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MEDIA-LABOR Srl - News dal mondo del lavoro e dell'economia


lunedì 30 marzo 2015

Il datore di lavoro non può utilizzare i propri poteri per favorire un’organizzazione sindacale

Nella sentenza n.2375 del 9 febbraio 2015, la Corte di Cassazione ha precisato che i poteri disciplinare e direttivo, riconosciuti al datore di lavoro dal nostro ordinamento, non possono essere utilizzati per favorire una delle organizzazioni sindacali.

Detti poteri, infatti, risultano funzionali esclusivamente al soddisfacimento  delle esigenze produttive dell'azienda e, pertanto, non possono essere utilizzati per fini diversi, come, ad esempio, per consentire ad uno dei sindacati antagonisti di prevalere nella gestione di un conflitto sociale.

Valerio Pollastrini

Licenziamento del dirigente prossimo alla pensione

Nella sentenza n.3045 del 16 febbraio 2015, la Corte di Cassazione ha precisato che, ai fini della legittimità del licenziamento, il criterio della prossimità alla pensione è applicabile anche ai dirigenti.

A fronte dell’esigenza aziendale di ridurre il personale, l’individuazione dei dipendenti in esubero attraverso la valutazione della loro maturazione dei requisiti per il collocamento in pensione di anzianità costituisce, infatti, un criterio di scelta oggettivo, atteso che, a parità di condizioni, detto criterio consente di individuare i lavoratori che subirebbero un danno minore dal recesso, potendo essi beneficiare della prestazione previdenziale.

Tuttavia, nella pronuncia in commento gli ermellini hanno sottolineato come, nel contesto specifico, sia necessario che l'applicazione del suddetto criterio  presenti il requisito della esaustività, risultando, di per sé,  idoneo ad individuare un numero di lavoratori pari od inferiore rispetto a quelli in esubero. Diversamente, detto criterio deve essere valutato unitamente ad ulteriori elementi di natura oggettiva.

Valerio Pollastrini

Costo del lavoro in Italia: il confronto con gli altri Paesi europei

I dati forniti in questi giorni da Eurostat, relativi al 2014, collocano l’Italia a metà della classifica del costo del lavoro registrato in tutti gli Stati membri dell’Unione.
Mediamente, infatti, nel nostro Paese un’ora di lavoro costa alle imprese 28,3 €, un valore praticamente equidistante tra i 3,8 € della Bulgaria ed i 40,3 € della Danimarca.
Questo dato, di fatto, costituisce il principale fattore che ha determinato negli ultimi anni la forte tendenza delle nostre aziende a delocalizzare la produzione nelle nazioni meno care come, ad esempio, la Romania (4,6 €).
Come se non bastasse, tra il 2013 ed il 2014 il costo del lavoro in Italia è ulteriormente aumentato dello 0,7%.
La principale causa che penalizza il nostro valore è costituita dagli oneri aggiuntivi rispetto alla retribuzione. Basti pensare che, mentre in Italia il 28,2% del costo del lavoro è determinato da tutti i fattori non legati allo stipendio, quali i contributi previdenziali, in Germania i costi non salariali ammontano solamente al 22,3%. Peggio dell’Italia, tuttavia, è la situazione rilevata per la Francia, che con 33,1% si colloca al primo posto tra i Paesi con i maggiori oneri accessori al compenso.
Sempre in relazione al 2014, sono quattro i Paesi europei in cui il costo del lavoro è diminuito, nello specifico: Cipro, Portogallo, Croazia e Irlanda. Si tratta di Stati che sono stati “salvati” dalla Ue, atteso il processo di svalutazione interna legato alle dure politiche di austerità cui sono stati soggetti.
Vista l’impossibilità di svalutare la moneta, la svalutazione interna si è dimostrata dunque uno strumento utile per rendere più competitive le esportazioni attraverso un abbassamento dei salari ed un aumento della produttività. Basti pensare alla Grecia, dove il costo del lavoro orario era nel 2014 di 14,6 € e sei anni prima di 16,8 €.

Valerio Pollastrini

Treni fermi se non c’è il secondo macchinista

Nelle tratte particolarmente disagiate Trenitalia non può imporre ai macchinisti di guidare in assenza di un collega. E’ quanto disposto dal Tribunale di Genova nell’Ordinanza del 4 febbraio 2015.

Nel caso di specie, un ferroviere era stato licenziato perché, in seguito all’eliminazione del secondo macchinista disposta dall’azienda, si era rifiutato di guidare il treno da solo.

