Il rapporto dell’associazione sui 201,1 miliardi di
finanziamenti non ripagati. Ad appena il 2,63% dei clienti (32.608 soggetti,
sia imprese sia famiglie, su un totale di 1.240.410 clienti problematici) è
riconducibile il 70,35% delle sofferenze bancarie (141,4 miliardi); 25,5
miliardi di sofferenze sono a carico di soli 579 soggetti, lo 0,05% del totale;
sul 97% dei clienti (più di 1,2 milioni di soggetti), che hanno prestiti da 250
euro a 500.000 euro, pesa solo il 29% delle sofferenze (59,6 miliardi).
Longobardi: “Problema delle sofferenze da risolvere subito anche se ora
emergono gli errori degli istituti che per anni hanno prestato denaro con
criteri evidentemente sballati”
Le sofferenze delle banche sono legate ai grandi prestiti
non rimborsati: il 70% dei finanziamenti non ripagati da famiglie e imprese si
riferisce, infatti, a crediti superiori a 500.000 euro. Sul totale delle
sofferenze pari a 201,1 miliardi di euro, 141,4 miliardi sono relativi a
finanziamenti oltre il mezzo milione di euro erogati ad appena 32.608 soggetti,
il 2,63% dei clienti “problematici” degli istituti; 25,5 miliardi di sofferenze
sono a carico di soli 579 soggetti, lo 0,05% del totale. Lo rileva il rapporto
del Centro studi di Unimpresa “Sofferenze bancarie divise per dimensione dei
prestiti” secondo il quale sul 97% dei clienti (più di 1 milione di soggetti),
che hanno prestiti da 250 euro a 500.000 euro, pesa solo il 29% delle
sofferenze (52 miliardi).
Secondo l’analisi dell’associazione, basata su dati della
Banca d’Italia aggiornati a novembre 2015, il 70,35% delle sofferenze delle
banche, cioè 141,4 miliardi su 201,1 miliardi complessivi, è relativo a
finanziamenti superiori a 500.000 euro. Ad appena il 2,63% dei clienti (32.608
soggetti, sia imprese sia famiglie, su un totale di 1.240.410 clienti
problematici) è riconducibile il 70,35% delle sofferenze bancarie (141,4
miliardi). Nel dettaglio, 17,1 miliardi di sofferenze (8,45%) si riferiscono a
finanziamenti da 500.000 euro a 1 milione, erogati a 25.973 soggetti (2,09%);
27,7 miliardi (13,83%) si riferiscono a prestiti da 1 milione fino a 2,5 milioni,
concessi a 19.274 clienti (1,55%); 23,8 miliardi (11,84%) sono relativi a
crediti da 2,5 milioni a 5 milioni, erogati a 7.386 clienti (0,60%); 47,2
miliardi (23,48%) si riferisce a finanziamenti da 5 milioni a 25 milioni,
concessi a 5.369 soggetti (0,43%); 25,5 miliardi (12,72%) è legato a prestiti
superiori a 25 milioni erogati a 579 clienti (0,05%).
Meno di un terzo delle sofferenze (29,65%), cioè 59,6
miliardi, è invece legato a finanziamenti di importo minore che vanno da 250
euro a 500.000 euro, concessi a una platea molto vasta di clienti ora in
difficoltà, pari a 1.207.802 soggetti (il 97,37% del totale). Nel dettaglio,
6,5 miliardi di sofferenze (3,23%) si riferisce a finanziamenti da 250 euro a
30.000 euro erogati a 758.664 clienti (61,19%); 7,8 miliardi (3,90%) sono
relativi a prestiti da 30.000 euro a 75.000 euro concessi a 161.641 soggetti
(13,03%); 9,1 miliardi (4,50%) è relativo a crediti da 75.000 euro a 125.000
euro erogati a 93.168 clienti (7,51%); 20,2 miliardi (10,’8%) si riferisce a
finanziamenti da 125.000 euro a 250.000 euro concessi a 119.504 soggetti
(9,63%); 15,9 miliardi è legato a crediti da 250.000 euro a 500.000 euro
erogati a 48.552 clienti (3,91%).
Longobardi: “Nodo
sofferenze va risolto subito con intervento pubblico”
“Ora emergono gli
errori degli istituti – commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi –
che per anni hanno prestato denaro con criteri evidentemente sballati. Anche se
nell’ultimo periodo è leggermente calato il ritmo con cui cresce la montagna di
finanziamenti non ripagati, il problema resta ed è gravissimo perché solo
apparentemente è una questione che pesa esclusivamente sui bilanci del settore
bancario: a pagare il conto, alla fine della giostra, sono le aziende che
vedono sistematicamente respinte le domande di finanziamento”. Secondo
Longobardi “a questo punto bisogna fare ragionamenti diversi e il nodo delle
sofferenze va risolto, rapidamente e con un intervento pubblico, altrimenti non
sarà possibile rimettere in moto il motore del credito, pilastro fondamentale
per far ripartire l’economia e sperare di portare l’Italia sul sentiero di
crescita”.
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