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giovedì 30 luglio 2015

Inail – Incentivi per la sicurezza Bando Fipit 2014, proroga conclusione attività istruttoria

Avviso pubblicato sul portale dell’Inail il 30 luglio 2015

Sono state pubblicate le graduatorie regionali/provinciali, in attuazione dell'art. 15 del bando FIPIT 2014. Il bando è relativo al sostegno al miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro, con particolare riferimento alla innovazione tecnologica.

Inoltre il termine di scadenza previsto per il 30 luglio 2015 per la conclusione dell’attività istruttoria delle Commissioni di valutazione costituite per il Bando FIPIT 2014 presso le Direzioni Regionali Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Marche, Sardegna e Sicilia è prorogato al 30 ottobre 2015.

L’Avviso di proroga è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, parte prima, serie generale n.175, del 30 luglio 2015.

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Fipit 2014: Bandi pubblici regionali e provinciali >>

MISE: Firmato accordo di programma Electrolux

Ministero dello Sviluppo Economico, Comunicato Stampa del 30 luglio 2015

Progetti di ricerca per 28 milioni. Guidi: strumento sempre più importante per fare politica industriale

Il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi ed i governatori delle Regioni Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna, Debora Serracchiani e Stefano Bonaccini hanno firmato oggi alla presenza dell’amministratore delegato della Electrolux Ernesto Ferrario l’accordo di programma che riguarda 5 progetti di ricerca e sviluppo per un investimento complessivo di 28 milioni di euro.

I progetti si riferiscono ai processi innovativi di asciugatura, lavaggio e asciugabiancheria nello stabilimento di Porcia (PN) ed i forni a vapore domestici ed i piani di cottura nello stabilimento di Forlì. A fronte di questi progetti il Ministero dello Sviluppo economico e le Regioni Friuli Venezia Giulia e Emilia Romagna concederanno finanziamenti agevolati e contributi alla spesa per poco meno di 20 milioni.

“Gli accordi di programma – ha commentato il ministro Federica Guidi - si stanno rivelando sempre più come uno strumento prezioso di politica industriale in un momento nel quale molte aziende, dopo la drammatica crisi di questi ultimi anni, si stanno attrezzando per ripartire alla ricerca di nuovi mercati e di nuovi prodotti avendo riorganizzato la loro struttura attraverso accordi con le organizzazioni sindacali raggiunti proprio al MISE”.

Anac - Volontari Servizio Civile: prorogato al 20 agosto il termine per la presentazione delle domande

Anac, Comunicato Stampa del 30 luglio 2015

Il Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha apportato delle modifiche al Bando di selezione per complessivi 985 volontari da impiegare in progetti di servizio civile nazionale in Italia.

Le modifiche hanno riguardato, tra l’altro, la domanda di partecipazione (allegato 2) e la scadenza dei termini di presentazione delle domande che, pertanto, dovranno pervenire all’Autorità Nazionale Anticorruzione – Ufficio del Personale, Via M. Minghetti, 10 – 00187 Roma, entro e non oltre le ore 14:00 del 20 agosto 2015. Le domande dovranno essere corredate dal proprio curriculum vitae, redatto in formato europeo, complete di tutti gli allegati richiesti nel bando e dovranno recare sulla busta l’indicazione “Selezione Volontari Servizio Civile”.

Telecom: Customer care, nuovo incontro al Mise il 4 agosto

Ministero dello Sviluppo Economico, Comunicato Stampa del 29 luglio 2015  

Roma, 29 luglio - Un accordo quadro che affrontati positivamente le difficoltà manifestate dall' azienda senza incidere in modo significativo sulle condizioni di lavoro. E' la proposta maturata nel corso dell'incontro tra la società Telecom italia e le organizzazioni sindacali sul customer care, tenutosi oggi presso il ministero dello Sviluppo economico.

Il confronto ha consentito alle parti di presentare le rispettive posizioni sui problemi originati dalla dichiarata necessità di Telecom Italia di riorganizzare le attività di call center. Il ministero, pur registrando ancora diversità di valutazione ritiene sussistano le condizioni per un accordo quadro che affronti positivamente le difficoltà manifestate dall' azienda senza incidere in modo significativo sulle condizioni di lavoro.

Il dicastero, in particolare, ha registrato la disponibilità dell'azienda a riconsiderare la prospettiva di societarizzare le attività della divisione di Customer care a fronte dell'utilizzo nei prossimi 36 mesi di una pluralità di strumenti non traumatici che consentano un recupero di efficienza e di competitività.

Le parti sono riconvocate per il giorno 4 del mese di agosto, al fine di verificare la possibilità di concludere con una intesa il confronto avviato nelle scorse settimane.

Agenzia delle Entrate - C’è tempo fino a settembre per consegnare i documenti dei controlli formali di luglio

Agenzia delle Entrate, Comunicato Stampa del 30 luglio 2015

Invio flessibile per non accavallarsi con le comunicazioni di compliance

Le risposte facili agli alert del Fisco con canali diversi in base alla specificità dei destinatari

Controlli formali sui redditi 2012: c’è tempo fino a tutto settembre per rispondere alle richieste di documentazione inviate questo mese dalle Entrate. Lo slittamento, che riguarda le missive recapitate a luglio per il modello Unico 2013, è concesso per evitare potenziali accavallamenti con le risposte agli alert diretti a favorire la compliance. La legge di Stabilità 2015, infatti, prevede che l’Agenzia delle Entrate metta a disposizione del contribuente informazioni in suo possesso al fine di stimolare l’assolvimento degli obblighi tributari e favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili utilizzando nuove modalità di dialogo con i contribuenti che rispondono a criteri precisi, in quanto definiti in funzione delle caratteristiche qualitative e quantitative di ciascuna platea di destinatari, e hanno quindi una gestione molto snella e veloce. Si tratta in particolare di comunicazioni di anomalie su rateizzazione di plusvalenze e sopravvenienze attive; studi di settore, incroci dei dati comunicati ai fini del c.d. spesometro e compensi che dall’esame del modello 770 non appaiono dichiarati dal professionista percettore. Le risposte in genere sono molto semplici ed immediate, fuori da qualsiasi formalità, e per questo in linea con la nuova stagione di dialogo inaugurata dall’Agenzia delle Entrate.

Di seguito si riportano alcuni esempi di risposte pervenute in questi giorni.

Esempi di risposte agli alert del Fisco - Un contribuente che ha ricevuto un alert basato su un incrocio tra reddito dichiarato e 770, riconoscendo l’errore ha provveduto al ravvedimento di circa 12.000 euro. Questa la sua risposta: Gentili signori, la presente in riscontro alla Vostra sotto riportata e-mail per segnalare che, verificata la correttezza di quanto mi avete comunicato e, quindi, l'erroneità della dichiarazione dei redditi da me originariamente presentata, nella giornata di ieri ho inviato dichiarazione integrativa relativamente al Modello Unico 2012 ed ho provveduto a versare le relative imposte, nonché interessi e sanzioni (ridotte con il nuovo ravvedimento). Spero davvero che il rapporto di collaborazione tra Fisco e contribuenti possa sempre più migliorare, come auspicato nella Vostra comunicazione e come, devo ammettere, la segnalazione ricevuta dimostra. Resto a disposizione e saluto cordialmente. N.C. Oppure di chi non è d’accordo: Si ritiene che i compensi percepiti sono stati correttamente dichiarati e che nessuna correzione deve essere effettuata.

Nell’esprimere il proprio apprezzamento per il tenore della comunicazione inviata dall’Agenzia che si ispira alla collaborazione ed alla fiducia verso il contribuente, porge distinti saluti. P.R. Informazioni condivise, trasparenza e collaborazione - Allo stato attuale l’Agenzia ha emanato tre provvedimenti in attuazione delle norme contenute nella legge di Stabilità 2015. Lo scopo è permettere ai cittadini di valutare se fornire chiarimenti all’Agenzia o rimediare per tempo a un eventuale errore commesso avvalendosi del nuovo ravvedimento e beneficiare, così, di una significativa riduzione delle sanzioni in base al tempo trascorso. La legge di Stabilità 2015, infatti, ha assegnato all’Agenzia delle Entrate il compito di condividere con il contribuente preventivamente ai controlli alcune informazioni in suo possesso. Ciò al fine di stimolare l’assolvimento degli obblighi tributari e favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili.

Sulla base dei tre provvedimenti emanati a partire dal mese di maggio, sono state inviate ai contribuenti alcune comunicazioni riguardanti possibili anomalie relative a: - rateizzazione delle plusvalenze e delle sopravvenienze attive;

- dati dichiarati ai fini degli studi di settore;

- informazioni inviate dai clienti dei titolari di partita Iva riguardanti i relativi fornitori ai fini del c.d. spesometro e compensi professionali certificati dai sostituti d’imposta nei modelli 770.

Chiarimenti al Fisco: tutti i canali dedicati - Gli invii delle comunicazioni preventive del Fisco, che mirano a informare “a monte” il contribuente della sua posizione fiscale consentendogli di fornire per tempo elementi in grado di giustificare le presunte anomalie, sono stati programmati in ragione delle caratteristiche quali/quantitative dei destinatari. Ampio il ventaglio di canali a disposizione per interagire con il Fisco: a seconda della tipologia di alert ricevuto, i contribuenti possono richiedere informazioni o fornire chiarimenti, anche tramite gli intermediari incaricati della trasmissione delle dichiarazioni, via mail, per telefono o con le specifiche modalità indicate nelle comunicazioni. I call center dell’Agenzia sono in ogni caso a disposizione dei contribuenti, proprio per permettere loro di comunicare in tempo utile tutte le informazioni per eliminare le eventuali incongruenze.

Vigilanza collaborativa: firmato protocollo A.N.AC. – Roma Capitale

Anac, Comunicato Stampa del 29 luglio 2015

Il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, ed il Sindaco di Roma, Ignazio Marino, hanno siglato oggi - presso la sede dell’Autorità - il protocollo di vigilanza collaborativa tra Anac e Roma Capitale.

Il protocollo in questione è finalizzato a verificare la conformità degli atti di gara alla normativa del Codice dei Contratti Pubblici, nonché all’individuazione di clausole e condizioni idonee a prevenire tentativi di infiltrazione criminale.

La stipula di questo atto rientra nella collaborazione che l’Autorità sta portando avanti da tempo con vari enti locali e, per quanto riguarda Roma, si ricollega all’attività ispettiva partita nei mesi scorsi sulle vicende amministrative del Comune.

Mise - Offshore: incontro sottosegretario Vicari – Governatori Basilicata, Calabria e Puglia

Ministero dello Sviluppo Economico, Comunicato Stampa del 29 luglio 2015

Il sottosegretario allo Sviluppo Economico Simona Vicari ha ricevuto oggi pomeriggio al MISE i governatori delle Regioni Puglia, Michele Emiliano, e Basilicata, Marcello Pittella e l’assessore all’Ambiente della Regione Calabria Antonella Rizzo.

I rappresentanti delle Regioni hanno manifestato la loro contrarietà all’avvio delle attività di prospezione e ricerca offshore nello Ionio e nell’Adriatico in quanto contraddittorie rispetto alle politiche avviate dalle stesse Regioni, chiedendo al Governo una moratoria di questi programmi.

Il sottosegretario Vicari, ascoltate le posizioni delle Regioni, si è impegnata ad approfondire questi temi con il ministro Federica Guidi e con la presidenza del Consiglio annunciando un nuovo incontro con le Regioni da convocare entro la prossima settimana.

Inps - Chiarimenti sulla Nuova Prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI)

Inps, Comunicato stampa del 29 luglio 2015

Con la circolare 142 del 29/07/2015 l’Inps fornisce chiarimenti in merito alla nuova indennità di disoccupazione NASpI.

In particolare si è chiarito che il licenziamento con accettazione dell'offerta di conciliazione ed il licenziamento disciplinare sono da intendersi quali ipotesi di disoccupazione involontaria e pertanto ai lavoratori licenziati che rientrano in queste ipotesi è riconosciuta l’indennità NASpI.

In ordine al meccanismo di neutralizzazione, i periodi di aspettativa sindacale, i periodi di cassa integrazione in deroga con sospensione dell’attività a zero ore ed i periodi di lavoro all’estero in Paesi non convenzionati sono da considerarsi “neutri”, con un corrispondente ampliamento sia del quadriennio per la ricerca della contribuzione utile alla NASpI, sia del periodo di dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro per la ricerca del requisito delle trenta giornate di effettivo lavoro.

La circolare fornisce inoltre ulteriori precisazioni in ordine al procedimento di calcolo di durata della prestazione.

I beneficiari di prestazione di disoccupazione NASpI che durante il periodo indennizzabile iniziano il servizio civile volontario sono disciplinati analogamente ai beneficiari di NASpI che durante il periodo indennizzabile intraprendono una attività di lavoro parasubordinata e pertanto la prestazione di disoccupazione è cumulabile con il compenso da servizio civile volontario subendo la riduzione pari all’80% del compenso previsto.

Sono stati inoltre forniti chiarimenti sulla compatibilità della prestazione NASpI con lo svolgimento di lavoro accessorio, di lavoro intermittente, di lavoro all’estero e con l’espletamento di cariche pubbliche elettive e non elettive.

Infine, con riferimento ai casi di soggetti che hanno percepito l’indennità di disoccupazione ASpI, mini ASpI e NASpI successivamente alla data della prima decorrenza utile della pensione di anzianità, ma prima dell’effettiva corresponsione della pensione, sono state fornite ulteriori precisazioni. In particolare, è stato chiarito che nei casi in cui l’esercizio di una facoltà di legge (es. opzione per il regime sperimentale donna) comporti il perfezionamento del diritto a pensione in un momento

Istituto Nazionale Previdenza Sociale

antecedente all’esercizio della facoltà, ma consenta di ottenere la pensione solo con decorrenza successiva all’esercizio delle stesse, è possibile fruire dell’indennità di disoccupazione ASpI, mini ASpI e NASpI fino alla prima decorrenza utile successiva all’esercizio delle predette facoltà.

