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venerdì 27 febbraio 2015

Omessa esibizione del parere favorevole del Comitato per i minori stranieri – Diniego del permesso di soggiorno per attesa di occupazione

Nella sentenza n.145 dell’11 febbraio 2015, il Tar dell’Emilia Romagna ha ritenuto illegittimo il mancato rilascio del permesso di soggiorno per attesa di occupazione opposto ad un cittadino extracomunitario per la omessa esibizione del parere favorevole del Comitato per i minori stranieri.

Nel caso di specie, la Questura di Modena aveva rigettato, per i motivi espressi poc’anzi, la richiesta del titolo di soggiorno in attesa di occupazione presentata da un cittadino albanese.

Nell’impugnare il provvedimento di rigetto, l’interessato aveva imputato alla Questura di averlo ritenuto indebitamente gravato di un adempimento procedimentale che, invece, avrebbe dovuto  essere espletato dalla stessa Amministrazione.

Investito della questione, il Tar emiliano ha ritenuto che, ai sensi dell’art.32, comma 1-bis, del D.Lgs. n.286/1998, il "permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, ai minori stranieri non accompagnati, affidati ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, ovvero sottoposti a tutela, previo parere positivo del Comitato per i minori stranieri di cui all’articolo 33 del presente testo unico ...".

Ciò ricordato, il Collegio ha precisato che, come rilevato dalla giurisprudenza, quella del pronunciamento del Comitato per i minori stranieri costituisce una fase endoprocedimentale facente capo all’Amministrazione procedente e non anche di formalità posta a carico dell’istante, sicché non spetta a quest’ultimo richiedere il relativo parere (1).

Di conseguenza, risulta  illegittimo il diniego fondato unicamente sulla mancata esibizione, in allegato alla domanda, del parere favorevole del Comitato suddetto.

Per tale ragione, il Tar ha concluso accogliendo il ricorso, fatte salve le ulteriori determinazioni dell’Amministrazione, chiamata ad acquisire il parere in questione e ad effettuare tutte le ulteriori verifiche necessarie.

Valerio Pollastrini

 
1)      - v. TAR Liguria, Sez. II, sentenza n.1441 del 15 novembre 2012;

Illegittimo il licenziamento per aver preso parte ad un corteo violento

Nella sentenza n.3535 del 23 febbraio 2015, la Corte di Cassazione ha precisato che la responsabilità disciplinare dei lavoratori richiede una condotta dolosa o colposa che non può essere ricavata nella partecipazione ad  un corteo  degenerato nel lancio di uova o di altri oggetti, mancando la prova che essi vi abbiano materialmente o moralmente preso parte o che, in qualche modo, essi abbiano preventivamente concordato con altri il ricorso ad una contestazione violenta.

Il caso di specie è scaturito dal licenziamento irrogato ad alcuni dipendenti che, durante una manifestazione a cui avevano  preso parte una cinquantina di lavoratori, si erano posti alla testa del corteo, mantenendo, a detta dell’impresa recedente,  un atteggiamento aggressivo ed intimidatorio, configuratosi nel lancio di oggetti sull'assemblea.

Nel corso del procedimento disciplinare che aveva preceduto il recesso, il datore di lavoro aveva inoltre contestato ai dipendenti di essere entrati in azienda al di fuori del regolare turno di lavoro, senza averne inoltrato la preventiva comunicazione al personale di sorveglianza.

Dopo che i primi due gradi di giudizio si erano conclusi con la declaratoria di illegittimità dei licenziamenti, l’azienda aveva proposto ricorso per Cassazione.

Investiti della questione, gli ermellini hanno sottolineato come la Corte di Appello, oltre a ritenere non sufficientemente individuati i comportamenti intimidatori contestati dall'azienda, avesse precisato l’irrilevanza, sul piano disciplinare, della partecipazione dei lavoratori  alla testa del corteo.

Confermando la validità delle considerazioni espresse dalla Corte del merito, la Cassazione ha conseguentemente concluso ribadendo l’illegittimità dei recessi.

Valerio Pollastrini

Edilizia: riduzione contributiva per il 2014

Lo scorso 16 febbraio, il Ministero del lavoro ha pubblicato sul proprio portale il Decreto del 5 dicembre 2014, con il quale, anche per l’anno passato, è stata  confermata la riduzione contributiva dell'11,50% in favore dei datori di lavoro del settore edile.

Sul punto, si ricorda che, con il Messaggio n.6534 dell’11 agosto 2014, l’Inps aveva comunicato che, nell’attesa del decreto suddetto, le aziende avrebbero potuto inoltrare l’istanza per l’accesso al beneficio in misura uguale a quella del 2013, trasmettendo il modello Rid-Edil, al fine di ottenere il codice autorizzazione “7N”.

La riduzione in commento deve essere calcolata sulle retribuzioni dei soli operai occupati con un contratto di lavoro di 40 ore settimanali.

Nello specifico, lo sgravio dell'11,50% si applica sui contributi destinati a finanziare le assicurazioni sociali diverse da quella pensionistica, ad eccezione della quota devoluta ai fondi  interprofessionali per la formazione continua (1).

In ogni caso, restano esclusi dall’incentivo tutti i lavoratori per i quali le aziende già usufruiscano di  altre agevolazioni contributive.

E’ importante sottolineare, infine, che, per avere diritto allo sgravio, i datori di lavoro devono:
-         essere in regola con le prescrizioni previste per il rilascio  del Durc;
-         non  aver riportato, nel quinquennio antecedente alla data di applicazione dell’agevolazione, condanne passate in giudicato per la violazione di norme sulla sicurezza;
-         rispettare le condizioni in ordine all'applicazione del trattamento economico normativo previsto dal Ccnl;
-         aver adempiuto alla denuncia dei lavoratori all'Istituto (2).

