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martedì 18 novembre 2014

Diritto dei titolari di pensione di vecchiaia ad esercitare un’attività lavorativa in un altro Stato UE

Nella sentenza del 5 novembre 2014,  causa C-103/13, la Corte di Giustizia UE ha precisato che, nel rispetto della normativa comunitaria, i beneficiari di una pensione di vecchiaia non possono essere ostacolati nell’esercizio di un’attività lavorativa in un altro Stato membro.

Nel caso di specie, la domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 48, primo comma, lettera a), TFUE e 49 TFUE, nonché degli articoli 12, paragrafi 1 e 2, 46, paragrafi 1 e 2, e 94, paragrafo 2, del Regolamento (CEE) n.1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, nel testo modificato e novellato dal regolamento (CE) n.118/97 del Consiglio, del 2 dicembre 1996, come modificato dal regolamento (CE) n.1992/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006 (in prosieguo: il “Regolamento n.1408/71”).

Detta domanda è scaturita dalla controversia tra la sig.ra Somova ed il  Direttore Generale del Servizio “Sicurezza sociale” di Sofia, il Glaven direktor na Stolichno upravlenie “Sotsialno osiguryavane” (in prosieguo: il “SUSO”), in merito alla decisione con la quale quest’ultimo ha  disposto la ripetizione delle somme corrisposte a titolo di pensione individuale di vecchiaia, oltre agli interessi, in base al rilievo che il diritto alla pensione sarebbe stato concesso in violazione dell’articolo 94, paragrafo 1, del Codice delle Assicurazioni Sociali, il Kodeks za sotsialnoto osiguryavane (in prosieguo: il “KSO”).
 

Il quadro normativo di riferimento

La normativa dell’Unione Europea
Il Regolamento n.1408/71, in vigore all’epoca dei fatti del procedimento principale, è stato abrogato dal Regolamento (CE) n.883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.

L’articolo 12 del Regolamento n.1408/71, intitolato “Divieto di cumulo delle prestazioni”, prevede, ai paragrafi 1 e 2, quanto segue:

1. Il presente regolamento non può conferire, né mantenere il diritto a beneficiare di più prestazioni della stessa natura riferentesi ad uno stesso periodo di assicurazione obbligatoria. Tale disposizione non si applica tuttavia alle prestazioni per invalidità, vecchiaia, morte (pensioni) o per malattia professionale che sono liquidate dalle istituzioni di due o più Stati membri ai sensi dell’articolo 41, dell’articolo 43, paragrafi 2 e 3, degli articoli 46, 50 e 51, oppure dell’articolo 60, paragrafo 1, lettera b).

2. Se non è diversamente disposto nel presente regolamento, le clausole di riduzione, di sospensione o di soppressione previste dalla legislazione di uno Stato membro in caso di cumulo di una prestazione con altre prestazioni di sicurezza sociale o con altri redditi di qualsiasi natura, sono opponibili al beneficiario anche se si tratta di prestazioni acquisite in base alla legislazione di un altro Stato membro o di redditi ottenuti nel territorio di altro Stato membro”.

L’articolo 44 del Regolamento medesimo, rubricato “Disposizioni generali concernenti la liquidazione delle prestazioni quando il lavoratore subordinato o autonomo è stato soggetto alla legislazione di due o più Stati membri”, così recitava ai paragrafi 1 e 2:

1. I diritti a prestazioni di un lavoratore subordinato o autonomo che è stato soggetto alla legislazione di due o più Stati membri, o dei suoi superstiti, sono determinati in conformità delle disposizioni del presente capitolo.

2. Fatto salvo l’articolo 49, si deve procedere alle operazioni di liquidazione rispetto a tutte le legislazioni alle quali il lavoratore subordinato o autonomo è stato soggetto, non appena l’interessato abbia presentato una domanda di liquidazione. Si deroga a tale norma se l’interessato chiede espressamente di soprassedere alla liquidazione delle prestazioni di vecchiaia acquisite secondo la legislazione di uno o più Stati membri”.

Il successivo articolo 45, intitolato “Presa in considerazione dei periodi di assicurazione o di residenza compiuti sotto le legislazioni alle quali il lavoratore subordinato o autonomo è stato soggetto ai fini dell’acquisizione, del mantenimento o del recupero del diritto a prestazioni”, al paragrafo 1 così disponeva:

«Se la legislazione di uno Stato membro subordina l’acquisizione, il mantenimento o il recupero del diritto alle prestazioni in virtù di un regime che non è un regime speciale ai sensi dei paragrafi 2 o 3, al compimento di periodi di assicurazione o di residenza, l’istituzione competente di questo Stato membro tiene conto, nella misura necessaria, dei periodi di assicurazione o di residenza compiuti – sia in un regime generale sia in un regime speciale – sotto la legislazione di ogni altro Stato membro, applicabile a lavoratori subordinati o autonomi. A tal fine, essa tiene conto di detti periodi come se si trattasse di periodi compiuti sotto la legislazione che essa applica”.