In forza di tale chiarimento, quindi, si superano i dubbi interpretativi in ordine all’incompatibilità tra la percezione dell’indennità e la decorrenza della pensione relativamente a periodi privi di copertura sia reddituale, essendo intervenuta la cessazione dell’attività lavorativa (condizione questa di erogabilità dell’indennità di disoccupazione), sia pensionistica, stante la decorrenza della pensione di anzianità successiva alla data di presentazione della relativa domanda.

Alimentare, Vicari: dal Mise un kit anti contraffazione

Ministero dello Sviluppo Economico, Comunicato del 29 luglio 2015

Un ‘kit’ anticontraffazione per guidare quotidianamente il consumatore nella scelta di alimenti originali, nel rispetto di quattro requisiti imprescindibili: provenienza-sicurezza-tracciabilità-salute e gusto. E’ il progetto che la Direzione Generale per la Lotta alla Contraffazione-Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (DGLC-UIBM) del Ministero dello Sviluppo Economico ha realizzato, in occasione di EXPO 2015, e che rientra nella serie di iniziative istituzionali che il dicastero mette in campo nella diffusione della cultura della legalità contro il mercato del falso.

Più in particolare, il progetto prevede:

-         Un Vademecum Alimentare, disponibile all’indirizzo www.uibm.gov.it e realizzato in collaborazione le Associazioni dei Consumatori iscritte al CNCU. Una vera guida sul cibo, completa di schede dedicate agli alimenti base della dieta, con dettagli e aggiornamenti su etichette, avvertenze, norme e recapiti utili per evitare acquisti di alimenti contraffatti;

-         Un video, visibile sul sito dell’UIBM e che illustra, con semplicità e immediatezza, come scegliere gli ingredienti sicuri e originali e come evitare quelli contraffatti;

-         Una “Guida sulla contraffazione online”, realizzata in collaborazione con ItaliaOggi-Convey. La Direzione Generale per la Lotta alla Contraffazione anche quest’anno ha partecipato attivamente alla stesura della Guida con alcuni contributi sia del Ministero dello Sviluppo Economico, a firma del Sottosegretario Simona Vicari (Presidente del CNAC) sia del Direttore Generale, Loredana Gulino. La Guida, in edizione speciale per EXPO, è stata realizzata anche in lingua inglese per essere distribuita alle oltre 140 delegazioni di paesi esteri presenti all’ Expo 2015;

-         Una “Guida dedicata alla proprietà intellettuale per le PMI nel settore agroalimentare”, realizzata in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della proprietà intellettuale (OMPI), nell’ambito del protocollo di cooperazione bilaterale tra l’OMPI ed il Governo italiano. La Guida, in lingua inglese, sarà a breve disponibile online sul sito dell’OMPI e della DGLC-UIBM.

Fisco: slitta al 21 settembre 2015 la presentazione del modello 770 dei sostituti di imposta

Ministero delle Finanze, Comunicato Stampa n.159 del 30 luglio 2015

Slitta dal 31 luglio al 21 settembre il termine per la presentazione in via telematica della dichiarazione dei sostituti di imposta - modello 770 del 2015 (relativo all’anno 2014). La proroga è disposta con un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, che sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale di oggi.

La posticipazione del termine viene incontro alle esigenze rappresentate dalle categorie professionali, impegnate a luglio in numerosi adempimenti e scadenze fiscali per conto dei contribuenti e dei sostituti di imposta.

Jobs Act: accordo quadro Governo-Regioni in materia di politiche attive

Ministero del Lavoro, Comunicato Stampa del 30 luglio 2015

Poletti, un passo in avanti per dare piena efficacia ad uno degli aspetti più importanti della riforma

A seguito della firma dell'accordo quadro tra Governo e Regioni in materia di politiche attive per il lavoro, il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

"Oggi si compie un importante passo in avanti per assicurare piena efficacia ad uno degli aspetti più importanti della riforma del mercato del lavoro. L'accordo quadro tra Governo e Regioni sancisce, infatti, un impegno per la gestione comune delle politiche attive per il lavoro nella fase di transizione istituzionale e di ridefinizione delle competenze, in uno spirito di leale collaborazione e con l'individuazione dei rispettivi ruoli.

È di particolare rilievo l'impegno a garantire congiuntamente la continuità di funzionamento, il rafforzamento e la qualificazione dei Centri per l'Impiego, considerandoli l'infrastruttura pubblica indispensabile per lo sviluppo delle politiche attive, e ad individuare le modalità più opportune per assicurare che il personale che vi lavora continui ad operare senza interruzioni: a questo fine, Ministero del Lavoro e Regioni hanno individuato le risorse necessarie.

Da sottolineare, inoltre, la volontà di sviluppare la collaborazione pubblico-privato per una efficace realizzazione concreta delle politiche attive.

Infine, vale la pena di ricordare che le convenzioni che il Ministero del Lavoro siglerà con le singole Regioni per dare concreta attuazione all'accordo, permetteranno un riconoscimento del loro ruolo, in quanto puntano ad individuare linee di collaborazione che consentano di valorizzare le buone pratiche realizzate nei singoli contesti territoriali".

Tirocini formativi e di orientamento presso l’Anac

Anac, Comunicato Stampa del 30 luglio 2015

Pubblicato il Regolamento per la disciplina dello svolgimento di tirocini formativi e di orientamento presso l’Autorità Nazionale Anticorruzione

Il Regolamento è stato approvato dal Consiglio dell'Autorità nella seduta del 17 giugno ed entra in vigore oggi, 30 luglio 2015, con la sua pubblicazione sul sito istituzionale.

-         Regolamento del 17 giugno 2015

Mise - Auto: on line la Guida 2015 al risparmio di carburanti e alle emissioni di C02

Ministero dello Sviluppo Economico, Comunicato del 30 luglio 2015

È disponibile l’ edizione 2015 della Guida al risparmio di carburante e alle emissioni di anidride carbonica delle autovetture, strumento di informazione utile al consumatore e a tutti gli automobilisti.

La guida, prevista da una direttiva europea, è stata approvata con decreto interministeriale, di concerto con i Ministeri dell’Ambiente e delle Infrastrutture e Trasporti, al fine di rendere disponibili al consumatore i dati sui consumi di carburante e sulla quantità di anidride carbonica prodotta da ogni modello di auto in vendita.

La guida contiene:

-         l’indicazione dei consumi nei vari cicli - urbano, extraurbano e misto - e delle emissioni di tutti i modelli di automobile in vendita al 16 marzo 2015;

-         varie graduatorie dei modelli che emettono meno anidride carbonica, divisi per alimentazione a benzina o a gasolio, con una menzione speciale per alcuni modelli che ottengono gli stessi risultati mediante utilizzo di GPL o metano ed un elenco di modelli di auto a trazione completamente elettrica (o con motore ausiliario a benzina). Da quest’anno, poi, vengono pubblicate specifiche graduatorie riservate ai modelli a propulsione ibrida, divisi fra benzina e gasolio, e ai modelli con tecnologia ”plug-in”.

-         un vademecum per gli automobilisti su come attuare una guida ecocompatibile, con suggerimenti validi anche dal punto di vista della sicurezza stradale e del risparmio.

Vengono riportati anche dati ufficiali sulla riduzione del livello medio di emissioni di anidride carbonica delle autovetture vendute negli ultimi anni, provenienti da istituzioni europee (Agenzia europea per l’Ambiente), i quali indicano una continua diminuzione della media ponderata delle emissioni delle auto immatricolate in Italia.

-         Per maggiori informazioni:
Guida al risparmio di carburante e alle emissioni di anidride carbonica delle autovetture

Inps – Precisazioni in materia di benefici previdenziali per i lavoratori esposti all’amianto

Inps, Circolare n.143 del 30 luglio 2015

OGGETTO: 
Articolo 5 – bis del decreto legge 21 maggio 2015, n. 65 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2015, n. 109. Interpretazione autentica dell'articolo 1, comma 112, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, in materia di benefici previdenziali per i lavoratori esposti all'amianto.

L’ articolo 1, comma 112, primo periodo, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 così dispone: “Ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche da parte dei lavoratori attualmente in servizio, con effetto dal 1º gennaio 2015, senza corresponsione di ratei arretrati, non si tiene conto dei provvedimenti di annullamento delle certificazioni rilasciate dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) per il conseguimento dei benefici di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, salvo il caso di dolo dell'interessato accertato in via giudiziale con sentenza definitiva”.

Le relative istruzioni sono state fornite con circolare n. 51 del 26 febbraio 2015.

L’articolo 1 della legge n. 109 del 17 luglio 2015, di conversione del decreto legge n. 65 del 21 maggio 2015, ha inserito dopo l’articolo 5 di detto decreto l’articolo 5-bis (Interpretazione autentica dell'articolo 1, comma 112, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, in materia di benefici previdenziali per i lavoratori esposti all'amianto), che così dispone: “ Ai fini dell'applicazione dell'articolo 1, comma 112, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, per "lavoratori attualmente in servizio" si intendono i lavoratori che, alla data di entrata in vigore della medesima legge, non erano beneficiari di trattamenti pensionistici”.

Alla luce delle disposizioni normative di cui sopra, sono da intendersi destinatari del beneficio per lavoro svolto con esposizione all’amianto di cui al richiamato articolo 1, comma 112, della legge n. 190 del 2014, i lavoratori che alla data di entrata in vigore della legge medesima non erano titolari di trattamento pensionistico diretto.

Le domande di ricostituzione del conto assicurativo e/o di pensione eventualmente respinte sulla base di una diversa interpretazione della norma in argomento, andranno riesaminate in considerazione di quanto indicato al riguardo dal legislatore con le disposizioni di interpretazione autentica sopra riportate.

Accordo Fatca per la lotta all’evasione internazionale - Pronta la bozza di provvedimento con le regole per l’invio delle informazioni al Fisco

Agenzia delle Entrate, Comunicato Stampa del 29 luglio 2015

Accordo Fatca per la lotta all’evasione internazionale

Pronta la bozza di provvedimento con le regole per l’invio delle informazioni al Fisco

I dati 2014 vanno comunicati entro il 31 agosto

Pubblicata oggi, sul sito internet dell’Agenzia, la bozza di provvedimento contenente le istruzioni che gli operatori devono utilizzare per trasmettere alle Entrate le informazioni previste dall’accordo Fatca sullo scambio automatico di dati tra Italia e USA. La versione definitiva del provvedimento verrà pubblicata dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale attuativo dell’accordo Fatca.

Soggetti interessati - Destinatari della nuova misura sono le istituzioni finanziarie italiane (Reporting Italian Financial Institution, Rifi), fatte salve le eccezioni previste dal decreto. Le istruzioni delle Entrate chiariscono che, ai fini della comunicazione, le Rifi possono, ad alcune condizioni, avvalersi di entità sponsor e di fornitori terzi di servizi.

Oggetto della comunicazione - Devono essere trasmessi il codice fiscale della Reporting Italian Financial Institution e quello dell’entità sponsor, se presente. Oggetto di invio sono inoltre i dati di cui all’articolo 5 del decreto ministeriale, oltre al codice fiscale italiano, se disponibile, di ciascun soggetto interessato dalla comunicazione.

L’Agenzia chiarisce inoltre che, in assenza di conti statunitensi oggetto di comunicazione e di pagamenti corrisposti a un’istituzione finanziaria non partecipante titolare di un conto finanziario, in relazione all’anno di riferimento, la Rifi non è tenuta a effettuare alcuna comunicazione.

Termini per la comunicazione - Cerchio rosso sulla data del 31 agosto 2015, termine entro cui gli operatori finanziari interessati dall’accordo Fatca dovranno inviare le informazioni sui conti finanziari statunitensi concernenti l’anno 2014. Sarà compito dell’Agenzia trasmetterle successivamente all’IRS (Internal Revenue Service), autorità competente USA, nel rispetto degli impegni internazionali.

Per le informazioni relative agli anni seguenti, il termine per la trasmissione all’Agenzia sarà il 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento.

Modalità di comunicazione - I documenti pubblicati oggi contengono le istruzioni per utilizzare il canale telematico attraverso il quale viaggeranno i dati (piattaforma Sid - sistema interscambio dati), in base alle regole fornite con il provvedimento dell’Agenzia del 25 marzo 2013, relativo alle Modalità per la comunicazione integrativa annuale all’archivio dei rapporti finanziari. Inoltre, è incluso il tracciato record Xml che gli operatori finanziari tenuti alla comunicazione dovranno utilizzare e sono indicate le istruzioni per la sua compilazione. Le modalità di invio delle informazioni alle Entrate erano state oggetto di una consultazione pubblica, avviata lo scorso 19 maggio e conclusa a metà giugno, che aveva coinvolto gli operatori finanziari interessati.

Anticorruzione, circolare Inail sulle modalità di gestione delle segnalazioni di illeciti

Inail, Comunicato del 29 luglio 2015

Il documento completa le disposizioni contenute nel Codice di comportamento dell’Istituto, indicando i soggetti coinvolti nella procedura e le loro responsabilità, e dando indicazioni per la difesa da eventuali azioni ritorsive del dipendente pubblico che segnala fatti di cui è venuto direttamente a conoscenza

ROMA - Con la circolare 64 del 28 luglio, l’Inail aggiunge un ulteriore tassello al proprio sistema per la prevenzione della corruzione, disciplinando l’attuazione della specifica normativa posta a tutela del cosiddetto whistleblower, il dipendente che segnala illeciti di cui è venuto direttamente a conoscenza in ragione del suo rapporto di lavoro con l’Istituto. Il documento, che conferma la particolare attenzione posta dall’Inail nell’attuazione delle misure a presidio della legalità dell’azione amministrativa, completa le disposizioni già contenute nel Codice di comportamento dell’Istituto, regolando i termini e le modalità di segnalazione degli illeciti, indicando i soggetti coinvolti nella procedura e le loro responsabilità, dando indicazioni per la difesa del segnalatore da eventuali azioni ritorsive, e fornendo la modulistica e l’indirizzo email per l’invio della segnalazione.

