli enti bilaterali di cui all'articolo 2, comma 1, lettera h),
del decreto legislativo n. 276 del 2003. Nell’apprendistato per la qualifica,
il diploma e la specializzazione professionale e nell’apprendistato di alta
formazione e ricerca il piano formativo individuale è predisposto dalla
istituzione formativa di provenienza dello studente con il coinvolgimento
dell’impresa.
2. Il contratto
di apprendistato ha una durata minima non inferiore a sei mesi, fatto salvo
quanto previsto dall’articolo 42, comma 5.
3. Durante
l’apprendistato trovano applicazione le sanzioni previste dalla normativa
vigente per il licenziamento ingiustificato. Nel contratto di apprendistato per
la qualifica, il diploma e la specializzazione professionale costituisce
giustificato motivo di licenziamento anche il mancato raggiungimento degli
obiettivi formativi come attestato dall’istituzione formativa di provenienza.
4. Al termine
dell’apprendistato le parti possono recedere dal contratto con preavviso
decorrente dal termine del periodo di formazione ai sensi di quanto disposto
dall'articolo 2118 del codice civile. Durante il periodo di preavviso continua
a trovare applicazione la disciplina del contratto di apprendistato. Se nessuna
delle parti recede il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato.
5. Salvo quanto
disposto dai commi da 1 a 4, la disciplina del contratto di apprendistato è
rimessa ad appositi accordi interconfederali ovvero ai contratti collettivi
nazionali di lavoro stipulati da associazioni sindacali comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale nel rispetto dei seguenti principi:
a) divieto di
retribuzione a cottimo;
b) possibilità
di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto a quello
spettante in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro ai
lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni
corrispondenti a quelle al conseguimento è finalizzato il contratto, ovvero, in
alternativa, di stabilire la retribuzione dell'apprendista in misura
percentuale e proporzionata all’anzianità di servizio;
c) presenza di
un tutore o referente aziendale;
d) possibilità
di finanziare i percorsi formativi aziendali degli apprendisti per il tramite
dei fondi paritetici interprofessionali di cui all'articolo 118 della legge 23
dicembre 2000, n. 388, e all'articolo 12 del decreto legislativo n. 276 del
2003, anche attraverso accordi con le Regioni;
e) possibilità
del riconoscimento, sulla base dei risultati conseguiti all'interno del
percorso di formazione, esterna e interna alla impresa, della qualificazione
professionale ai fini contrattuali e delle competenze acquisite ai fini del
proseguimento degli studi nonché nei percorsi di istruzione degli adulti;
f) registrazione
della formazione effettuata e della qualificazione professionale ai fini
contrattuali eventualmente acquisita nel libretto formativo del cittadino di
cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 276 del
2003;
g) possibilità
di prolungare il periodo di apprendistato in caso di malattia, infortunio o altra causa di
sospensione involontaria del lavoro, superiore a trenta giorni;
h) possibilità
di forme e modalità per la conferma in servizio, senza nuovi o maggiori oneri
per la finanza pubblica, al termine del percorso formativo, al fine di
ulteriori assunzioni in apprendistato.
2. Per gli
apprendisti l'applicazione delle norme sulla previdenza e assistenza sociale
obbligatoria si estende alle seguenti forme:
a) assicurazione
contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;
b) assicurazione
contro le malattie;
c) assicurazione
contro l'invalidità e vecchiaia;
d) maternità;
e) assegno
familiare;
f) assicurazione
sociale per l’impiego in relazione alla quale, in via aggiuntiva a quanto
previsto in relazione al regime contributivo per le assicurazioni di cui alle
precedenti lettere, ai sensi della disciplina di cui all’articolo 1, comma 773,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296, con effetto sui periodi contributivi
maturati a decorrere dal 1º gennaio 2013 è dovuta dai datori di lavoro per gli
apprendisti artigiani e non artigiani una contribuzione pari all’1,31 per cento
della retribuzione imponibile ai fini previdenziali, con riferimento alla quale
non operano le disposizioni di cui all’articolo 22, comma 1, della legge 12
novembre 2011, n. 183.