Valerio Pollastrini

1)      – di cui all’articolo 25, comma 4, della Legge n.845 del 21 dicembre 1978;
2)      – di cui all’art.6, commi da 9 a 13, del D.L. n.338/1989;

Per i Call Center in outbond rimane il contratto a progetto

Cresce la tensione sociale in merito ai primi provvedimenti attuativi del Jobs Act. L’ultima protesta è quella sollevata in questi giorni dall’Assocontact, l'associazione che rappresenta i contact center in outsourcing.

Il decreto legislativo che introdurrà il contratto a tutele crescenti ha previsto, infatti, che l'abolizione dei rapporti a progetto, disposta per il 1° gennaio 2016, non riguarderà  le collaborazioni regolamentate dagli accordi collettivi, come quello per gli operatori dei call-center impiegati in attività “outbound”, siglato il 1° agosto 2013.

Nello specifico, l’accordo predetto riguarda tutti quei lavoratori adibiti alle telefonate per la vendita di beni o servizi, i quali, a differenza di quelli, c.d. “inbound”, preposti a raccogliere le sole chiamate in entrata, sono inquadrati con contratti a progetto.

In sostanza,  il Jobs Act, salvaguardando le collaborazioni a progetto degli operatori in “outbound”, di fatto, annulla per questa categoria di lavoratori la speranze di un migliore inquadramento.

Valerio Pollastrini

730 precompilato: novità sulla data di presentazione

Entro il prossimo 15 aprile, circa 20 milioni di italiani riceveranno il modello 730 precompilato.

Recependo le indicazioni del Garante della Privacy, poste a tutela dei dati personali, dalle Entrate arriva la precisazione che i contribuenti interessati  potranno rispedire la dichiarazione all’Agenzia a partire dal 1° maggio.

Dalla data suddetta, pertanto, gli utenti potranno inviare telematicamente la dichiarazione accettata, modificata o integrata ed entro i cinque giorni successivi all’inoltro riceveranno una ricevuta nella quale sarà riportato il numero di protocollo telematico del file inviato.

I risultati contabili delle dichiarazioni, necessari per il riconoscimento di eventuali rimborsi o  trattenute da operarsi direttamente in busta paga o nella rata di pensione, verranno poi trasmessi ai sostituti d’imposta dall’Agenzia delle Entrate.

Tuttavia, per la presentazione del 730 precompilato ci sarà tempo fino  al 7 luglio, sia nel caso di accesso diretto da parte del contribuente,  sia nel caso in cui, invece, questi abbia scelto di avvalersi dell’intermediazione del sostituto d’imposta, di un Caf o di un intermediario abilitato.

Nella Nota, inoltre, l’Agenzia ha ricordato che, per il primo anno di sperimentazione,  il 730 precompilato verrà predisposto per i soli contribuenti che hanno percepito nel 2014 redditi di lavoro dipendente e assimilati e che, per l'anno d'imposta 2013, abbiano presentato il 730 o Unico persone fisiche.

Pertanto, saranno esclusi dalla precompilata i contribuenti che, anche per un solo giorno, siano stati titolari di partita Iva (fatta eccezione per i produttori agricoli in regime di esonero), nonché i minorenni, le persone legalmente incapaci e quelle decedute.

Parimenti esclusi, infine, coloro che nell'anno d'imposta precedente abbiano presentato dichiarazioni correttive o integrative per le quali non si è ancora concluso il controllo di liquidazione automatizzata da parte del fisco.

Valerio Pollastrini

Il tempo tuta va retribuito

Nella sentenza del 20 febbraio 2015, il Tribunale di Vasto ha ribadito che il tempo necessario ai dipendenti per indossare, prima dell’inizio della prestazione, e dismettere, una volta terminata la stessa, la tuta da lavoro deve essere retribuito.

Nella pronuncia in commento, il giudice ha confermato, in sostanza, quando più volte dichiarato dalla Cassazione a proposito del c.d. “tempo tuta”. Da ultimo, infatti, nella sentenza n.2837/2014, la Suprema Corte ha precisato che l’art.3 del R.D.L. n.692 del 5 marzo 1923, nel considerare prestazione lavorativa ogni attività che richieda un’occupazione assidua ed effettiva, non preclude che il tempo impiegato per indossare la divisa sia da considerarsi all’interno dell’orario ordinario, con conseguente diritto dei dipendenti a percepire il compenso per queste fasi preliminari e successive alla prestazione vera e propria (1).

Valerio Pollastrini


1)      – in senso conforme, Cass., Sentenza n.3763 del 14 aprile 1998; Cass., Sentenza n.15734 del 21 ottobre 2003; Cass., Sentenza n.19273 dell’8 settembre 2006; Cass., Sentenza n.19358 del 10 settembre 2010; Cass., Sentenza n.9215 del 7 giugno 2012;

TFR in busta paga: opzione possibile dal 1° marzo

Come è noto, la Legge di Stabilità 2015 (1) ha introdotto, in via sperimentale, la possibilità per i lavoratori subordinati di richiedere, nel periodo intercorrente tra il prossimo 1° marzo ed il 30 giugno 2018, la liquidazione in busta paga delle quote del Tfr maturate mensilmente.

