I
lavoratori ammessi all’opzione sono solamente quelli alle dipendenze di aziende
private, ad esclusione di colf, badanti ed agricoli, assunti presso le stesse
da almeno sei mesi. Sono esclusi, inoltre, i dipendenti delle aziende in crisi
o sottoposte a procedure concorsuali.
Per
poter ricevere il Tfr in busta, i lavoratori dovranno inoltrare una preventiva istanza
all’azienda, che, prima di iniziare l’erogazione dell’emolumento, dovrà poi essere autorizzata dall’Inps.
E’
importante sottolineare come, una volta approvata l’anticipazione del Tfr in
quote mensili, il lavoratore non potrà più revocare la scelta fino al 30 giugno
2018. Quello appena richiamato non è l’unico inconveniente dell’opzione, dal
momento che, se esercitata, la stessa potrebbe risultare non conveniente,
stante il regime di tassazione adottato dal Governo. A differenza di quanto
avviene abitualmente per l’importo del Tfr liquidato secondo le ordinarie
modalità, le somme corrisposte in quote mensili saranno assoggettate, infatti,
alla tassazione ordinaria e non a quella separata, certamente più conveniente. Bisogna
poi considerare che l’aumento dello stipendio potrebbe ridurre le sia le detrazioni
per i figli a carico che gli assegni per il nucleo familiare.
Si
tratta di inconvenienti che, tuttavia, non si esauriscono in quelli appena
riepilogati. Ad essi, infatti, va aggiunto che, in caso di liquidazione in
ratei mensili, anche la quota di Tfr sarà soggetta alle addizionali comunali e
regionali Irpef.
Da
ultimo, occorre precisare che il Tfr in busta sarà escluso dalla base di
calcolo per la determinazione del c.d. Bonus Renzi di 80 euro.
Valerio
Pollastrini
1)
-
Legge n.190/2014;
Nessun commento:
Posta un commento