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mercoledì 12 novembre 2014

Disconoscimento dell’associazione in partecipazione – Onere della prova a carico dell’Inps

Nella sentenza n.23931 del 10 novembre 2014, la Corte di Cassazione ha precisato che, nel caso in cui ne disconosca la natura, è l’Inps a dover provare la sussistenza della subordinazione nel contratto di associazione in partecipazione.

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Ancona, riformando la sentenza del Tribunale, aveva respinto le opposizioni proposte dal rappresentante legale di una società di fatto  avverso due decreti ingiuntivi ed un’ordinanza ingiunzione, emessi per il pagamento di somme a favore dell’Inps a titolo di contributi e somme aggiuntive.

L’oggetto della controversia riguardava, in sostanza, il mancato riconoscimento di alcuni rapporti di associazione in partecipazione e la conseguente trasformazione degli stessi in altrettanti rapporti di lavoro subordinato.

La Corte del merito aveva concluso per la natura subordinata dei rapporti suddetti, sostenendo che gli opponenti non avevano fornito alcuna prova delle loro affermazioni, dovendosi, invece, rilevare l’assoluta discrasia tra la qualificazione del contratto e l’effettivo contenuto dei rapporti  così come sviluppatisi.

Il giudice dell’appello, in particolare, aveva osservato che detti rapporti configuravano  delle prestazioni subordinate rese a domicilio, tradotte in un determinato quantitativo di pezzi da consegnare a fronte di retribuzione fissata in base al numero della merce lavorata.

Avverso questa sentenza, il legale rappresentante della società aveva ricorso per Cassazione, deducendo che la Corte di Appello avrebbe fondato la sua decisione sulla circostanza che gli opponenti non avevano fornito la prova di quanto affermato e cioè dell’esistenza dell’associazione in partecipazione o di rapporti societari.

A tale proposito, il ricorrente aveva sostenuto:

-          che l’onere probatorio della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato graverebbe sull’INPS;

-         che, comunque, egli avrebbe documentato l’esistenza dei contratti di associazione in partecipazione;

-         che, in base alle dichiarazioni rese dalle stesse lavoratrici, era risultato che le stesse non avrebbero rispettato un orario preciso, che i tempi di riconsegna non erano rigidi, che il loro compenso era determinato solo a fine anno, ricevendo periodicamente solo acconti suscettibili di variazione in positivo o negativo e che il bilancio ed ogni documentazione utile era a loro disposizione.

Investita della questione, la Cassazione ha ritenuto fondate le predette censure.

Gli ermellini hanno premesso come la Corte territoriale aveva erroneamente addossato al ricorrente l’onere della prova circa la sussistenza dei rapporti di lavoro subordinato.

Ricordando che la vicenda in commento aveva avuto origine dalla pretesa avanzata dall’Inps contro la società, la Suprema Corte ha precisato che, di conseguenza, era l’Istituto Previdenziale a dover provare il fondamento delle proprie richieste.

Gli ermellini hanno poi sottolineato che, sebbene sia vero che la verifica della sussistenza della associazione in partecipazione escluderebbe necessariamente il carattere subordinato del rapporto, di contro,  non è vero l'inverso, e cioè che, quando non venga pienamente dimostrata l'esistenza dell'associazione in partecipazione, si debba necessariamente concludere che il rapporto sia subordinato.

Per la configurabilità di quest'ultima fattispecie contrattuale, infatti, occorre la prova positiva di specifici elementi che non possono ritenersi sussistenti per la carenza di prova su una tipologia diversa.

Del resto, in passato, la Cassazione aveva già avuto modo di precisare (1) che "in caso di domanda diretta ad accertare la natura subordinata del rapporto di lavoro, qualora la parte che ne deduce l'esistenza non abbia dimostrato la sussistenza del requisito della subordinazione - ossia della soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, che discende dall'emanazione di ordini specifici oltre che dall'esercizio di un'assidua attività di vigilanza e controllo sull'esecuzione della prestazione lavorativa - non occorre, ai fini del rigetto della domanda, che sia provata anche l'esistenza del diverso rapporto dedotto dalla controparte (nella specie, di associazione in partecipazione), dovendosi escludere che il mancato accertamento di quest'ultimo equivalga alla dimostrazione dell'esistenza della subordinazione, per la cui configurabilità è necessaria la prova positiva di specifici elementi che non possono ritenersi sussistenti per effetto della carenza di prova su una diversa tipologia di rapporto".

Tornando al caso di specie, gli ermellini hanno osservato che la motivazione della Corte territoriale circa la sussistenza degli elementi del lavoro subordinato a domicilio appariva del tutto carente e l’affermazione con la quale il giudice dell’appello si era limitato a rendere atto che le prestazioni consistevano nel lavorare a domicilio un certo numero di pezzi a fronte di un compenso rapportato al numero degli stessi, oltre a non tenere conto delle diverse prove richiamate nell’istruttoria dal ricorrente,  avevano palesato la mancata verifica di altri elementi, quali l'inserimento dei lavoratori nel ciclo produttivo aziendale, l'assenza di concreti margini di discrezionalità nell'esecuzione del lavoro, la correlazione del compenso al tipo di pezzo da lavorare e la determinazione da parte della società dei tempi di consegna, la possibilità attribuita al lavoratore di accettare o rifiutare le singole commesse, all'esito di trattative concernenti le caratteristiche del lavoro ed il prezzo da stabilire di volta in volta, dovendosi accertare, in particolare, se tale possibilità di negoziazione fosse limitata in ambiti prefissati dal contratto di lavoro, inserendosi in esso quale modalità di esecuzione, ovvero fossero espressione di una realtà incompatibile con il lavoro subordinato, configurandosi, in tal caso, tanti contratti di lavoro autonomo per quante erano le singole commesse (2).

Per tutte le richiamate considerazioni, la Cassazione, in accoglimento del ricorso aziendale, ha rinviato il riesame della controversia alla Corte di Appello di Bologna.

Valerio Pollastrini

 
1)      - cfr Cass., Sentenza n.2728/2010;
2)      - cfr. Cass., Sentenza n.461/2011; Cass., Sentenza n.7747/2011;

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