I lavoratori ammessi all’opzione sono solamente quelli alle dipendenze di aziende private, ad esclusione di colf, badanti ed agricoli, assunti presso le stesse da almeno sei mesi. Sono esclusi, inoltre, i dipendenti delle aziende in crisi o sottoposte a procedure concorsuali.

Per poter ricevere il Tfr in busta, i lavoratori dovranno inoltrare una preventiva istanza all’azienda, che, prima di iniziare l’erogazione dell’emolumento,  dovrà poi  essere autorizzata dall’Inps.

E’ importante sottolineare come, una volta approvata l’anticipazione del Tfr in quote mensili, il lavoratore non potrà più revocare la scelta fino al 30 giugno 2018. Quello appena richiamato non è l’unico inconveniente dell’opzione, dal momento che, se esercitata, la stessa potrebbe risultare non conveniente, stante il regime di tassazione adottato dal Governo. A differenza di quanto avviene abitualmente per l’importo del Tfr liquidato secondo le ordinarie modalità, le somme corrisposte in quote mensili saranno assoggettate, infatti, alla tassazione ordinaria e non a quella separata, certamente più conveniente. Bisogna poi considerare che l’aumento dello stipendio potrebbe ridurre le sia le detrazioni per i figli a carico che gli assegni per il nucleo familiare.

Si tratta di inconvenienti che, tuttavia, non si esauriscono in quelli appena riepilogati. Ad essi, infatti, va aggiunto che, in caso di liquidazione in ratei mensili, anche la quota di Tfr sarà soggetta alle addizionali comunali e regionali Irpef.

Da ultimo, occorre precisare che il Tfr in busta sarà escluso dalla base di calcolo per la determinazione del c.d. Bonus Renzi di 80 euro.

Valerio Pollastrini


1)      - Legge n.190/2014;

Operai agricoli: i contributi per il 2015

Nella Circolare n.49 dello scorso 26 febbraio, l’Inps ha reso note le aliquote contributive  che, per l’anno 2015, dovranno essere applicate alle aziende agricole per gli operai a tempo determinato e a tempo indeterminato.

Contributi per la generalità delle aziende agricole
L’Istituto ha ricordato come, l’articolo 3, comma 1, del D.Lgs. n.146/1997 abbia previsto che – a partire dal 1° gennaio 1998 – le aliquote contributive dovute al FPLD dai datori di lavoro agricolo, che impiegano operai a tempo indeterminato e a tempo determinato ed assimilati, siano elevate – annualmente – della misura di 0,20 punti percentuali a carico del datore di lavoro, sino al raggiungimento dell'aliquota complessiva del 32 per cento a cui si deve aggiungere l’incremento di 0,30 punti percentuali introdotto dall’articolo 1, comma 769, della Legge n.296 del 27 dicembre 2006.

Nella nota, l’Inps ha precisato che, ad oggi, risulta completato l’adeguamento dell’aliquota contributiva a carico del lavoratore, avendo la stessa già raggiunto la misura piena.

Per l’anno 2015, pertanto, nel settore ad oggetto l’aliquota contributiva  è fissata nella misura complessiva del 28,30%, di cui 8,84% a carico del lavoratore.

Contributi per le aziende agricole con processi produttivi di tipo industriale
La Circolare in commento ha ricordato come, nel 2011, l’aliquota contributiva dovuta dalle aziende singole o associate di trasformazione o manipolazione di prodotti agricoli zootecnici e di lavorazione di prodotti alimentari con processi produttivi di tipo industriale abbia raggiunto il limite complessivo del 32%, di cui alla Legge n.335/1995, a cui, l’art.1, comma 769 della Legge n.296/2006 ha aggiunto l’aumento di 0,30 punti percentuali.

Conseguentemente, anche per l’anno 2015, l’aliquota contributiva di tale settore resta fissata nella misura del 32,30%, di cui 8,84% a carico del lavoratore.

Contributi Inail dal 1° gennaio 2015 per gli operai agricoli dipendenti
Nessuna variazione, invece, sulle aliquote Inail. Conseguentemente, in base a quanto disposto dall’art.28, terzo comma, del D.Lgs. n.38 del 23 febbraio 2000, a decorrere dal 1° gennaio 2001, i contributi per l’assistenza infortuni sul lavoro sono fissati nelle seguenti misure:

Contribuzione
Misura
Assistenza infortuni sul lavoro
10,1250
Addizionale infortuni sul lavoro
3,1185

Agevolazioni per zone tariffarie nel settore agricolo anno 2015
Anche per le agevolazioni di cui trattasi non si registrano novità e, pertanto, risultano confermati e seguenti valori: 

Territori
Misura agevolazione D.L.
Dovuto
Non svantaggiati (ex fiscalizzato nord)
-          
100%
Montani
75%
25%
Svantaggiati
68%
32%

Sul punto, l’Inps ha  osservato che l’agevolazione non trova applicazione sul contributo previsto dall’art.25, comma 4, della Legge n.845 del 21 dicembre 1978,  versato dai datori di lavoro unitamente alla contribuzione a copertura dell’Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI).

Valerio Pollastrini

La corretta qualificazione del rapporto prescinde dalle mansioni

Nella sentenza n.1178 del 22 gennaio 2015, la Corte di Cassazione ha ribadito che, ai fini della corretta qualificazione del rapporto di lavoro, l’espletamento di mansioni svolte in precedenza da un dipendente, di per sé, non è sufficiente ad attestare il carattere della subordinazione.

Nel caso di specie, un addetto alle vendite, inquadrato con un contratto di agenzia, aveva convenuto in giudizio l’azienda, chiedendo al giudice di accertare la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato.