Assicurate imparzialità e riservatezza.
La procedura, in particolare, prevede che le segnalazioni siano gestite dal responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, che ne verifica la fondatezza nel rispetto dei principi di imparzialità e riservatezza, avvalendosi di un apposito gruppo di lavoro, e le inoltra, quando non risultino manifestamente infondate, ai soggetti terzi competenti – il dirigente della struttura in cui si è verificato il fatto, quando non vi siano ipotesi di reato o profili di responsabilità disciplinare a suo carico, l’ufficio disciplinare e contenzioso del personale della direzione centrale Risorse umane, l’autorità giudiziaria, la Corte dei conti, l’Autorità nazionale anticorruzione e il dipartimento della Funzione pubblica – anche per l’adozione dei provvedimenti conseguenti.

L’identità del whistleblower è sempre protetta.
L’identità del whistleblower è protetta fin dalla ricezione della segnalazione e in ogni fase successiva – salvi i casi di responsabilità penale per calunnia o diffamazione o di responsabilità civile extracontrattuale, accertati con sentenza di primo grado e negli altri casi previsti dalla legge – e non deve essere rivelata neanche nel caso in cui sia avviato un procedimento disciplinare nei confronti del segnalato, ai sensi dell’articolo 54 bis, comma 2, del decreto legislativo 165/2001, contenente le norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

Ministero del Lavoro: incontro su situazione occupazionale di CPL Concordia

Ministero del Lavoro, Comunicato Stampa del 30 luglio 2015

In data odierna si è svolto al Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali un incontro, richiesto dalla Regione Emilia Romagna e dalle OO.SS. CGIL, CISL e UL, avente ad oggetto la vicenda occupazionale relativa alla CPL Concordia, società cooperativa operante in 18 regioni con circa 1800 addetti, oggetto di un provvedimento di interdittiva antimafia.

All'incontro presieduto dal Capo di Gabinetto del Ministro del Lavoro, coadiuvato dal Segretario Generale del Ministero, dal Capo della Segreteria Tecnica e dai Direttori Generali della Tutela delle Condizioni di Lavoro e delle Relazioni Industriali e degli Ammortizzatori Sociali ed Incentivi all'Occupazione, hanno partecipato il Prefetto di Modena con i Commissari da lui nominati, l'Assessore Regionale al Lavoro, il Sindaco di Concordia, il Presidente e il Consigliere Delegato della Cooperativa e i rappresentanti di CGIL, CISL e UIL.

Nel corso dell'incontro, con riferimento all'attuale situazione aziendale, le OO.SS. hanno avanzato richiesta al Ministero di accesso allo strumento della CIGS, su scala nazionale, al fine di garantire la salvaguardia dei livelli occupazionali e di non disperdere le professionalità altamente specializzate.

I rappresentanti della Cpl Concordia e i Commissari hanno da parte loro evidenziato le criticità aziendali anche preesistenti al provvedimento di interdittiva e puntualizzato il patrimonio tecnologico dell'impresa e gli elevati livelli professionali dei lavoratori, la cui età media risulta peraltro contenuta entro i 40 anni di età.

Il Prefetto ha rimarcato il significato della sua partecipazione all'incontro, legata all'esclusivo intento di salvaguardare l'occupazione e di scongiurare tensioni sociali.

La Regione Emilia Romagna ha auspicato si possano porre in essere le condizioni per un rapido recupero produttivo -anche in considerazione delle difficoltà del bacino territoriale già duramente colpito dagli eventi del sisma del 2012 ove la CPL Concordia è insediata-  e si è dichiarata disponibile ad attivare idonei percorsi di politiche attive del Lavoro.

A conclusione dell'incontro, Il Ministero del lavoro si è impegnato ad effettuare con la massima sollecitudine tutti gli approfondimenti necessari al fine di dare una risposta certa circa gli ammortizzatori sociali utilizzabili ed il percorso più idoneo per attivare le tutele a favore dei lavoratori, così da favorire la continuità occupazionale e la pronta e completa ripresa dell'attività produttiva.

Inps – Naspi: in otto giorni dall’avvio della procedura processate 58.065 domande

Inps, Comunicato stampa del 28 luglio 2015

Nei mesi di maggio, giugno e luglio sono state presentate 413.679 domande per la Naspi. L’Inps, in otto giorni lavorativi dall’avvio della procedura, ha definito – liquidando o respingendo – 58.065 domande, circa un settimo del totale. L’Istituto sta lavorando a pieno ritmo per smaltire lo stock di domande di disoccupazione (Naspi è l’acronimo di Nuova prestazione di Assicurazione Sociale) che da maggio sono nel frattempo pervenute.

La nuova procedura di liquidazione, avviata il 15 luglio, automatizza tutti i controlli, impedendo indebiti e abusi che l’Inps ha il dovere di prevenire. E' stata avviata da metà luglio poiché l’Istituto è stato precedentemente impegnato con la risoluzione di problemi applicativi al fine di garantire le tutele per i lavoratori stagionali nel 2015 secondo le indicazioni ministeriali.

Le uniche prestazioni che hanno subito qualche ritardo, rispetto ai 30 giorni canonici di liquidazione, sono quelle (poco meno di 200mila) giunte tra maggio e giugno: quasi 60mila sono già state liquidate, le altre lo saranno entro i primi giorni di agosto. Le quasi 230mila nuove domande di Naspi presentate nel mese di luglio saranno liquidate, come di regola, dal mese successivo. Le Sedi Inps sono tutte impegnate a completare le istruttorie secondo l’ordine di presentazione delle domande di propria competenza.

L’obiettivo è di poter assicurare prima possibile i tempi di liquidazione ordinariamente garantiti dall’Istituto per questa prestazione (30 giorni dalla data di presentazione della domanda).

Formazione e anticorruzione - Firmato Accordo quadro di collaborazione tra A.N.AC. e Scuola Nazionale dell’Amministrazione

Anac, Comunicato del 30 luglio 2015

L’Autorità Nazionale Anticorruzione e la Scuola Nazionale dell'Amministrazione si sono accordate per promuovere e gestire congiuntamente un progetto di formazione in materia di appalti e contratti pubblici. La convenzione che Raffaele Cantone, presidente dell’ANAC, e Giovanni Tria, presidente della SNA, hanno firmato oggi è volta a realizzare un percorso formativo per creare competenze multidisciplinari nel settore degli acquisiti pubblici, un ambito strategico per la competitività del Paese.

I corsi -  inizialmente un programma di 120 ore per il conseguimento del diploma di esperto in appalti pubblici e un corso breve di 24 ore in materia di anticorruzione - sono destinati principalmente ai dirigenti pubblici incaricati dell’organizzazione e della gestione degli acquisti pubblici. Obiettivo del percorso formativo, che è esteso anche ai dirigenti delle società pubbliche e private, è consentire ai partecipanti di acquisire una conoscenza pratica del settore degli appalti, così da permettere loro di essere immediatamente in grado di effettuare acquisti in maniera efficiente, anche prevenendo e gestendo il rischio della corruzione.

La complessità degli acquisti pubblici non riguarda soltanto i lavori, ma negli ultimi decenni si è estesa alle forniture e, soprattutto, ai servizi. Saper organizzare e gestire le gare è funzionale a garantire non solo l’economicità, ma anche la qualità di tutti i servizi che l’Amministrazione fornisce a cittadini e imprese, con effetti a cascata sulla produttività e sul benessere dell’intero Paese. Il diploma di esperto in appalti pubblici ANAC-SNA farà conoscere ai partecipanti gli strumenti più sofisticati, sia giuridici che economici, per  gestire gare complesse a beneficio della collettività. Analogamente il corso sull’anticorruzione negli appalti contribuirà a rendere le Amministrazioni più consapevoli dei percorsi da seguire per ridurre la probabilità che la corruzione infici gli esiti delle gare. 

La qualificazione del personale nel settore degli appalti è funzionale al raggiungimento di un obiettivo ancora più ambizioso, ossia la creazione di una gerarchia delle stazioni appaltanti sulla base della complessità e del valore dei contratti che esse sono in grado di organizzare e  gestire. L’accordo tra ANAC e SNA sulla formazione in materia di appalti è un primo passo in tale direzione. L’Amministrazione Pubblica non potrà che beneficiarne.

Comuni per la sostenibilità e l’efficienza energetica: oltre 600 domande in meno di due settimane

Ministero dello Sviluppo Economico, Comunicato del 29 luglio 2015  

Molto positiva la risposta dei territori nei confronti dell’Avviso CSE 2015.

Dal 14 luglio - data di apertura dello sportello- al 27 luglio 2015, sono state 403 le amministrazioni comunali delle Regioni Convergenza che hanno presentato complessivamente 624 istanze attraverso la piattaforma informatica http://cse2015.mise.gov.it, per un totale di risorse impegnate che supera i 70 milioni di euro, quasi l’88% della dotazione complessiva dell’Avviso CSE 2015. In altri termini, in meno di due settimane, considerate le circa 1600 amministrazioni comunali localizzate nelle 4 Regioni Convergenza, 1 comune su 4 è stato destinatario di risorse dell’Avviso.

Le agevolazioni sono concesse dal Ministero dello Sviluppo Economico sulla base di una procedura a sportello, nel rispetto dell’ordine cronologico di presentazione. Anche le successive fasi procedurali saranno gestite esclusivamente online: dalla richiesta di assegnazione del contributo alla rendicontazione delle spese.

In riferimento alle 624 istanze agevolate, la maggiore concentrazione si registra nella regione Calabria, dove è localizzato il 49% del totale dei progetti di efficientamento e produzione di energia da fonte rinnovabile ammessi a contributo con le risorse finanziarie dell’Avviso. Nelle altre regioni, la quota dei progetti sul totale rappresenta rispettivamente il 21% in Puglia, il 18% in Campania, il 12% in Sicilia.

Per tutti progetti agevolati le gare sono in fase di aggiudicazione.

In termini di caratteristiche dei progetti agevolati, si registra un equilibrio sostanziale tra produzione di energia (52%) ed efficientamento energetico (48%). La tecnologia di maggiore interesse risulta essere stata il fotovoltaico.

Con una dotazione finanziaria di 80 milioni di euro, l'Avviso offre alle amministrazioni comunali delle Regioni Convergenza la possibilità di ottenere il finanziamento per realizzare progetti di efficientamento e/o produzione di energia da fonti rinnovabili a servizio di edifici pubblici, attraverso l’acquisizione - tramite le procedure telematiche del Mercato elettronico della Pubblica Amministrazione (MePA)- di beni e servizi legati all’efficienza energetica e alle fonti rinnovabili.

Cosa è cambiato nel part-time e nel contratto a chiamata: tutte le novità illustrate dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro

Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Circolare n.18 del 30 luglio 2015

IL TESTO ORGANICO DELLE TIPOLOGIE CONTRATTUALI:
NOVITA’ IN TEMA DI LAVORO A TEMPO PARZIALE E
CONTRATTO DI LAVORO INTERMITTENTE

Considerazioni introduttive
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 144 del 24 giugno 2015, trova attuazione, dal 25 giugno 2015, il Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81, conformemente a quanto stabilito dall’art. 1 (co. 7) della L. n. 183/2014, il quale delega il Governo ad emanare un decreto volto a “riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo”.

Nel presente contributo saranno analizzate quelle che sono le novità principali relative rapporto di lavoro part-time ed intermittente.

Lavoro a tempo parziale (Artt. da 4 a 12)

L’intento della riforma, che nel D.Lgs 81/2015 emerge a caratterizzare le modifiche della disciplina del contratto di lavoro a tempo parziale, pare teso a garantire certezza e flessibilità al rapporto di lavoro, assicurando l’applicazione piena della disciplina anche nelle remote ipotesi di assenza di previsioni specifiche da parte della contrattazione collettiva.

L’obiettivo è fissato assegnando da un lato alle parti il potere di regolare il rapporto di lavoro, dall’altro prevedendo contenuti legali puntuali, elementi che, entrambi, consentono la piena attuazione di ogni aspetto del contratto part-time, a prescindere da una specifica disciplina contrattuale. Per la verità occorre anche sottolineare che, finalmente, la disciplina contenuta nel decreto n. 81/2015 si applica indistintamente al settore pubblico e al settore privato.

Contratto di lavoro (art. 5)
Le nuove disposizioni confermano le definizioni normative già previste negli artt. 2 e 8 del D.Lgs n. 61/2000, oggi integralmente abrogato dopo l’entrata in vigore del presente Decreto, anche se non mancano alcune novità rilevanti. La prima nota da evidenziare è che scompare, almeno nella terminologia, la distinzione tra le tre tipologie di part-time (orizzontale, verticale e misto) alle quali si era abituati.

È una semplificazione più formale che sostanziale, infatti l’art. 5, comma 2 recita: “Nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno.”

Appare evidente, quindi, che pur avendone eliminato la distinzione formale, i concetti e i modelli di part-time orizzontale, verticale e misto permangono nella descrizione dell’orario di lavoro che dovrà essere riportata nel contratto individuale da stipularsi sempre in forma scritta ai fini della prova (art. 5, comma 1).

Informazione alle rappresentanze sindacali
L’art. 2 co. 2 del D.Lgs. n. 61/2000 poneva a carico del datore di lavoro l’obbligo di “informare le rappresentanze sindacali aziendali, ove esistenti, con cadenza annuale, sull'andamento delle assunzioni a tempo parziale, la relativa tipologia ed il ricorso al lavoro supplementare.”

Nel nuovo Decreto non è riscontrabile una disposizione analoga, pertanto, stante la totale abrogazione del D.Lgs. n. 61/2000, sembra possibile affermare che in materia di informazioni alle rappresentanze sindacali aziendali assumeranno rilevanza esclusiva i soli obblighi previsti dalla contrattazione collettiva.