Il lavoratore, infatti, temendo che, in caso di malore intervenuto all’interno di  un tunnel o su un viadotto o in altro luogo inaccessibile ai mezzi di soccorso, avrebbe avuto bisogno di un collega che portasse il treno incontro ai soccorritori, aveva inviato una lettera alla direzione aziendale, avvertendo che avrebbe potuto “astenersi dal compiere l’attività di condotta richiesta in tali condizioni di degrado, a tutela della propria incolumità”.

In seguito al suo rifiuto di svolgere la prestazione, il lavoratore era stato sospeso per ben due volte, in quanto,  secondo Trenitalia, detta scelta avrebbe causato all’azienda ritardi e danni patrimoniali. Tuttavia, nonostante le diverse sanzioni disciplinari disposte a suo carico, il dipendete aveva perseverato nel suo rifiuto e per tale ragione la società ne aveva disposto il licenziamento.

Investito della questione, il Tribunale di Genova, ritenendo illegittimo il licenziamento, ha sostanzialmente bocciato la strategia di Trenitalia che, dal 2009, ha progressivamente tagliato i doppi macchinisti a bordo dei treni merci, affiancando ad un unico conducente il cosiddetto tecnico polivalente.

Entrando nel merito della questione, il Giudice ha precisato, infatti, che le ragioni di economicità ed efficienza non sono sufficienti all’azienda per adottare misure dalle quali possa derivare un aumento dei rischi per i lavoratori.

Valerio Pollastrini

sabato 28 marzo 2015

Se il lavoratore sì è già difeso, il licenziamento è legittimo anche se effettuato prima dei 5 giorni dall'addebito

Nella sentenza n.3129 del 17 febbraio 2015, la Corte di Cassazione ha precisato che, nel caso in cui il dipendente abbia esercitato appieno il proprio diritto di difesa, il licenziamento può essere legittimamente irrogato anche prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione disciplinare.

Nella pronuncia in commento, gli ermellini hanno dunque aderito all’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale il termine fissato dall’art.7 dello Statuto dei Lavoratori va ritenuto funzionale solamente alle esigenze di tutela dell'incolpato, escludendo che detto termine sia stato ispirato anche dall'intento di consentire al datore di lavoro un'effettiva ponderazione sul provvedimento da adottare, ai fini di  un possibile ripensamento.

Da ciò discende, pertanto, che, ove  il dipendente abbia esercitato pienamente il proprio diritto di difesa, facendo pervenire al datore di lavoro le proprie giustificazioni senza manifestare alcuna esplicita riserva di ulteriori produzioni documentali o motivazioni difensive, il provvedimento disciplinare può essere legittimamente irrogato anche prima della scadenza dei cinque giorni.

Valerio Pollastrini

Isee: pubblicato il Disciplinare tecnico

Nella News del 26 marzo 2015, l’Inps ha annunciato la pubblicazione del disciplinare tecnico per la regolamentazione del trattamento dei dati e delle informazioni presenti nel Sistema informativo dell’Isee, con riferimento alle modalità di accesso, di comunicazione e di consultazione dello stesso.

Nella nota, inoltre, l’Istituto ha reso nota l’approvazione del nuovo schema convenzionale tra Inps e  Caf  per la regolamentazione del servizio di assistenza e consulenza, svolto da questi ultimi in favore dell’utenza, per ottenere il calcolo dell’Isee.

Per consultare il disciplinare tecnico si rimanda al seguente link:

Valerio Pollastrini

Rivalutati gli importi dell’assegno per il nucleo familiare numeroso e dell’assegno di maternità

Il Dipartimento per le politiche della Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha disposto la rivalutazione, per l’anno 2015, della misura e dei requisiti economici dell’assegno per il nucleo familiare numeroso e dell’assegno di maternità.

Nello specifico, il provvedimento, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.70 del 25 marzo 2015, dispone che:

a)      l’assegno mensile per il nucleo familiare (1) da corrispondere agli aventi diritto per l’anno 2015, se spettante nella misura intera, è pari a 141,30 €; per le domande relative al medesimo anno, il valore dell’indicatore della situazione economica equivalente è pari ad 8.555,99 €;

b)    l’assegno mensile di maternità (2) da corrispondere agli aventi diritto per l’anno 2015, per le nascite, gli affidamenti preadottivi e le adozioni senza affidamento, se spettante nella misura intera, è pari a 338,89 €; per le domande relative al medesimo anno, il valore dell’indicatore della situazione economica equivalente è pari a 16.954,95 €.