Il Tribunale di Napoli aveva accolto la domanda del ricorrente, poiché, dalle prove testimoniali, aveva accertato che l’incarico reso dal ricorrente era stato precedentemente affidato ad altra persona, inquadrata come dipendente.

Successivamente, la Corte di Appello del capoluogo campano aveva riformato la decisione del  primo grado, ritenendo che il Tribunale avesse errato nel fondare la propria decisione sulla circostanza, di per sé giuridicamente irrilevante, della corrispondenza tra le mansioni svolte dall’agente e quelle precedentemente rese da altro lavoratore inquadrato con contratto subordinato.

La validità dell’impianto motivazionale fornito dal giudice dell’appello è stata pienamente confermata dalla Cassazione, che, investita della questione, ha ribadito l’insufficienza, ai fini dell'accertamento della subordinazione, delle deposizioni con le quali i testimoni avevano affermato che le mansioni del ricorrente fossero identiche a quelle del dipendente che lo aveva preceduto in quel ruolo.

Valerio Pollastrini

mercoledì 25 febbraio 2015

Le nuove indennità di disoccupazione Naspi, Dis-Coll e Asdi

Come è noto, lo scorso 20 febbraio il Consiglio dei Ministri ha approvato, tra l’altro, il testo definitivo dello “schema di decreto legislativo recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati.

Con il provvedimento in commento, in sostanza, il Governo ha introdotto tre nuovi strumenti di sostegno del reddito in favore dei lavoratori che perdano l’impiego.

Si tratta, nello specifico, della Naspi, della Dis-Coll e dell’Asdi.

Nell’attesa della imminente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, si riepiloga quanto contenuto nelle disposizioni del decreto.

NASPI
La “Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego”, in sostituzione dell’Aspi e della Mini-Aspi, entrerà in vigore il  1° maggio 2015 ed è rivolta a tutti i lavoratori subordinati, ad eccezione di quelli assunti a tempo indeterminato nelle Pubbliche Amministrazioni e degli operai agricoli (OTD e OTI).

Come detto, la nuova prestazione sarà applicabile per gli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1° maggio 2015 e potranno accedervi i lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione, in possesso di tutti i seguenti requisiti:
-         si trovino in stato di disoccupazione;
-         vantino, nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, almeno 13 settimane di contribuzione;
-         nei 12 mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione, abbiano svolto almeno 30 giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal raggiungimento del minimale contributivo.

E’ importante sottolineare che la Naspi verrà riconosciuta anche ai lavoratori che rassegnino le dimissioni per giusta causa e che risolvano il rapporto consensualmente.

L’indennità consiste in un assegno  rapportato alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi 4 anni, divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per il coefficiente 4,33.

Nel caso in cui l’importo così calcolato risulti  pari o inferiore a 1.195,00 €, la misura dell’indennità sarà  equivalente al 75% della retribuzione mensile.

In caso contrario, l’importo sarà pari al 75%, incrementato del  25% della differenza tra la retribuzione mensile e il predetto importo.

In ogni caso, la Naspi non potrà superare la quota mensile di 1.300,00 €.

In relazione alla misura dell’emolumento, il legislatore ha previsto che, al protrarsi dello stato di disoccupazione, l’importo dell’indennità subirà ogni mese,  a decorrere dal primo giorno del quarto mese di fruizione, una riduzione del 3%.

Per quanto riguarda la durata del trattamento, i beneficiari della Naspi riceveranno un assegno mensile per un numero di settimane pari alla metà di quelle nelle quali, negli ultimi 4 anni, sia stata versata la contribuzione. Tuttavia, per gli eventi di disoccupazione verificatisi successivamente al 1° gennaio 2017, l’emolumento verrà corrisposto per un massimo di 78 settimane.

L’accesso all’indennità è subordinato  alla presentazione della relativa domanda, che dovrà essere inoltrata all’Inps, esclusivamente in via telematica, entro il termine di decadenza di 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Il diritto alla Naspi  decorre dall’ottavo giorno successivo a quello di cessazione del rapporto di lavoro, oppure dal primo giorno successivo alla data di presentazione della domanda, se presentata dopo il nono giorno.

Va precisato, inoltre, che coloro che avranno accesso all’indennità saranno obbligati a rispettare, pena la decadenza, la regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa, nonché ai percorsi di riqualificazione professionale.

In alcune circostanze, la Naspi potrà essere interamente liquidata in un’unica soluzione. Ciò, nello specifico, sarà possibile, rispettivamente, in caso di avvio, da parte del dipendente, di un’attività lavorativa autonoma, o di un’impresa individuale, nonché per la  sottoscrizione di una quota di capitale sociale di una cooperativa in cui il rapporto mutualistico abbia ad oggetto la prestazione di attività lavorative da parte del socio. I soggetti interessati dovranno presentare telematicamente la domanda di anticipazione all’Inps, entro 30 giorni dalla data di inizio dell'attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o dalla data di sottoscrizione di una quota di capitale sociale della cooperativa.

Ai beneficiari della Naspi sarà consentito l’eventuale cumulo dell’indennità con lo svolgimento di un’attività di lavoro subordinato,  a patto che il reddito da essa derivante  non superi la soglia di 8.000,00 € esente da imposizione fiscale, salvo il caso in cui la durata del rapporto non sia superiore a sei mesi. In quest’ultima ipotesi, infatti, la prestazione verrà sospesa d’ufficio per la durata del rapporto di lavoro.

