In
caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali, infatti, la nuova norma
consente di assegnare il dipendente a mansioni appartenenti ad un livello inferiore
rispetto a quello di inquadramento.
In
simili casi, pena la nullità dell’atto di assegnazione alle nuove mansioni, il
datore di lavoro dovrà predisporre una specifica attività formativa in favore
del dipendente demansionato.
In
aggiunta alla predetta causale legale, il nuovo articolo 2013 del codice civile
attribuisce alla contrattazione collettiva, anche aziendale, la possibilità di
introdurre ulteriori ipotesi legittimanti il ricorso alla modifica peggiorativa
di inquadramento.
Tuttavia,
in ogni caso di assegnazione a mansioni inferiori, il lavoratore conserverà il
trattamento retributivo goduto in passato, ad eccezione degli elementi del
compenso connessi a particolari modalità di svolgimento della precedente
prestazione.
Coloro
che, invece, venissero adibiti temporaneamente in mansioni superiori acquisiranno
il diritto all’assegnazione definitiva della
maggiore qualifica non più dopo tre mesi, bensì, dopo sei mesi continuativi di svolgimento delle nuove
prestazioni.
Da
ultimo, nell’interesse del dipendente alla conservazione del posto di lavoro,
all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle sue
condizioni di vita, la nuova formulazione della norma prevede che le parti
possano stipulare, dinnanzi alla commissione di certificazione, un accordo
individuale di modifica, rispettivamente, delle mansioni, del livello di inquadramento
e della relativa retribuzione.
Valerio
Pollastrini
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