3. Il numero
complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere, direttamente o
indirettamente per il tramite delle agenzie di somministrazione di lavoro ai
sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo n. 276 del 2003 non può superare
il rapporto di 3 a 2 rispetto alle maestranze specializzate e qualificate in
servizio presso il medesimo datore di lavoro. Tale rapporto non può superare il
100 per cento per i datori di lavoro che occupano un numero di lavoratori
inferiore a dieci unità. E’ in ogni caso esclusa la possibilità di assumere in
somministrazione apprendisti con contratto di somministrazione a tempo
determinato. Il datore di lavoro che non abbia alle proprie dipendenze
lavoratori qualificati o specializzati, che comunque ne abbia in numero
inferiore a tre, può assumere apprendisti in numero non superiore a tre. Le
disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle imprese artigiane
per le quali trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 4 della
legge 8 agosto 1985, n. 443.
4. Ferma
restando la possibilità per i contratti collettivi nazionali di lavoro,
stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul
piano nazionale, di individuare limiti diversi da quelli previsti dal presente
comma, esclusivamente per i datori di lavoro che occupano almeno cinquanta
dipendenti, l'assunzione di nuovi apprendisti con contratto di apprendistato
professionalizzante è subordinata alla prosecuzione, a tempo indeterminato, del
rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato, nei trentasei mesi
precedenti la nuova assunzione, di almeno il 20 per cento degli apprendisti
dipendenti dallo stesso datore di lavoro, restando esclusi dal computo i
rapporti cessati per recesso durante il periodo di prova, per dimissioni o per
licenziamento per giusta causa. Qualora non sia rispettata la predetta
percentuale, è in ogni caso consentita l’assunzione di un apprendista con
contratto professionalizzante. Gli apprendisti assunti in violazione dei limiti
di cui al presente comma sono considerati ordinari lavoratori subordinati a
tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto.
Art.41 - Apprendistato per la qualifica, il diploma
e la specializzazione professionale
1.
L’apprendistato per la qualifica, il diploma e la specializzazione
professionale è strutturato in modo da coniugare la formazione sul lavoro
effettuata in azienda con l’istruzione e formazione professionale svolta dalle
istituzioni formative che operano nell'ambito dei sistemi regionali di
istruzione e formazione sulla base dei livelli essenziali delle prestazioni di
cui al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e di quelli di cui
all’articolo 6.
2. Possono
essere assunti con il contratto di cui al comma 1, in tutti i settori di
attività, i giovani che hanno compiuto i 15 anni di età e fino al compimento
dei 25. La durata del
contratto è determinata in considerazione della qualifica o del diploma da
conseguire e non può in ogni caso essere superiore, per la sua componente
formativa, a tre anni ovvero quattro nel caso di diploma quadriennale
professionale.
3. La
regolamentazione dei profili formativi dell'apprendistato per la qualifica, il
diploma e la specializzazione professionale è rimessa alle regioni e alle
province autonome di Trento e Bolzano.
4. In relazione
alle qualificazioni contenute nel Repertorio di cui all’articolo 1, comma 3, i
datori di lavoro hanno la facoltà di prorogare fino ad un anno il contratto di
apprendistato dei giovani qualificati e diplomati, che hanno concluso
positivamente i percorsi di cui al comma 1, per il consolidamento e
l’acquisizione di ulteriori competenze tecnico-professionali e specialistiche,
spendibili anche ai fini dell’acquisizione di certificati di specializzazione
tecnica superiore. Il contratto di apprendistato può essere prorogato di un
anno anche nel caso in cui, al termine del periodo di formazione, l’apprendista
non abbia conseguito il titolo di qualifica, diploma o specializzazione
professionale.
5. Possono
essere, altresì, stipulati contratti di apprendistato, di durata non superiore
a tre anni, rivolti ai giovani iscritti al quarto e quinto anno degli istituti
tecnici e professionali, per l’acquisizione di ulteriori competenze tecnico
professionali rispetto a quelle previste dai vigenti regolamenti scolastici,
utili anche ai fini del conseguimento di un certificato di specializzazione
tecnica superiore.
6. Il datore di
lavoro che intende stipulare il contratto di apprendistato sottoscrive un
protocollo con l’istituzione formativa a cui lo studente è iscritto, secondo
uno schema definito con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali di concerto con il
Ministro
dell’istruzione dell’università e della ricerca, sentita la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e Bolzano, che stabilisce il contenuto e la durata degli obblighi
formativi del datore.
Con il medesimo
decreto sono, altresì, definiti i criteri generali per la realizzazione dei
percorsi di apprendistato negli istituti tecnici e professionali, e, in
particolare, il monte orario massimo del percorso scolastico che può essere
svolta in apprendistato ed i requisiti delle imprese nelle quali si svolge, nel
rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e delle competenze delle
regioni. La formazione esterna all’azienda si svolge nell’istituzione formativa
cui è iscritto lo studente e non può essere superiore al 60 per cento
dell’orario ordinamentale per il secondo anno e del 50 per cento per il terzo e
quarto anno, nonché per l’anno successivo finalizzato al conseguimento del
certificato di specializzazione tecnica.