In caso di cumulo del trattamento di disoccupazione con  un rapporto di lavoro subordinato il cui reddito annuale risulti inferiore a quello minimo escluso da imposizione,  l’importo della Naspi sarà ridotto dell’80%,  a condizione che il soggetto beneficiario comunichi all'Inps, entro trenta giorni dall'inizio dell'attività, il reddito annuo previsto e che il nuovo datore di lavoro non coincide con quello presso il quale prestava la propria attività nel momento di cessazione  del rapporto da cui è scaturito il diritto all’indennità.

Da ultimo, occorre segnalare che, nei casi seguenti, i fruitori della Naspi decadranno dal diritto alla corresponsione dell’indennità:
-         perdita dello stato di disoccupazione;
-         omessa comunicazione all’Inps dell’inizio di attività lavorativa subordinata;
-         raggiungimento dei requisiti per le pensioni di vecchiaia o anticipata;
-         acquisizione del diritto all’assegno ordinario di invalidità. In tal caso, tuttavia, il lavoratore  potrà optare per la Naspi.

DIS-COLL
L’Indennità di Disoccupazione per i Lavoratori con rapporto di Collaborazione Coordinata è riservata ai cosiddetti “co.co.co.” e “co.co.pro.”, ad eccezione degli amministratori e dei sindacati, iscritti in via esclusiva alla Gestione Separata, non pensionati e privi di Partita IVA, che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione.

La vigenza della Dis-Coll sarà limitata al solo 2015, in quanto, stando alle intenzioni del legislatore, i contratti di collaborazione verranno soppressi a partire dal prossimo anno.

L’accesso a questa indennità è riservato esclusivamente ai soggetti in possesso di tutti i seguenti requisiti:
-         stato di disoccupazione al momento della domanda di presentazione;
-         possesso di almeno tre mesi di contribuzione nel periodo intercorrente tra il 1° gennaio dell’anno solare precedente a quello di cessazione dal lavoro;
-         possesso, nell’anno solare in cui si verifica la cessazione dal lavoro, di un mese di contribuzione oppure un rapporto di collaborazione di durata pari almeno ad un mese e che abbia dato luogo a un reddito pari, almeno, alla metà dell’importo necessario per l’accredito di un mese di contribuzione.

L’importo della Dis-Coll è rapportato all’imponibile previdenziale risultante dai versamenti contributivi effettuati, relativo all’anno in cui si è verificata la cessazione dal lavoro e all’anno solare precedente, diviso per il numero di mesi di contribuzione, o frazione di essi.

Tuttavia, qualora l’importo dell’indennità risulti pari o inferiore a 1.195,00 €, la prestazione sarà concessa nella misura del 75% della retribuzione mensile. In caso contrario, l’importo sarà pari al 75% incrementato di una somma pari al 25% della differenza tra la retribuzione mensile e il predetto importo. L’emolumento, comunque, non potrà superare l’importo mensile di 1.300,00 €.

La prestazione in commento verrà corrisposta per un numero di mensilità pari alla metà dei mesi di contribuzione accreditati nel periodo compreso tra il 1° gennaio dell’anno solare precedente alla cessazione del lavoro al predetto evento. In ogni caso, però, la durata della Dis-Coll non potrà superare i sei mesi.

I soggetti in possesso di tutti i requisiti previsti, dovranno presentare all’Inps, in via telematica,  la domanda di Dis-Coll, entro il termine di decadenza di 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Il diritto all’indennità decorre dall’ottavo giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro o, qualora la domanda sia presentata successivamente a tale data, dal primo giorno successivo a quello di presentazione dell’istanza.

Va precisato, inoltre, che l’erogazione della Dis-Coll risulta condizionata:
-         allo stato di disoccupazione;
-         alla regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa ed  ai percorsi di riqualificazione professionale.

I fruitori della Dis-Coll decadranno dal diritto alla corresponsione della prestazione in caso di nuova occupazione con contratto di lavoro subordinato di durata superiore a 5 giorni. Al verificarsi di questa ipotesi, il trattamento di disoccupazione verrà sospeso d'ufficio.

Anche in questo caso, l’indennità è cumulabile con una nuova attività di lavoro autonomo o di impresa individuale dalla quale derivi un reddito inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione. In questo caso, entro 30 giorni dall'inizio dell'attività, bisognerà comunicare all'Inps la stima del reddito annuo derivante dalla stessa. L’omessa comunicazione, determinerà la decadenza dell Dis-Coll a partire dalla data di inizio dell’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale.

Nelle suddette ipotesi di cumulo, il trattamento di disoccupazione verrà ridotto nella misura pari all'80% del reddito previsto, rapportato al periodo di tempo intercorrente tra la data di inizio dell'attività e quella di  scadenza del periodo di godimento dell’indennità o, se antecedente, la fine dell'anno.

ASDI
In via sperimentale, a decorrere dal 1° maggio 2015, verrà introdotto uno speciale assegno di disoccupazione finalizzato a sostenere il reddito dei lavoratori che, al termine della fruizione della Naspi, non siano riusciti a trovare un’occupazione e si trovino in una condizione economica di bisogno.

Tuttavia, almeno nel primo anno,  l’assegno di disoccupazione verrà riconosciuto prioritariamente  agli appartenenti a nuclei familiari in cui vi sia la presenza di minorenni ed ai lavoratori prossimi al pensionamento che non abbiano maturato i requisiti per i trattamenti di quiescenza.

I beneficiari dell’Asdi riceveranno, per una durata massima di sei mesi, una prestazione mensile pari al 75% dell’ultima indennità Naspi percepita. In ogni caso, la misura dell’emolumento non potrà superare  l’ammontare dell’assegno sociale.

