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giovedì 26 marzo 2015

Agricoli: quale contratto collettivo applicare per l’accesso alle agevolazioni

Nell’Interpello n.8 del 24 marzo 2015, il Ministero del Lavoro ha fornito i chiarimenti sollecitati dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro in merito ai requisiti previsti per all’accesso ai benefici contributivi nel settore agricolo.

In particolare, l’istante aveva richiesto il parere del Ministero in merito alla applicabilità dell’art.20, comma 2, del D.Lgs. n.375/1993, secondo il quale “le agevolazioni contributive previste dalla legge sono riconosciute ai datori di lavoro agricolo che applicano i contratti collettivi nazionali di categoria, ovvero i contratti collettivi territoriali ivi previsti”.

In sostanza, la questione è incentrata sulla disposizione dell’art.1, commi 1175 e 1176, della Legge n.296/2006, secondo il quale “a decorrere dal 1° luglio 2007 i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

Al riguardo, l’Ente interpellato, dopo aver ricordato che, con specifico riferimento al settore agricolo, i benefici riconosciuti dal D.Lgs. n.375/1993 sono subordinati alla applicazione dei “contratti collettivi nazionali di categoria, ovvero dei contratti collettivi territoriali ivi previsti”, ha precisato che, in relazione a tale disposizione non può tuttavia non incidere anche la successiva Legge n.296/2006.

Ciò che va evidenziato, infatti, è  l’individuazione, da parte della legge del 2006, di quali contratti collettivi applicare, ossia di quelli “stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”. Tale elemento, sebbene contenuto in una disposizione successiva a quella del 1993 e sebbene sia di carattere generale, appare di assoluto rilievo, dal momento che introduce nell’ordinamento il principio secondo cui solo i datori di lavoro che garantiscono quelle tutele minime previste dalla contrattazione collettiva in questione sono “meritevoli” di godere di benefici “normativi e contributivi”.

Ciò premesso e tenuto conto che già la legislazione del 1993 aveva introdotto, quale condizione necessaria per il godimento delle agevolazioni contributive ivi previste, il rispetto della contrattazione collettiva, il Ministero ha chiarito  che una valutazione complessiva del quadro ordinamentale impone di interpretare tale legislazione nel senso che detta contrattazione è quella promanante dalle organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Valerio Pollastrini

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