Nel caso
di specie, il dipendente di un’impresa produttrice di lastre prefabbricate in
laterizio per l'edilizia, in seguito allo sganciamento di alcuni carichi
movimentati, aveva subito delle gravi lesioni consistenti in "trauma cranico commotivo, toracico e gamba
sinistra, otoragia", a causa delle quali aveva contratto una malattia
che ne aveva messo in pericolo la vita e che gli aveva provocato un'incapacità di attendere alle ordinarie
occupazioni per un periodo superiore ai 40 giorni.
L’infortunio
si era verificato allorché il lavoratore, trovatosi sul camion aziendale per
effettuare le operazioni di caricamento assieme ad una collega che aveva azionato
il carro-ponte, era stato schiacciato da una lastra in cemento delle dimensioni
di 200 cm x 295 cm x 15 cm di spessore e peso di circa 18 quintali, che si era
sganciato a causa della rottura della boccola in acciaio ove era fissata
l'asola in fune d'acciaio che la reggeva.
Al
termine del primo grado di giudizio, il Tribunale di Pesaro aveva condannato,
rispettivamente, il presidente e due consiglieri del Cda della società datrice
di lavoro (1) per colpa consistita in imprudenza, negligenza,
imperizia ed inosservanza delle norme dettate per la prevenzione degli
infortuni sul lavoro (2), omettendo di adottare le misure tecnico organizzative idonee a ridurre
al minimo i rischi connessi alle operazioni di movimentazione delle lastre
prefabbricate con l'uso del carroponte, di effettuare la valutazione dei rischi
connessi alla predetta attività, di provvedere ad un addestramento adeguato e
specifico dei lavoratori incaricati dell'uso delle attrezzature, utilizzando,
infine, ganci per gli apparecchi di sollevamento sprovvisti di dispositivi di
chiusura dell'imbocco e, comunque, inidonei ad evitare lo sganciamento accidentale
dei carichi movimentati.
Inoltre,
i tre imputati erano stati condannati per avere omesso di adottare le misure
tecnico organizzative idonee a ridurre al minimo i rischi connessi alle
operazioni di movimentazione delle lastre prefabbricate con l'uso del
carroponte (3) (4), nonché per
avere omesso di provvedere ad un addestramento adeguato e specifico dei
lavoratori addetti alla movimentazione del carico di lastre prefabbricate (5).
Tuttavia,
dopo la condanna in primo grado, gli imputati erano stati assolti dalla Corte
di Appello di Ancona perché “il fatto non
sussiste”.
Contrariamente
al giudice di prime cure, infatti, la Corte territoriale aveva ritenuto che l'incidente
si fosse verificato per esclusiva colpa del collega dell’infortunato che,
volgendo le spalle alla vittima, era dedito alla movimentazione del carroponte
con il pulsante premuto sulla pulsantiera a uomo presente, sicché, non
essendosi accorto tempestivamente della posizione assunta dalla lastra,
riagganciatasi su una delle due boccole ed obliqua, non aveva potuto
immediatamente rilasciare il pulsante e bloccare il movimento del carroponte
così impedendo che la lastra arrivasse in prossimità dell’infortunato.
Avverso
questa sentenza, il dipendente aveva proposto ricorso per Cassazione, assumendo
che la Corte territoriale avrebbe:
-
ignorato i fogli
di prescrizione dell'ispettore dell'Asur che aveva elevato 4 addebiti e la relativa
rilevanza causale dell'omessa adozione delle misure tecnico organizzative
prescritte;
-
ignorato la
prescrizione relativa alla conformazione del gancio per gli apparecchi di
sollevamento;
-
ritenuto che la
formazione ed informazione fosse stata
confermata dalle testimonianze assunte, contrariamente a quanto sarebbe emerso
dalle stesse;
-
erroneamente
ritenuto l'imprevedibilità della condotta del collega che, invece, doveva
ritenersi prevedibile perché insita nella ripetitività dell'operazione;
-
erroneamente
ritenuto l'abnormità della condotta del predetto lavoratore, riconducibile,
invece, all'omesso addestramento
adeguato e specifico.
Investita
della questione, la Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso e, dunque, meritevole
di accoglimento.
