Il volume, realizzato dai ricercatori del dipartimento di
Medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) dell’Inail, è
uno strumento di facile consultazione che attraverso schede, segnaletiche di
sicurezza e focus sulle sostanze più utilizzate indica le procedure da seguire
durante le attività di ricerca
ROMA - Non solo chimici, biologici, medici e tecnici, ma
anche tesisti, dottorandi e quanti, a fini di studio o ricerca, frequentano i
locali dei laboratori e partecipano alle attività svolte in questi ambienti di
lavoro. Si rivolge a loro il manuale informativo “Rischio Chimico”, realizzato
dai ricercatori del dipartimento di Medicina, epidemiologia, igiene del lavoro
e ambientale (Dimeila) dell’Inail, che identifica, analizza e approfondisce il
rischio chimico in specifici contesti lavorativi.
Anche approfondimenti
sui dispositivi di protezione.
In 65 pagine, corredate di schede e tabelle, il volume
fornisce riferimenti normativi, segnaletiche di sicurezza e focus sulle
sostanze più utilizzate. Gli argomenti trattati spaziano dalla normativa
europea per la classificazione e l’etichettatura di sostanze e miscele, ai
principi generali di tutela e di controllo dell’esposizione, fino alla gestione
delle emergenze in un laboratorio, anche con esempi di sostanze tra loro
incompatibili. Non mancano, infine, approfondimenti e schede sui dispositivi di
protezione, sia collettivi che individuali, idonei sia dal punto di vista
quantitativo che qualitativo.
Papaleo: “Necessaria
una formazione dinamica”.
“La particolarità dei laboratori di ricerca – sottolinea il
coordinatore della pubblicazione, Bruno Papaleo – è che accanto a personale
altamente qualificato e preparato, anche sulle norme di sicurezza, si trovano
spesso tirocinanti o dottorandi che stanno completando il loro percorso di
formazione e che non hanno ancora acquisito la formazione idonea in termini di
prevenzione dei rischi per la salute e la sicurezza”. Inoltre le sostanze
impiegate nei laboratori di ricerca “possono essere estremante diverse –
aggiunge Papaleo – e anche nello stesso laboratorio è comune utilizzare per
progetti diversi prodotti diversi. Questo evidentemente richiede
un’informazione e formazione dinamica in merito al rischio chimico
potenzialmente presente”.
Le buone prassi da
adottare.
Le buone prassi riportate nel manuale indicano le corrette
procedure da adottare quando, per esempio, si utilizzano cappe o bombole di gas
compresso, oppure nella scelta dei dispositivi di protezione individuale, in
relazione alla pericolosità dei prodotti chimici utilizzati. Altre buone prassi
di carattere organizzativo riguardano invece le procedure di laboratorio o
rivolte al singolo lavoratore, come le indicazioni sull’abbigliamento da
indossare e i rischi legati all’utilizzo delle lenti a contatto.
“L’informazione
essenziale strumento di prevenzione”.
“Quando parliamo di rischio chimico – precisa Papaleo – la
consapevolezza dei rischi per la salute e la conoscenza delle buone pratiche di
lavoro può essere determinante nel prevenire eventuali infortuni o eventi
avversi. Non a caso l’importanza del ruolo dell’informazione sui rischi è ribadita
dalla stessa normativa ed è, insieme alla formazione, un essenziale strumento
di prevenzione”.
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