Il successivo articolo 46, rubricato “Liquidazione delle prestazioni”, prevedeva, ai paragrafi 1 e 2, quanto segue:

1. Qualora le condizioni richieste dalla legislazione di uno Stato membro per aver diritto alle prestazioni siano soddisfatte senza che sia necessario applicare l’articolo 45 né l’articolo 40, paragrafo 3, si applicano le norme seguenti:

a)    l’istituzione competente calcola l’importo delle prestazioni che sarebbe dovuto:

i)                   da un lato, a norma delle sole disposizioni della legislazione che essa applica;
ii)                 dall’altro, in applicazione del paragrafo 2;

 
b)    l’istituzione competente può tuttavia non procedere al calcolo di cui alla lettera a), punto ii), qualora il risultato sia identico o inferiore a quello del calcolo effettuato conformemente alla lettera a), punto i), prescindendo dalle differenze dovute all’arrotondamento delle cifre, purché tale istituzione non applichi una legislazione che contempli clausole di cumulo, quali quelle di cui agli articoli 46 ter e 46 quater, o se la legislazione contempla tali clausole nel caso indicato all’articolo 46 quater, a condizione che essa preveda di prendere in considerazione le prestazioni di natura diversa soltanto in funzione del rapporto tra la durata dei periodi di assicurazione o di residenza compiuti sotto la sua sola legislazione e la durata dei periodi di assicurazione o di residenza prescritti da questa legislazione per poter usufruire di una prestazione completa.

L’allegato IV, parte C, indica per ciascuno Stato membro interessato i casi in cui i due calcoli porterebbero a tale risultato.

2. Se le condizioni richieste dalla legislazione di uno Stato membro per aver diritto alle prestazioni non sono soddisfatte se non dopo l’applicazione dell’articolo 45 e/o dell’articolo 40, paragrafo 3, si applicano le norme seguenti:

(...)”.

L’articolo 84 bis del Regolamento medesimo, intitolato “Rapporti tra le istituzioni e le persone cui si applica il presente regolamento”, così recitava:

1. Le istituzioni e le persone cui si applica il presente regolamento hanno un obbligo reciproco di informazione e di cooperazione per garantire la corretta applicazione del presente regolamento.

Le istituzioni, secondo il principio di buona amministrazione, rispondono a tutte le domande entro un termine ragionevole e comunicano in proposito alle persone interessate qualsiasi informazione necessaria per far valere i diritti loro conferiti dal presente regolamento.

Le persone interessate hanno l’obbligo di informare quanto prima le istituzioni dello Stato competente e dello Stato di residenza in merito ad ogni cambiamento nella loro situazione personale o familiare che incida sui loro diritti alle prestazioni previste dal presente regolamento.

2. La mancata osservanza dell’obbligo di informazione di cui al paragrafo 1, terzo comma, può formare oggetto di misure proporzionate conformemente al diritto nazionale. Tuttavia, tali misure devono essere equivalenti a quelle applicabili a situazioni analoghe che dipendono dall’ordinamento giuridico interno e non devono nella pratica rendere impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti agli interessati dal presente regolamento.

3. In caso di difficoltà d’interpretazione o di applicazione del presente regolamento tali da incidere sui diritti di una persona cui esso si applica, l’istituzione dello Stato competente o dello Stato di residenza della persona interessata deve contattare l’istituzione o le istituzioni dello Stato o degli Stati membri interessati. In assenza di una soluzione entro un termine ragionevole, le autorità interessate possono adire la commissione amministrativa”.

Il successivo articolo 94, relativo alle disposizioni transitorie per i lavoratori dipendenti, al paragrafo 2 prevedeva quanto segue:

Ogni periodo di assicurazione e, eventualmente, ogni periodo di occupazione o di residenza compiuto sotto la legislazione di uno Stato membro prima del 1° ottobre 1972 o della data di applicazione del presente regolamento nel territorio dello Stato membro interessato o in una parte di esso, è preso in considerazione per la determinazione dei diritti acquisiti in conformità delle disposizioni del presente regolamento”.

L’allegato IV, parte C, del Regolamento n.1408/71 era intitolato “Casi previsti all’articolo 46, paragrafo 1, lettera b), del regolamento, in cui si può rinunciare al calcolo delle prestazioni conformemente all’articolo 46, paragrafo 2, del regolamento”. Alla lettera B) “Bulgaria” erano indicate:

Tutte le richieste di pensioni per periodi assicurativi e di pensioni di vecchiaia e di invalidità a motivo di malattia generale, e di pensioni di reversibilità derivanti dalle summenzionate pensioni”.

L’allegato VII del Regolamento medesimo, rubricato “Casi in cui una persona è soggetta simultaneamente alla legislazione di due Stati membri”, al punto 2 così recitava:

Esercizio di un’attività autonoma in Bulgaria e di un’attività subordinata in un altro Stato membro”.

La normativa bulgara
L’articolo 4, paragrafo 3, del KSO, così dispone:

Sono obbligatoriamente assicurate per l’invalidità per malattia, per la vecchiaia e la morte:

(...)

5. le persone che svolgono un’attività lavorativa senza essere lavoratori dipendenti e che percepiscono una retribuzione mensile superiore o pari a un salario minimo, al netto delle spese riconosciute dalla normativa, in assenza di altro tipo di copertura assicurativa per il mese corrispondente.