7. Salvo diversa
previsione dei contratti collettivi, per le ore di formazione svolte nella
istituzione formativa il datore di lavoro è esonerato da ogni obbligo
retributivo.
Per le ore di
formazione a carico del datore di lavoro è riconosciuta al lavoratore una
retribuzione pari al 10 per cento di quella che gli sarebbe dovuta.
8. Per le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano che abbiano definito un
sistema di alternanza scuola-lavoro, i contratti collettivi stipulati da
associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale
possono prevedere specifiche modalità di utilizzo del contratto di
apprendistato, anche a tempo determinato, per lo svolgimento di attività
stagionali.
9. In assenza di
regolamentazioni regionali l’attivazione dell’apprendistato per la qualifica,
il diploma e la specializzazione professionale è rimessa al Ministero del
Lavoro e delle politiche sociali che ne disciplina l’esercizio con propri atti.
Art.42 - Apprendistato professionalizzante
1. Possono
essere assunti in tutti i settori di attività, pubblici o privati, con
contratto di apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una
qualificazione professionale ai fini contrattuali i soggetti di età compresa
tra i 18 e i 29 anni. Per i soggetti in possesso di una qualifica
professionale, conseguita ai sensi del decreto legislativo n. 226 del 2005, il
contratto di apprendistato professionalizzante può essere stipulato a partire
dal diciassettesimo anno di età. La qualificazione professionale al cui
conseguimento è finalizzato il contratto è determinata dalle parti del
contratto sulla base dei profili o qualificazioni professionali previsti per il
settore di riferimento dai sistemi di classificazione e inquadramento del
personale di cui ai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
2. Gli accordi
interconfederali e i contratti collettivi stabiliscono, in ragione del tipo di
qualificazione professionale ai fini contrattuali da conseguire, la durata e le
modalità di erogazione della formazione per l'acquisizione delle relative
competenze tecnico-professionali e specialistiche, nonché la durata anche
minima del periodo di apprendistato, che non può comunque essere superiore a
tre anni, ovvero cinque per i profili professionali caratterizzanti la figura
dell’artigiano individuati dalla contrattazione collettiva di riferimento.
3. La formazione
di tipo professionalizzante, svolta sotto la responsabilità del datore di
lavoro, è integrata, nei limiti delle risorse annualmente disponibili, dalla
offerta formativa pubblica, interna o esterna alla azienda, finalizzata alla
acquisizione di competenze di base e trasversali per un monte complessivo non
superiore a centoventi ore per la durata del triennio e disciplinata dalle
regioni sentite le parti sociali e tenuto conto del titolo di studio e delle
competenze dell'apprendista. La regione comunica al datore di lavoro, entro
quarantacinque giorni dalla comunicazione dell'instaurazione del rapporto,
effettuata ai sensi dell'articolo 9-bis del decreto-legge 1 ottobre 1996, n.
510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e
successive modificazioni, le modalità di svolgimento dell’offerta formativa
pubblica, anche con riferimento alle sedi e al calendario delle attività
previste, avvalendosi anche dei datori di lavoro e delle loro associazioni che
si siano dichiarate
disponibili, ai sensi delle linee guida adottate dalla Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano in data
20 febbraio 2014.
4. Le regioni e
le associazioni di categoria dei datori di lavoro possono definire, anche
nell'ambito della bilateralità, le modalità per il riconoscimento della
qualifica di maestro artigiano o di mestiere.
5. Per i datori
di lavoro che svolgono la propria attività in cicli stagionali i contratti
collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale da associazioni dei datori e
prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale
possono prevedere specifiche modalità di svolgimento del contratto di
apprendistato, anche a tempo determinato.
Art.43 - Apprendistato di alta formazione e di
ricerca
1. Possono
essere assunti in tutti i settori di attività, pubblici o privati, con
contratto di apprendistato per attività di ricerca, per il conseguimento di
titoli di studio universitari e della alta formazione, compresi i dottorati di
ricerca, i diplomi relativi ai percorsi degli istituti tecnici superiori di cui
all'articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 25 gennaio
2008, nonché per il praticantato per l'accesso alle professioni ordinistiche i
soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni in possesso di diploma di
istruzione secondaria superiore o di un diploma professionale conseguito nei
percorsi di istruzione e formazione professionale integrato da un certificato
di istruzione e formazione Tecnica Superiore.
