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mercoledì 29 agosto 2012

Cambio appalto e tutela dei diritti dei lavoratori


Con l'interpello n.22/2012 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali fornisce alcuni chiarimenti in merito ai diritti dei lavoratori subordinati coinvolti nella successione degli appalti.
L'istanza sul merito e' stata presentata dall’Associazione Nazionale Sindacati dei Trasporti e dei Servizi che ha chiesto alla Direzione generale per l'Attivita' Ispettiva “quale possa essere lo strumento legale assimilabile al cambio d’appalto e che ne qualifichi lo spessore giuridico-contrattuale” e quale tutela sia esperibile “al fine di garantire i diritti dei lavoratori alla conservazione del posto di lavoro”.
L'Ente interpellato ha ricordato che la materia della successione negli appalti tra imprese e' regolamentata dalla contrattazione collettiva.
Ad esempio, per quanto riguarda i dipendenti di aziende rientranti nel campo dell'Igiene Ambientale, l'articolo 6 del relativo CCNL, prevede che in tutti casi di cessazione di un appalto di servizi e di conseguente aggiudicazione dell’appalto da parte di una diversa impresa, i rapporti di lavoro sussistenti con la prima azienda appaltatrice vengono a cessare e l’appaltatrice subentra nella gestione dei rapporti di lavoro se impiegati presso l’azienda cessante nei 240 giorni precedenti l’inizio della nuova gestione.

La principale problematica rappresentata da un impianto normativo retto dai contratti collettivi e' costituita dall'efficacia soggettivamente limitata di tale fonte. Le clausole che garantiscono ai lavoratori la continuità del rapporto di lavoro risultano opponibili all’impresa subentrante solo se anch’essa applica lo stesso contratto collettivo o altro contratto che contempli analogo obbligo.
Tale criticità risulta amplificata dal fatto che alcuni strumenti legali di tutela dei lavoratori risultano difficilmente estendibili alla successione degli appalti.
Basti pensare, al riguardo, quanto riportato dalla Circolare L/01 del 28 maggio 2001, con la quale il Ministero del lavoro ha escluso i licenziamenti comunicati a causa della cessazione di un appalto, qualunque sia il loro numero, dall’area di applicazione della disciplina dei licenziamenti colllettivi di cui alla legge n.223/1991ed ha affermato che gli stessi debbano essere considerrati come licenziamenti individuali plurimi per giustificato motivo oggettivo da assoggettare, quindi, alla disciplina della L. n. 604/1966. In tal modo, i lavoratori licenziati vengono automaticamente esclusi dalla possibile fruizione dell'indennita' di mobilita'.
Tale scelta viene giustificata dal Ministero attraverso l'assunto che la perdita di un appalto di servizi non può essere ricondotta alle situazioni tipiche di sospensione del lavoro o riduzione del personale per situazioni temporanee di mercato né ad ipotesi di ristrutturazione o crisi aziendale quanto, piuttosto, ad un turn over assolutamente “fisiologico”. In tale contesto il cambio di gestione nell’appalto viene disciplinato allo scopo principale di salvaguardare i livelli occupazionali mediante un impegno all’assunzione degli addetti al singolo appalto da parte dell’impresa subentrante mediante uno strumento contrattuale di tutela dell’occupazione.
Del resto il suddetto orientamento trova conferma nell'art.7, comma 4 bis, della L. n. 31/2008, il quale attribuisce espressamente ai contratti o agli accordi collettivi stipulati tra le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, il compito di perseguire, nei confronti dei lavoratori riassunti dall’azienda subentrante, il fine della piena occupazione e l’invarianza del trattamento economico complessivo dei lavoratori, nonche' l’acquisizione del personale già impiegato nel medesimo appalto, a seguito del subentro di un nuovo appaltatore.
In merito all’acquisizione del personale già impiegato nell'appalto a seguito di subentro di un nuovo appaltatore,va inoltre precisato che l'art. 29, comma 3 del D.Lgs. n. 276/2003 esclude la configurabilita' della fattispecie del trasferimento d'azienda. Ciò sta a significare che il passaggio del dipendente da una azienda all’altra in caso di cambio appalto può avvenire senza il riconoscimento al lavoratore dell’anzianità di servizio o della retribuzione e livello di inquadramento, salvo, ben inteso, che il contratto collettivo non disponga il contrario.
Del resto anche la giurisprudenza, negli anni, non si e' discostata dagli indirizzi normativi citati. Ad esempio la Corte di Cassazione, nel decidere su questioni attinenti i licenziamenti effettuati per cambio appalto o per mancate assunzioni da parte delle nuove società appaltatrici, con la sentenza n.12613 del 2007 ha affermato che, in caso di cessazione dell’appalto originario o per la scadenza del contratto, nonche' per la risoluzione anticipata dello stesso, la sussistenza per il lavoratore di un diritto all’assunzione diretta da parte dell’impresa subentrante, dipende dalla eventuale esplicita previsione della contrattazione collettiva inerente al cambio di appalto.
La Suprema Corte, in molteplici occasioni, ha peraltro osservato che la tutela prevista dai contratti collettivi non esclude ma si aggiunge a quella apprestata a favore del lavoratore nei confronti del datore di lavoro che ha intimato il licenziamento per il cambio appalto, non incidendo sul diritto del lavoratore di impugnare il licenziamento per ottenere il riconoscimento della continuità giuridica del rapporto originario. (Cass., sez. lav., sent. cit.; Cass., sez. lav., n. 4166/2006; v. anche Cass., sez. lav., n. 3337/1998; Cass., sez. lav., n. 15593/2002).
Quanto fin ora dedotto induce a riassumere che, da un lato, grazie alla riconduzione della cessazione del rapporto di lavoro al licenziamento individuale, si afferma per il lavoratore il diritto di impugnare il licenziamento per insussistenza del giustificato motivo oggettivo; dall’altro, si rafforza l’obbligo giuridico per l’azienda subentrante di assunzione diretta del lavoratore in base alle previsioni contenute nel contratto collettivo e la conseguente possibilità per il lavoratore, in caso di inottemperanza, di adire l’Autorità giudiziaria.

Va da ultimo osservato che, sebbene l’art. 29, comma 3, del D.Lgs. n. 276/2003 non ammetta la riconduzione del cambio appalto al trasferimento d’azienda o di un ramo di essa, ciò non esclude che, se in sede giudiziaria venisse accertato che, la successione dell'appalto avesse mascherato, nel concreto, un vero e proprio trasferimento di azienda, occorrerà applicare la relativa disciplina con riconoscimento, quindi, della continuità dei rapporti di lavoro tra impresa cedente e cessionaria.

Valerio Pollastrini

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