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martedì 18 novembre 2014

Ispezione: omessa esibizione delle buste paga dei dipendenti – Conseguenze

Nella sentenza n.47241 del 17 novembre 2014, la Corte di Cassazione ha confermato la rilevanza penale dell’omessa esibizione da parte del datore di lavoro delle buste paga richieste dai funzionari dell’Ispettorato.

Nel caso in commento, il titolare di un’impresa era stato condannato dal Tribunale di Teramo alla pena di 300,00 € di ammenda (1) per avere omesso di consegnare ai funzionari dell'Ispettorato del lavoro che le avevano richieste, le copie delle buste paga relative ad un lavoratore.

Avverso questa sentenza, il datore di lavoro aveva ricorso per Cassazione, sostenendo che la sua condotta non si sarebbe concretizzata in un vero e proprio impedimento alla attività di vigilanza svolta dall'Ispettorato, ma solo in un intralcio di questa, punito non con la sanzione penale ma con quella amministrativa.

Investita della questione, la Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile, perché basato su un motivo manifestamente infondato.

Nella premessa, la Suprema Corte ha ricordato che l’ultimo comma dell’art.4 della Legge n.628/1961  punisce "coloro che, legalmente richiesti dall’Ispettorato di fornire notizie a norma del presente articolo, non le forniscano o le diano scientemente errate od incomplete".

Detta disposizione - secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, si riferisce alle richieste di notizie concernenti violazioni delle leggi sui rapporti di lavoro, sulle assicurazioni sociali, sulla prevenzione e l'igiene del lavoro, che assumono valore strumentale rispetto alla funzione istituzionale di controllo esercitata dall'Ispettorato del lavoro (2).

Sempre la Cassazione, inoltre, ha più volte specificato che il reato in questione si configura non soltanto nel caso di richiesta di semplici notizie, ma anche nell'ipotesi di omessa esibizione della documentazione che consenta all'Ispettorato del lavoro la vigilanza sull'osservanza delle disposizioni in materia di lavoro, previdenza sociale e contratti collettivi di categoria, ivi compresa quella afferente al quantum della retribuzione corrisposta ad ai criteri applicati per il suo al calcolo, poiché necessaria per verificare l'adempimento dei conseguenti obblighi contributivi (3).

In quanto formale, il reato predetto può essere realizzato sia in forma omissiva, attraverso la sola mancata risposta alla richiesta dell'ispettorato del lavoro di fornire le informazioni in questione, che sotto la forma commissiva, con l’assolvimento della richiesta  in maniera consapevolmente falsa o incompleta.

Per tale ragione, pertanto, gli ermellini hanno ritenuto priva di ogni fondamento  la tesi affermata dal ricorrente secondo la quale dovrebbe distinguersi fra mero intralcio all'operato dell'Ispettorato, sanzionato solo amministrativamente, ed impedimento di tale operato, solo a seguito del quale scatterebbe la rilevanza penale della condotta.

In sostanza, nella pronuncia in commento, la Cassazione ha ribadito che nella forma puramente omissiva la rilevanza penale della condotta dell'agente è conseguente alla semplice omissione del comportamento normativamente imposto, senza che sia necessaria, ai fini della integrazione del reato, la sussistenza di altri elementi fenomenici esterni, quali, appunto, il derivante impedimento dello svolgimento da parte dell'Ispettorato del lavoro della sua funzione istituzionale.

Valerio Pollastrini

1)      – per il reato di cui all'art.4 della Legge n.628/1961;
2)      - ex multis: Corte di cassazione, Sezione III penale, 7 febbraio 1994, n. 1365; idem Sezione III penale, 4 luglio 2001, n. 26974;
3)      - Corte di cassazione, Sezione III penale, 15 ottobre 2013, n. 42334; idem 20 febbraio 2012, n. 6644;

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