2. Il datore di
lavoro che intende stipulare un contratto di cui al comma 1 sottoscrive un
protocollo con l’istituzione formativa a cui lo studente è iscritto, o con
l’ente di ricerca di cui al comma 4, secondo uno schema definito con decreto
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro
dell’istruzione dell’Università e della ricerca, sentita la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, che
stabilisce l’entità e le modalità, anche temporali, della formazione a carico
del datore di lavoro. Il suddetto protocollo stabilisce altresì il numero dei
crediti formativi riconoscibili a ciascuno studente per la formazione a carico
del datore di lavoro entro il massimo di sessanta, anche in deroga al limite di
cui all'articolo 2, comma 147, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, e
successive modificazioni. La formazione esterna all’azienda è svolta
nell’istituzione formativa cui è iscritto lo studente e, di norma, nei percorsi
di Istruzione Tecnica Superiore non può essere superiore al 60 per cento
dell’orario ordinamentale.
3. Salvo diversa
previsione dei contratti collettivi, per le ore di formazione svolte nella istituzione
formativa il datore di lavoro è esonerato da ogni obbligo retributivo.
Per le ore di
formazione a carico del datore di lavoro è riconosciuta al lavoratore una
retribuzione pari al 10 per cento di quella che gli sarebbe dovuta.
4. La
regolamentazione e la durata del periodo di apprendistato per attività di
ricerca o per percorsi di alta formazione è rimessa alle regioni, per i soli
profili che attengono alla formazione, in accordo con le associazioni
territoriali dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente
più rappresentative sul piano nazionale, le università, gli istituti tecnici
superiori e le altre istituzioni formative o di ricerca comprese quelle in
possesso di riconoscimento istituzionale di rilevanza nazionale o regionale e
aventi come oggetto la promozione delle attività imprenditoriali, del lavoro,
della formazione, della innovazione e del trasferimento tecnologico.
5. In assenza
delle regolamentazioni regionali di cui al comma 4, l'attivazione
dell'apprendistato di alta formazione o ricerca è rimessa ad apposite
convenzioni stipulate dai singoli datori di lavoro o dalle loro associazioni
con le università, gli istituti tecnici superiori e le altre istituzioni
formative o di ricerca di cui al comma 4, senza nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica.
Art.44 - Standard professionali e formativi e
certificazione delle competenze
1. Con decreto
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro
dell'istruzione, dell'università e della ricerca, previa intesa in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e Bolzano ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, sono definiti gli standard formativi dell'apprendistato
stabilendo, per la tipologia di cui all’articolo 41, il numero di ore da
effettuare in azienda. Tali standard costituiscono livelli essenziali delle
prestazioni ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo 17 ottobre 2005,
n. 226.
2. La registrazione
nel libretto formativo del cittadino della formazione effettuata ai fini della
qualifica professionale, del diploma o della specializzazione è di competenza
del datore di lavoro nel contratto di apprendistato professionalizzante,
dell’istituzione formativa di appartenenza dello studente per l’apprendistato
per la qualifica, il diploma e la specializzazione professionale e
dell’istituzione formativa di appartenenza o dell’ente di ricerca per
l’apprendistato di alta formazione e ricerca, ai sensi del decreto legislativo
16 gennaio 2013, n. 13.
3. Allo scopo di
armonizzare le diverse qualifiche e qualificazioni professionali acquisite in
apprendistato e consentire una correlazione tra standard formativi e standard
professionali è istituito, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il
repertorio delle professioni predisposto sulla base dei sistemi di
classificazione del personale previsti nei contratti collettivi di lavoro e in
coerenza con quanto previsto nelle premesse dalla intesa tra Governo, regioni e
parti sociali del 17 febbraio 2010, da un apposito organismo tecnico di cui
fanno parte il Ministero dell'istruzione, della università e della ricerca, le
associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale e i rappresentanti della Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e Bolzano.
4. Le competenze
acquisite dall’apprendista sono certificate dalla istituzione formativa di
provenienza dell’allievo secondo le disposizioni di cui al decreto legislativo
16 gennaio 2013, n. 13 e, in particolare, nel rispetto dei livelli essenziali
delle prestazioni ivi disciplinati.