6. le persone che svolgono un’attività lavorativa senza essere lavoratori dipendenti e che dispongono di altro tipo di copertura assicurativa per il mese corrispondente, indipendentemente dall’importo della retribuzione.

(...)”.

Con sentenza del 29 giugno 2000, n.5, la Corte Costituzionale bulgara (1) dichiarava contrario alla Costituzione l’obbligo, posto a carico dei pensionati svolgenti attività lavorativa in qualità di lavoratori autonomi, di assicurazione e di contribuzione. Detti pensionati lavoratori autonomi possono tuttavia assicurarsi volontariamente per i tre rischi elencati all’articolo 4, paragrafo 3, del KSO.

Nel testo applicabile ai lavoratori autonomi nel periodo compreso tra il 27 dicembre 2005 ed il 31 dicembre 2011, l’articolo 94 del KSO, rubricato “Data di concessione della pensione”, al paragrafo 1 disponeva quanto segue:

Le pensioni sono concesse a decorrere dalla data di maturazione del diritto e, per quanto concerne le pensioni di vecchiaia, a decorrere dal termine dell’assicurazione, se la domanda è stata depositata, unitamente ai documenti richiesti, entro sei mesi dalla maturazione del diritto o, all’occorrenza, dal termine dell’assicurazione. Se i documenti sono depositati dopo la scadenza del termine di sei mesi dalla maturazione del diritto o, all’occorrenza, dal termine dell’assicurazione, le pensioni sono concesse a decorrere dalla data di deposito dei documenti”.

L’obbligo di porre termine all’assicurazione, imposto dall’articolo 94 del KSO, ai fini del sorgere del diritto alla pensione è stato abrogato, per quanto attiene ai lavoratori autonomi, a decorrere dal 1° gennaio 2012.

L’articolo 114 del KSO, intitolato “Recupero di somme indebitamente percepite”, al paragrafo 1 così dispone:

Le somme indebitamente percepite a titolo di prestazioni assicurative sono ripetute, unitamente agli interessi, presso il beneficiario (...)”.

L’articolo 9, paragrafi 3 e 5, delle disposizioni transitorie finali del KSO così dispone:

3. Nel periodo di assicurazione in vista di un pensionamento, è altresì computato il periodo in cui gli interessati avevano raggiunto l’età considerata all’articolo 68, primo e secondo comma, ma durante il quale mancavano cinque anni di contributi prima della maturazione del diritto alla pensione e nel corso del quale sono stati pagati contributi assicurativi calcolati sulla base del reddito minimo garantito ai lavoratori autonomi, determinato ai sensi della legge di finanziamento dell’assicurazione statale obbligatoria il giorno del pagamento di tali contributi, qualora detto periodo non sia stato computato come periodo di assicurazione sulla base di un’altra disposizione del presente codice.

(...)

5. Relativamente a un periodo di assicurazione maturato in forza del terzo comma, il diritto alla pensione sorge il giorno del pagamento dei contributi sociali o il giorno della convalida del piano di rateizzazione di tali contributi”.
 

La controversia principale

In data 18 gennaio 2007, la sig.ra Somova,  dichiarando di aver svolto attività lavorativa in Bulgaria dal 18 gennaio 1957 al 31 maggio 1996 e di non essere più assicurata a decorrere dal 4 giugno 1996, aveva avanzato richiesta della pensione di vecchiaia.

Detta domanda, però, era stata respinta con decisione del 6 febbraio 2007, motivata sul   rilievo che la sig.ra Somova, avendo versato contributi assicurativi in Bulgaria per un periodo assicurativo di durata complessiva pari a 33 anni, 11 mesi e 17 giorni, non era in possesso dei requisiti di età e di anzianità richiesti dalla legge bulgara.

Il 22 giugno 2007, la sig.ra Somova aveva chiesto la liquidazione dei propri diritti alla pensione di vecchiaia sulla base dell’articolo 9 delle disposizioni transitorie e finali del KSO, nel testo allora vigente.

In base all’articolo predetto, la liquidazione risultava subordinata al versamento dei contributi corrispondenti ad un periodo assicurativo residuo mancante di due anni, sei mesi e diciassette giorni.

Con decisione del 5 luglio 2007, in accoglimento di una richiesta della  sig.ra Somova, alla stessa era stato concesso  un piano di rateizzazione per il pagamento dei contributi mancanti.

Nella stessa data, la figlia della sig.ra Somova, in qualità di  mandataria della stessa, aveva certificato per iscritto che, successivamente al 4 giugno 1996, la madre non aveva svolto attività lavorativa e che, pertanto, non era stata più assicurata.

Con decisione dell’11 luglio 2007, veniva concessa alla sig.ra Somova la pensione di vecchiaia minima con decorrenza 5 luglio 2007. Successivamente, inoltre, detta pensione era stata  più volte rivalutata.

Il 20 settembre 2011, a seguito di domanda di pensione di vecchiaia presentata nel 2011 presso l’Ente Austriaco di Previdenza Sociale competente, il SUSO, la sig.ra Somova aveva ricevuto i moduli E 001/AT e E 205/AT, dai quali risultava che la donna era stata affiliata, per i periodi compresi dall’ottobre 1995 al dicembre del 2000 e dal gennaio del 2001 al luglio del 2011, al regime di previdenza sociale dei lavoratori autonomi previsto dalla legge federale austriaca di sicurezza sociale.

