Il
caso di specie è scaturito dal licenziamento irrogato ad alcuni dipendenti che,
durante una manifestazione a cui avevano
preso parte una cinquantina di lavoratori, si erano posti alla testa del
corteo, mantenendo, a detta dell’impresa recedente, un atteggiamento aggressivo ed intimidatorio, configuratosi
nel lancio di oggetti sull'assemblea.
Nel
corso del procedimento disciplinare che aveva preceduto il recesso, il datore
di lavoro aveva inoltre contestato ai dipendenti di essere entrati in azienda
al di fuori del regolare turno di lavoro, senza averne inoltrato la preventiva
comunicazione al personale di sorveglianza.
Dopo
che i primi due gradi di giudizio si erano conclusi con la declaratoria di
illegittimità dei licenziamenti, l’azienda aveva proposto ricorso per
Cassazione.
Investiti
della questione, gli ermellini hanno sottolineato come la Corte di Appello,
oltre a ritenere non sufficientemente individuati i comportamenti intimidatori
contestati dall'azienda, avesse precisato l’irrilevanza, sul piano
disciplinare, della partecipazione dei lavoratori alla testa del corteo.
Confermando
la validità delle considerazioni espresse dalla Corte del merito, la Cassazione
ha conseguentemente concluso ribadendo l’illegittimità dei recessi.
Valerio
Pollastrini
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