Valerio Pollastrini

1)      - ai sensi dell’art.65 della Legge n.449 del 23 dicembre 1999 e successive modifiche e integrazioni;
2)      – ai sensi dell’art.74 della Legge n.151 del 26 marzo 2001;

Lavori in quota, come prevenire le cadute dall’alto: dall’Inail un nuovo manuale operativo

L’Inail ha pubblicato sul proprio sito il volume “La sicurezza nei lavori sulle coperture. Sistemi di prevenzione e protezione contro la caduta dall’alto”.

Destinatari dell’opera, realizzata dai ricercatori del Dipartimento Innovazioni Tecnologiche e Sicurezza degli Impianti, Prodotti e Insediamenti Antropici (Dit) e dalla Consulenza tecnica per l’Edilizia (Cte), sono i tecnici, gli installatori e gli esperti di lavorazioni su tetti e coperture.

In particolare, la guida  raccoglie gli atti di due seminari svolti nel 2013 al Made di Milano e al Saie di Bologna: “Un cantiere sicuro per riqualificare l’esistente – lavori in copertura” e “Lavori su coperture: problematiche, approfondimenti”.

Nella premessa, il manuale riporta un breve excursus sulla legislazione vigente nei lavori in quota e sui dispositivi di protezione, dedicando un ampio spazio ai sistemi di ancoraggio utilizzati nelle opere di costruzione, presentati e descritti attraverso delle schede illustrative.

Oltre a promuovere la cultura della manutenzione, il testo si sofferma anche sulla fase della progettazione, durante la quale vengono spesso sottovalutate le possibili implicazioni di salute e sicurezza nelle fasi successive. Non ultimi, alcuni casi di studio realizzati su diversi edifici dell’Inail e delle tabelle comparative per la valutazione del rischio.

A proposito della problematica delle cadute dall’alto, il coordinatore generale della Cte, Michele Candido Meschino, ha sottolineato come molti operatori si trovino a svolgere il proprio lavoro sui tetti senza pensare  a quanto possa essere pericoloso. Il rischio, invece, è alto ed aumenta proprio perché sottovalutato. Meschino ha proseguito osservando che, a volte, utilizzare le attrezzature di sicurezza può sembrare un fastidioso onere in termini di perdita di tempo e così si pensa di poterne fare a meno. In queste circostanze, quasi sempre il nemico principale è la fretta e, dopo questa, la sopravvalutazione della propria abilità. Non va trascurato, infine, anche l’aspetto legato ad una formazione non adeguata.

Valerio Pollastrini

Polizza volontari: attivato il servizio online

Con una Nota pubblicata sul portale istituzionale, l’Inail ha ricordato che i volontari percettori di misure di integrazione e sostegno del reddito che svolgono, in modo spontaneo e gratuito, la loro attività a fini di utilità sociale nell’ambito di progetti promossi da organizzazioni appartenenti al cosiddetto “terzo settore”, in favore di Comuni o Enti Locali, sono garantiti dalla copertura assicurativa contro le malattie e gli infortuni sul lavoro.

Un apposito Fondo istituito dal Ministero del Lavoro, infatti, garantirà il pagamento degli oneri necessari. La copertura assicurativa, tuttavia, è attribuita nei limiti della disponibilità finanziaria  e, pertanto, sulla home page del sito dell’Inail è stato inserito un contatore che segnala l’importo residuo del Fondo costantemente aggiornato.

Ciò premesso, nella Nota in commento l’Inail ha informato gli utenti di aver istituito  il Servizio online per la polizza volontari nell’ambito delle applicazioni "Denuncia di Iscrizione" e "Denuncia di Variazione", disponibili nel menu "Denunce" del sito web dell’Istituto.

Per ulteriori approfondimenti, si rimanda alla lettura della Circolare n.45 del 27 marzo 2015:

Valerio Pollastrini

Colf e badanti: il pagamento dei contributi

In prossimità della scadenza della prima rata 2015 dei contributi dei lavoratori domestici, si riepiloga la disciplina previdenziale del settore.
Il 10 aprile, infatti, è l’ultimo giorno utile per pagare all’Inps i contributi di colf e badanti, relativi al primo trimestre dell’anno in corso. Queste, invece, le prossime scadenze:

-         II° trimestre: dal 1° al 10 luglio;
-         III° trimestre: dal 1° al 10 ottobre;
-         IV° trimestre: dal 1° al 10 gennaio dell’anno successivo.