Prestazione di lavoro supplementare e straordinario(Art. 6 c.1-3)
Novità in materia di lavoro da svolgere oltre l’orario previsto dal contratto individuale.

In particolare, il regime del lavoro supplementare che il datore di lavoro può richiedere al lavoratore viene consentito anche in caso di mancata regolamentazione della contrattazione collettiva.

Infatti, se da un lato è confermato che i contratti collettivi di qualsiasi livello potranno regolamentare il numero massimo delle ore di lavoro che possono essere svolte oltre l’orario concordato con il contratto a tempo parziale, nel limite dell’orario normale di lavoro per il tempo pieno, nonché la relativa maggiorazione spettante, dall’altro è previsto che in caso di assenza di regolamentazione contrattuale il datore di lavoro possa comunque richiederle.

Specificamente potranno essere richieste al lavoratore prestazioni di lavoro supplementare in misura non superiore al 25 per cento delle ore di lavoro settimanali concordate e tali ore verranno retribuite con una maggiorazione del 15 per cento della retribuzione oraria globale di fatto, comprensiva dell'incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti.

Il lavoratore potrà comunque rifiutare di svolgere il lavoro supplementare in assenza di previsioni contrattuali collettive ove ciò sia giustificato da comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale.

Viene poi consentito lo svolgimento di prestazioni di lavoro straordinario, ovvero quelle prestazioni oltre l’orario normale di lavoro che eccedono la parte di prestazioni considerabili lavoro supplementare senza più considerare la limitazione prevista dal

previgente art. 3 c. 5 D.Lgs. 61/2000 il quale ne circoscriveva l’uso alle tipologie di part-time verticale o misto.

Clausole elastiche (Art. 6 c. 4-6)
Quello delle clausole elastiche costituisce un ulteriore elemento di novità in quanto il legislatore, di fatto, assorbe, le clausole flessibili all’interno della definizione delle clausole elastiche.

Il comma 4 dell’art. 6, infatti, recita che le parti possono pattuire, per iscritto, clausole elastiche relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa (in realtà questa era la definizione delle clausole flessibili nella vecchia disciplina), ovvero relative alla variazione in aumento della sua durata (clausola elastica).

Il Decreto in commento prevede anche per questa fattispecie una disciplina legale, operante in assenza di regolamentazione contrattuale, che fa da supporto all’accordo, comunque necessario, delle parti.

L’accordo delle parti, che deve essere certificato davanti ad una delle commissioni individuate dall’art. 76 del D.Lgs. n. 276/2003 quali competenti a gestire il procedimento di certificazione in materia di lavoro, deve contenere, innanzi tutto ed a pena di nullità, l’indicazione di:

a) preavviso di due giorni lavorativi (art. 6, comma 5) a carico del datore di lavoro che dispone la modifica per la comunicazione della stessa al lavoratore;

b) condizioni e modalità delle possibilità di modifica della collocazione temporale della prestazione o della variazione in aumento;

c) misura massima dell’aumento della prestazione lavorativa, che in ogni caso non può essere superiore al limite del 25% della normale prestazione annua a tempo parziale individuata dal contratto di lavoro (art. 6, comma 6).

L’accordo, inoltre deve prevedere il riconoscimento al lavoratore di una maggiorazione della retribuzione oraria pari al 15 per cento della retribuzione oraria globale di fatto, comprensiva dell’incidenza della retribuzione sugli istituti retributivi diretti e indiretti.

L’art. 6, comma 6 oltre a stabilire che le clausole elastiche non disciplinate dal CCNL, devono essere pattuite dalle parti avanti alle commissioni di certificazione, specifica anche che il lavoratore ha facoltà di farsi assistere, nella procedura di certificazione, da un rappresentante sindacale o da un avvocato o da un consulente del lavoro (ponendo quindi l’accento sulla riserva di legge prevista dall’art. 1 L.12/79).

Diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro (art. 8)
La casistica connessa al riconoscimento di particolari esigenze di salute o familiari, che già godono del riconoscimento di specifici diritti in tema di trasformazione del rapporto di lavoro, da tempo pieno a part-time e viceversa, risulta confermata e, in alcuni casi ampliata, dalla nuova disciplina.

In particolare il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a parziale e la ricostituzione del rapporto a tempo pieno a richiesta dell’interessato, già riconosciuto ai dipendenti affetti da patologie oncologiche, risulta adesso esteso a qualunque caso di “gravi patologie cronico degenerative ingravescenti”, mentre è del tutto nuovo il diritto a sostituire il congedo parentale con la conversione del contratto di lavoro da tempo pieno a part-time. La novità del diritto alla riduzione dell’orario di lavoro, nei casi di gravi patologie, ha anche il riflesso sociale di consentire, in alcuni casi, la conservazione del posto di lavoro evitando il superamento del periodo di comporto. Occorre anche precisare che qualora il lavoratore, o la lavoratrice, assistono una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa (esplicito è il richiamo all’art. 3 c.3, L. n. 104/1992) viene loro riconosciuta la priorità alla trasformazione del contratto da tempo pieno a tempo parziale.

Di particolare interesse è la previsione contenuta nel comma 7 dell’art. 8 del Decreto; infatti il lavoratore, o la lavoratrice può chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale per un periodo corrispondente alla durata, anche residua, del congedo, con una riduzione d’orario non superiore al 50%. La norma non aggiunge ulteriori requisiti specifici per questo tipo di conversione che si pone in ogni caso come un diritto del lavoratore il quale deve essere concesso entro i quindici giorni successivi alla richiesta. Il rinvio esplicito al congedo parentale “spettante ai sensi del capo V del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151”, consente evidentemente di attingere a quelle norme per la disciplina di questa nuova ipotesi di conversione, cui bisogna rifarsi quanto alla durata, condizioni di riconoscimento e modalità e tempi della richiesta.

Lavoro intermittente (art. 13-18)
Il Decreto regolamenta il lavoro intermittente negli articoli da 13ma 18, riproducendo, sostanzialmente, la normativa già contenuta nel D.Lgs 276/2003, cosi come modificato dai vari interventi legislativi succedutesi nel tempo.

Nello specifico l'articolo 13 comma 1 indica che il datore di lavoro può utilizzare la prestazione lavorativa secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi di qualsiasi livello, anche (nel testo previgente tale possibilità era posta come alternativa, infatti veniva indicata la congiunzione disgiuntiva "ovvero" mentre ora viene utilizzato “anche”) con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno.

Tale modifica consente quindi ai contratti di individuare sia le esigenze ed anche i periodi in cui poter ricorrere alle prestazioni di lavoro intermittente.

Viene quindi riproposto il ruolo essenziale della contrattazione collettiva circa la regolamentazione del ricorso al lavoro a chiamata e, solo in sua assenza, in via sussidiaria e cedevole, si prevede l'intervento di un decreto ministeriale che ne individui i casi di utilizzo. Proprio l’anomia contrattuale e la mancata emanazione del decreto hanno generato, tra i datori di lavoro e gli addetti ai lavori, i maggiori dubbi operativi nel periodo immediatamente alla pubblicazione in Gazzetta del decreto in commento. Infatti dal punto di vista più strettamente pratico è necessario valutare se il lavoro a chiamata, dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 81/2015 (il 25 giugno 2015), sia ancora utilizzabile, oltre che per i pochi CCNL che lo hanno disciplinato, (Studi professionali, Commercio limitatamente al settore del marketing e pochissimi altri ancora) anche per le attività discontinue indicate nella tabella del Regio Decreto 2657 del 1923.

Il dilemma nasce dal fatto che l’art. 13, comma 1 del decreto prevede che, in mancanza di CCNL, i casi di utilizzo del contratto intermittente sono individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Pertanto, secondo una interpretazione restrittiva, in attesa dell’adozione del decreto, non si renderebbe più applicabile il richiamo al R.D. n.2657/1923 contenuto nel DM 23/10/2004 in quanto trovava le sue ragioni, peraltro transitoriamente, nell’abrogato articolo 40 del D.Lgs 276/2003.

In assenza di espressa previsione del legislatore pare comunque opportuno evidenziare come l’art. 55 (abrogazioni e norme transitorie) del D.Lgs n.81/2015 al comma 3 reciti: “sino all’emanazione dei decreti richiamati dalle disposizioni del presente decreto legislativo, trovano applicazione le regolamentazioni vigenti”. Secondo tale indicazione parrebbe che, anche in vigenza del D.Lgs. n.81/2015, sia comunque possibile stipulare dei contratti a chiamata facendo ancora riferimento alla tabella delle mansioni allegata al suddetto R.D. n.2657/1923.

Certamente è necessario un quanto mai opportuno chiarimento ministeriale anche perché il legislatore, nel caso del contratto a tempo determinato, nell’individuazione delle attività stagionali ha invece espressamente evidenziato (si veda art. 21 c. 2) come sia applicabile la previgente disciplina in attesa dell’emanazione del decreto ministeriale regolamentativo.

Per completezza occorre ricordare che il lavoro intermittente può essere, in ogni caso, concluso con lavoratori di età superiore a 55 anni e di età inferiore a 24 anni, (purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno art. 13, comma 2).

Nel testo poi si possono riscontrare due distinte novità: la prima, rinvenibile nell’art. 16 comma 5, laddove vengono disciplinate le conseguenze connesse al rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata. In particolare si evidenzia che la previgente disciplina (art. 36 co. 6 del D.Lgs. n. 276/03) affermava espressamente che il rifiuto di rispondere alla chiamata poteva comportare da un lato, la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo all'ingiustificato rifiuto, dall’altro “un congruo risarcimento del danno nella misura fissata dai contratti collettivi o, in mancanza, dal contratto di lavoro”.

Tuttavia la nuova regolamentazione non fa più alcun riferimento al congruo risarcimento, prevedendo come eventuali conseguenze soltanto il licenziamento, nonché la perdita dell’indennità di disponibilità relativa al periodo successivo all’ingiustificato rifiuto.

La seconda innovazione è riscontrabile nell’art. 17 relativo al principio di non discriminazione. In via preliminare si rappresenta che l’art. 38 del D.Lgs. n. 276/03 stabiliva espressamente che “per tutto il periodo durante il quale il lavoratore resta disponibile a rispondere alla chiamata del datore di lavoro non è titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati ne' matura alcun trattamento economico e normativo, salvo l'indennità di disponibilità “.

Tuttavia, la nuova disposizione del Decreto pur essendo scritta sulla falsariga della precedente (soprattutto con riferimento alla maturazione dei trattamenti economici e normativi) non riproduce la parte che escludeva la titolarità di qualsiasi diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati.

In passato la giurisprudenza facendo leva sull’assenza di titolarità dei diritti, nonché sulla circostanza che il lavoratore non maturava alcun trattamento economico/normativo, era giunta ad affermare con riferimento al rapporto di lavoro intermittente senza obbligo di disponibilità, che “nel momento in cui il datore di lavoro cessa le chiamate del lavoratore (o se si preferisce le proposte di attuazione del regolamento negoziale predeterminato) non esiste alcun rapporto tra le parti, inteso come fascio di situazioni giuridiche soggettive passive e attive né sul versante retributivo né contributivo”, ritenendo in radice esclusa anche l'applicazione delle tutele di cui l'art. 18 St. lav. (Tribunale di Perugia, sent. del 02.05.2014).

Ne consegue che l’abrogazione del disposto relativo alla totale insussistenza di diritti potrebbe aprire in futuro qualche perplessità in ordine alla fascia di prerogative spettanti ai soggetti che vertono in tale situazione.

Norme di rinvio ai contratti collettivi (art. 51)
In ultimo pare necessario evidenziare come, salvo diversa espressa previsione, ogni volta in cui nel decreto vengono richiamati i contratti collettivi per tali dovranno intendersi i contratti collettivi di qualsiasi livello (nazionale, territoriale o aziendali) stipulati da (e non “dalle”, quindi si ritiene sufficiente la sottoscrizione anche da parte di una sola sigla sindacale) associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

Inps - Chiarimenti su Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI)

Inps, Circolare n.142 del 29 luglio 2015

SOMMARIO: 
1.Premessa

2.Effetti sull’indennità NASpI in caso di rifiuto alle proposte di lavoro o di trasferimento del lavoratore.

3.Licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione di cui all’art. 6 del D.Lgs. n. 23 del 2015 e licenziamento disciplinare.

4.Requisito contributivo: almeno tredici settimane di contribuzione contro la disoccupazione nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.

4.1. Meccanismo di neutralizzazione.

4.2. Neutralizzazione aspettativa sindacale ex art. 31 della Legge n. 300 del 1970.

4.3. Neutralizzazione dei periodi di CIG in deroga.

4.4. Neutralizzazione dei periodi di lavoro all’estero in Paesi non convenzionati.

5. Requisito lavorativo: trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.

5.1. Perfezionamento del requisito delle 30 giornate di effettivo lavoro per i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari.

5.2. Eventi che consentono neutralizzazione ai fini della ricerca delle trenta giornate di lavoro “effettivo”.

5.2.a. Aspettativa sindacale ex art. 31 della legge n. 300 del 1970 e Cig in deroga.

5.2.b. Malattia integrata dal datore di lavoro.

6. Durata. Procedimento di calcolo. Ulteriori precisazioni.

7. Domanda di indennità di mobilità o di indennità di disoccupazione NASpI.

8. Servizio Civile Nazionale e indennità di disoccupazione NASpI.

8.1 Premessa ed evoluzione del quadro normativo.

8.2 Disciplina dei rapporti fra indennità di disoccupazione NASpI e Servizio Civile nazionale.

9. Nuova attività lavorativa in corso di prestazione.

9.1.Effetti del lavoro occasionale accessorio sull’indennità NASpI.

