Nel
caso in commento, il titolare di un’impresa era stato condannato dal Tribunale
di Teramo alla pena di 300,00 € di ammenda (1) per avere omesso di consegnare ai
funzionari dell'Ispettorato del lavoro che le avevano richieste, le copie delle
buste paga relative ad un lavoratore.
Avverso
questa sentenza, il datore di lavoro aveva ricorso per Cassazione, sostenendo
che la sua condotta non si sarebbe concretizzata in un vero e proprio
impedimento alla attività di vigilanza svolta dall'Ispettorato, ma solo in un
intralcio di questa, punito non con la sanzione penale ma con quella
amministrativa.
Investita
della questione, la Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile, perché
basato su un motivo manifestamente infondato.
Nella
premessa, la Suprema Corte ha ricordato che l’ultimo comma dell’art.4 della Legge
n.628/1961 punisce "coloro che, legalmente richiesti
dall’Ispettorato di fornire notizie a norma del presente articolo, non le
forniscano o le diano scientemente errate od incomplete".
Detta
disposizione - secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, si
riferisce alle richieste di notizie concernenti violazioni delle leggi sui
rapporti di lavoro, sulle assicurazioni sociali, sulla prevenzione e l'igiene
del lavoro, che assumono valore strumentale rispetto alla funzione istituzionale
di controllo esercitata dall'Ispettorato del lavoro (2).
Sempre
la Cassazione, inoltre, ha più volte specificato che il reato in questione si
configura non soltanto nel caso di richiesta di semplici notizie, ma anche
nell'ipotesi di omessa esibizione della documentazione che consenta
all'Ispettorato del lavoro la vigilanza sull'osservanza delle disposizioni in
materia di lavoro, previdenza sociale e contratti collettivi di categoria, ivi
compresa quella afferente al quantum della retribuzione corrisposta ad ai
criteri applicati per il suo al calcolo, poiché necessaria per verificare
l'adempimento dei conseguenti obblighi contributivi (3).
In
quanto formale, il reato predetto può essere realizzato sia in forma omissiva, attraverso
la sola mancata risposta alla richiesta dell'ispettorato del lavoro di fornire
le informazioni in questione, che sotto la forma commissiva, con l’assolvimento
della richiesta in maniera
consapevolmente falsa o incompleta.
Per
tale ragione, pertanto, gli ermellini hanno ritenuto priva di ogni fondamento la tesi affermata dal ricorrente secondo la
quale dovrebbe distinguersi fra mero intralcio all'operato dell'Ispettorato,
sanzionato solo amministrativamente, ed impedimento di tale operato, solo a
seguito del quale scatterebbe la rilevanza penale della condotta.
In
sostanza, nella pronuncia in commento, la Cassazione ha ribadito che nella
forma puramente omissiva la rilevanza penale della condotta dell'agente è
conseguente alla semplice omissione del comportamento normativamente imposto,
senza che sia necessaria, ai fini della integrazione del reato, la sussistenza
di altri elementi fenomenici esterni, quali, appunto, il derivante impedimento
dello svolgimento da parte dell'Ispettorato del lavoro della sua funzione
istituzionale.
Valerio
Pollastrini
1)
–
per il reato di cui all'art.4 della Legge n.628/1961;
2)
-
ex multis: Corte di cassazione, Sezione III penale, 7 febbraio 1994, n. 1365;
idem Sezione III penale, 4 luglio 2001, n. 26974;
3)
-
Corte di cassazione, Sezione III penale, 15 ottobre 2013, n. 42334; idem 20
febbraio 2012, n. 6644;
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