Nel caso in cui l'ultimo giorno utile per il versamento coincida con la domenica o con una festività, la scadenza è prorogata al giorno successivo non festivo. Il versamento mancato, tardivo o parziale comporta l'applicazione di sanzioni pecuniarie a carico dei datori di lavoro.
Si ricorda che, a causa della variazione dell’indice del prezzo al consumo, pari allo 0,2%, le retribuzioni convenzionali di riferimento per il calcolo della contribuzione hanno registrato un lieve aumento.

Contratti a termine - L’art.2, comma 28, della Legge n.92/2012 ha introdotto, per la generalità dei datori di lavoro, un contributo addizionale dell’1,4%  per i contratti a tempo determinato, finalizzato al finanziamento dell’indennità di disoccupazione Aspi. Detta quota aggiuntiva, non si applica ai lavoratori assunti a termine in sostituzione di lavoratori assenti. Tuttavia, nei  limiti  delle  ultime  sei   mensilità,   in  caso  di trasformazione del contratto a tempo indeterminato, il   contributo addizionale  è  restituito al datore di lavoro,  successivamente  al decorso del periodo  di  prova.  La  restituzione avviene anche qualora il datore di lavoro assuma  il  lavoratore  con contratto di lavoro a tempo indeterminato entro  il  termine  di  sei mesi dalla cessazione del precedente contratto  a  termine.  In  tale ultimo caso,  la  restituzione  avviene  detraendo  dalle  mensilità spettanti un numero di mensilità ragguagliato al  periodo  trascorso dalla cessazione del precedente rapporto di lavoro a termine.
I datori di lavoro aventi diritto al rimborso del contributo addizionale dovranno inoltrarne richiesta, in via telematica, utilizzando uno dei seguenti canali:

-         WEB-servizi telematici, accessibili direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il portale dell’Istituto;
-         Contact Center Multicanale - numero 803164 gratuito da rete fissa e 06164164 da telefono cellulare, con tariffazione stabilita dal singolo gestore;
-         intermediari dell’INPS – attraverso i servizi telematici offerti agli stessi.

In considerazione del diverso regime contributivo vigente tra i contratti a termine e quelli a tempo indeterminato, l’Inps ha predisposto due diverse tabelle riepilogative dei valori retributivi e contributivi per l’anno 2015.
Sul punto, si ricorda che nel caso in cui l’orario di lavoro del collaboratore non superi le 24 ore settimanali, il contributo orario è rapportato in relazione a tre diverse fasce di retribuzione. Nel caso in cui l’orario di lavoro sia pari o superiore  24 ore settimanali, il contributo è fisso per tutte le ore retribuite.
 

LAVORATORI ITALIANI E STRANIERI
- Senza contributo addizionale -
Retribuzione oraria
Importo contributivo orario
Effettiva
Convenzionale
Comprensivo quota Cuaf
Senza quota Cuaf *
Fino a 7,88 €
6,97 €
1,39 € (0,35 €) **
1,40 € (0,35 €)**
Da 7,88 € a 9,59 €
7,88 €
1,57 € (0,39 €) **
1,58 € (0,39 €)**
Oltre 9,59 €
9,59 €
1,91 € (0,48 €)**
1,93 € (0,48 €)**
Orario di lavoro superiore a 24 ore settimanali
5,07 €
1,01 € (0,25 €)**
1,02 € (0,25 €)**
* Il contributo Cuaf (Cassa Unica Assegni Familiari) non è dovuto solo nel caso di rapporto fra coniugi (ammesso soltanto se il datore di lavoro coniuge è titolare d’indennità di accompagnamento) e tra parenti o affini entro il terzo grado, e conviventi, ove riconosciuto ai sensi di legge (art.1 del D.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1403).
** Quota a carico del lavoratore.
 