Inoltre, la corresponsione dell’assegno di disoccupazione è condizionata all’adesione ad un progetto personalizzato redatto dai servizi per l’impiego, contenente specifici impegni in termini di ricerca attiva di lavoro, disponibilità a partecipare ad iniziative di orientamento e formazione, accettazione di adeguate proposte di lavoro.

Da ultimo, bisogna sottolineare come il legislatore abbia demandato al Ministero del Lavoro la predisposizione della completa definizione della regolamentazione dell’Asdi entro 90 giorni dall’entrata in vigore del  decreto legislativo in commento.  

In particolare, il Ministero del lavoro, di concerto con il Mef, dovrà definire:
-          la situazione economica del nucleo familiare in termini di ISEE, che identifica la condizione di bisogno per accedere all’assegno di disoccupazione;
-         i criteri di priorità nell’accesso in caso di risorse insufficienti;
-         gli incrementi dell’ASDI per carichi familiari del lavoratore, comunque nel limite di un importo massimo;
-         i limiti ed i criteri di cumulabilità dei redditi da lavoro conseguiti nel periodo di fruizione dell’ASDI;
-         i flussi informativi tra i servizi per l’impiego e l’INPS volti ad alimentare il sistema informativo dei servizi sociali, di cui all’articolo 21 della Legge 8 novembre 2000, n. 328;
-         il sistema dei controlli posto in essere per evitare la fruizione illegittima della prestazione;
-         le modalità specifiche di erogazione della prestazione attraverso l’utilizzo di uno strumento di pagamento elettronico.

Valerio Pollastrini

Conciliazione tra lavoro e vita privata: il testo integrale dello schema di decreto legislativo

Si riporta il testo integrale dello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 20 febbraio, recante disposizioni in materia di maternità, congedi parentali e conciliazione tra vita professionale e vita privata.


Schema di decreto legislativo recante attuazione dell’articolo 1, commi 8 e 9 della Legge n.183 del 10 dicembre 2014, recante deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, vita e di lavoro

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

VISTI gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;
VISTA la legge 10 dicembre 2014, n. 183, recante “Deleghe al Governo in materia di
riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro”;
VISTO in particolare l’articolo 1, commi 8 e 9, della citata legge n. 183 del 2014 che conferisce delega al Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la revisione e l’aggiornamento delle misure volte a tutelare la maternità e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;
VISTO il decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 recante “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53”;
VISTO il decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119 recante “Attuazione dell'articolo 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi”;
VISTA la legge 8 marzo 2000, n. 53 recante “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”;
VISTA la legge 5 febbraio 1992, n. 104 recante “Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”;
VISTO il decreto legge 14 agosto 2013, n. 93, recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province” convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119;
VISTA la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione
del ………….. ;
ACQUISITI i pareri delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
VISTA la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del ……;
SU PROPOSTA del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro del lavoro e
delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con
il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione; 

Emana il seguente decreto legislativo:

Art.1 - Oggetto e finalità
1. Le disposizioni del presente decreto legislativo, in attuazione dell’articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183, recano misure sperimentali volte a tutelare la maternità delle lavoratrici e a favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori.

Art.2 - Modifiche all’articolo 16 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di divieto di adibire al lavoro le donne
1. Al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all’articolo 16, comma 1, la lettera d) è sostituita dalla seguente: “d) durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi di cui alle lettere a) e c) superi il limite complessivo di cinque mesi.”.
b) dopo l’articolo 16 è inserito il seguente:
“Art. 16-bis (Rinvio e sospensione del congedo di maternità).
1. In caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre ha diritto di chiedere la sospensione del congedo di maternità per il periodo di cui all’articolo 16, comma 1, lettere c) e d), e di godere del congedo, in tutto o in parte, dalla data di dimissione del bambino.
2. Il diritto di cui al comma 1 può essere esercitato una sola volta per ogni figlio ed è subordinato alla produzione di attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell’attività lavorativa.”.

Art.3 - Modifiche all’articolo 24 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di prolungamento del diritto alla corresponsione del trattamento economico
1. All’articolo 24 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, il comma 1 è sostituito dal seguente: “1. L'indennità di maternità è corrisposta anche nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro previsti dall'articolo 54, comma 3, lettere a), b) e c), che si verifichino durante i periodi di congedo di maternità previsti dagli articoli 16 e 17”.

Art.4 - Modifiche all’articolo 26 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di congedo di maternità nei casi di adozione e affidamento
1. All’articolo 26 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dopo il comma 6 è inserito il seguente: “6-bis. La disposizione di cui all’articolo 16-bis trova applicazione anche al congedo di maternità disciplinato dal presente articolo.”.

Art.5 - Modifiche all’articolo 28 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di congedo di paternità
1. All’articolo 28 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modifiche:
a) dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti: “1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1, si applicano anche qualora la madre sia lavoratrice autonoma avente diritto all’indennità di cui all’articolo 66”.
1-ter. L’indennità di cui all’articolo 66 spetta al padre lavoratore autonomo, previa domanda all’INPS, per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre”;
b) il comma 2 è sostituito dal seguente: “2. Il padre lavoratore che intende avvalersi del diritto di cui ai commi 1 e 1-bis presenta al datore di lavoro la certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono, il padre lavoratore ne rende
dichiarazione ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. L’INPS provvede d’ufficio agli accertamenti amministrativi necessari all’erogazione dell’indennità di cui al comma 1-ter.”.

