Tuttavia, nella sentenza n.21734 del 26 ottobre 2015, la Corte di Cassazione ha ritenuto illegittimo
il recesso, non avendo ravvisato in una simile infrazione una colpa sufficiente
a minare in maniera irrimediabile il vincolo fiduciario posto alla base del
rapporto di lavoro.
Sul punto, infatti, gli ermellini hanno chiarito che,
nonostante l’evidente insubordinazione della lavoratrice, la sua condotta, di
fatto, non avendo arrecato nocumento alcuno all’attività aziendale, non poteva
essere ricondotta al concetto di giusta causa di cui all'art.2119 del codice
civile.
Dott. Valerio Pollastrini
Corte di
Cassazione, Sentenza n.21734 del 26 ottobre 2015
Svolgimento del
processo
Con sentenza
depositata l'8.9.12 la Corte d’appello di Roma rigettava - per quel che rileva
nella presente sede - il gravame dell'A.C.I.S.M.O.M. - Associazione dei
Cavalieri Italiani del Sovrano Ordine di Malta, contro la sentenza n. 3888/08
del Tribunale capitolino che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento
disciplinare intimato il 6.2.06 alla dott.ssa V. O., con l’ordine di reintegra
e le conseguenze economiche di cui all’art. 18 Stat.
Per la cassazione
della sentenza ricorre l'A.C.I.S.M.O.M. - Associazione dei Cavalieri Italiani
del Sovrano Ordine di Malta, affidandosi a tre motivi, poi ulteriormente
illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c.
L'intimata resiste con
controricorso e spiega ricorso incidentale condizionato basato su un solo
motivo, al quale resiste con controricorso la ricorrente principale.
Motivi della decisione
1- Preliminarmente ex
art. 335 c.p.c. si riuniscono i ricorsi in quanto aventi ad oggetto la medesima
sentenza.
Sempre in via
preliminare deve darsi atto che non risulta agli atti di questa S.C.
l’iscrizione a ruolo dell’autonomo ricorso per cassazione della dott.ssa O.
che, secondo quel che si legge nel controricorso e nella memoria ex art. 378
c.p.c. dell’ACISMOM, sarebbe stato notificato il 9.9.13, dunque dopo la notifica
del controricorso con ricorso incidentale da parte della dott.ssa O. medesima.
Ad ogni modo, tale
separato e successivo ricorso sarebbe stato inammissibile per avvenuta
consumazione del potere di impugnare (cfr., ex aliis, Cass. n. 24219/06; Cass. n.
23976/04; Cass. n. 23/2000; Cass. n. 11386/99; Cass. n. 7272/97; Cass. n.
6471/93).
2- Con il primo motivo
il ricorso principale lamenta violazione di varie norme di legge nella parte in
cui l'impugnata sentenza ha ritenuto che la dott.ssa O., una volta cessata
dall'incarico di direttrice della farmacia dell'Ospedale S. Giovanni Battista
di Roma e destinata a mansioni di farmacista coadiutore, non rivestisse più un
incarico dirigenziale e che, per l'effetto, potesse godere della tutela reale
del posto di lavoro prevista dall'art. 18 legge n. 300/70. Obietta a riguardo
parte ricorrente non solo che la qualifica di farmacista coadiutore è anch'essa
di natura dirigenziale come quella di direttore di farmacia, ma anche che, se
l'incarico dirigenziale è a termine e può scadere senza che il dipendente abbia
diritto alla sua riassegnazione o ad altro analogo incarico, ciò non significa
che dalla categoria dirigenziale si possa retrocedere a quella impiegatizia,
come desumibile dall'art. 15 ter d.lgs. n. 502/92 e dall'art. 19 d.lgs. n.
165/01. Confermano - prosegue il ricorso - la natura dirigenziale della
qualifica di farmacista coadiutore gli artt. 32 e ss. d.P.R. n. 483/97 e l'art.
1 CCNL 1994-97 della dirigenza sanitaria, nonché la sentenza n. 16392/11 delle
S.U. di questa S.C.
Con il secondo motivo
il ricorso principale denuncia violazione dell'art. 2119 c.c. e vizio di
motivazione nella parte in cui la gravata pronuncia, nel valutare la giusta
causa di recesso, non ha tenuto conto della qualità delle parti e della
delicatezza delle mansioni dirigenziali di farmacista coadiutore della dott.ssa
O., alla luce delle quali la sua condotta - consistita nel rifiutarsi di
espletare le mansioni assegnatele e di barricarsi nella stanza riservata al
direttore della farmacia - costituiva sicuramente grave e plateale
insubordinazione e, quindi, giusta causa di licenziamento.
Con il terzo motivo il
ricorso principale deduce, in subordine, violazione e falsa applicazione
dell'art. 18 Stat. e dell'art. 10 legge n. 604/66 per avere la sentenza impugnata
riconosciuto alla dott.ssa O. la tutela reale nel posto di lavoro nonostante la
qualifica dirigenziale ricoperta e l'inapplicabilità, nel caso di specie,
dell'art. 51 d.lgs. n. 165/01 (che, nell'impiego pubblico contrattualizzato,
estende la tutela reale del posto di lavoro anche ai dirigenti), atteso che sia
la costituzione del rapporto di lavoro quale farmacista coauditore sia
l'assegnazione dell'incarico di direttore di farmacia (ossia direttore di
struttura complessa) erano avvenute iure privatorum, senza alcun coinvolgimento
di procedure ad evidenza pubblica.
3- Il primo e il terzo
motivo del ricorso principale, da esaminarsi congiuntamente perché aventi ad
oggetto l'applicabilità dell'art. 18 Stat., sono da disattendersi, essendo
irrilevante che quella di farmacista coadiutore sia o non una qualifica
dirigenziale.