LAVORATORI ITALIANI E STRANIERI
- Comprensivo contributo addizionale -
 
Retribuzione oraria
Importo contributivo orario
Effettiva
Convenzionale
Comprensivo
quota Cuaf
Senza quota
Cuaf*
Fino a  7,88 €
6,97 €
1,49 € (0,35 €)**
1,50 € (0,35 €)**
Da 7,88 € a 9,59 €
7,88 €
1,68 € (0,39 €)**
1,69 € (0,40 €)**
Oltre 9,579 €
9,59 €
2,05 € (0,48 €)**
2,06 € (0,48 €)**
Orario di lavoro
superiore a 24 ore
settimanali
5,07 €
1,08 € (0,25 €)**
1,09 € (0,25 €)**
* Il contributo Cuaf (Cassa Unica Assegni Familiari) non è dovuto solo nel caso di rapporto fra coniugi (ammesso soltanto se il datore di lavoro coniuge è titolare d’indennità di accompagnamento) e tra parenti o affini entro il terzo grado, e conviventi, ove riconosciuto ai sensi di legge (art.1 del DPR 31 dicembre 1971, n. 1403).
** Quota a carico del lavoratore.

Modalità di pagamento – Per il versamento dei contributi, i datori di lavoro domestico potranno optare tra i seguenti mezzi di pagamento:

* rivolgendosi ai soggetti aderenti al circuito “Reti Amiche”, dichiarando il codice fiscale del datore di lavoro ed il codice rapporto di lavoro. In tal caso, la procedura quantificherà automaticamente l’importo dei contributi in base ai dati comunicati al momento dell’assunzione. Il pagamento è disponibile, senza necessità di supporto cartaceo:

-         presso le tabaccherie che espongono il logo “Servizi Inps”;
-         presso gli sportelli bancari di Unicredit Spa;
-         tramite il sito Internet del gruppo Unicredit Spa per i clienti titolari del servizio di Banca online;
-         presso tutti gli sportelli di Poste Italiane, con le modalità previste per il circuito Reti Amiche.

* online sul portale dell’Inps (www.inps.it), utilizzando la carta di credito, seguendo il percorso: “Servizi Online” -> “Per tipologia di utente” -> “Cittadino” -> “Pagamento contributi lavoratori domestici”;

* utilizzando il “bollettino MAV”: a partire dal 2014, la comunicazione di accoglimento della richiesta di iscrizione di rapporto di lavoro domestico conterrà in allegato i bollettini Mav in numero variabile da uno a quattro, a seconda del trimestre di inizio, e comunque a copertura del primo anno solare di contribuzione. Inoltre, sempre dallo scorso anno, la comunicazione di rinnovo sarà inviata una volta l’anno e conterrà anch’essa i bollettini Mav in numero variabile da uno a quattro in relazione alla durata definita per il rapporto di lavoro;

* contattando il Contact Center al numero verde gratuito 803.164, utilizzando la carta di credito.

Valerio Pollastrini

giovedì 26 marzo 2015

Ipotesi di sospensione, cumulo e decadenza dalle prestazioni AspI e Mini-ASpI

Nel Messaggio n.2028 del 19 marzo 2015, l’Inps ha fornito alcuni chiarimenti in merito alle ipotesi di sospensione, cumulo e decadenza delle indennità di disoccupazione ASpI e Mini-ASpI.

In particolare, l’Istituto ha riepilogato gli effetti prodotti sulle predette indennità in caso di rioccupazione del soggetto beneficiario con contratto di lavoro subordinato.

Nello specifico, vi sono tre possibili  ipotesi di rioccupazione che possono verificarsi nel corso della percezione dell’ASpI:

1)    rioccupazione, in corso di fruizione dell’indennità di disoccupazione, con rapporto di lavoro subordinato per un periodo pari o inferiore a sei mesi e dal quale l’assicurato percepisca un reddito annuale  superiore alla soglia  minima di esclusione dall’imposizione: la prestazione verrà sospesa secondo le modalità previste dall’art.2,  comma 15, della Legge n.92/2012;

2)    rioccupazione, in corso di fruizione dell’indennità di disoccupazione, con rapporto di lavoro subordinato per un periodo superiore a sei mesi e dal quale l’assicurato riceva un reddito annuale  superiore alla soglia  minima di esclusione dall’imposizione: la prestazione decade ai sensi del combinato disposto di cui alla lett. a), comma 1, dell’art.4 del D.Lgs. n.181/2000, nonché dell’art.2, comma 40, lett. a) della Legge n.92/2012;

3)    rioccupazione, in corso di fruizione dell’indennità di disoccupazione, con rapporto di lavoro subordinato per un periodo inferiore, pari o superiore a sei mesi o con rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ma il cui reddito annuale sia inferiore al reddito minimo escluso da imposizione, con conseguente conservazione dello stato di disoccupazione: l’assicurato continuerà a percepire l’ASpI in corso di fruizione. Tuttavia, verranno applicate  le riduzioni di cui all’art.2, comma 17, della Legge n.92/2012. In questo caso, il contribuente dovrà comunicare il reddito presunto dalla nuova occupazione entro 30 giorni dall’inizio del lavoro.