Durante i periodi suddetti, infatti, la sig.ra Somova aveva svolto in Austria l’attività di agricoltore.

Da tale circostanza, il SUSO aveva dedotto che, al 5 luglio 2007, data di concessione della pensione di vecchiaia, la sig.ra Somova non aveva cessato di versare contributi previdenziali e, pertanto,  l’Ente aveva annullato la decisione di concessione della pensione di vecchiaia e le decisioni di rivalutazione del relativo importo ed, inoltre, aveva disposto la ripetizione, oltre agli interessi, delle somme corrisposte.

Il successivo 2 dicembre 2011, il SUSO aveva respinto il ricorso della sig.ra Somova avverso le decisioni predette.

L’Organo rigettante, in particolare, aveva osservato  che il certificato del 5 luglio 2007, rilasciato dalla mandataria della sig.ra Somova, non riguardasse unicamente l’interruzione dell’assicurazione sociale della stessa in Bulgaria, considerato che, a norma dell’articolo 84 bis del Regolamento n.1408/71, la donna era tenuta ad informare l’ente di previdenza sociale bulgara in merito alla sua affiliazione in un altro Stato membro.

Il SUSO, inoltre, aveva aggiunto che, ai sensi degli articoli 44, paragrafo 2, e 45 del Regolamento medesimo, si sarebbe dovuto tener conto, dei periodi assicurativi compiuti dalla sig.ra Somova in Austria senza, tuttavia, applicare l’articolo 9 delle disposizioni transitorie e finali del KSO.

Secondo la sig.ra Somova, però,  la sua affiliazione in Austria al momento della domanda di pensione presentata in Bulgaria non era una condizione pertinente, trattandosi di un’affiliazione ad un regime di previdenza sociale di un altro Stato membro.
 

Le questioni pregiudiziali

Investito della questione, l’Administrativen sad Sofia-grad aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea le seguenti questioni pregiudiziali:

1) Se, alla luce delle circostanze del procedimento principale, l’articolo 48, primo comma, TFUE e l’articolo 49 TFUE debbano essere interpretati nel senso che autorizzino una disposizione nazionale come quella oggetto del procedimento principale, vale a dire l’articolo 94, primo comma, del KSO, relativo alla necessità dell’interruzione dell’assicurazione quale presupposto per la concessione di una pensione di vecchiaia a un cittadino di uno Stato membro il quale, alla data della domanda di pensione, eserciti un’attività come lavoratore autonomo in un altro Stato membro e rientri nell’ambito di applicazione del Regolamento n.1408/71”.

2) Se l’articolo 94, paragrafo 2, del regolamento n. 1408/71, interpretato alla luce dell’articolo 48, primo comma, lettera a), TFUE, consenta di disapplicare la regola sulla totalizzazione del periodo assicurativo compiuto in un altro Stato membro prima della data di applicazione del regolamento da parte dello Stato membro in cui sia stata presentata la domanda di pensione, di conferire all’assicurato la facoltà di invocare i periodi da sommare e di valutare se sia opportuno sommarli, quando il periodo compiuto soltanto secondo il diritto dello Stato in cui sia chiesta la pensione non sia sufficiente a fondare un diritto alla pensione, se non mediante il riscatto di contributi sociali.

 Se, in presenza delle stesse circostanze, l’articolo 48, primo comma, lettera a), TFUE consenta la rinuncia all’applicazione dell’articolo 46, paragrafo 2, del regolamento n. 1408/71 – relativo alla somma dei periodi assicurativi successivamente alla data della sua applicazione – per scelta della persona assicurata, qualora tale persona non indichi nella sua domanda di pensione i periodi di assicurazione compiuti in un altro Stato membro”.

3) Se l’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 1408/71 debba essere interpretato nel senso che non autorizzi il riconoscimento di un periodo di assicurazione mediante riscatto dei contributi, quale previsto nel diritto bulgaro dal paragrafo 9, terzo comma, delle disposizioni transitorie e finali del KSO, qualora, come nella controversia di cui al procedimento principale, il periodo assicurativo così riconosciuto coincida con periodi di assicurazione compiuti secondo il diritto di un altro Stato membro”.

4) Se l’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n.1408/71 debba essere interpretato nel senso che consenta allo Stato membro di interrompere pro futuro il versamento della pensione e di disporre il recupero di tutti i ratei della pensione di vecchiaia concessa a uno dei propri cittadini in base al proprio diritto nazionale, qualora le condizioni contemplate nel regolamento medesimo risultino soddisfatte solo alla data di concessione della pensione, qualora ciò sia motivato unicamente da considerazioni relative al diritto nazionale (vale a dire dal fatto che l’assicurazione non fosse stata interrotta alla data di concessione della pensione, che fosse stato conteggiato un periodo di assicurazione mediante riscatto in conformità al diritto nazionale senza che, alla data della concessione, fossero presi in considerazione periodi di assicurazione compiuti in un altro Stato membro) e qualora la fissazione di una pensione di importo differente non risulti motivata.