9.2 Effetti del lavoro intermittente sull’indennità NASpI.

9.3 Effetti del lavoro all’estero sull’indennità NASpI.

10. Espletamento di cariche pubbliche elettive e non elettive in corso di prestazione. 11. Precisazioni alla circolare INPS n. 180 del 2014.

11. Precisazioni alla circolare INPS n. 180 del 2014.

1.           Premessa
A seguito della pubblicazione della circolare n.94 del 12 maggio 2015 attuativa degli artt.1-14 del decreto legislativo n.22 del 2015 in materia di indennità di disoccupazione NASpI, si rende necessario fornire chiarimenti di carattere amministrativo-operativo su aspetti specifici non espressamente disciplinati dalla normativa richiamata ma che possono avere incidenza sulla prestazione.

Con l’occasione si forniscono, tra l’altro, elementi utili all’interpretazione del paragrafo 2.5 punto 4) della circolare n.94 del 2015 in ordine al quale sono state segnalate incertezze circa gli effetti sul calcolo della durata della NASpI.

2.           Effetti sull’indennità NASpI in caso di rifiuto alle proposte di lavoro o di trasferimento del lavoratore.
Nelle more dell’attuazione  tramite decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - del disposto di cui all’art. 7 del D.Lgs. n.22 del 2015 in materia di condizionalità alla erogazione della indennità NASpI, stante il rinvio all’applicabilità alla NASpI delle disposizioni in materia di ASpI in quanto compatibili, si confermano le disposizioni attuative e di prassi  sulla risoluzione del rapporto di lavoro e sulla decadenza dalla prestazione nell’ipotesi di trasferimento del lavoratore ad altra sede della stessa azienda e nell’ipotesi di rifiuto di partecipazione ad iniziative di politica attiva e di non accettazione di un’offerta di lavoro congrua.

In dette ipotesi l’elemento della distanza della sede di lavoro - entro o oltre i 50 chilometri o la raggiungibilità della predetta sede fino a 80 minuti o oltre con i mezzi di trasporto pubblici - rispetto alla residenza del lavoratore, incide sia sul requisito di accesso alla tutela sotto il profilo della cessazione involontaria sia sul mantenimento della prestazione.

In ordine al requisito di accesso alla tutela, la cessazione del rapporto di lavoro per risoluzione consensuale - in seguito al rifiuto da parte del lavoratore al proprio trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante oltre 50 chilometri dalla residenza del lavoratore e/o mediamente raggiungibile in 80 minuti o oltre con i mezzi di trasporto pubblici – non è ostativa al riconoscimento della prestazione di disoccupazione.

In ordine al mantenimento della prestazione, per effetto del combinato disposto di cui ai commi 41 e 42 dell’art.4 della legge n.92 del 28 giugno 2012, il rifiuto da parte del lavoratore di partecipazione ad iniziative di politica attiva o la non accettazione di un’offerta di lavoro congrua non costituisce ipotesi di decadenza dalla prestazione laddove le attività lavorative, di formazione o di riqualificazione si svolgano in un luogo che dista oltre 50 chilometri dalla residenza del lavoratore o che è raggiungibile mediamente in più di 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblico. Viceversa il rifiuto alla partecipazione ad iniziative di politica attiva o la non accettazione di un’offerta di lavoro congrua in un luogo che dista entro 50 chilometri dalla residenza del lavoratore o che è raggiungibile mediamente entro 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblico, costituisce ipotesi di decadenza dalla prestazione, con decorrenza dal verificarsi dell’evento interruttivo che la determina.

3. Licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione di cui all’art. 6 del D. Lgs. n.23 del 2015 e licenziamento disciplinare.
Accanto all’ipotesi legislativamente prevista di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell’ambito della procedura di conciliazione di cui all’art.7 della legge n.604 del 1966 come modificato dal comma 40 dell’art.1 della legge n.92 del 2012, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con interpello n.13 del 2015, ha chiarito che non è ostativo al riconoscimento della indennità NASpI l’ipotesi di licenziamento con accettazione dell'offerta di conciliazione di cui all'art. 6 del D. Lgs. n.23 del 2015.

In particolare il predetto art.6 stabilisce che in caso di licenziamento il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento stesso, un importo che non costituisce reddito imponibile e non risulta assoggettato a contribuzione previdenziale e la cui accettazione da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto di lavoro alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento. Con il citato interpello è stato chiarito che l’accettazione in questione non muta il titolo della risoluzione del rapporto di lavoro che resta il licenziamento e pertanto tale fattispecie è da intendersi quale ipotesi di disoccupazione involontaria conseguente ad atto unilaterale di licenziamento del datore di lavoro.

Nel medesimo interpello è stato altresì chiarito che anche la nuova indennità di disoccupazione NASpI può essere riconosciuta ai lavoratori licenziati per motivi disciplinari. Il licenziamento disciplinare, infatti, non può essere inteso quale evento da cui derivi disoccupazione volontaria in quanto la misura sanzionatoria del licenziamento non risulta conseguenza automatica dell’illecito disciplinare ma è sempre rimessa alla libera determinazione e valutazione del datore di lavoro, costituendone esercizio del potere discrezionale.

In definitiva l’indennità NASpI può essere riconosciuta sia ai lavoratori che accettano l’offerta economica del datore di lavoro di cui all’art.6 del D.lgs. n.23 del 2015, sia a  quelli licenziati per motivi disciplinari.

4. Requisito contributivo: almeno tredici settimane di contribuzione contro la disoccupazione nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.

4.1. Meccanismo di neutralizzazione.
Con riferimento alla individuazione del quadriennio per la ricerca del requisito contributivo richiesto, unitamente agli altri requisiti legislativamente previsti, si precisa quanto segue.

In presenza di una pluralità di periodi neutri - cioè periodi non utili ai fini della ricerca del requisito contributivo e lavorativo - che si susseguono si richiede che almeno il primo evento neutro cominci o sia in corso nel quadriennio di osservazione ai fini della ricerca del requisito contributivo. Il predetto quadriennio viene così ampliato in misura pari alla durata dell’evento neutro.

Se nel quadriennio così ampliato “si rinviene” un ulteriore evento neutro, il quadriennio dovrà essere ulteriormente ampliato in misura pari  alla durata dell’evento rinvenuto.

Il procedimento di ampliamento si protrae fino alla ricostruzione del periodo di osservazione di 48 mesi (quadriennio) al netto degli eventi neutri.

Si chiarisce ad ogni buon conto che i periodi di inoccupazione o disoccupazione non danno luogo a neutralizzazioni ed a conseguenti ulteriori ampliamenti del quadriennio; tuttavia non determinano, di per sé, interruzione della ricostruzione del quadriennio di osservazione.

A tal fine giovi il seguente esempio:

Quadriennio dal 15.5.2015 al 15.5.2011, CIG a zero ore per 30 mesi dal 31.5.2011 al 1.12.2008, malattia non integrata dal 20 ottobre al 25 novembre 2008: il requisito contributivo, per effetto dei predetti eventi che determinano l’ampliamento del quadriennio, deve essere ricercato entro l’8.10.2008. Il quadriennio di osservazione sarà pertanto 15.5.2015 - 08.10.2008.

Qualora all’interno di detto quadriennio (15.05.2015 – 08.10.2008) si rinvenga un evento interruttivo del rapporto assicurativo (es. inoccupazione) che non si esaurisca entro detto quadriennio ma risalga, a ritroso, a data precedente estendendosi ad esempio dal 31.12.2008 al 20.09.2008, il suddetto evento non comporta ulteriore ampliamento del quadriennio: la retrodatazione del quadriennio si estenderà sempre fino all’8.10.2008. Il periodo dell’evento interruttivo del rapporto assicurativo non è, infatti, da considerare neutro e non comporta quindi ampliamento del periodo di osservazione (quadriennio) ma è utile alla ricostruzione del quadriennio. In concreto ovviamente, nell’esempio riportato, l’ultima contribuzione utilizzabile ai fini della verifica della sussistenza del requisito contributivo sarà quella presente fino al 1 gennaio 2009.

4.2. Neutralizzazione aspettativa sindacale ex art. 31 della Legge n.300 del 1970.
L’art. 31 della legge n.300 del 1970 dispone espressamente che i periodi durante i quali i lavoratori sono collocati in aspettativa non retribuita in quanto chiamati a funzioni pubbliche elettive o a ricoprire cariche sindacali sono considerati utili ai fini del diritto e della misura delle pensioni.

In considerazione dell’esplicito richiamo della norma in questione alla sola tutela pensionistica ed in relazione all’orientamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione - espresso in alcune pronunce rese in materia di trattamenti previdenziali non pensionistici (cfr. sentenze Cass. Civ. n. 7558 del 13/08/1997; n. 17130 del 3/12/2002) nelle quali essa ha affermato che se non vi sono disposizioni specifiche che prevedono il periodo di aspettativa per motivi politici e sindacali come utile figurativamente ai fini delle predette prestazioni – i periodi di aspettativa di cui al citato art. 31 coperti da contribuzione figurativa, non sono utili ai fini del perfezionamento del requisito contributivo per l’accesso alla prestazione NASpI.

Tuttavia, i suddetti periodi - seppure non utili per il perfezionamento del requisito contributivo - possono essere considerati “neutri” con un corrispondente ampliamento sia del periodo di osservazione (quadriennio) per la ricerca della contribuzione utile alla prestazione di disoccupazione, sia del periodo di dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro per la ricerca del requisito delle trenta giornate di effettivo lavoro.

Ciò in analogia a quanto previsto per l’indennità di mobilità rispetto alla quale, per il perfezionamento del requisito di sei mesi “di lavoro effettivamente prestato”, i periodi di aspettativa di cui all’art. 31 della Legge n.300 del 1970 sono considerati “neutri”.

4.3. Neutralizzazione dei periodi di CIG in deroga.
Ai fini della determinazione del “quadriennio” per la ricerca del requisito contributivo (minimo 13 settimane) necessario, unitamente agli altri requisiti, per l’accesso alla prestazione di disoccupazione NASpI nonché ai fini della ricerca del requisito delle 30 giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro si osserva che, anche i periodi di  CIG in deroga con sospensione dell’attività a zero ore – vista l’analogia di detta prestazione previdenziale di sostegno al reddito con la CIG ordinaria e straordinaria – sono da considerarsi “neutri” con corrispondente ampliamento sia del periodo di osservazione (quadriennio) per la ricerca della contribuzione utile alla prestazione di disoccupazione, sia del periodo di dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro per la ricerca del requisito delle trenta giornate di effettivo lavoro.

4.4 Neutralizzazione dei periodi di lavoro all’estero in Paesi non convenzionati.
Ai fini della determinazione del “quadriennio” per la ricerca del requisito contributivo (minimo 13 settimane) necessario, unitamente agli altri requisiti, per l’accesso alla prestazione di disoccupazione NASpI nonché ai fini della ricerca del requisito delle 30 giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro, si precisa che i periodi di lavoro all’estero - in Stati con i quali l’Italia non abbia stipulato accordi o convenzioni bilaterali in materia di assicurazione contro la disoccupazione - sono da considerarsi “neutri” con corrispondente ampliamento sia del periodo di osservazione (quadriennio) per la ricerca della contribuzione utile alla prestazione di disoccupazione, sia del periodo di dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro per la ricerca del requisito delle trenta giornate di effettivo lavoro.

5. Requisito lavorativo: trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.

5.1. Perfezionamento del requisito delle 30 giornate di effettivo lavoro per i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari.
A causa del particolare regime che caratterizza il lavoro domestico, per i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari è possibile individuare le settimane in cui gli stessi hanno prestato attività lavorativa ma non è possibile verificare, all’interno di ciascuna settimana, in quali e in quante giornate sia stata prestata l’attività lavorativa.

All’atto dell’instaurazione del rapporto di lavoro, infatti, il datore di lavoro è tenuto a comunicare all’INPS in via telematica il numero di ore lavorative settimanali - senza la specifica della distribuzione delle medesime all’interno delle singole giornate - e la relativa retribuzione oraria o mensile. Successivamente, all’atto del pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali - effettuato trimestralmente dal datore di lavoro per un numero di ore che può essere anche maggiore o minore rispetto a quelle inizialmente comunicate - è possibile conoscere soltanto il numero di settimane accreditate per ciascun mese.

In ragione di quanto esposto – considerato che per la copertura contributiva di una settimana sono necessarie 24 ore di lavoro - ai fini della ricerca del requisito delle “trenta giornate di lavoro effettivo” nei dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro per l’accesso alla prestazione di disoccupazione NASpI, il requisito si intende soddisfatto laddove tali assicurati abbiano prestato – nel periodo di osservazione (12 mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro) – attività lavorativa per 5 settimane con un minimo di ore lavorate per ciascuna settimana pari a 24 ore (24 X 5 cioè minimo di ore per la copertura di una settimana = 120 ore). Per la costituzione del requisito delle trenta giornate di lavoro effettivo occorre pertanto la presenza - nei dodici mesi precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione - di un minimo di 120 ore distribuite nella maniera sopra descritta e cioè 24 ore per ciascuna delle cinque settimane.

5.2. Eventi che consentono neutralizzazione ai fini della ricerca delle 30 giornate di lavoro “effettivo”.

5.2.a. Aspettativa sindacale ex art.31 della legge n.300 del 1970 e Cig in deroga.
Si richiamano i paragrafi 4.2 e 4.3 relativi alla neutralizzazione dei periodi di aspettativa sindacale ex art.31 della legge n.300 del 1970 e di Cig in deroga anche ai fini della ricerca del requisito delle trenta giornate di effettivo lavoro nei dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro.