Dette indicazioni risultano utili anche per l’indennità di disoccupazione Mini-ASpI, atteso che la sospensione di questa prestazione è ammessa per un periodo massimo di 5 giorni.

Nel Messaggio in commento l’Inps ha riepilogato, altresì, gli effetti prodotti sulle suddette indennità in caso di cessazione da rapporti di lavoro subordinato a tempo parziale.

In particolare, qualora l’assicurato risulti titolare di due o più rapporti di lavoro subordinato a tempo parziale e cessi da uno di essi a seguito di licenziamento o dimissioni per giusta causa, ove dal rapporto ancora in essere il dipendente percepisca un reddito inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione,  potrà formulare, ricorrendo tutti gli altri requisiti, domanda di indennità di disoccupazione ASpI o Mini-ASpI e percepire la prestazione cumulandola con il reddito da lavoro dipendente. Tuttavia, anche in questo caso la prestazione subirà le riduzioni di cui all’art.2, comma 17, della Legge n.92/2012.

Valerio Pollastrini

Denominare i files con espressioni volgari non legittima il licenziamento

Nella sentenza n.5878 del 24 marzo 2015, la Corte di Cassazione ha precisato che la denominazione di alcuni files con espressioni volgari non costituisce un’infrazione così grave da giustificare il licenziamento del dipendente.

Il caso di specie è quello del licenziamento per giusta causa intimato ad una lavoratrice che aveva rubricato dei file aziendali utilizzando le locuzioni "merda" e "nuova merda".

Riformando la pronuncia del Tribunale, che aveva rigettato l’impugnativa di recesso proposta dalla donna, la Corte di Appello di L’Aquila aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento, con conseguente applicazione della tutela reale.

A sostegno del decisum la Corte territoriale aveva osservato come,  per quanto censurabile sotto il profilo della correttezza, la condotta della lavoratrice non costituiva un’infrazione tanto grave, sia soggettivamente che oggettivamente, da ledere in maniera irreparabile l’elemento fiduciario posto alla base del rapporto.

Detta condotta, infatti, era risultata del tutto episodica e non aveva  manifestato un disprezzo al decoro e all'immagine aziendale, né poteva annoverarsi nella fattispecie dell’insubordinazione.

La Corte del merito aveva poi sottolineato che, non essendo emersi altri abusi nell’utilizzo dei beni aziendali affidati alla lavoratrice, la vicenda, valutata nella sua complessità, non giustificava, sotto il profilo della congruità, l'adozione della massima sanzione espulsiva, risultando, al massimo, passibile  di sanzione di tipo conservativo.

Avverso questa sentenza, la società datrice di lavoro  aveva proposto ricorso per Cassazione, deducendo che la Corte territoriale sarebbe addivenuta "alla incoerente conclusione che il fatto non si fosse verificato", risultando comunque la sentenza impugnata contraddittoria e illogica rispetto all'acquisito corredo probatorio.

La ricorrente aveva lamentato, inoltre, che la Corte territoriale avrebbe sminuito l'esatta portata del fatto sotto il profilo oggettivo, caratterizzato dal disprezzo della dipendente per il proprio lavoro, e non avrebbe considerato che la condotta censurata era intervenuta a pochi mesi di distanza dall’inizio del rapporto ed a seguito di una precedente contestazione disciplinare per altri fatti.

Investita della questione, la Cassazione ha rilevato innanzitutto come, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, la Corte territoriale avesse riconosciuto la sussistenza della condotta nella sua materialità.

Conseguentemente, gli ermellini hanno ritenuto infondata la deduzione della violazione del giudicato interno relativamente all’accertamento del fatto storico su cui la vicenda risulta incentrata.

Parimenti, quanto testé osservato esclude, altresì, la sussistenza di vizi motivazionali relativi alla ricostruzione delle circostanze fattuali oggetto di giudizio, che la Corte territoriale aveva colto nella loro effettiva materialità.

Sulla base di tali considerazioni, la Suprema Corte ha concluso rigettando il ricorso.