 Se, nell’ipotesi in cui risultasse consentito il recupero delle pensioni versate, dai principi di equivalenza e di effettività del diritto dell’Unione derivi che siano altresì dovuti interessi, laddove il diritto nazionale dello Stato membro non preveda interessi per il recupero di una pensione concessa sulla base di un trattato internazionale”.
 

La decisione della Corte Ue

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha ritenuto ricevibili le questioni pregiudiziali.

La Corte ha ricordato che, con la prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio aveva chiesto se gli articoli 48 TFUE e 49 TFUE ostino all’articolo 94, paragrafo 1, del KSO, che subordina la liquidazione del diritto alla pensione di vecchiaia alla previa condizione dell’interruzione del versamento dei contributi previdenziali connessi ad un’attività esercitata in un altro Stato membro.

In merito alla domanda se una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale costituisca una restrizione alla libera circolazione dei lavoratori, la Corte ha richiamato la costante giurisprudenza in virtù della quale il Regolamento n.1408/71 non organizza un regime comune di previdenza sociale, ma lascia sussistere regimi nazionali distinti ed ha come solo obiettivo quello di assicurare un coordinamento tra questi ultimi.

Di conseguenza, pertanto, gli Stati membri conservano la  competenza a disciplinare i loro sistemi di previdenza sociale (2).

In sostanza, in mancanza di un’armonizzazione a livello dell’Unione, spetta alla normativa di ciascuno Stato membro di determinare, segnatamente, le condizioni cui è subordinato il diritto alle prestazioni (3).

A ciò si aggiunga che, nell’esercizio di tale competenza, gli Stati membri devono rispettare il diritto dell’Unione e, in particolare, le disposizioni del Trattato relative alla libertà riconosciuta ad ogni cittadino dell’Unione di circolare e di soggiornare sul territorio degli Stati membri (4).

La Corte, inoltre, ha ricordato, altresì, che il complesso delle norme del Trattato relative alla libera circolazione delle persone è finalizzato a facilitare ai cittadini dell’Unione l’esercizio di attività lavorative di qualsivoglia natura nel territorio dell’Unione stessa ed osta ai provvedimenti che potrebbero sfavorirli qualora intendano svolgere un’attività economica nel territorio di un altro Stato membro (5).

Di conseguenza, le disposizioni nazionali che impediscano ad un cittadino di uno Stato membro di lasciare il Paese di origine per esercitare il suo diritto di libera circolazione o che lo dissuadano dal farlo, costituiscono degli ostacoli frapposti a tale libertà, quand’anche risultino  applicate indipendentemente dalla cittadinanza dei lavoratori interessati (6).

Secondo la Corte, pertanto, le norme del Trattato relative alla libera circolazione delle persone ostano a qualsiasi provvedimento nazionale che, seppur applicabile senza discriminazioni basate sulla cittadinanza, sia idoneo ad ostacolare o a scoraggiare l’esercizio, da parte dei cittadini dell’Unione, delle libertà fondamentali garantite dallo stesso (7).

Da ciò discende, pertanto, la competenza del legislatore bulgaro nel fissare, sulla base del proprio diritto nazionale, i requisiti ai fini della concessione di una pensione di vecchiaia, sempreché non siano discriminatori, in base alla cittadinanza dei richiedenti e non impediscano o non dissuadano i soggetti legittimati ad una pensione di vecchiaia dall’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato.

Dal momento che l’articolo 94, paragrafo 1, del KSO risulta applicabile indistintamente a tutti i lavoratori che abbiano svolto attività lavorativa in Bulgaria, detta norma  costituisce una discriminazione in base alla nazionalità dei lavoratori interessati.

Per quanto attiene ad un eventuale ostacolo alle libertà fondamentali, invece, la Corte ha ricordato  che tale disposizione,  ai fini della liquidazione dei diritti alla pensione di vecchiaia, impone un’interruzione formale del versamento dei contributi che si traduce in una cessazione dell’attività lavorativa.

A tale proposito, il governo bulgaro aveva confermato che, secondo la normativa interna, anche un’interruzione  di un giorno è sufficiente per soddisfare il requisito suddetto e che, in tal caso, l’assicurato non viene privato del diritto di svolgere l’attività lavorativa successivamente alla liquidazione dei diritti alla pensione di vecchiaia, potendo, così, cumulare la pensione con un’attività lavorativa retribuita.

Un’interruzione di tal genere del versamento di contributi, infatti, così come può risultare agevole per un lavoratore che eserciti la propria attività in Bulgaria, di contro, può risultare difficile, se non impossibile, per un lavoratore che si avvalga della libertà di circolazione o della libertà di stabilimento esercitando un’attività professionale, come lavoratore dipendente o autonomo, in un altro Stato membro.

In particolare, gli oneri amministrativi eventualmente conseguenti a tale interruzione in un altro Stato membro potrebbero spingere o, anzi, costringere un lavoratore collocato in una situazione analoga a quella della sig.ra Somova ad interrompere l’attività lavorativa per un periodo di durata imprevedibile, più lunga rispetto a quella minima di un giorno richiesta dalla normativa bulgara, al fine di ottenere la concessione di una pensione di vecchiaia ai sensi della normativa medesima.

Un’interruzione di tal genere, dunque, potrebbe compromettere il proseguimento, da parte di un lavoratore autonomo, della propria attività lavorativa, rendendo precaria la sua situazione professionale, atteso che, a seguito di tale interruzione, non avrebbe alcuna garanzia di poter proseguire l’attività o di trovarne un’altra.