5.2.b. Malattia integrata dal datore di lavoro.
Nella circolare n. 94 del 2015 al paragrafo “Requisiti” è stato precisato che - ai fini della ricerca del requisito delle “trenta giornate di lavoro effettivo” nei dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro per l’accesso alla prestazione di disoccupazione NASpI - i periodi di malattia nel caso non vi sia integrazione della retribuzione da parte del datore di lavoro (ovviamente nel rispetto del minimale retributivo) siano da considerare “neutri”, con conseguente ampliamento del periodo di osservazione.

Analogamente, anche i periodi di malattia con integrazione della retribuzione a carico del datore di lavoro determinano - se si verificano o siano in corso nei dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro - un corrispondente ampliamento del periodo di osservazione all’interno del quale ricercare il requisito delle trenta giornate.

6. Durata. Procedimento di calcolo. Ulteriori precisazioni.
Ad integrazione della circolare n.94 del 12 maggio 2015 e a seguito di segnalazioni pervenute da diversi canali di utenza si ritiene utile esporre nel dettaglio i singoli passaggi relativi al calcolo della durata dell’indennità NASpI.

Per determinare la durata della prestazione NASpI si procede come segue.

1 - Si considerano in prima istanza le prestazioni di Disoccupazione ordinaria (DSO) e ASpI il cui biennio di osservazione (eventualmente ampliato in ragione della presenza di periodi neutri) sia a cavallo dell’inizio del quadriennio di osservazione per la determinazione della durata dell’indennità NASpI.

1 a) Per la prima prestazione DSO o ASpI e cioè per quella con la data di cessazione più vecchia:

-         Si calcolano i Contributi Fuori Quadriennio nel seguente modo:

52 settimane – contributi utili alla prestazione nel quadriennio;

-         Si calcolano le Settimane utilizzate come segue, e cioè:

 Per il caso di prestazione con durata teorica fino a 52 settimane:

a) Durata effettiva/durata teorica x 52

         b) Se i 12 mesi precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI sono interamente contenuti nel quadriennio si confrontano le Settimane di contribuzione presenti in detti mesi, con quelle calcolate al punto a) e si considera il minore tra i due valori

c) Se i 12 mesi precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI non sono interamente contenuti nel quadriennio, resta confermato il numero di settimane calcolato al punto a)

 - Per il caso di prestazione con durata teorica superiore a 52 settimane:

a) Durata effettiva in settimane

         b) Se i mesi in numero pari alla durata teorica della prestazione precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI, sono interamente contenuti nel quadriennio si confrontano le Settimane di contribuzione presenti in detto periodo con quelle calcolate al punto a) e si considera il minore tra i due valori

c) Se i mesi in numero pari alla durata teorica della prestazione precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI non sono interamente contenuti nel quadriennio, resta confermato il numero di settimane calcolato al punto a)

- Si verifica se i Contributi Fuori Quadriennio coprono tutte le settimane utilizzate; in questo caso per la domanda in esame di NASpI non ci sono settimane da scomputare e sarà il residuo Contributi Fuori Quadriennio ad essere ridotto di dette settimane.

- Se i Contributi Fuori Quadriennio non coprono tutte le settimane utilizzate per la domanda di DSO o ASpI, si azzererà il numero di Contributi Fuori Quadriennio (da considerare per eventuali successive domande DSO o ASpI  con biennio a cavallo) e la ulteriore parte residua di settimane da ritenersi utilizzate sarà detratta dai contributi presenti nel quadriennio da considerare per il calcolo della durata della prestazione NASpI.

1 b) Per la seconda prestazione DSO o ASpI ed eventuali successive sempre di DSO o ASpI (in ordine di data cessazione a partire dalla più vecchia):

-         Si calcolano le Settimane utilizzate come segue, e cioè:

Per il caso di prestazione con durata teorica fino a 52 settimane:

a) Durata effettiva/durata teorica x 52

          b) Se i 12 mesi precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI sono interamente contenuti nel quadriennio si confrontano le Settimane di contribuzione presenti in detti mesi, con quelle calcolate al punto a) e si considera il minore tra i due valori

          c) Se i 12 mesi precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI non sono interamente contenuti nel quadriennio, resta confermato il numero di settimane calcolato al punto a)

Per il caso di prestazione con durata teorica superiore a 52 settimane:

a) Durata effettiva in settimane

         b) Se i mesi in numero pari alla durata teorica della prestazione precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI, sono interamente contenuti nel quadriennio si confrontano le Settimane di contribuzione presenti in detto periodo con quelle calcolate al punto a) e si considera il minore tra i due valori

         c) Se i mesi in numero pari alla durata teorica della prestazione precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI non sono interamente contenuti nel quadriennio, resta confermato il numero di settimane calcolato al punto a).

- Si calcolano i Contributi Fuori Quadriennio nel modo seguente:

52 settimane – contributi utili alla prestazione nel quadriennio, nel limite comunque del residuo Contributi Fuori Quadriennio risultato dalle precedenti domande con biennio a cavallo;

-         Si verifica se i Contributi Fuori Quadriennio coprono tutte le settimane utilizzate; in questo caso per la domanda di NASpI in esame non ci sono settimane da scomputare e sarà il residuo Contributi Fuori Quadriennio ad essere ridotto di conseguenza.

-         Se i Contributi Fuori Quadriennio non coprono tutte le settimane utilizzate per la domanda di DSO o ASpI, si azzererà il numero di Contributi Fuori Quadriennio (da considerare per eventuali successive domande DSO o ASpI con biennio a cavallo) e la ulteriore parte residua di settimane da ritenersi utilizzate sarà detratta dai contributi presenti nel quadriennio da considerare per il calcolo della durata della prestazione NASpI.

2 - Si considerano tutte le domande di prestazione Ds ordinaria (DSO) e ASpI, miniASpI, NASpI, DS Requisiti ridotti e miniASpI 2012 del lavoratore già percepite con data cessazione nel quadriennio ad esclusione di quelle già esaminate al punto 1, e cioè delle prestazioni di Disoccupazione ordinaria (DSO) e ASpI il cui biennio di osservazione (eventualmente ampliato in ragione della presenza di periodi neutri) sia a cavallo dell’inizio del quadriennio di osservazione per la determinazione della durata dell’indennità NASpI.

2 a- Per le prestazioni di cui al presente punto di Ds ordinaria (DSO) e ASpI e con durata teorica fino a 52 settimane si calcolano le Settimane utilizzate come il valore MINORE tra i seguenti:

a) Durata effettiva/durata teorica x 52

b) Settimane contribuzione presenti nei 12 mesi precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI

c) Settimane di contribuzione utilizzate per la domanda di DSO o ASpI che cadono nel quadriennio di osservazione.

2 b- Per le domande di cui al presente punto 2 di Ds Ordinaria (DSO) e di ASpI con durata teorica superiore a 52 settimane si calcolano le Settimane utilizzate come il valore MINIMO tra i seguenti:

a) Durata effettiva in settimane

b) Settimane contribuzione presenti in un numero di mesi pari alla durata teorica della prestazione, precedenti l’evento di DSO/ASpI

c) Settimane di contribuzione utilizzate per la domanda che cadono nel quadriennio di osservazione.

2 c- Per le domande di cui al presente punto 2 di miniASpI e NASpI si calcolano le Settimane utilizzate come il valore MINORE tra:

a) Settimane di durata effettiva x 2

b) Settimane di contribuzione utilizzate per la domanda di miniASpI e NASpI che cadono nel quadriennio di osservazione dell’ultima domanda di NASpI.

2 d- Per le domande di cui al presente punto 2 di Ds Requisiti Ridotti e miniASpI 2012 si calcolano le Settimane già utilizzate in una misura pari alle Settimane di contribuzione nell’anno solare precedente l’anno di presentazione della domanda di Ds RR o di MiniASpI 2012, che cadono nel quadriennio di osservazione per l’ultima domanda di NASpI.

3 – Si considerano i contributi del lavoratore nel quadriennio di osservazione (eventualmente ampliato in ragione della presenza di periodi neutri) prima della data cessazione attività a seguito della quale viene richiesta la NASpI

4 - Al termine del calcolo fin qui illustrato si sommano i contributi nel quadriennio calcolati al punto 3, e cioè i contributi del lavoratore nel quadriennio di osservazione (eventualmente ampliato in ragione della presenza di  periodi neutri) prima della data cessazione attività, e si riducono del numero delle Settimane di contributi utilizzate come calcolate ai punti precedenti, facendo comunque salvi i contributi derivati dai rapporti di lavoro successivi alla data cessazione che ha dato luogo all’ultima indennità di disoccupazione percepita dal lavoratore.

5 - Dividendo per 2 il risultato si ottiene la durata della prestazione NASpI.

Con l’occasione si forniscono elementi utili all’interpretazione del paragrafo 2.5 punto 4) della circolare n.94 del 2015 in ordine al quale sono state segnalate incertezze circa gli effetti sul calcolo della durata della NASpI.

Si precisa pertanto che per tutte le prestazioni di disoccupazione ordinaria con requisiti normali (DSO) o di ASpI le cui ultime 52 settimane di contribuzione che vi hanno dato luogo siano a cavallo dell’inizio del quadriennio, la valutazione della contribuzione utilizzata – calcolata così come indicato al punto 1) dello stesso paragrafo 2.5 - deve essere ricondotta prioritariamente ai periodi contributivi più risalenti delle ultime 52 settimane di contribuzione che hanno dato luogo a prestazioni di DSO o ASpI, anche se detta contribuzione si colloca al di fuori del quadriennio di riferimento.

Il procedimento di calcolo fin qui descritto sarà pubblicato in apposita sezione di pagina Internet.

7. Domanda di indennità di mobilità o di indennità di disoccupazione NASpI
A seguito dei quesiti pervenuti dalle strutture territoriali circa la possibilità per il lavoratore di optare tra la prestazione di mobilità e la prestazione di disoccupazione NASpI, si precisa quanto segue in ordine alla diversità delle due prestazioni con riferimento alla contribuzione versata dal datore di lavoro, ai requisiti di accesso, alla durata, alla misura ed alle tipologie di agevolazioni. Per quanto concerne gli aspetti contributivi, il datore di lavoro è tenuto al versamento dell’aliquota contributiva ordinaria ASpI dell’1,61% (1,31% + 0,30%), a favore dei lavoratori per i quali è prevista l’assicurazione contro la disoccupazione.

In materia di mobilità, invece, sono tenute al versamento del contributo dello 0,30 le aziende inquadrate, ai fini contributivi, nei settori economico–produttivi rientranti nel campo di applicazione della disciplina dell’intervento straordinario di integrazione salariale.

Quanto agli aspetti legati ai requisiti di accesso, la prestazione di disoccupazione NASpI è rivolta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione a seguito di licenziamento individuale, licenziamento con accettazione dell'offerta di conciliazione di cui all'art. 6 del D. Lgs. n.23 del 2015, dimissioni per giusta causa (individuate dalla giurisprudenza), nonché risoluzione consensuale (esclusivamente se avvenuta secondo la procedura di cui all’art. 7, L. 604/1966).

L’indennità di mobilità è, invece, rivolta ai lavoratori licenziati a seguito di una procedura di licenziamento collettivo ai sensi degli artt. 4 e 24 della legge n.223 del 1991 da aziende rientranti nel campo di applicazione della disciplina dell’intervento straordinario di integrazione salariale e appartenenti a particolari settori economico-produttivi.

Quanto ai requisiti di accesso, per la prestazione di disoccupazione NASpI si richiede, oltre allo stato di disoccupazione involontario, la presenza di almeno tredici settimane di contribuzione nel quadriennio precedente la data di cessazione dal lavoro, nonché la presenza di almeno trenta giornate di effettivo lavoro nei dodici mesi precedenti la cessazione dal lavoro. Per l’accesso alla indennità di mobilità, oltre all’iscrizione nelle liste di mobilità, i lavoratori licenziati devono avere la qualifica di operai, impiegati e quadri e un’anzianità aziendale di dodici mesi, di cui almeno sei di lavoro effettivamente prestato, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, come disciplinato dall’art. 16, comma 1 della legge n.223 del 1991.

Quanto alla durata delle prestazioni in argomento, l’indennità NASpI è pari alla metà delle settimane di contribuzione nel quadriennio precedente la data di cessazione dal lavoro, risultando pertanto strettamente legata all’anzianità contributiva del lavoratore. La durata dell’indennità di mobilità, invece, è commisurata all’età anagrafica del lavoratore al momento del licenziamento nonché all’area geografica di ubicazione dell’azienda interessata dalla procedura di licenziamento collettivo. A tal proposito, si precisa che l’art. 2, comma 46 della legge n.92 del 2012 ha introdotto un regime transitorio della durata dell’indennità di mobilità per cui si dovrà applicare una graduale riduzione della durata dell’indennità di mobilità secondo quanto meglio specificato nella circolare n.2 del 2013 e nel  messaggio Hermes 009916 del 24.12.2014. Infine, ai sensi dell’art. 7, comma 4 l’indennità di mobilità non può essere corrisposta per un periodo superiore all'anzianità maturata dal lavoratore alle dipendenze dell'impresa che abbia attivato la procedura di cui all'articolo 4 della legge n.223 del 1991.

Quanto alla misura, l’indennità mensile NASpI è pari al 75% della retribuzione media mensile nei casi in cui tale retribuzione sia pari o inferiore ad un importo stabilito che per l’anno 2015 è di € 1.195; nei casi in cui la retribuzione mensile sia superiore all’importo stabilito, l’indennità NASpI è pari al 75% di detto importo incrementato di una somma pari al 25% del differenziale tra la retribuzione media mensile e il predetto importo stabilito.

All’indennità mensile si applica una riduzione del 3% ogni mese a decorrere dal primo giorno del quarto mese di fruizione.

L’indennità NASpI non può superare un importo massimo mensile stabilito dalla legge, che per il 2015 è pari a € 1.300 lorde.