Valerio Pollastrini

Agricoli: quale contratto collettivo applicare per l’accesso alle agevolazioni

Nell’Interpello n.8 del 24 marzo 2015, il Ministero del Lavoro ha fornito i chiarimenti sollecitati dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro in merito ai requisiti previsti per all’accesso ai benefici contributivi nel settore agricolo.

In particolare, l’istante aveva richiesto il parere del Ministero in merito alla applicabilità dell’art.20, comma 2, del D.Lgs. n.375/1993, secondo il quale “le agevolazioni contributive previste dalla legge sono riconosciute ai datori di lavoro agricolo che applicano i contratti collettivi nazionali di categoria, ovvero i contratti collettivi territoriali ivi previsti”.

In sostanza, la questione è incentrata sulla disposizione dell’art.1, commi 1175 e 1176, della Legge n.296/2006, secondo il quale “a decorrere dal 1° luglio 2007 i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

Al riguardo, l’Ente interpellato, dopo aver ricordato che, con specifico riferimento al settore agricolo, i benefici riconosciuti dal D.Lgs. n.375/1993 sono subordinati alla applicazione dei “contratti collettivi nazionali di categoria, ovvero dei contratti collettivi territoriali ivi previsti”, ha precisato che, in relazione a tale disposizione non può tuttavia non incidere anche la successiva Legge n.296/2006.

Ciò che va evidenziato, infatti, è  l’individuazione, da parte della legge del 2006, di quali contratti collettivi applicare, ossia di quelli “stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”. Tale elemento, sebbene contenuto in una disposizione successiva a quella del 1993 e sebbene sia di carattere generale, appare di assoluto rilievo, dal momento che introduce nell’ordinamento il principio secondo cui solo i datori di lavoro che garantiscono quelle tutele minime previste dalla contrattazione collettiva in questione sono “meritevoli” di godere di benefici “normativi e contributivi”.

Ciò premesso e tenuto conto che già la legislazione del 1993 aveva introdotto, quale condizione necessaria per il godimento delle agevolazioni contributive ivi previste, il rispetto della contrattazione collettiva, il Ministero ha chiarito  che una valutazione complessiva del quadro ordinamentale impone di interpretare tale legislazione nel senso che detta contrattazione è quella promanante dalle organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Valerio Pollastrini

Tfr in busta paga: il modulo per la richiesta

I dipendenti intenzionati ad esercitare l’opzione per la liquidazione mensile in busta paga del trattamento di fine rapporto dovranno inoltrarne formale comunicazione al datore di lavoro, attraverso il seguente modello allegato al  Dpcm n.29 del 20 febbraio 2015.

MODULO PER LA RICHIESTA DI PAGAMENTO MENSILE DELLA QUOTA MATURANDA DEL TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO COME PARTE INTEGRATIVA DELLA RETRIBUZIONE
(Qu.I.R.)
(Art.1, comma 26, legge 23 dicembre 2014, n. 190)

Il/La sottoscritto/a ……………………………………………………………………
Nato/a a ……………………………… il ……………………………………………
CF…………………………………………………………………………………

CHIEDE

la liquidazione mensile della quota di TFR maturanda, ivi inclusa la quota eventualmente destinata ad una forma pensionistica complementare, a partire dal mese successivo alla data della presente istanza. A tal fine:

- dichiara di non aver vincolato o ceduto il TFR a garanzia di contratti di prestito;

- chiede il pagamento della quota integrativa unitamente alla retribuzione mensile;

- dichiara di essere a conoscenza che il pagamento, nel caso in cui il datore di lavoro acceda al Finanziamento di cui all’art. 1, comma 30, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di Stabilità 2015), verrà effettuato a partire dal terzo mese successivo a quello di competenza (da compilare solo se il datore di lavoro ha meno di cinquanta dipendenti e non è tenuto al versamento del contributo che alimenta il fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile costituito ai sensi dell’articolo 1, comma 755, della legge 27 dicembre 2006, n. 296);

- prende atto che l’informazione relativa alla richiesta di pagamento mensile della quota maturanda del TFR, raccolta attraverso la compilazione del presente modulo, sarà comunicata all’INPS per gli adempimenti di competenza di cui all’art.1, commi da 26 a 33, della legge n. 190/2014.

                Data …………………….                  Firma ……………………

Una copia del presente modulo controfirmata dal datore di lavoro ovvero un’attestazione di ricevimento in formato elettronico è rilasciata al lavoratore per ricevuta.