Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – contratto di
solidarietà difensivo.
Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro
ha avanzato istanza d’interpello al fine di conoscere il parere di questa
Direzione generale in ordine alla corretta interpretazione delle disposizioni
contenute nella L. n. 236/1993 recante norme in materia di interventi urgenti a
sostegno dell’occupazione.
In particolare, l’istante pone un duplice ordine di questioni.
Con riferimento alla fattispecie della somministrazione di
lavoro si chiede se, laddove l’impresa utilizzatrice abbia attivato per i
propri dipendenti contratti di solidarietà difensivi ex art. 5, L. n. 236/1993,
possano essere ammessi ad analogo trattamento di solidarietà anche i lavoratori
somministrati presso la medesima impresa.
In secondo luogo, l’interpellante domanda se i lavoratori in
regime di solidarietà, somministrati e non, possano svolgere attività
lavorativa presso terzi “con contratto di lavoro part-time in orario
coincidente con quello interessato dalla solidarietà” e, nell’ipotesi
affermativa, se la solidarietà debba essere o meno oggetto di rimodulazione in
considerazione del lavoro svolto presso altro datore.
Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale
degli Ammortizzatori sociali e I.O. e dell’Ufficio legislativo, si rappresenta
quanto segue.
In via preliminare, occorre muovere dall’analisi della ratio
e della funzione dell’istituto del contratto di solidarietà difensivo che, in
funzione di ammortizzazione sociale, è preordinato al mantenimento dei livelli
occupazionali in situazioni di crisi aziendale temporanea.
L’istituto si attiva, ai sensi del D.L. n. 726/1984, in
forza di un accordo tra azienda e organizzazioni sindacali che prevede la
diminuzione dell’orario di lavoro dei dipendenti, ai quali viene erogato un
contributo integrativo volto a compensare la perdita di retribuzione
determinata dalla suddetta contrazione oraria.
Per le aziende non aventi diritto alla fruizione del
trattamento di integrazione salariale, il contratto di solidarietà può essere
attivato ai sensi dall’art. 5, commi 5 e 8, della L. n. 236/1993.
Nello specifico l’art. 5, comma 5, sancisce che “alle
imprese non rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 1 del
decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla
legge 19 dicembre 1984, n. 863, che, al fine di evitare o ridurre le eccedenze
di personale nel corso della procedura di cui all'articolo 24 della legge 23
luglio 1991, n. 223, o al fine di evitare licenziamenti plurimi individuali per
giustificato motivo oggettivo stipulano contratti di solidarietà, viene
corrisposto, per un periodo massimo di due anni, un contributo pari alla metà
del monte retributivo da esse non dovuto a seguito della riduzione di orario.
Il predetto contributo viene erogato in rate trimestrali e ripartito in parti
uguali tra l’impresa e i lavoratori interessati (…)”.
Si fa comunque presente che a decorrere dal 1° luglio 2016,
in forza del disposto di cui all’art. 46, D.Lgs. n. 148/2015 sarà abrogato
l’intero art. 5 L. n. 236/1993.
Ciò premesso, in risposta alla prima questione, si evidenzia
che ai sensi dell’art. 34, comma 3, D.Lgs. 81/2015, “il lavoratore
somministrato non è computato nell'organico dell'utilizzatore ai fini
dell'applicazione di normative di legge o di contratto collettivo, fatta
eccezione per quelle relative alla tutela della salute e della sicurezza sul
lavoro (…)”.
Ciò in quanto il lavoratore somministrato instaura un rapporto
di lavoro subordinato con l’agenzia di somministrazione, della quale resta
dipendente anche a seguito dell’invio in missione presso l’impresa
utilizzatrice.
In caso di crisi aziendale, il Legislatore ha previsto
espressamente l’accesso al trattamento di cassa integrazione salariale in
deroga per il lavoratore in somministrazione, in base alla richiesta effettuata
dall’agenzia di somministrazione/datore di lavoro, secondo criteri da ultimo
disciplinati da questo Ministero con D.M. n. 83473 del 1° agosto 2014.
Diversamente, non sussiste analoga previsione normativa che
contempli la possibilità per i lavoratori impiegati in somministrazione di
accedere, ai sensi dell’art. 5 della L. n. 236/1993 al trattamento integrativo
di solidarietà fruito dai lavoratori dipendenti della società utilizzatrice.
Ne consegue che in ipotesi di crisi aziendale della impresa
utilizzatrice che abbia comportato l’accesso a trattamenti di integrazione
salariale, ivi compresa la solidarietà difensiva, i lavoratori in
somministrazione potranno accedere esclusivamente al trattamento di
integrazione salariale in deroga o ai fondi di solidarietà bilaterale già
previsti dall’art. 3 della L. n. 92/2012 (oggi D.Lgs. n. 148/2015).
Con riferimento, invece, alla seconda problematica, non
sembrano sussistere specifiche preclusioni in ordine all’eventuale svolgimento,
da parte del lavoratore in regime di solidarietà, di prestazioni di natura
autonoma o subordinata presso terzi anche durante i giorni interessati dalla
riduzione di orario per la solidarietà.
A tal proposito si sottolinea come il Legislatore del 2015,
con il D.Lgs. n. 148 abbia confermato all’art. 8 comma 2 quanto già
precedentemente previsto dall’art. 8, comma 4, del D.L. 86/1988 secondo cui “il
lavoratore che svolga attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo
di integrazione salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di
lavoro effettuate”.
In ordine all’espletamento di attività lavorativa presso
terzi nelle giornate interessate dalla solidarietà, ai fini dell’eventuale
rimodulazione o decadenza dal relativo contributo, si rinvia ai chiarimenti già
forniti dall’INPS con circolare n. 130/2010.
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