Art.45 - Disposizioni finali
1. In caso di
inadempimento nella erogazione della formazione a carico del datore di lavoro,
di cui egli sia esclusivamente responsabile, e che sia tale da impedire la
realizzazione delle finalità di cui agli articoli 41, 42 e 43, il datore di
lavoro è tenuto a
versare la
differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al
livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal
lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100 per
cento, con esclusione di qualsiasi sanzione per omessa contribuzione. Nel caso
in cui rilevi un inadempimento nella erogazione della formazione prevista nel
piano formativo individuale, il personale ispettivo del Ministero del lavoro e
delle politiche sociali adotta un provvedimento di disposizione, ai sensi
dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 124 del 2004, assegnando un congruo
termine al datore di lavoro per adempiere.
2. Per la
violazione della disposizione di cui all’articolo 40, comma 1, nonché per la
violazione delle previsioni contrattuali collettive attuative dei principi di
cui all’articolo 40, comma 5, lettere a), b) e c), il datore di lavoro è punito
con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 600 euro. In caso di recidiva
la sanzione amministrativa pecuniaria è aumentata da 300 a 1500 euro. Alla
contestazione delle sanzioni amministrative di cui al presente comma provvedono
gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro e
previdenza nei modi e nelle forme di cui all'articolo 13 del decreto
legislativo n. 124 del 2004. L’autorità competente a ricevere il rapporto ai
sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689 è la Direzione
territoriale del lavoro competente.
3. Fatte salve
diverse previsioni di legge o di contratto collettivo, i lavoratori assunti con
contratto di apprendistato sono esclusi dal computo dei limiti numerici
previsti da
leggi e
contratti collettivi per l'applicazione di particolari normative e istituti.
4. Ai fini della
loro qualificazione o riqualificazione professionale è possibile assumere in
apprendistato professionalizzante, senza limiti di età, i lavoratori
beneficiari di indennità di mobilità o di un trattamento di disoccupazione. Per
essi trovano applicazione, in deroga alle previsioni di cui all'articolo 40,
comma 4, le disposizioni in materia di licenziamenti individuali di cui alla
legge n. 604 del 1966, nonché il regime contributivo agevolato di cui
all'articolo 25, comma 9, della legge n. 223 del 1991 e l'incentivo di cui
all'articolo 8, comma 4, della medesima legge.
5. Per le
regioni e i settori ove la disciplina di cui al presente Capo non sia
immediatamente operativa, trovano applicazione le regolazioni vigenti. In
assenza della offerta formativa pubblica di cui all'articolo 42, comma 3,
trovano immediata applicazione le regolazioni contrattuali vigenti.
6. La disciplina
del reclutamento e dell'accesso, nonché l'applicazione del contratto di
apprendistato per i settori di attività pubblici, di cui agli articoli 42 e 43,
è definita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta
del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze, sentite le parti sociali e la Conferenza
unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997.
7. I benefici
contributivi in materia di previdenza e assistenza sociale sono mantenuti per
un anno dalla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di
apprendistato con esclusione dei lavoratori assunti ai sensi del comma 4 del
presente articolo.
8. I datori di
lavoro che hanno sedi in più regioni possono fare riferimento al percorso
formativo della regione dove è ubicata la sede legale e possono altresì
accentrare le comunicazioni di cui all'articolo 1, commi 1180 e seguenti, della
legge 27 dicembre 2006, n. 296, nel servizio informatico dove è ubicata la sede
legale.
9. Restano in
ogni caso ferme le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province
autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dello statuto speciale e delle
relative norme di attuazione.
10. Con
successivo decreto, ai sensi dell’art. 1, comma 4, lettera a), della legge 10
dicembre 2014, n. 183, sono definiti gli incentivi per i datori di lavoro che
assumono
con
l’apprendistato per la qualifica, il diploma e la specializzazione
professionale e con l’apprendistato di alta formazione e ricerca.
CAPO VI -
ABROGAZIONI E DISCIPLINA TRANSITORIA
Art.46 - Abrogazioni e norme transitorie
1. Sono abrogate
le seguenti disposizioni di legge:
a) il decreto
legislativo 25 febbraio 2000, n. 61;
b) gli articoli
18, commi 3 e 3-bis, e da 20 a 28 del decreto legislativo n. 276 del 2003;
c) l’articolo 3,
commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 151 del 2001;
b) il decreto
legislativo 6 settembre 2001, n. 368, salvo quanto previsto al comma 2;
c) l’ articolo
3-bis, del decreto-legge 11 giugno 2002, n. 108, convertito con legge 31 luglio
2002, n. 172;
d) l’articolo
32, comma 3, lettera a), della legge 4 novembre 2010, n. 183, relativamente
alle parole «ovvero alla nullità del termine apposto al contratto di lavoro, ai
sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368,
e successive modificazioni», di cui al primo e secondo periodo;
e) l’articolo
32, commi 5 e 6, della legge n. 183 del 2010;
f) l’articolo 1,
comma 13, della legge n. 92 del 2012;
g) l’articolo
28, commi da 2 a 6, del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito con legge n.