Gli ermellini,
infatti, hanno sostenuto la maggiore plausibilità della ricostruzione dei fatti
compiuta nella sentenza di primo grado, osservando che, nonostante i dispositivi
antisgancio delle lastre fossero stati individuati e segnalati dal datore di
lavoro, non fu lo sgancio a determinare
il sinistro, bensì, più verosimilmente, l'accidentale riaggancio della lastra
ad una sola delle boccole.
In sostanza,
la Suprema Corte ha ritenuto che la causa dell’incidente dovesse ricondursi nel
comportamento imprudente posto in essere dal collega dell’infortunato, poiché,
come dal medesimo ammesso, non stava guardando il carroponte.
Ma tale
comportamento, pur ribadendo che l'abnormità alla quale si riferiscono le
plurime sentenze della Corte di legittimità (6) risulti estensibile per identità di ratio anche nel caso che la persona del lavoratore infortunato e
del lavoratore imprudente non coincidano come nella vicenda di specie, non può
nemmeno qualificarsi abnorme, cioè posto in essere dal collega del tutto
autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, pertanto,
fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro, ovvero, pur rientrando
nelle mansioni sue proprie, sia consistito in qualcosa radicalmente,
ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti
scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro.
Invero, al
momento dell’incidente, il lavoratore stava adempiendo ai propri compiti ed era
sicuramente prevedibile, siccome connessa direttamente con la tipologia delle
mansioni svolte, una distrazione del manovratore del carroponte, che, dopo aver
scaricato una lastra, desse inizio all'operazione successiva senza curarsi di
controllare la posizione del proprio collega, tanto più che deve escludersi
l'interruzione del nesso eziologico nel caso di c.d. "assuefazione al pericolo", laddove le condotte colpose siano
imputabili a "cali di attenzione"
o "confidenze" nello svolgimento
di attività caratterizzate dalla ripetizione delle medesime mansioni per tutto
il giorno, come può essersi verificato nel caso di specie (7).
Sicché, a
detta della Cassazione rimane da accertare la sussistenza in concreto della
colpa del datore di lavoro. Orbene, è
vero che la ditta aveva ottemperato alle
prescrizioni formulate in un verbale ispettivo antecedente il sinistro e che al successivo verbale
di informazione aveva partecipato anche l'infortunato,
tuttavia, non può ritenersi sufficiente l'addestramento adeguato e specifico
dei dipendenti addetti alle operazioni di manovra del carroponte e ciò in
diretta dipendenza della mancata valutazione del rischio specifico da parte del
datore di lavoro, attestata dall'omessa indicazione nel DVR (Documento di
valutazione dei rischi) proprio della parte inerente alla movimentazione
manuale dei carichi e dalla mancata adozione di misure tecnico amministrative
idonee a ridurre al minimo ì rischi connessi alle operazioni di movimentazione
delle lastre prefabbricate con l'uso del carroponte, secondo le prescrizioni
imposte dalla normativa di riferimento (8).
Alla luce
delle suddette considerazioni, la Cassazione, ritenendo possibile che la causa
del sinistro fosse riconducibile alla responsabilità dei tre imputati, ha
disposto l’annullamento della sentenza impugnata, rinviando la decisione al
giudice civile competente per valore in grado di appello.
Valerio
Pollastrini
1)
– fattispecie di
reato di cui agli artt.41, 590 commi 1, 2 e 3, c.p., in relazione all'art.583,
comma I n.1, c.p.;
2)
- in particolare,
per violazione dell'art.2087 c.c, degli artt.35 comma 2, 4 comma 2, 37, 38 e 22
del D.Lgs n.626/94, nonché dell'art.172 del D.P.R. n.547;
3)
- reato previsto
e punito dall'art.35 comma II, 89, del D.Lgs. n.626/94;
4)
- reato previsto
e punito dall'art.4, comma II, del D.Lgs. n.626/94;
5)
- reato previsto
e punito dagli artt.38 e 22 del D.Lgs. n.626/94;
6)
– v. Cass.,
Sentenza n.40164 del 3 giugno 2004 e successive conformi;
7)
- cfr. Cass.
pen., Sez. IV, Sentenza n.1352 del 9 ottobre 1992 e successive conformi;
8)
- artt.4, comma
II, 35 c. II, 89, 38 e 22 del D.Lgs n.626/94;
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