Art.6 - Modifiche all’articolo 31 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di congedo di paternità nei casi di adozione e affidamento
1. All’articolo 31 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, il comma 2 è sostituito dal seguente: “2. Il congedo di cui all’articolo 26, comma 4, spetta, alle medesime condizioni, al lavoratore anche qualora la madre non sia lavoratrice. L’ente autorizzato che ha ricevuto l’incarico di curare la procedura di adozione certifica la durata del periodo di permanenza all’estero del lavoratore.”.

Art.7 - Modifiche all’articolo 32 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di congedo parentale
1. All’articolo 32 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 1 le parole “nei primi suoi otto anni di vita” sono sostituite dalle seguenti: “nei primi suoi dodici anni di vita”;
b) dopo il comma 1-bis è inserito il seguente comma: “1-ter. In caso di mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, delle modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria, ciascun genitore può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. La fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. È esclusa la cumulabilità della fruizione oraria del congedo parentale con permessi o riposi di cui al presente decreto legislativo.”;
c) il comma 3 è sostituito dal seguente: “3. Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al comma 1, il genitore è tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi e, comunque, con un termine di preavviso non inferiore a cinque giorni indicando l'inizio e la fine del periodo di congedo. Il termine di preavviso è pari a 2 giorni nel caso di congedo parentale su base oraria.”.

Art.8 - Modifiche all’articolo 33 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di prolungamento del congedo parentale
1. All’articolo 33, comma 1, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, le parole:
“entro il compimento dell’ottavo anno di vita del bambino” sono sostituite dalle seguenti: “entro il compimento del dodicesimo anno di vita del bambino”;

Art.9 - Modifiche all’articolo 34 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di trattamento economico e normativo
1. All’articolo 34 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 1, le parole “fino al terzo anno” sono sostituite dalle seguenti: “fino al sesto anno”;
b) il comma 3 è abrogato.

Art.10 - Modifiche all’articolo 36 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di congedo parentale nei casi di adozione e affidamento
1. All’articolo 36 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 2 le parole ”entro otto anni dall’ingresso del minore in famiglia” sono sostituite dalle seguenti: “entro dodici anni dall’ingresso del minore in famiglia”
b) il comma 3 è sostituito dal seguente: “3. L'indennità di cui all'articolo 34, comma 1, è dovuta, per il periodo massimo complessivo ivi previsto, entro i sei anni dall'ingresso del minore in famiglia.”.

Art.11 - Modifiche all’articolo 53 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di lavoro notturno
1. All’articolo 53, comma 2, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dopo la lettera b), è inserita la seguente: “b-bis) la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi tre anni dall’ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il dodicesimo anno di età o, in alternativa ed alle stesse condizioni, il lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la stessa;”.

Art.12 - Modifiche all’articolo 55 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia dimissioni
1. All’articolo 55 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modifiche:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente: “1. In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto, a norma dell'articolo 54, il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento. La lavoratrice e il lavoratore che si dimettono nel predetto periodo non sono tenuti al preavviso”;
b) il comma 5 è abrogato.

Art.13 -Modifiche all’articolo 64 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335
1 Dopo l’articolo 64 sono inseriti i seguenti:
“Art. 64-bis (Adozioni e affidamenti). 1. In caso di adozione, nazionale o internazionale, alle lavoratrici di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non iscritte ad altre forme obbligatorie, spetta, sulla base di idonea documentazione, un’indennità per i cinque mesi successivi all’effettivo ingresso del minore in famiglia, alle condizioni e secondo le modalità di cui all’apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Art. 64-ter (Automaticità delle prestazioni) 1. I lavoratori e le lavoratrici iscritte alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non iscritte ad altre forme obbligatorie, hanno diritto all’indennità di maternità anche in caso di mancato versamento alla Gestione dei relativi contributi previdenziali da parte del committente.”.

Art.14 - Modifica del Capo XI del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151
1. La rubrica del Capo XI è sostituita dalla seguente: “Lavoratori autonomi”.

Art.15 - Modifiche all’articolo 66 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di indennità di maternità per le lavoratrici autonome e le imprenditrici agricole
1. All’articolo 66 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dopo il comma 1, è inserito il seguente: “1-bis. L’indennità di cui al comma 1 spetta al padre lavoratore autonomo, per il periodo in cui sarebbe spettata alla madre lavoratrice autonoma o per la parte residua, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.”.

Art.16 - Modifiche all’articolo 67 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di modalità di erogazione dell’indennità di maternità per le lavoratrici autonome e le imprenditrici agricole
1. All’articolo 67 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modifiche:
a) dopo il comma 1 è inserito il seguente: “1-bis. L’indennità di cui all’articolo 66, comma 1-bis, è erogata previa domanda all’INPS, corredata dalla certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono il padre lavoratore autonomo ne rende dichiarazione ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.”;
b) il comma 2 è sostituito dal seguente: “2. In caso di adozione o di affidamento, l’indennità di maternità di cui all’articolo 66 spetta, sulla base di idonea documentazione, per i periodi e secondo quanto previsto all’articolo 26.”.

Art.17 - Modifica del Capo XII del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151
1. La rubrica del Capo XII è sostituita dalla seguente: “Liberi professionisti”.

Art.18 - Modifiche all’articolo 70 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di indennità di maternità per le libere professioniste
1. All’articolo 70 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dopo il comma 3-bis è aggiunto il seguente: “3-ter. L’indennità di cui al comma 1 spetta al padre libero professionista per il periodo in cui sarebbe spettata alla madre libera professionista o per la parte residua, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.”.