121 del 2012;
h) il Capo II
del Titolo V del decreto legislativo n. 276 del 2003;
i) il decreto
legislativo 14 settembre 2011, n. 167;
l) tutte le
disposizioni di legge, non espressamente richiamate dal presente decreto
legislativo, che siano incompatibili con la disciplina da esso introdotta.
2. L’articolo 2
del decreto legislativo n. 368 del 2001 è abrogato a far data dai diciotto mesi
successivi all’entrata in vigore del presente decreto.
TITOLO II - RICONDUZIONE AL LAVORO SUBORDINATO
CAPO I
Art.47 - Applicazione della disciplina del lavoro
subordinato alle collaborazioni organizzate dal committente
1. A far data
dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro
subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretino in prestazioni
di lavoro esclusivamente personali, continuative, di contenuto ripetitivo e le
cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con
riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.
2. Restano salve
da quanto disposto al comma 1:
a) le collaborazioni
per le quali gli accordi collettivi stipulati dalle confederazioni sindacali
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline
specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle
particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;
b) le
collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le
quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali;
c) le attività
prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di
amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e
commissioni;
d) le
prestazioni di lavoro rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e
società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive
nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione
sportiva riconosciuti dal C.O.N.I. come individuati e disciplinati
dall’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
3.In attesa del
riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze della pubblica
amministrazione, quanto disposto dal comma 1 non trova applicazione nei
confronti delle pubbliche amministrazioni fino al 1° gennaio 2017.
Art.48 - Stabilizzazione dei collaboratori
coordinati e continuativi anche a progetto e di persone titolari di partita IVA
1. Al fine di
promuovere la stabilizzazione dell'occupazione mediante il ricorso a contratti
di lavoro subordinato a tempo indeterminato nonché di garantire il corretto
utilizzo dei contratti di lavoro autonomo, nel periodo compreso fra l’entrata
in vigore del presente decreto e il 31 dicembre 2015, i datori di lavoro
privati che procedano alla assunzione con contratto di lavoro subordinato a
tempo indeterminato di soggetti già parti di contratti di collaborazione
coordinata e continuativa anche a progetto e di persone titolari di partita
IVA, godono degli effetti di cui al successivo comma 2 a condizione che:
a) i lavoratori
interessati alle assunzioni sottoscrivano, con riferimento a tutte le possibili
pretese riguardanti la qualificazione del pregresso rapporto di lavoro, atti di
conciliazione in una delle sedi di cui all’articolo 2113, comma 4, del codice
civile, e all’articolo 76 del decreto legislativo n. 276 del 2003;
b) nei dodici
mesi successivi alle assunzioni di cui al comma 2, i datori di lavoro non
recedano dal rapporto di lavoro, salvo che per giusta causa ovvero per
giustificato motivo soggettivo.
2. L’assunzione
a tempo indeterminato alle condizioni di cui al comma 1, lettere a) e b),
comporta l'estinzione delle violazioni previste dalle disposizioni in materia
di obblighi contributivi, assicurativi e fiscali connessi alla eventuale
erronea qualificazione del rapporto di lavoro pregresso, salve le violazioni
già accertate prima dell’assunzione.
CAPO II
Art.49 - Superamento del contratto a progetto
1. Le
disposizioni degli articoli da 61 a 69-bis del decreto legislativo n. 276 del
2003, rimangono in vigore esclusivamente per la regolazione dei contratti già
in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto.
2. Resta salvo
quanto disposto dall’articolo 409 del codice di procedura civile.
Art.50 - Superamento dell’associazione in
partecipazione con apporto di lavoro
1. All’articolo
2549 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo
comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «di capitale»;
b) i commi
secondo e terzo sono abrogati.
2. L’articolo 1,
comma 30, della legge n. 92 del 2012 è abrogato.