L’importo dell'indennità di mobilità è, invece, pari al trattamento straordinario di integrazione salariale che il lavoratore avrebbe percepito nel periodo immediatamente precedente la risoluzione del rapporto di lavoro, nei limiti dei “massimali”, previsti per le due fasce di retribuzione percepita prima del licenziamento e adeguati annualmente. Pertanto, detto importo, verrà corrisposto nella misura del cento per cento per i primi 12 mesi e dell’ottanta per cento a decorrere dal tredicesimo fino al termine della prestazione.

Sotto il profilo delle agevolazioni alle assunzioni, per i percettori delle prestazioni di disoccupazione ASpI, mini-ASpI e NASpI, l’art. 2, comma 10 bis della legge n.92 del 2012 prevede che, al datore di lavoro che assume a tempo pieno e indeterminato lavoratori beneficiari della prestazione di disoccupazione, è concesso, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, un contributo pari al 50% dell’indennità mensile residua che sarebbe stata corrisposta al lavoratore.

Per i destinatari dell’indennità di mobilità, al datore di lavoro è concesso uno sgravio sulla quota di contribuzione, pari a quella dovuta per gli apprendisti, per una durata massima di:

-                     18 mesi nel caso di assunzione a tempo indeterminato (art. 25, comma 9, della legge n.223 del 1991);

-                     12 mesi nel caso di assunzione a tempo determinato, anche attraverso più contratti di lavoro. Se nel corso del rapporto, lo stesso è trasformato a tempo indeterminato, il beneficio contributivo spetta per ulteriori dodici mesi. Il contratto può avere anche una durata più lunga ma gli incentivi sono limitati a dodici mesi (articolo 8, comma 2, della legge n. 223 del 1991).

L’assunzione di un lavoratore in mobilità comporta anche un incentivo di natura economica solo qualora il lavoratore assunto sia anche beneficiario della prestazione.

Infatti, il datore di lavoro che senza esservi tenuto assume un lavoratore percettore di indennità di mobilità a tempo pieno e indeterminato percepisce (articolo 8, comma 2, della legge n.223 del 1991):

-                     il 50% dell’indennità di mobilità residua dovuta al lavoratore, per un massimo di dodici mesi se il lavoratore ha meno di 50 anni;

-                     il 50% dell’indennità di mobilità residua dovuta al lavoratore, per un massimo di 24 mesi se il lavoratore ha più di 50 anni, elevato a 36 nelle aree del Mezzogiorno.

Posto quanto sopra, nell’ipotesi di licenziamento collettivo a seguito di procedura di cui agli artt. 4 e 24 della Legge n.223 del 1991, il lavoratore che abbia presentato apposita domanda di indennità di mobilità accede esclusivamente alla indennità di mobilità, in presenza di tutti i requisiti legislativamente previsti; pertanto, sussistendo i requisiti di accesso a tale prestazione, il lavoratore non ha facoltà di optare tra l’indennità di mobilità e l’indennità di disoccupazione NASpI.

Al fine, comunque, di agevolare l’interessato a presentare correttamente la domanda della prestazione di mobilità o di NASpI si procederà ad inserire nella procedura informatica di presentazione della domanda di NASpI un avviso con il quale si porta a conoscenza dell’utente/lavoratore che se la cessazione del proprio rapporto di lavoro è avvenuta a seguito di licenziamento collettivo, ai sensi degli artt. 4 e 24 della Legge n.223 del 1991, occorre presentare esclusivamente domanda di indennità di mobilità. Al riguardo si richiama tuttavia il messaggio INPS n.1644 del 2015 nel quale è stato chiarito che, nel caso di reiezione delle domande di indennità di mobilità, sarà cura degli operatori della struttura territoriale inserire – in calce alla comunicazione di reiezione e della relativa motivazione - una nota con la quale si chiede al lavoratore di manifestare espressamente la volontà di trasformare la iniziale domanda di indennità di mobilità in domanda di indennità di disoccupazione. A tal fine si precisa che il lavoratore dovrà manifestare la predetta scelta entro il termine di 30 giorni dalla data di ricezione della comunicazione in argomento. In tale ipotesi, ai fini della decorrenza della prestazione di disoccupazione, si terrà in considerazione l’originaria domanda di indennità di mobilità, successivamente “trasformata” in domanda di disoccupazione.

Inoltre, nella procedura informatica di presentazione della domanda di indennità di mobilità si procederà ad inserire l’avviso con il quale si porta a conoscenza dell’interessato che l’indennità di mobilità deve essere richiesta solo se la cessazione del proprio rapporto di lavoro sia avvenuta a seguito di procedura di mobilità ai sensi degli artt. 4 e 24 della Legge n.223 del 1991 e che in tutti gli altri casi di cessazione involontaria del rapporto di lavoro occorre presentare domanda di indennità di disoccupazione NASpI.

8.      Servizio civile nazionale e indennità di disoccupazione NASpI

8.1. Premessa ed evoluzione del quadro normativo.
Il decreto legislativo 5 aprile 2002, n.77 recante la disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell’articolo 2 della legge 6 marzo 2001 n.64, all’art.9 rubricato “Trattamento economico e giuridico” stabilisce al comma 1 che l'attività svolta nell'ambito dei progetti di servizio civile non determina l'instaurazione di un rapporto di lavoro e non comporta la sospensione e la cancellazione dalle liste di collocamento o dalle liste di mobilità.

Ai sensi del successivo comma 2, agli ammessi a prestare attività in un progetto di servizio civile compete un assegno per il servizio civile, non superiore al trattamento economico previsto per il personale militare volontario in ferma annuale, nonché' le eventuali indennità da corrispondere in caso di servizio civile all'estero.La misura del compenso dovuto ai volontari del servizio civile nazionale è determinata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri tenendo conto delle disponibilità finanziarie del Fondo nazionale per il servizio civile.

In relazione al compenso, l’Agenzia delle Entrate con circolare 10 giugno 2004 n.24/E ha chiarito che le somme percepite dai volontari ai sensi della normativa di settore, in mancanza dei presupposti che consentano di configurare il rapporto d’impiego dei volontari come un vero e proprio rapporto di lavoro dipendente, devono essere qualificate quali redditi di collaborazione coordinata e continuativa ai sensi dell’art.50, lettera c-bis) del TUIR.

Relativamente al versamento della contribuzione, a norma dell’art. 9, co. 4, del D. Lgs. n.77/2002, il relativo onere era posto interamente a carico del Fondo nazionale per il servizio civile.

Il decreto legge 29 novembre 2008 n.185 convertito dalla L. 28 gennaio 2009, n.2 ha introdotto all’art.9 del decreto legislativo in argomento il comma 4 ter il quale prevede che dal 1° gennaio 2009, cessa a carico del Fondo Nazionale del Servizio Civile qualsiasi obbligo contributivo ai fini di cui al comma 4 per il periodo di servizio civile prestato dai volontari avviati dal 1° gennaio 2009.

Il succitato comma 4 – come modificato dal richiamato decreto legge n.185 del 2008 - prevede che per i soggetti iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti e alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, agli iscritti ai fondi sostitutivi ed esclusivi dell'assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti ed alla gestione di cui all'articolo 2, co.26, della legge 8 agosto 1995, n.335, i periodi corrispondenti al servizio civile su base volontaria successivi al 1° gennaio 2009 sono riscattabili, in tutto o in parte, a domanda dell'assicurato, e senza oneri a carico del Fondo Nazionale del Servizio Civile, con le modalità di cui all'art. 13 della legge 12 agosto 1962, n.1338 e sempreché gli stessi non siano già coperti da contribuzione in alcuno dei regimi stessi.

Sulla base delle integrazioni e modifiche esposte il regime previdenziale dei soggetti interessati risulta significativamente trasformato rispetto al passato. Nel previgente regime infatti i beneficiari di prestazione di disoccupazione - i quali durante il periodo indennizzabile iniziavano il servizio civile volontario - decadevano dal diritto alla prestazione. Analogamente non competeva la prestazione di disoccupazione a coloro che presentavano la relativa domanda nel corso dello svolgimento del servizio civile a seguito di precedente cessazione di rapporto di lavoro subordinato.

L’attuale mutato quadro normativo impone un adeguamento delle ricadute in ambito previdenziale rispetto a quanto da ultimo richiamato.

8.2. Disciplina dei rapporti fra indennità di disoccupazione NASpI e Servizio Civile nazionale.
Ferme restando le previsioni di cui ai citati commi 1 e 2 dell’art. 9 del D.Lgs. n.77 del 2002, si evidenzia quanto segue.

A differenza che nel passato, i volontari del servizio civile, pur percependo un compenso - che vista la normativa fiscale vigente nonché le indicazioni dell'Agenzia delle Entrate è equiparato ai compensi percepiti dai soggetti che svolgono attività di lavoro parasubordinato (collaborazioni coordinate e continuative) – non ricevono copertura contributiva.

Per conseguenza, essendo rimasta immutata la natura delle somme percepite dai volontari del servizio civile qualificate quali redditi di collaborazione coordinata e continuativa ancorché cessato ogni obbligo contributivo, si ritiene di potere ricondurre la fattispecie in esame all’ipotesi normativa di cui all’art. 10 del D.Lgs. n.22 del 2015. La prestazione di disoccupazione è pertanto cumulabile con il compenso da servizio civile volontario subendo la riduzione pari all’80% del compenso previsto. Ciò comporta anche la copertura contributiva figurativa di un periodo altrimenti privo di tutela contributiva ancorché caratterizzato dallo svolgimento di attività a favore della collettività.

Le strutture territoriali provvederanno a gestire la situazione dei beneficiari di prestazione di disoccupazione NASpI i quali durante il periodo indennizzabile inizino il servizio civile volontario, applicando le medesime modalità riservate ai beneficiari della stessa prestazione che - durante il periodo indennizzabile - intraprendono una attività di lavoro parasubordinata (punto 2.10.b Circ. n.94 del 2015).

Analogamente sarà gestita la prestazione di disoccupazione NASpI di coloro che presentano, nei termini legislativamente previsti, la relativa domanda nel corso dello svolgimento del servizio civile a seguito di precedente cessazione di rapporto di lavoro subordinato.

Resta inteso che, non rilevando l’inizio del Servizio civile nazionale da archivio delle comunicazioni obbligatorie UNILAV, rimane a carico dell’interessato la relativa comunicazione.

L’interessato dovrà altresì effettuare all’Inps la comunicazione in ordine all’importo del compenso annuo che questi trarrà dallo svolgimento del Servizio.

Le suddette comunicazioni dovranno effettuarsi entro un mese dall’inizio del Servizio Civile se questo interviene nel corso della percezione della prestazione di disoccupazione o entro un mese dalla domanda di prestazione di disoccupazione - presentata a seguito di precedente cessazione di rapporto di lavoro subordinato - se il servizio civile è già in corso di svolgimento.

Si sottolinea che la presente disciplina comporta accredito di contribuzione figurativa nei periodi di sovrapposizione di Servizio civile nazionale con periodi indennizzati a titolo di NASpI. Nei periodi in cui non sussiste sovrapposizione in quanto il Servizio civile nazionale si svolge in tutto o in parte al di fuori dei periodi indennizzati di NASpI, la copertura contributiva dei periodi di Servizio civile non concomitanti con i periodi indennizzati a titolo di NASpI può essere ottenuta, ai sensi del modificato comma 4 del citato decreto legislativo, solo a seguito di riscatto con onere a carico degli assicurati.

9.      Nuova attività lavorativa in corso di prestazione

9.1.  Effetti del lavoro accessorio sull’indennità NASpI.
Il recente Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n.81 disciplina, tra l’altro, il lavoro accessorio.

In particolare l’art. 48 del richiamato d.lgs. n.81 del 2015 stabilisce che per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro nel corso di un anno civile, annualmente rivalutati sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati. Fermo restando il limite complessivo di 7.000 euro, nei confronti dei committenti imprenditori o professionisti, le attività lavorative di cui trattasi possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro, anche essi rivalutati annualmente.

Il successivo comma 2 prevede che prestazioni di lavoro accessorio possono essere rese, in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, nel limite complessivo di 3.000 euro di compenso per anno civile, anche essi rivalutati, da percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito. L’INPS provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio.

Alla luce della disciplina sopra esposta e delle disposizioni di cui al D.lgs. n.22 del 2015 che prevedono la cumulabilità della prestazione NASpI con i redditi derivanti da attività lavorativa, si precisa che l’indennità NASpI è interamente cumulabile con i compensi derivanti dallo svolgimento di lavoro accessorio nel limite complessivo di 3.000 per anno civile.

Per i compensi che superano detto limite e fino a 7.000 euro per anno civile la prestazione NASpI sarà ridotta di un importo pari all’80 per cento del compenso rapportato al periodo intercorrente tra la data di inizio dell’attività e la data in cui termina il periodo di godimento dell’indennità o, se antecedente, la fine dell’anno.

Il beneficiario dell’indennità NASpI è tenuto a comunicare all’INPS entro un mese rispettivamente dall’inizio dell’attività di lavoro accessorio o, se questa era preesistente, dalla data di presentazione della domanda di NASpI, il compenso derivante dalla predetta attività.

9.2. Effetti del lavoro intermittente  sull’indennità NASpI.
Il contratto di lavoro intermittente, disciplinato dagli artt. 13-18 del richiamato D.Lgs. 15 giugno 2015, n.81, costituisce un contratto di lavoro dipendente che può essere stipulato a tempo determinato ovvero a tempo indeterminato.

Tale contratto può assumere una delle seguenti tipologie:

               1.  lavoro intermittente con espressa pattuizione dell’obbligo di risposta alla chiamata del datore di lavoro e diritto alla indennità di disponibilità;

               2.  lavoro intermittente senza obbligo di risposta alla chiamata e senza diritto all’indennità di disponibilità.

Tipologia 1

Nel caso in cui il lavoratore già beneficiario di indennità NASpI si rioccupi con un contratto di lavoro intermittente di cui alla prima tipologia e cioè con obbligo di risposta alla chiamata e diritto alla indennità di disponibilità, si precisa quanto segue.