Art.19 - Modifiche all’articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di termini e modalità della domanda per l’indennità di maternità per le libere professioniste
1. All’articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dopo il comma 3 è inserito il seguente: “3-bis. L’indennità di cui all’articolo 70, comma 3-ter è erogata previa domanda al competente ente previdenziale, corredata dalla certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono il padre libero professionista ne rende dichiarazione ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.”.

Art.20 - Modifiche all’articolo 72 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di indennità di maternità per le libere professioniste nei casi di adozione e affidamento
1. All’articolo 72 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modifiche:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente: “1. In caso di adozione o di affidamento, l’indennità di maternità di cui all’articolo 70 spetta, sulla base di idonea documentazione, per i periodi e secondo quanto previsto all’articolo 26.”;
b) il comma 2 è sostituito dal seguente: “2. La domanda deve essere presentata dalla madre al competente ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza in favore dei liberi professionisti entro il termine perentorio di centottanta giorni dall'ingresso del minore e deve essere corredata da idonee dichiarazioni, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestanti l'inesistenza del diritto a indennità di maternità per qualsiasi altro titolo e la data di effettivo ingresso del minore nella famiglia.”.

Art.21 - Modifiche all’articolo 85 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 recante disposizioni in vigore
1.All’articolo 85 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 1 sono abrogate le lettere m) e z).
b) al comma 2, la lettera h) è sostituita dalla seguente: “h) il decreto del Ministro della sanità 10 settembre 1998”.

Art.22 - Disposizioni in materia di telelavoro
1. I datori di lavoro privati che facciano ricorso all’istituto del telelavoro per motivi legati ad esigenze di cure parentali in forza di accordi collettivi, beneficiano dell’esclusione dei lavoratori ammessi al telelavoro dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l'applicazione di particolari normative e istituti.

Art.23 - Congedo per le donne vittime di violenza di genere
1. La dipendente di datore di lavoro pubblico o privato imprenditore, inserita nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, debitamente certificati dai servizi sociali del Comune di residenza o dai Centri antiviolenza o dalle Case rifugio di cui all’articolo 5-bis decreto legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, ha il diritto di astenersi dal lavoro per motivi connessi al suddetto percorso di protezione per un periodo massimo di tre mesi.
2. Le collaboratrici a progetto, inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, debitamente certificati dai servizi sociali del Comune di residenza o dai Centri antiviolenza o dalle Case rifugio di cui all’articolo 5-bis, del decreto legge 14 agosto 2013, n. 93, hanno diritto alla sospensione del rapporto contrattuale per motivi connessi allo svolgimento del percorso di protezione, per il periodo corrispondente all’astensione, la cui durata non può essere superiore a tre mesi.
3. Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al presente articolo, la lavoratrice, salvo casi di oggettiva impossibilità, è tenuta a preavvisare il datore di lavoro con un termine di preavviso non inferiore a sette giorni, con l'indicazione dell'inizio e della fine del periodo di congedo e a produrre idonea certificazione.
4. Durante il periodo di congedo di cui al comma 1 è dovuta l’intera retribuzione Tale periodo è computato ai fini dell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, nonché ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto.
5. Il congedo di cui al comma 1 può essere usufruito su base oraria o giornaliera nell’arco temporale di tre anni secondo quanto previsto da successivi accordi collettivi nazionali. In caso di mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, delle modalità di fruizione del congedo, la dipendente può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. La fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo.
6. La lavoratrice di cui al comma 1 ha diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale, verticale od orizzontale. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere nuovamente trasformato, a richiesta della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno.
7. Restano in ogni caso salve disposizioni più favorevoli previste dalla contrattazione collettiva.

Art.24 - Destinazione di risorse alle misure di conciliazione tra vita professionale e vita privata
1. In via sperimentale, per il triennio 2016-2018, una quota pari al 10% del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello”, di cui al capitolo 4330 dello stato di previsione della spesa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, missione 25 “Politiche previdenziali”, programma 25.3 “Previdenza obbligatoria e complementare, assicurazioni sociali”, è destinata alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata, secondo i criteri indicati al comma 2.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono definiti criteri e modalità per l’utilizzo delle risorse di cui al comma 1. Il medesimo decreto definisce ulteriori azioni e modalità di intervento in materia di conciliazione tra vita professionale e vita privata, anche attraverso l’adozione di linee guida e modelli finalizzati a favorire la stipula di contratti collettivi aziendali.
3. All’elaborazione delle linee guida ed al coordinamento delle connesse attività di monitoraggio degli interventi di cui al comma 2 provvede una cabina di regia di cui fanno parte tre rappresentanti designati dal Presidente del Consiglio dei Ministri o da un Ministro delegato per le politiche della famiglia, per le pari opportunità, per la semplificazione e la pubblica amministrazione, da un rappresentante designato dal Ministro dell’economia e delle finanze, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali che lo presiede.

Art.25 - Disposizioni finanziare
1. Le disposizioni del presente decreto, con esclusione dell’articolo 24, si applicano in via sperimentale per il solo anno 2015 e per le sole giornate di astensione riconosciute nell’anno 2015 medesimo.
2. L’eventuale riconoscimento dei benefici ad anni successivi al 2015 è condizionata alla entrata in vigore di decreti legislativi attuativi dei criteri di delega di cui alla legge 10 dicembre 2014, n. 183, che individuino adeguata copertura finanziaria.
3. Agli oneri derivanti dagli articoli da 2 a 23 del presente decreto valutati in 222 milioni di euro per l’anno 2015 si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all’articolo 1, comma 107, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.