3. I contratti
di associazione in partecipazione nei quali l’apporto dell’associato consiste
anche in una prestazione di lavoro sono fatti salvi fino alla loro cessazione.
TITOLO III -
LAVORO ACCESSORIO
Art.51 - Definizione e campo di applicazione
1. Per
prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative di natura
subordinata o autonoma che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei
committenti, a compensi superiori a 7.000 euro nel corso di un anno civile,
annualmente rivalutati sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi
al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati. Fermo restando il
limite complessivo di 7.000 euro, nei confronti dei committenti imprenditori o
professionisti, le attività lavorative possono essere svolte a favore di
ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro, rivalutati
annualmente ai sensi del presente comma.
2. Prestazioni
di lavoro accessorio possono essere altresì rese, in tutti i settori
produttivi, compresi gli enti locali, fermo restando quanto previsto dal comma
4 e nel limite complessivo di 3.000 euro di corrispettivo per anno civile, da
percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito.
L’INPS provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle
prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito gli accrediti
contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio.
2. Le
disposizioni di cui al comma 1 si applicano in agricoltura:
a) alle attività
lavorative di natura occasionale rese nell'ambito delle attività agricole di
carattere stagionale effettuate da pensionati e da giovani con meno di
venticinque anni di età se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un
istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli
impegni scolastici, ovvero in qualunque periodo dell'anno se regolarmente
iscritti a un ciclo di studi presso l'università;
b) alle attività
agricole svolte a favore di soggetti di cui all'articolo 34, comma 6, del
decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, che non
possono, tuttavia, essere svolte da soggetti iscritti l'anno precedente negli
elenchi anagrafici dei
lavoratori
agricoli.
3. Il ricorso a
prestazioni di lavoro accessorio da parte di un committente pubblico è
consentito nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in
materia di contenimento delle spese di personale e, ove previsto, dal patto di
stabilità interno.
4. I compensi
percepiti dal lavoratore secondo le modalità di cui all’articolo 52 sono
computati ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o
il rinnovo del permesso di soggiorno.
5. È vietato il
ricorso a prestazioni di lavoro accessorio nell’ambito della esecuzione di
appalti fatti salve specifiche ipotesi individuate con decreto del Ministero
del lavoro e delle politiche sociali, sentite le parti sociali, da adottare
entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente decreto.
6. Resta fermo
quanto disposto dall’articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Art.52 - Disciplina del lavoro accessorio
1. Per ricorrere
a prestazioni di lavoro accessorio, i committenti imprenditori o professionisti
acquistano esclusivamente attraverso modalità telematiche uno o più carnet di
buoni orari, numerati progressivamente e datati, per prestazioni di lavoro
accessorio il cui valore nominale è fissato con decreto del Ministro del lavoro
e delle politiche sociali, tenendo conto della media delle retribuzioni
rilevate per le diverse attività lavorative e delle risultanze istruttorie del
confronto con le parti sociali. I committenti non imprenditori o professionisti
possono acquistare i buoni anche presso le rivendite autorizzate.
2. In attesa
della emanazione del decreto di cui al comma 1, e fatte salve le prestazioni
rese nel settore agricolo, il valore nominale del buono orario è fissato in 10
euro e nel settore agricolo è pari all’importo della retribuzione oraria delle
prestazioni di natura subordinata individuata dal contratto collettivo
stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul
piano nazionale.
3. I committenti
imprenditori o professionisti che ricorrono a prestazioni occasionali di tipo
accessorio sono tenuti, prima dell’inizio della prestazione, a comunicare alla
Direzione territoriale del lavoro competente, attraverso modalità telematiche,
ivi compresi sms o posta elettronica, i dati anagrafici e il codice fiscale del
lavoratore, indicando, altresì, il luogo della prestazione con riferimento ad
un arco temporale non superiore ai trenta giorni successivi.
4. Il prestatore
di lavoro accessorio percepisce il proprio compenso dal concessionario di cui
al comma 8, successivamente all’accreditamento dei buoni da parte del
beneficiario della prestazione di lavoro accessorio. Il compenso è esente da
qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o
inoccupato del prestatore di lavoro accessorio.
