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domenica 16 novembre 2014

Corte di Giustizia Ue – In caso di part-time è legittima la riduzione degli assegni familiari

Nella sentenza del 5 novembre 2014, causa C-476/12, la Corte di Giustizia Europea ha ritenuto conforme ai principi comunitari la disposizione con la quale, al dipendente assunto a tempo parziale, venga proporzionalmente ridotto, in applicazione del principio del “pro rata temporis”, l’assegno per i figli a carico.

La domanda della pronuncia pregiudiziale in commento riguarda l’interpretazione della clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo parziale del  6 giugno 1997, contenuto nell’allegato alla Direttiva 97/81/CE  del 15 dicembre 1997, relativa all’Accordo Quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES, come modificata dalla Direttiva 98/23/CE  del 7 aprile 1998, nonché sull’interpretazione dell’articolo 28 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.

Nello specifico, la controversia da cui è scaturita la domanda suddetta è quella tra una confederazione sindacale austriaca, l’Österreichischer Gewerkschaftsbund, e l’Associazione delle Banche e dei Banchieri Austriaci,  Verband Österreichischer Banken und Bankiers ( in prosieguo: il “VÖBB”), in merito ad un assegno per figli a carico erogato sulla base del Contratto Collettivo applicabile agli impiegati di banche e banchieri (in prosieguo: il “CCBB”).

Il quadro normativo di riferimento

La normativa Ue
Ai sensi della clausola 1, lettera a),  lo scopo dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo parziale è quello di “assicurare la soppressione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale e di migliorare la qualità del lavoro a tempo parziale”.

La clausola 4 dell’Accordo Quadro, rubricata “Principio di non-discriminazione”, prevede quanto segue:
1. Per quanto attiene alle condizioni di impiego, i lavoratori a tempo parziale non devono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo pieno comparabili per il solo motivo di lavorare a tempo parziale, a meno che un trattamento differente sia giustificato da ragioni obiettive.
2. Dove opportuno, si applica il principio del “pro rata temporis”.
(...)”.

La normativa austriaca
L’articolo 19d della legge sull’orario di lavoro (1) dispone:
Il lavoro è a tempo parziale quando il numero convenuto di ore lavorative settimanali è, in media, inferiore al numero normale di ore di lavoro previsto dalla legge per ciascuna settimana o inferiore al numero normale di ore di lavoro per ciascuna settimana previsto dal contratto collettivo applicabile.
(...)
I lavoratori a tempo parziale non possono subire svantaggi rispetto ai lavoratori a tempo pieno per il fatto di lavorare a tempo parziale, a meno che un trattamento differente sia giustificato da ragioni oggettive (...).
In caso di contenzioso, il datore di lavoro deve fornire la prova che qualsiasi condizione meno favorevole non sia fondata sul fatto che l’attività lavorativa sia prestata a tempo parziale”.

A termini del Capo III del CCBB, intitolato “Prestazioni sociali”, “gli assegni familiari e gli assegni per i figli a carico sono attribuiti a titolo di prestazione sociale”.

L’articolo 21, paragrafo 2, del CCBB, intitolato “Assegno di famiglia”, prevede quanto segue:
Gli assegni di famiglia per (...) lavoratori a tempo parziale si calcolano dividendo la somma erogabile ai lavoratori a tempo pieno per il numero di ore lavorative settimanali del tempo pieno, come previsto dal contratto collettivo (cioè 38,5 ore), e moltiplicando il risultato per il numero di ore lavorative settimanali (...) convenuto”.

L’articolo 22 del CCBB, intitolato “Assegno per figli a carico”, dispone:
I lavoratori hanno diritto ad un assegno per figli a carico per ciascun figlio per il quale la legge conferisca loro il diritto a un assegno familiare e purché forniscano prova di averlo ricevuto (...)
(…)
L’articolo 21, paragrafo 2 (...), si applica per analogia agli assegni per figli a carico”.

Le questioni pregiudiziali poste nel procedimento principale

L’Österreichischer Gewerkschaftsbund, in rappresentanza degli  impiegati del settore bancario austriaco, aveva presentato una domanda inerente al procedimento speciale di cui all’articolo 54, paragrafo 2, della Legge relativa alle competenze ed al procedimento in materia di previdenza sociale e diritto del lavoro (2).