Parimenti, inoltre, la stessa interruzione potrebbe  produrre, successivamente alla ripresa dell’attività da parte del lavoratore, conseguenze negative sulla retribuzione, sullo sviluppo della carriera e sull’avanzamento del lavoratore, quali, ad esempio, la perdita del diritto alle ferie retribuite, un inquadramento più basso o un’anzianità inferiore.

Di conseguenza,  una disposizione nazionale, quale l’articolo 94, paragrafo 1, del KSO, è tale da impedire o dissuadere coloro che beneficino di una pensione di vecchiaia ai sensi della normativa bulgara dall’esercizio di un’attività lavorativa in un altro Stato membro e costituisce, pertanto, un ostacolo alla libera circolazione e, segnatamente, alla libertà di stabilimento prevista dall’articolo 49 TFUE.

Ciò detto, la Corte ha precisato che una misura che ostacoli la libera circolazione dei lavoratori può essere ammessa solo nel caso in cui persegua uno scopo legittimo, compatibile con il Trattato, e sia giustificata da motivi imperativi di interesse generale.

In simili casi, tuttavia, è necessario  che l’applicazione di una siffatta misura sia idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo di cui trattasi e non ecceda quanto necessario per conseguirlo (8).

Occorre quindi rilevare che il governo bulgaro aveva confermato che un assicurato conserva il diritto di esercitare un’attività lavorativa successivamente alla liquidazione dei propri diritti alla pensione di vecchiaia e può cumulare la pensione di vecchiaia stessa con un’attività lavorativa retribuita. Ciò palesa, quindi, che non sussiste alcun nesso necessario e diretto tra la corresponsione della pensione in base alla normativa bulgara e la cessazione di un’attività lavorativa retribuita.

Il governo bulgaro aveva precisato, altresì,  che l’obiettivo dell’esigenza puramente formale dell’interruzione di un’attività risulta sconosciuto, se non inesistente, aggiungendo che tale esigenza è illogica e priva di interesse e che, inoltre, la disposizione da cui risulta è stata abrogata per i lavoratori autonomi a decorrere dal 1° gennaio 2012 e che l’opportunità di analoga abrogazione per i lavoratori dipendenti costituisce attualmente oggetto di esame del legislatore interno.

Di conseguenza, la Corte ha rilevato che l’esigenza de qua non risulta giustificata da un obiettivo di interesse generale la cui realizzazione essa sia volta a garantire.

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, pertanto, la Corte ha risposto alla prima questione nel senso che l’articolo 49 TFUE osta alla normativa di uno Stato membro, quale l’articolo 94, paragrafo 1, del KSO, ai sensi della quale la liquidazione dei diritti alla pensione di vecchiaia è soggetta alla previa condizione dell’interruzione del versamento dei contributi di previdenza sociale inerenti ad un’attività lavorativa esercitata in un altro Stato membro.

Risolta la prima questione, la Corte si è poi soffermato sulla seconda, con la quale il giudice del rinvio aveva chiesto se gli articoli 45, 46, paragrafo 2, e 94, paragrafo 2, del Regolamento n.1408/71 debbano essere interpretati nel senso che possiedono natura imperativa, ovvero nel senso che attribuiscono agli assicurati della previdenza sociale la facoltà di optare affinché non vengano presi in considerazione, ai fini della determinazione dei diritti sorti in uno Stato membro, i periodi assicurativi compiuti in un altro Stato membro prima della data di applicazione del regolamento medesimo nel primo Stato membro.

Sul punto, la Corte ha ricordato come l’articolo 94, paragrafo 2, del Regolamento n.1408/71 preveda che ogni periodo di assicurazione nonché, eventualmente, ogni periodo di occupazione o di residenza, compiuto sotto la legislazione di uno Stato membro prima del 1° ottobre 1972 o prima della data di applicazione del Regolamento stesso nel territorio dello Stato membro interessato o in una parte di esso, venga preso in considerazione ai fini della determinazione dei diritti acquisiti in conformità delle disposizioni del Regolamento medesimo.

La natura imperativa di tale disposizione, infatti, emerge chiaramente dal suo tenore non equivoco e, segnatamente, dall’impiego della locuzione “è preso in considerazione” nel testo francese.

Parimenti, tale conclusione emerge, altresì, dalle altre versioni linguistiche del Regolamento n.1408/71.

Del resto, è la stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea ad avvalorare tale interpretazione letterale dell’articolo 94, paragrafo 2, del Regolamento, dalla quale, infatti, risulta che le disposizioni del Regolamento de quo che determinano la legislazione applicabile costituiscono un sistema di norme di conflitto, la cui completezza ha l’effetto di privare i legislatori nazionali del potere di determinare la portata e le condizioni di applicazione della propria normativa nazionale in materia, ratione personae e ratione loci (9).

Atteso che le norme di conflitto previste dal Regolamento n.1408/71 si impongono, dunque, imperativamente agli Stati membri, a maggior ragione non può ammettersi che gli assicurati ricompresi nell’ambito di applicazione di dette norme possano osteggiarne gli effetti disponendo della scelta di sottrarsi ad esse.

