In
particolare, i Cdl hanno ricordato come, negli ultimi 24 anni, attraverso lo
sgravio contributivo previsto dalla 407 del 90, specie nei territori del
Mezzogiorno, siano stati avviati alcuni milioni di rapporti di lavoro.
La
soppressione di questa norma, pertanto, ove
non bilanciata da una disposizione di pari impatto economico-sociale, rischia
di provocare immediate ripercussioni sui già traballanti livelli occupazionali.
A
proposito del progetto governativo sul contratto a tutele crescenti, la
Circolare in commento ha rimarcato due aspetti che potrebbero metterne a
rischio l’utilità ancor prima di entrare in vigore: la natura della riduzione
del costo e la convenienza rispetto ad altre agevolazioni.
La natura della
riduzione del costo
Sul
punto, l’articolo 12 del Disegno di Legge di Stabilità 2015 appare, quanto
meno, contraddittorio, in quanto, se, da un lato, sembra attribuire natura di
“sgravio contributivo” (e quindi di agevolazione contributiva) alla riduzione
del costo del lavoro per tre anni, dall’altro, invece, definisce la riduzione
un “esonero” contributivo, facendo presumere, pertanto, che l’incentivo non sia configurabile come agevolazione
contributiva, ma una riduzione
strutturale del costo del lavoro, seppure temporanea.
Si
tratta di una differenza non da poco, atteso che, qualora l’intervento configurato
dall’articolo 12 venisse qualificato come agevolazione contributiva,
scatterebbero a cascata una serie di norme che ne legherebbero l’accesso a condizioni
di difficile attuazione.
In
tal caso, infatti, la riduzione spetterebbe esclusivamente se subordinata:
1)
alla
regolarità dell’adempimento degli obblighi contributivi;
2)
all’osservanza
delle norme poste a tutela delle condizioni di lavoro;
3)
al
rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli
regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle
organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente
più rappresentative sul piano nazionale;
4)
l'assunzione
non deve costituire attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme
di legge o della contrattazione collettiva;
5)
al
fatto che l’assunzione non deve violare il diritto di precedenza, stabilito
dalla legge o dal contratto collettivo;
6)
qualora
in azienda ci siano in atto sospensioni dal lavoro connesse ad una crisi o
riorganizzazione aziendale, l’assunzione deve riguardare una professionalità “sostanzialmente”
diversa rispetto a quella dei lavoratori sospesi;
7)
alla
circostanza che il datore di lavoro deve realizzare il mantenimento
dell’incremento netto dell’occupazione, rispetto alla media della forza
occupata nell’anno precedente l’assunzione (cosiddetto calcolo ULA);
8)
al
rispetto delle condizioni generali di compatibilità con il mercato interno,
previste dai Regolamenti comunitari.
Ciò
detto, la Fondazione ha osservato come, al di là della complessità e dei
vincoli sanciti dalle norme vigenti, molto spesso anche le aziende più virtuose
non possano fruire dei benefici per i numerosi dubbi che ancora attanagliano
l’operatività e la burocrazia di ciascuna delle condizioni sopra riportate e
che, di fatto, ne impediscono l’utilizzo.
La convenienza
rispetto ad altre agevolazioni
Dal
raffronto tra le due norme la Circolare ha rilevato come, già in prima analisi,
appaia evidente uno squilibrio di base.
La
Legge n.407/1990, infatti, prevede che, in caso di assunzioni con contratto a
tempo indeterminato di lavoratori disoccupati, sospesi o in Cig da almeno
ventiquattro mesi, i contributi previdenziali ed assistenziali siano applicati
nella misura del 50 % per un periodo di trentasei mesi.
Inoltre,
qualora tali assunzioni siano effettuate da imprese operanti nelle zone
svantaggiate del Mezzogiorno, ovvero da imprese artigiane, lo sgravio predetto
è elevato al 100% della contribuzione totale a carico del datore di lavoro.
Detto
ciò, occorre precisare che, mentre la soppressione dei benefici contributivi
dell’art.8, comma 9, della Legge n.407/1990 sarà definitiva, gli sgravi
contributivi previsti dall’art.12 della Legge di Stabilità 2015, concessi per
le assunzioni decorrenti dal prossimo 1° gennaio, sarà invece limitata ai
contratti a tutele crescenti stipulati entro
il 31 dicembre 2015.
Di
conseguenza, a partire dal 1° gennaio 2016, non vi sarà alcuno sgravio
contributivo che possa incentivare le assunzioni a tempo indeterminato.
In
particolare, i datori di lavoro maggiormente penalizzati dalla soppressione della Legge n.407/1990 saranno
gli artigiani e quelli operanti nelle zone del mezzogiorno, i quali, di certo,
non potranno dirsi compensati dalla nuova
riduzione contributiva per i contratti a
tutele crescenti.
Si
riportano in allegato la tabella relativa al confronto tra le due agevolazioni
in commento e gli esempi della diversa quantificazione delle agevolazioni predisposti dalla Fondazione Studi Consulenti
del Lavoro.
Valerio
Pollastrini
ALLEGATI
Tabella:
Confronto
Confronto
|
Legge 407/90
|
Legge
Stabilità 2015
|
Entità
dello sgravio
|
50%
altri;
100%
Mezzogiorno e Artigiani
|
100%;
Sono
dovuti però i premi Inail
|
Durata
|
3
anni
|
3
anni
|
Arco
temporale di applicazione
|
Senza
limiti
|
Solo
2015
|
Importo
max fruibile
|
Senza
limiti
|
Max
8.060,00 € annui
|
Requisito
lavoratore
|
Disoccupazione
Almeno
24 mesi
|
Assenza
di contratti di lavoro a tempo indeterminato negli ultimi 6 mesi
|
Ripetibile
per il singolo lavoratore
|
Si
|
No
|
Esempio di calcolo
Assunzione dal
2 gennaio 2015
Retribuzione
lorda annuale = 19.600,00 €
Imponibile
contributivo: 19.600,00 €
Aliquota
contributiva Inps a carico del datore di lavoro: 30,88%
Aliquota
Inail a carico del datore di lavoro: 130 per mille
|
Sgravio ex L.407/90
datori di lavoro artigiani e zone svantaggiate:
Sgravio
totale annuo - € 6.052,48 (INPS) + 2.548
(INAIL) = 8.600,48 €
Sgravio ex Legge
di Stabilità 2015
Sgravio
totale annuo - 6.052,48 € (INPS)
Sgravio
totale triennale - 6.052,48 € X 3 anni =
18.157,44 euro
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