Detta domanda, in particolare, era stata avanzata  contro il VÖBB, l’organismo preposto alla rappresentanza dei datori di lavoro del settore bancario austriaco, al fine di ottenere dalla Corte Suprema austriaca (3) il diritto per i lavoratori rappresentati, impiegati a tempo parziale, al pagamento per intero dell’assegno per figli a carico, previsto dall’articolo 22, paragrafo 1, del Contratto Collettivo di riferimento e non solo ad un importo calcolato proporzionalmente alla durata del loro orario di lavoro.

Investita della questione, la Corte Suprema, nutrendo dubbi in ordine alla portata del principio del “pro rata temporis” nel procedimento pendente dinanzi ad essa, aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte Europea le seguenti questioni pregiudiziali:

1)    – Se il principio “pro rata temporis” ai sensi della clausola 4, paragrafo 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale si applichi (in quanto opportuno) a un assegno per figli a carico, disciplinato da un contratto collettivo, che costituisce una prestazione sociale del datore di lavoro a parziale compensazione degli oneri finanziari a carico dei genitori per il mantenimento del figlio per il quale viene percepito l’assegno, a motivo della natura di tale prestazione.

2)    - In caso di risposta negativa alla prima questione:
Se la clausola 4, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale debba essere interpretata nel senso che una disparità di trattamento del lavoratore a tempo parziale dovuta alla diminuzione percentuale del diritto all’assegno per figli a carico in proporzione all’orario di lavoro – in considerazione dell’ampio margine discrezionale delle parti sociali nella definizione di un determinato scopo di politica sociale ed economica e delle misure atte a raggiungere tale scopo – sia oggettivamente giustificata, presumendo che un divieto di attribuzione proporzionale:

a)        renda più difficile o impossibile l’impiego a tempo parziale sotto forma di riduzione dell’orario dei genitori e/o i lavori di minima entità durante i periodi di congedo parentale;

b)        provochi distorsioni della concorrenza dovute a maggiori oneri finanziari per i datori di lavoro con numerosi lavoratori a tempo parziale, oltre a comportare una minore disponibilità dei datori di lavoro ad assumere lavoratori a tempo parziale,

c)         favorisca i lavoratori a tempo parziale che intrattengono più rapporti di lavoro a tempo parziale e godono di più diritti a una prestazione prevista da un contratto collettivo quale l’assegno per figli a carico, o

d)        favorisca i lavoratori a tempo parziale, in quanto essi dispongono di più tempo libero rispetto ai lavoratori a tempo pieno e quindi godono di migliori opportunità per la cura dei figli.

3)    In caso di risposta negativa alla prima e alla seconda questione:
Se l’articolo 28 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea debba essere interpretato nel senso che, in un regime giuslavoristico nel quale una parte preponderante degli standard minimi previsti dal diritto del lavoro è stabilita sulla base di valutazioni concordi in materia di politica sociale cui sono pervenute parti contraenti del contratto collettivo particolarmente selezionate e qualificate, in caso di nullità (secondo la prassi nazionale) unicamente di una norma di dettaglio (che viola un divieto di discriminazione imposto dal diritto dell’Unione) di un contratto collettivo (nella fattispecie attribuzione proporzionale dell’assegno per figli a carico in caso di lavoro a tempo parziale), l’intera disposizione del contratto collettivo relativa a questa materia (nella fattispecie l’assegno per figli a carico) sia colpita dalla sanzione di nullità.  

Il parere della Corte di Giustizia Europea

Innanzitutto, la Corte Ue ha riepilogato la prima questione con la quale il giudice del rinvio aveva chiesto se la clausola 4, punto 2, dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo parziale debba essere interpretata nel senso che il principio del  pro rata temporis” risulti applicabile anche al calcolo dell’importo di un assegno per figli a carico erogato dal datore di lavoro di un dipendente a tempo parziale in esecuzione di un Contratto Collettivo quale il CCBB.

A tale riguardo la Corte comunitaria ha rilevato, in primo luogo, che alla luce delle informazioni fornite dal giudice del rinvio, l’assegno per figli a carico in oggetto non è una prestazione prevista dalla legge ed erogata dallo Stato, bensì corrisposta dal datore di lavoro sulla base di un Contratto Collettivo, negoziato dalle parti contraenti, a beneficio dei dipendenti con figli a carico.

Si tratta di una circostanza, in base alla quale l’emolumento in questione non può essere qualificato come “prestazione di sicurezza sociale”, di cui al regolamento (CE) n.883/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, nonostante tale assegno persegua obiettivi analoghi a quelli di alcune prestazioni previste dal citato Regolamento.

In secondo luogo, la Corte ha poi precisato che, nel corso del procedimento principale, le stesse parti avevano concordato che l’assegno di cui trattasi costituisse una retribuzione versata al lavoratore.