Prima dell’evoluzione interpretativa delle disposizioni di cui all’art.2 della legge n.92 del 2012 e prima della disciplina dettata dall’art.9 del D.Lgs. n.22 del 2015 rispettivamente in materia di cumulo dell’indennità ASpI e NASpI con il reddito da lavoro dipendente nel caso di rioccupazione del beneficiario della prestazione, il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali con interpelli n.3147 del 22 dicembre 2005 e n.44 del 3 ottobre 2008 ha chiarito che la corresponsione dell’indennità di disoccupazione deve ritenersi esclusa per i periodi non lavorati durante i quali il lavoratore resta disponibile a prestare la propria attività lavorativa percependo la relativa indennità di disponibilità.

Alla luce delle vigenti disposizioni sia in materia di indennità di disoccupazione ASpI che della nuova indennità NASpI, nell’ipotesi di rioccupazione con contratto di lavoro subordinato è ammesso il cumulo della prestazione di disoccupazione con il reddito da lavoro dipendente laddove quest’ultimo sia inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione.

Pertanto, anche nell’ipotesi in esame di rioccupazione del beneficiario di indennità di disoccupazione con rapporto di lavoro intermittente con obbligo di risposta alla chiamata da parte del prestatore di lavoro e obbligo di corresponsione della indennità di disponibilità da parte del datore di lavoro è ammissibile, trattandosi di rapporto di lavoro subordinato con una tutela retributiva continuativa assicurata dall’indennità di disponibilità, il cumulo della prestazione di disoccupazione con il reddito da lavoro, qualora quest’ultimo - comprensivo della indennità di disponibilità - non superi il limite di € 8.000 per il mantenimento dello stato di disoccupazione.

In particolare trovano applicazione - in considerazione della durata del contratto, che può essere a tempo determinato o a tempo indeterminato, e del reddito annuo derivante dal medesimo - le disposizioni in materia di rioccupazione del beneficiario dell’indennità di disoccupazione con rapporto di lavoro subordinato e i conseguenti effetti di sospensione, riduzione e decadenza sulla prestazione.

Tipologia 2

Nel caso in cui il lavoratore beneficiario di indennità NASpI si rioccupi con contratto di lavoro intermittente di cui alla seconda tipologia e cioè senza obbligo di risposta alla chiamata e senza diritto all’indennità di disponibilità, l’indennità di disoccupazione NASpI resta sospesa per le sole giornate di effettiva prestazione lavorativa e può essere riconosciuta limitatamente ai periodi interni al contratto non interessati da prestazione lavorativa tra una chiamata e l’altra.

Tuttavia, anche per tale tipologia di lavoro intermittente, in applicazione di quanto disposto dall’art. 9, comma 2, del D.Lgs. n.22 del 2015, è ammesso il cumulo della prestazione di disoccupazione con il reddito da lavoro qualora quest’ultimo non superi il limite annuo di 8.000 euro per il mantenimento dello stato di disoccupazione.

Pertanto, laddove il percettore di NASpI intenda cumulare il reddito derivante dal rapporto di lavoro intermittente con la prestazione di disoccupazione, è tenuto a comunicare all’Istituto, entro il termine di un mese dalla ripresa dell’attività lavorativa, il reddito annuo che prevede di trarre dalla stessa. In tal caso la prestazione verrà ridotta e sarà effettuato il conguaglio a fine anno tra i redditi conseguiti in seguito all’attività lavorativa e l’indennità NASpI, secondo quanto previsto per la generalità dei lavoratori.

Stante quanto sopra, si sottolinea che nell’ipotesi in cui un lavoratore, non percettore di indennità di disoccupazione, sia titolare di un contratto di lavoro intermittente a tempo determinato o indeterminato di cui al pt.2 e cioè senza obbligo di risposta alla chiamata e senza diritto all’indennità di disponibilità, per i periodi interni al contratto non interessati da prestazione lavorativa tra una chiamata e l’altra, non è possibile accedere alla indennità di disoccupazione. I periodi di lavoro e di non lavoro costituiscono infatti l’articolazione della prestazione lavorativa della tipologia del contratto in argomento e pertanto i periodi di non lavoro non possono essere assimilati ad una cessazione involontaria del rapporto di lavoro, presupposto per la presentazione della domanda di indennità di disoccupazione.  

9.3. Effetti del lavoro all’estero sull’indennità NASpI.
In caso di nuova occupazione con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato all’estero del soggetto percettore di NASpI occorre distinguere a seconda che il nuovo lavoro sia intrapreso in uno Stato che applica la normativa comunitaria o in uno Stato non comunitario che sia convenzionato con l’Italia in materia di disoccupazione con previsione dell’esportabilità della prestazione o in uno Stato non comunitario che non sia convenzionato con l’Italia in materia di disoccupazione.

Si forniscono pertanto i seguenti chiarimenti in ordine alle diverse situazioni.

1.  Percettore di indennità di disoccupazione NASpI che si reca in un Paese che applica la normativa comunitaria esportando la prestazione (artt. 7, 63 e 64 del Regolamento (UE) n. 883/2004).

Se la persona disoccupata titolare di prestazione italiana chiede, in applicazione dell’articolo 64 del regolamento CE n. 883/2004, di esportare tale prestazione perché si reca in cerca di lavoro in uno Stato che applica la normativa comunitaria, è tenuta a iscriversi come persona in cerca di lavoro nello Stato in cui si è recata e quindi non è più a disposizione del Centro per l’impiego in Italia. Qualora trovi lavoro in detto Stato si produrrà la decadenza dall’indennità NASpI.

2.  Percettore di indennità di disoccupazione NASpI che lascia l’Italia avendo già un contratto di lavoro in Paese estero che applica la normativa comunitaria.

In tale ipotesi l’indennità viene sospesa fino ad un massimo di sei mesi: in questo caso infatti nel momento in cui è stipulato il contratto di lavoro la persona disoccupata è iscritta al Centro per l’impiego.

Al termine del contratto di lavoro all’estero, prima di ripristinare l’indennità sospesa, occorre verificare che l’interessato non si sia iscritto all’ufficio del lavoro dello Stato estero di ultima occupazione e abbia chiesto una prestazione a carico di detto Stato. In tale ipotesi l’indennità NASpI non potrà più essere ripristinata.

3.  Percettore di indennità di disoccupazione NASpI che si reca in uno Stato non comunitario che sia convenzionato con l’Italia in materia di disoccupazione con previsione dell’esportabilità della prestazione, esportando la prestazione. In tale ipotesi si applica quanto previsto al precedente punto 1.

4.  Percettore di indennità di disoccupazione NASpI che lascia l’Italia avendo già un contratto di lavoro in Paese non comunitario che sia convenzionato con l’Italia in materia di disoccupazione con previsione dell’esportabilità della prestazione. In tale ipotesi si applica quanto previsto al precedente punto 2.

5.  Percettore di indennità di disoccupazione NASpI che si reca uno Stato non comunitario che non sia convenzionato con l’Italia in materia di disoccupazione. In tale ipotesi se la persona ha già un contratto di lavoro nel Paese in cui si reca, l’indennità viene sospesa fino ad un massimo di sei mesi, dopodiché si produce decadenza.

Nel caso invece la persona si rechi nell’altro Paese per brevi periodi e per motivi documentati, si applica quanto già previsto con messaggio n.367/8.1.2009.

6.    Percettore di indennità di disoccupazione NASpI che stipuli in Italia un contratto di lavoro subordinato da eseguire in un Paese che applica la normativa comunitaria. In tale caso, essendo il rapporto di lavoro disciplinato dalla normativa Italiana anche in materia previdenziale, trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 9 del D.Lgs. n. 22 del 2015 e i conseguenti effetti di sospensione, riduzione e decadenza sulla prestazione, come nel caso di percettore di NASpI che si rioccupa in Italia.

10. Espletamento di cariche pubbliche elettive e non elettive in corso di prestazione. 

In ordine alla compatibilità e cumulabilità in tutto o in parte degli emolumenti derivanti dall’esercizio di cariche pubbliche elettive e non elettive con la fruizione di indennità di disoccupazione NASpI, in assenza di normativa esplicita specifica - fermo restando il presupposto del mantenimento dello status di disoccupato – si precisa quanto segue.

Ai sensi dei combinati disposti di cui agli artt. 31, 32 della Legge 20 maggio 1970, n.300 e degli artt. 79, 80, 81 e 82 del D.lgs. 18 agosto 2000, n.267 (T.U.E.L.), i lavoratori dipendenti chiamati a funzioni pubbliche elettive e non elettive possono essere collocati, a richiesta, in aspettativa non retribuita per tutta la durata del loro mandato o, in alternativa, hanno diritto di assentarsi dal servizio per la partecipazione alle sedute e alle riunioni degli organi di cui fanno parte per la loro effettiva durata.

Ai predetti lavoratori che chiedono di essere collocati in aspettativa non retribuita compete, ai sensi del richiamato art. 82 del D.Lgs. n.267 del 2000, una indennità di funzione corrisposta in misura intera. Per i lavoratori che, invece, non richiedono l’aspettativa non retribuita tale indennità di funzione è dimezzata.

Ai sensi dell’art. 50 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n.917 (T.U.I.R.) la richiamata indennità di funzione è assimilata ai redditi di lavoro dipendente.

Ciò premesso, nell’ipotesi in cui il lavoratore dipendente che all’atto della cessazione involontaria del rapporto di lavoro ricopre cariche pubbliche percependo la relativa indennità di funzione può, in presenza di tutti i requisiti legislativamente previsti, accedere alla prestazione NASpI.

In particolare, considerato che l’indennità di funzione è assimilata a reddito di lavoro dipendente, possono trovare applicazione rispetto alla prestazione NASpI, gli istituti - previsti per il caso di rioccupazione del beneficiario della prestazione con rapporto di lavoro subordinato - del cumulo, della sospensione e della decadenza in relazione all’importo lordo annuo dell’indennità di funzione e alla durata della carica rivestita. In tali ipotesi, il percettore di NASpI è tenuto alle comunicazioni in ordine allo svolgimento della carica ed alla misura annua dell’indennità di funzione da essa derivante. 

Analogamente, anche per il beneficiario di NASpI che nel corso della fruizione della prestazione venga chiamato a ricoprire cariche pubbliche, possono trovare applicazione gli istituti suddetti con la relativa disciplina.

11. Precisazioni alla circolare INPS n. 180 del 2014.
Con la circolare n. 180 del 2014 sono state date istruzioni in merito alla fruizione delle indennità di ASPI e Mini-ASPI in caso di raggiungimento dei requisiti per il diritto a pensione.

In particolare, al punto 1.4 della citata circolare è stato, tra l’altro, chiarito che ai soggetti nei confronti dei quali si applicano le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze previgenti all’entrata in vigore del decreto legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, la decadenza dell’indennità di disoccupazione ASpI e mini ASpI deve essere riferita alla prima decorrenza utile della prestazione pensionistica di vecchiaia o di anzianità. Pertanto, tali soggetti raggiunti i requisiti per il pensionamento, decadono dalla fruizione delle indennità di disoccupazione ASpI e mini-ASpI dalla data di apertura della c.d. finestra di accesso. In coerenza con quanto specificato, quindi, devono essere respinte le domande di indennità di disoccupazione ASpI e mini ASpI per le quali la fruizione delle predette indennità dovrebbe decorrere successivamente alla prima decorrenza utile della prestazione pensionistica di vecchiaia o di anzianità (data di apertura della c.d. finestra di accesso).

Ciò posto sulla materia sono pervenute richieste di chiarimento nei  casi di soggetti che risultano aver percepito l’indennità di disoccupazione ASPI o mini ASpI successivamente alla data della prima decorrenza utile della pensione di anzianità, ma prima della effettiva corresponsione della pensione. La criticità è data dalla necessaria restituzione di un importo percepito durante un periodo che rimarrebbe privo di copertura sia reddituale, essendo intervenuta la cessazione dell’attività lavorativa, condizione questa di erogabilità dell’indennità di disoccupazione, sia pensionistica, stante la decorrenza della pensione di anzianità successiva alla data di presentazione della relativa domanda.

A tale proposito, infatti, sussistono situazioni come ad esempio quelle relative al regime sperimentale donna  di cui all’art 1, comma 9, della legge n 23 agosto 2004 n 243 o relative alla disciplina della totalizzazione di cui decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 42, nelle quali è impraticabile, dal punto di vista logico ed operativo, la possibilità di respingere le eventuali domande di indennità di disoccupazione ASpI e mini ASpI per le quali la fruizione delle predette indennità dovrebbe decorrere successivamente alla prima decorrenza utile della prestazione pensionistica di anzianità e, conseguentemente, applicare in modo restrittivo il principio della decadenza dalla fruizione delle indennità di disoccupazione ASpI e mini-ASpI dalla data di apertura della c.d. finestra di accesso.

In questi casi, infatti,  l’esercizio delle predette facoltà, anch’esse previste dalla legge, può consentire di avvalersi di requisiti più favorevoli per l’assicurato, attribuendo una decorrenza della pensione già in corso di percezione di indennità di disoccupazione ASpI e mini ASpI ma una corresponsione della stessa solo dalla data dell’esercizio della facoltà, successiva all’apertura della c.d. finestra di accesso.

Ciò posto, dopo aver acquisito anche il concorde parere del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, si chiarisce che nei casi in cui l’esercizio di una facoltà di legge (es. opzione per il regime sperimentale donna, totalizzazione, ricongiunzione o totalizzazione di periodi contributivi esteri ) comporti il perfezionamento del diritto a pensione ad un momento antecedente all’esercizio della facoltà, ma consenta di ottenere la pensione solo con decorrenza successiva all’esercizio delle predette facoltà, è possibile fruire dell’indennità di disoccupazione ASpI e mini-ASpI e Naspi fino alla prima decorrenza utile successiva all’esercizio delle predette facoltà.