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lunedì 23 febbraio 2015

Mansioni di informatore scientifico - Rifiuto dell'affiancamento di un superiore – Sussiste il licenziamento per giustificato motivo

Nella sentenza n.3323 del 19 febbraio 2015, la Corte di Cassazione ha confermato la sussistenza del giustificato motivo di recesso nel rifiuto del lavoratore di essere affiancato dal superiore nell’esecuzione delle proprie mansioni.

Nel caso di specie, un informatore scientifico farmaceutico era stato licenziato in seguito al  reiterato rifiuto di essere affiancato dal proprio superiore nell'espletamento delle sue mansioni.  

La Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, aveva convertito il licenziamento per giusta causa nel più lieve recesso  per giustificato motivo soggettivo, con conseguente condanna dell’azienda al pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso.

In sostanza, la Corte milanese aveva ritenuto che la condotta posta all’oggetto della contestazione aziendale, rientrante nell’ambito del profilo della violazione del potere direttivo ed organizzativo, fosse idonea a giustificare l'assunzione del provvedimento espulsivo ai danni del lavoratore, sia pure per giustificato motivo soggettivo.

Avverso tale decisione, il dipendente aveva proposto ricorso per Cassazione, lamentando, per ciò che è qui di interesse, la circostanza che, benché richiesta da entrambe le parti, nessuna istruttoria sarebbe stata svolta nel corso del giudizio di merito, in assenza di motivazione da parte dei giudici del gravame, i quali avevano acquisito come dato pacifico la circostanza della sua insubordinazione.

Nel ritenere la censura predetta priva di pregio, gli ermellini hanno osservato come, per costante e condiviso orientamento della giurisprudenza di legittimità, il ricorrente che in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione su un'istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, abbia l'onere di indicare specificamente le circostanze oggetto di prova o il contenuto del documento trascurato o erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse che, per il principio di autosufficienza che governa il ricorso per cassazione, la Suprema Corte deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell'atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (1).

Nello specifico, poiché capitoli di prova non erano stati integralmente riportati, la Cassazione ha ritenuto  la suddetta critica non suscettibile di disamina in sede  di legittimità.

Valerio Pollastrini


1)      - vedi fra le altre, Cass., Sentenza n.17915 del 30 luglio 2010; Cass., Sentenza n.13677 del 31 luglio 2012; Cass., Sentenza n.48 del 3 gennaio 2014;

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