Quella appena enucleata è una qualificazione dell’assegno per figli a carico che corrisponde a quella derivante dal diritto dell’Unione.

Secondo consolidata giurisprudenza, infatti, per “retribuzione” (4) deve intendersi il salario o trattamento normale di base o minimo, nonché tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al dipendente in ragione dell’impiego di quest’ultimo.

Sempre secondo la giurisprudenza, inoltre, tale nozione comprende tutti i vantaggi, attuali o futuri, purché siano pagati, sia pure indirettamente, dal datore di lavoro al dipendente in ragione dell’impiego di quest’ultimo (5).

Ciò detto, la Corte ha precisato che, in un simile contesto, la natura giuridica di detti vantaggi è  irrilevante ai fini dell’applicazione dell’articolo 157 TFUE, ogni qual volta essi vengano attribuiti in relazione all’impiego (6).

Il giudice comunitario ha chiarito, altresì, che, nonostante vi siano numerosi tipi di vantaggi corrisposti da un datore di lavoro che rispondano anche a considerazioni di politica sociale, la natura retributiva di una prestazione non può però essere messa in dubbio quando, in favore del lavoratore, sussista il diritto di ricevere dall’azienda la prestazione di cui trattasi in forza dell’esistenza del rapporto di lavoro (7).

In sostanza, dal momento che l’assegno per figli a carico rientra nella retribuzione del dipendente, detto emolumento è determinato dai termini del rapporto di lavoro concordati tra le parti.

Ne consegue, pertanto, che, ai sensi della clausola 4, punti 1 e 2, dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo parziale, se  il lavoratore risulta assunto a tempo parziale appare oggettivamente giustificato che la quantificazione dell’assegno per figli a carico avvenga in applicazione del principio del “pro rata temporis(8).

A tal riguardo, infatti, la Corte, da un lato, ha rilevato come  la natura della prestazione oggetto del procedimento principale non potesse ostare all’applicazione della clausola 4, punto 2, dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo parziale, atteso  che l’assegno per figli a carico, rientrando tra i vantaggi pagati in denaro al lavoratore, costituisce una prestazione divisibile (9). Dall’altro lato, inoltre, la Corte ha ricordato come, già in passato, avesse applicato il principio del  pro rata temporis” ad altre prestazioni a carico del datore di lavoro e collegate a un rapporto di lavoro a tempo parziale.

Nelle citate occasioni, infatti, la Corte aveva precisato che, in caso di lavoro a tempo parziale, il diritto dell’Unione non osta né al calcolo di una pensione di vecchiaia effettuato secondo il principio del “pro rata temporis(10), né a che le ferie annuali retribuite siano calcolate secondo tale medesimo principio (11).

Alla luce  delle richiamate considerazioni la Corte di Giustizia Ue ha risposto alla prima questione pregiudiziale dichiarando che la clausola 4, punto 2, dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo parziale deve essere interpretata nel senso che il principio del “pro rata temporis” si applica al calcolo dell’importo di un assegno per figli a carico erogato dal datore di lavoro di un lavoratore a tempo parziale, in esecuzione di un contratto collettivo quale il CCBB.

Quanto dichiarato nella risposta fornita alla prima questione, infine, rende superflua ogni considerazione sulla seconda e sulla terza.

Valerio Pollastrini

1)      – Arbeitszeitgesetz;
2)      - Arbeits- und Sozialgerichtsgesetz, BGBl. 104/1985;
3)      - l’Oberster Gerichtshof;
4)      – secondo quanto disposto dall’articolo 157, paragrafo 2, TFUE;
5)      - v. sentenza Hliddal e Bornand, C216/12 e C217/12, EU:C:2013:568 e giurisprudenza ivi citata;
6)      - sentenza Krüger, C281/97, EU:C:1999:396;
7)      - sentenza Barber, C262/88, EU:C:1990:209;
8)      - v., per analogia, sentenza Heimann e Toltschin, C229/11 e C230/11, EU:C:2012:693 e giurisprudenza ivi citata;
9)      - v., per analogia, sentenze Impact, C268/06, EU:C:2008:223,  nonché Bruno e a., C395/08 e C396/08, EU:C:2010:329;
10)  - v., in tal senso, sentenze Schönheit e Becker, C4/02 e C5/02, EU:C:2003:583;
11)  - v., in tal senso, sentenze Zentralbetriebsrat der Landeskrankenhäuser Tirols, C486/08, EU:C:2010:215, nonché Heimann e Toltschin, EU:C:2012:693;

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