Infatti, in virtù
dell’espresso disposto dell’art. 51 co. 2° d.lgs. n. 165/01, la legge n.
300/70, con le successive modificazioni e integrazioni, si applica alle
pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero dei dipendenti.
La giurisprudenza di
questa Corte Suprema è assolutamente costante nel senso dell’applicabilità
anche dell’art. 18 Stat. al pubblico impiego contrattualizzato e ai relativi
dirigenti quanto al rapporto fondamentale sottostante, mentre all’incarico
dirigenziale si applica la disciplina del rapporto a termine sua propria (cfr.
Cass. n. 8077/14; Cass. n. 18198/13; Cass. n. 2233/07).
E che il rapporto di
lavoro dei medici dipendenti dell'ACISMOM sia equiparato in tutto e per tutto a
quello dei medici del S.S.N. si ricava dall’art. 4, co. 13, d.lgs. n. 502/92,
secondo cui i rapporti tra le strutture del Sovrano Militare Ordine di Malta e
il S.S.N., relativamente all’attività assistenziale, sono disciplinati da apposito
accordo da stipularsi con il Governo italiano.
Da tale accordo -
raggiunto il 21.12.2000 e ratificato con legge n. 157/03 - emerge che
l’attività svolta, nel quadro dell'assistenza sanitaria, dalle istituzioni del
Sovrano Militare Ordine di Malta è posta su un piano identico rispetto a quella
delle omologhe strutture pubbliche italiane (cfr., in motivazione, Cass. S.U.
n. 11513/12 e Cass. S.U. n. 3360/92), con conseguente applicazione al personale
di tali strutture equiparate (a quelle pubbliche italiane) degli artt. 15 e ss.
d.lgs. n. 502/92, dei contratti collettivi di lavoro del comparto sanitario e,
più in generale, di tutta la disciplina del pubblico impiego contrattualizzato
del settore sanitario.
4- Anche il secondo
motivo del ricorso principale è infondato.
La dott.ssa O. è stata
licenziata - secondo quel che si legge nella gravata pronuncia - per tre
mancanze disciplinari:
a) per essersi
ingiustificatamente assentata dal lavoro dal 25.12.05 all'11.1.06; b) per
essersi rifiutata di svolgere le mansioni di farmacista coadiutore; c) per aver
occupato la stanza destinata al preposto al servizio farmacia senza poi
ottemperare all'invito rivoltole affinché se ne allontanasse.
La sussistenza delle
prime due mancanze è stata esclusa in punto di fatto dalla Corte territoriale,
sicché rispetto ad esse non è nemmeno a parlarsi di valutazione della
proporzionalità dell'infrazione alla luce del particolare rapporto fiduciario
proprio del lavoro dirigenziale.
Quanto all'ultima
mancanza, i giudici di merito ne hanno correttamente escluso l'idoneità a costituire
giusta causa di recesso.
La Corte condivide
tale conclusione, non sussistendo la lamentata violazione dell’art. 2119 c.c.
Invero, premesso che
anche in sede di legittimità (cfr., ex aliis e da ultimo, Cass. n. 14324/15 e
Cass. 4984/14) va esaminata l’astratta riconducibilità dell’addebito al
concetto di giusta causa contenuto nell’art. 2119 c.c. (norma caratterizzata da
contenuto assiologico variabile, alias c.d. norma elastica), è indubbio che la
residua infrazione contestata all’odierna controricorrente non sia tale da
integrare un inadempimento tanto grave da minare in modo irrimediabile il
vincolo fiduciario tra le parti, trattandosi di un contegno di per sé
insuscettibile di creare serio nocumento all’attività di parte datoriale e alla
sua organizzazione gerarchica.
Per analoghe ragioni
non merita censura l’apprezzamento a riguardo eseguito in punto di fatto, con
motivazione immune da vizi logico-giuridici (in quanto tale insindacabile in
sede di legittimità: cfr., ex aliis, Cass. n. 7948/11), dai giudici d’appello,
anche essi giunti alla conclusione (così come in prime cure aveva fatto il
Tribunale) che neppure nel concreto dei risvolti fattuali della vicenda in
oggetto possa parlarsi di mancanza disciplinare di gravità tale da meritare una
sanzione espulsiva.
5- L'integrale rigetto
del ricorso principale assorbe la disamina di quello incidentale condizionato,
con il quale la dott.ssa O. in sostanza coltiva, sotto forma di denuncia di
violazione e falsa applicazione dell'art. 23 CCNL 8.6.2000 per
R.G. n. 5958/13 Ud.
8.7.15 ACISMOMc. O. Estensore: dott. Antonio Manna la dirigenza dell'area
medico-veterinaria, un ulteriore motivo di illegittimità del licenziamento che
era stato disatteso dalla Corte territoriale, vale a dire il difetto -
nell’iter disciplinare - del parere preventivo del Comitato dei Garanti.
6- In conclusione, il
ricorso principale è da rigettarsi, con assorbimento di quello incidentale
condizionato.
Le spese del giudizio
di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Riuniti i ricorsi,
rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito quello incidentale
condizionato e condanna parte ricorrente principale a pagare alla ricorrente
incidentale le spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 100,00 per
esborsi e in euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per
legge.
Ai sensi dell’art. 13
co. 1 quater d.P.R. n. 115/2002, come modificato dall’art. 1 co. 17 legge
24.12.2012 n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento,
da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma
del co. 1 bis dello stesso articolo 13.
Nessun commento:
Posta un commento