L’applicazione del sistema di norme di conflitto introdotto dal regolamento de quo, infatti, dipende solo dalla situazione obiettiva in cui si trova il lavoratore interessato (10).

Proprio in tale contesto, la Corte ha già avuto modo di affermare, riguardo ai lavoratori migranti, che né il Trattato FUE, segnatamente il suo articolo 45, né il Regolamento n.1408/71, offrono a detti lavoratori la scelta di rinunciare anticipatamente al meccanismo realizzato, in particolare dall’articolo 28, paragrafo 1, del Regolamento medesimo (11).

A ciò va aggiunto che il Regolamento n.1408/71, laddove offre agli assicurati della previdenza sociale ricompresi nella sua sfera di applicazione il diritto di scelta della normativa applicabile, lo prevede esplicitamente (12).

L’articolo 94, paragrafo 2, del menzionato Regolamento, pertanto, riveste un carattere imperativo e, dunque,  né gli Stati membri, né le autorità competenti, né gli assicurati sociali ricompresi nella sua sfera di applicazione hanno la possibilità di derogarvi.

Parimenti, anche gli articoli 45 e 46, paragrafo 2, del  Regolamento predetto  rivestono carattere imperativo, non offrendo alcun diritto di scelta ad un assicurato ricompreso nella sfera di tali disposizioni (13).

Conseguentemente, l’assicurato non può rinunciare alla loro applicazione omettendo di dichiarare, nella propria domanda di liquidazione dei propri diritti alla pensione di vecchiaia ai sensi della normativa di uno Stato membro, i periodi di assicurazione compiuti in un altro Stato membro.

Tale rilievo è avvalorato dall’articolo 84 bis, paragrafo 1, del Regolamento n.1408/71, secondo cui le istituzioni e le persone ricomprese nella sfera di detto regolamento sono tenute ad un mutuo obbligo di informazione e di cooperazione per garantire la corretta applicazione del regolamento stesso. A tal riguardo, le persone interessate sono tenute ad informare nei tempi più brevi possibili le istituzioni dello Stato competente e dello Stato di residenza in merito a qualsiasi mutamento nella loro situazione personale o familiare che incida sul loro diritto alle prestazioni previste dal regolamento medesimo.

Ne consegue che il richiedente di una prestazione di previdenza sociale non ha il diritto di presentare un resoconto frammentario del proprio percorso professionale e dei periodi di assicurazione al fine di procurarsi un vantaggio economico.

Da ciò discende che  il carattere imperativo degli articoli 45 e 46, paragrafo 2, del Regolamento n.1408/71 non consente all’assicurato di sfuggire all’applicazione, da parte dell’istituzione competente dello Stato membro in cui sia stata presentata la domanda di pensione di vecchiaia, delle regole di cumulo della totalità dei periodi di assicurazione e del calcolo dell’importo effettivo di tale prestazione, al pro rata, rispetto alla durata dei periodi di assicurazione compiuti, anteriormente alla data di applicazione di tale regolamento sul territorio dello Stato membro medesimo o di un altro Stato membro.

Per tutte le suesposte considerazioni, dunque, la Corte di Giustizia Europea ha risposto alla seconda questione pregiudiziale dichiarando che gli articoli 45, 46, paragrafo 2, e 94, paragrafo 2, del Regolamento n.1408/71 devono essere interpretati nel senso che non attribuiscono agli assicurati della previdenza sociale la facoltà di optare affinché non vengano presi in considerazione, ai fini della determinazione dei diritti riconosciuti in uno Stato membro, i periodi di assicurazione compiuti in un altro Stato membro anteriormente alla data di applicazione del regolamento stesso nel primo Stato membro.

A questo punto, la Corte ha affrontato la terza questione, con la quale  il giudice del rinvio aveva chiesto se l’articolo 12, paragrafo 1, del Regolamento n.1408/71 debba essere interpretato nel senso che osti ad una disposizione nazionale, quale l’articolo 9, paragrafo 3, delle disposizioni transitorie e finali del KSO, nella parte in cui prevede il riscatto dei periodi assicurativi mancanti in contropartita del versamento dei contributi, qualora, come nella specie oggetto del procedimento principale, il periodo così riscattato coincida con periodi assicurativi compiuti in base alla legislazione di un altro Stato membro.

A tal riguardo, la Corte ha osservato che dalla risposta alla seconda questione emerge che gli articoli 45, 46, paragrafo 2, e 94, paragrafo 2, di detto Regolamento presentano carattere imperativo.

Conseguentemente,  ai sensi dell’articolo 45 del Regolamento stesso, le competenti autorità bulgare erano tenute a prendere in considerazione, nella concessione alla sig.ra Somova di una pensione di vecchiaia in applicazione della legislazione bulgara, i periodi assicurativi compiuti in Bulgaria e in Austria.

Dagli atti in possesso della Corte, infatti, risulta che i periodi di assicurazione compiuti dalla sig.ra Somova in Austria sono sufficienti per compensare il periodo nel quale la donna non era assicurata rispetto alla legislazione bulgara.