5. Fermo
restando quanto disposto dal comma 7, il concessionario provvede al pagamento
delle spettanze effettuando altresì il versamento per suo conto dei contributi
per fini previdenziali all’INPS, alla gestione separata di cui all’articolo 2,
comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in misura pari al 13 per cento del
valore
nominale del
buono, e per fini assicurativi contro gli infortuni all’INAIL, in misura pari
al 7 per cento del valore nominale del buono, e trattiene l’importo autorizzato
dal decreto di cui al comma 1, a titolo di rimborso spese. La percentuale
relativa al versamento dei contributi previdenziali può essere rideterminata
con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con
il Ministro dell’economia e delle finanze in funzione degli incrementi delle
aliquote contributive per gli iscritti alla gestione separata dell’INPS.
7. In
considerazione delle particolari e oggettive condizioni sociali di specifiche
categorie di soggetti correlate allo stato di disabilità, di detenzione, di
tossicodipendenza o di fruizione di ammortizzatori sociali per i quali è
prevista una contribuzione figurativa, utilizzati nell’ambito di progetti
promossi da amministrazioni pubbliche, il Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, con proprio decreto, può stabilire specifiche condizioni, modalità e
importi dei buoni orari.
8. Il Ministro
del lavoro e delle politiche sociali individua con proprio decreto il
concessionario del servizio e regolamenta i criteri e le modalità per il
versamento dei contributi di cui al comma 6 e delle relative coperture
assicurative e previdenziali. In attesa del decreto ministeriale i
concessionari del servizio sono individuati nell’INPS e nelle agenzie per il
lavoro di cui agli articoli 4, comma 1, lettere a) e c) e 6, commi
1, 2 e 3 del
decreto legislativo n. 276 del 2003.
Art.53 - Coordinamento informativo a fini
previdenziali, abrogazioni e regime transitorio
1. Al fine di
verificare, mediante apposita banca dati informativa, l’andamento delle
prestazioni di carattere previdenziale e delle relative entrate contributive,
conseguenti allo sviluppo delle attività di lavoro accessorio disciplinate dal
presente decreto, anche al fine di formulare proposte per adeguamenti normativi
delle disposizioni di contenuto economico di cui all’articolo che precede,
l’INPS e l’INAIL stipulano apposita convenzione con il Ministero del lavoro e
delle politiche sociali.
Art.54 - Abrogazioni
1. A far data
dall’entrata in vigore del presente decreto sono abrogati gli articoli da 70 a 73 del decreto
legislativo n. 276 del 2003.
2. Resta fermo
l’utilizzo, secondo la previgente disciplina, e fino al 31 dicembre 2015, dei
buoni per prestazioni di lavoro accessorio già richiesti alla data di entrata
in vigore del presente decreto.
TITOLO IV -
DISCIPLINA DELLE MANSIONI
Art.55 - Mutamenti delle mansioni
1. L’articolo
2103 del codice civile è sostituito dal seguente:
«2103.
Prestazione del lavoro. - Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per
le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore
che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso
livello di inquadramento delle ultime effettivamente svolte.
In caso di
modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del
lavoratore, lo stesso può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello
di inquadramento inferiore.
Il mutamento di
mansioni è accompagnato, ove necessario, dall’assolvimento dell’obbligo
formativo, il cui mancato adempimento non determina comunque la nullità
dell’atto di assegnazione delle nuove mansioni.
Ulteriori
ipotesi di assegnazione di mansioni appartenenti al livello di inquadramento
inferiore possono essere previste da contratti collettivi, anche aziendali,
stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul
piano nazionale.
Nelle ipotesi di
cui al secondo e quarto comma, il lavoratore ha diritto alla conservazione del
livello di inquadramento e del trattamento retributivo in godimento, fatta
eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di
svolgimento della precedente prestazione lavorativa.
Nelle sedi di
cui all’articolo 2113, ultimo comma, o avanti alle commissioni di
certificazione di cui all’articolo 76 del decreto legislativo n. 10 settembre
2003, n. 276, possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle
mansioni, del livello di inquadramento e della relativa retribuzione,
nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione,
all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle
condizioni di vita.
Nel caso di
assegnazione a mansioni superiori il lavoratore ha diritto al trattamento
corrispondente all’attività svolta, e l’assegnazione diviene definitiva, salva
diversa volontà del lavoratore, ove la medesima non abbia avuto luogo per
ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio, dopo il periodo fissato
dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati da associazioni sindacali
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o, in mancanza, dopo
sei mesi continuativi.
Il lavoratore
non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per
comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.
Salvo che
ricorrano le condizioni di cui al secondo e quarto comma e fermo quanto
disposto al sesto comma, ogni patto contrario è nullo
2. L’articolo 6
della legge 13 maggio 1985, n. 190, è abrogato.
Nessun commento:
Posta un commento