Atteso che, ai sensi dell’articolo 45 del Regolamento n.1408/71, il cumulo dei periodi di assicurazione della sig.ra Somova in Bulgaria ed in Austria era sufficiente a garantire alla medesima il diritto alla pensione di vecchiaia a norma della legislazione bulgara, le autorità locali, pertanto, non potevano legittimamente imporre il riscatto di un periodo assicurativo ex articolo 9, paragrafo 3, delle disposizioni transitorie e finali del KSO.

Si tratta, in particolare, di una considerazione dalla quale, a detta della Corte, non appare necessario fornire una risposta distinta da quella fornita per la  terza questione.

La Corte, infine, ha preso atto della  quarta questione pregiudiziale, con la quale il giudice del rinvio aveva chiesto  se, in una fattispecie analoga a quella oggetto del procedimento principale, l’articolo 12, paragrafo 2, del Regolamento n.1408/71 osti alla normativa di uno Stato membro che consenta a quest’ultimo di interrompere la corresponsione di una pensione di vecchiaia e di procedere alla ripetizione di tutti i pagamenti effettuati.

Il giudice interno, inoltre, aveva chiesto se, in base ai principi di equivalenza e di effettività del diritto dell’Unione, la ripetizione debba essere comprensiva degli interessi qualora la legislazione nazionale non preveda l’applicazione di interessi nel recupero di una pensione concessa in base ad un trattato internazionale.

A tale proposito, la Corte ha precisato che dall’articolo 12, paragrafo 2, di detto Regolamento emerge che le clausole di riduzione previste dalla legislazione di uno Stato membro in caso di cumulo di una prestazione con altre prestazioni previdenziali o con altri redditi di qualsiasi altra natura sono, in linea di principio, opponibili a coloro che beneficino di una prestazione a carico di detto Stato membro.

A questo, si aggiunga  che, in base alla normativa bulgara, è consentito cumulare un’attività lavorativa retribuita e una pensione di vecchiaia.

Ciò premesso, la Corte ha  rilevato che l’articolo 12, paragrafo 2, del Regolamento n.1408/71 non è applicabile al cumulo dei redditi lavorativi e delle prestazioni previdenziali oggetto del procedimento principale.

Di conseguenza, la Corte non ha ritenuto di dover   procedere alla risposta alla quarta questione.

In conclusione, la Corte di Giustizia Europea ha dichiarato:

1)    L’articolo 49 TFUE osta alla normativa di uno Stato membro, quale l’articolo 94, paragrafo 1, del codice delle assicurazioni sociali, ai sensi della quale la liquidazione dei diritti alla pensione di vecchiaia è soggetta alla previa condizione dell’interruzione del versamento dei contributi di previdenza sociale inerenti ad un’attività lavorativa esercitata in un altro Stato membro;

2)     Gli articoli 45, 46, paragrafo 2, e 94, paragrafo 2, del Regolamento (CEE) n.1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, nel testo modificato e novellato dal Regolamento (CE) n.118/97 del Consiglio, del 2 dicembre 1996, come modificato dal Regolamento (CE) n.1992/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, devono essere interpretati nel senso che non attribuiscono agli assicurati della previdenza sociale la facoltà di optare affinché non vengano presi in considerazione, ai fini della determinazione dei diritti riconosciuti in uno Stato membro, i periodi di assicurazione compiuti in un altro Stato membro anteriormente alla data di applicazione del Regolamento stesso nel primo Stato membro.

Valerio Pollastrini

 
1)      - il Konstitutsionen sad;
2)      - v. sentenza Salgado González, C282/11, EU:C:2013:86, punto 35 e giurisprudenza ivi citata;
3)      - sentenza Salgado González, EU:C:2013:86, punto 36 e giurisprudenza ivi citata;
4)      - sentenza Salgado González, EU:C:2013:86, punto 37 e giurisprudenza ivi citata;
5)      - v., in particolare, sentenze Bosman, C415/93, EU:C:1995:463, punto 94, nonché ITC, C208/05, EU:C:2007:16, punto 31 e la giurisprudenza citata;
6)      - v., segnatamente, sentenze Bosman, EU:C:1995:463, punto 96; ITC, EU:C:2007:16, punto 33, nonché Zentralbetriebsrat der gemeinnützigen Salzburger Landeskliniken, C514/12, EU:C:2013:799, punto 30 e la giurisprudenza citata;
7)      - v., in tal senso, sentenze Gouvernement de la Communauté française et gouvernement wallon, C212/06, EU:C:2008:178, punto 45, nonché Casteels, C379/09, EU:C:2011:131, punto 22;
8)      - v., segnatamente, sentenze ITC, EU:C:2007:16, punto 37, nonché Wencel, C589/10, EU:C:2013:303, punto 70 e giurisprudenza citata;
9)      - v., segnatamente, sentenza van Delft e a., C345/09, EU:C:2010:610, punto 51 nonché giurisprudenza citata;
10)  - sentenza van Delft e a., EU:C:2010:610, punto 52 e giurisprudenza ivi citata;
11)  - sentenza van Delft e a., EU:C:2010:610, punto 53 e giurisprudenza ivi citata;
12)  - sentenza van Delft e a., EU:C:2010:610, punto 54 e giurisprudenza ivi citata
13)  - v., per analogia, sentenza van Delft e a., EU:C:2010:610, punto 57;

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