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MEDIA-LABOR Srl - News dal mondo del lavoro e dell'economia


mercoledì 5 settembre 2012

Il travaglio normativo del collocamento obbligatorio

La disciplina del collocamento obbligatorio prevede che i datori di lavoro con almeno 15 dipendenti siano obbligati ad assumere un numero di soggetti appartenenti alle categorie protette che varia in base al numero dei lavoratori validi occupati e computabili.
Vengono esclusi dal presente obbligo i datori di lavoro operanti nei seguenti settori:
- edilizia, limitatamente al personale di cantiere e agli addetti al trasporto del settore;
- trasporto aereo, marittimo e terrestre, limitatamente al personale viaggiante e navigante;
- impianti a fune, in relazione al personale direttamente adibito alle aree operative di esercizio e regolarità dell’attività di trasporto;
- autotrasporto, per quanto concerne il personale viaggiante;
- minerario, limitatamente al personale di sottosuolo e quello adibito alle attività di movimentazione e trasporto del minerale.

Alcune aziende, per le particolari condizioni della loro attivita', non hanno la possibilità di occupare l'intera percentuale riservata alle categorie protette. In tal caso, e' loro diritto richiedere il parziale esonero dall'obbligo dell'assunzione obbligatoria in cambio del versamento al Fondo regionale per l'occupazione dei disabili di un contributo parametrato al numero delle unita' non assunte ed alle giornate di lavoro per le quali si sono trovate al di sotto della percentuale riservata alle c.d. fasce deboli di lavoratori.

La riforma Fornero ha apportato alcune modifiche alla disciplina del collocamento obbligatorio che, seppure ridotte nel numero, risultavano essere di primaria importanza per quanto concerne gli obblighi di natura aziendale.
Dopo appena tre settimane dall'entrata in vigore della norma, la legge n.134/2012, di conversione del c.d. Decreto sviluppo, ne ha di fatto annullato l'efficacia ristabilendo o quasi la disciplina previgente.

Le modifiche della riforma Fornero
Il comma 27 dell’articolo 4 della legge n.92/2012, racchiude tutte le novità della riforma del lavoro relative all’istituto del collocamento obbligatorio.

La norma ha annunciato un prossimo regolamento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che avrà il compito di elaborare una nuova definizione dei procedimenti relativi agli esoneri parziali dagli obblighi di assunzione, dei criteri e delle modalita' per la loro concessione e la definizione di norme volte al potenziamento delle attivita' di controllo.
L'intento e' quello di evitare gli abusi riscontrati negli anni, finalizzati ad aggirare i vincoli di assunzione e le possibilità di esonero.

La riforma ha inoltre modificato i criteri di computo del personale occupato ai fini del raggiungimento della soglia per la quale scatta l'obbligo di assunzioni obbligatorie.
La regola base dispone che siano computati tra i dipendenti tutti i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato.
Ad eccezione delle fattispecie previste dai vari contratti collettivi, vengono ulteriormente esclusi dai criteri di computo:
- i lavoratori occupati ai sensi della legge n.68/1999;
- i soci di cooperative di produzione e lavoro;
- i dirigenti;
- i lavoratori assunti con contratto di inserimento;
- i lavoratori occupati con contratto di somministrazione presso l'utilizzatore;
- i lavoratori assunti per attivita' da svolgersi all'estero per la durata di tale attivita';
- i soggetti impegnati in lavori socialmente utili;
- i lavoratori a domicilio;
- i lavoratori che aderiscono al programma di emersione, ai sensi dell'articolo 1, comma 4-bis, della legge 18 ottobre 2001, n.383, e successive modificazioni.
Rispetto alla normativa previgente, sono stati esclusi tra i soggetti non computabili nell'organico aziendale i lavoratori occupati con contratto a tempo determinato di durata non superiore a nove mesi.
In relazione a tale ultimo provvedimento, la circolare del Ministero del lavoro n.18 del 18 luglio 2012 ha precisato che i lavoratori con contratto a termine debbano essere computati nel numero dei dipendenti solo qualora il loro inserimento risultasse indispensabile per la realizzazione del ciclo produttivo, con esclusione quindi dei lavoratori assunti a tempo determinato per ragioni sostitutive.

La legge di riforma del mercato del lavoro ha inoltre specificato che, indipendentemente dall'inquadramento previdenziale dei lavoratori, e' considerato personale di cantiere anche quello direttamente operante nei montaggi industriali o impiantistici e nelle relative opere di manutenzione.
La precisazione e' finalizzata a chiarire alcune problematiche del passato, sorte sulla esplicita esclusione dagli obblighi di assunzione obbligatoria per i datori di lavoro del settore edile per quanto concerne il personale di cantiere e gli addetti al trasporto del settore.

Le modifiche del decreto sviluppo
La legge n.134 del 7 agosto 2012 con un vero e proprio colpo di spugna ha cancellato la modifica più importante introdotta dalla riforma del lavoro all'istituto in commento.
L'articolo 46-bis della legge di conversione del decreto sviluppo ha nuovamente inserito tra le categorie non computabili quella dei lavoratori occupati con contratto a tempo determinato di durata fino a sei mesi.

Di fatto, nel merito, è stata ristabilita la disciplina previgente, anche se l'esclusione dal computo riguardera' i contratti a tempo determinato di durata non superiore, non più' a nove mesi come nel passato, ma a sei mesi.

Valerio Pollastrini

lunedì 3 settembre 2012

Ampliata la platea dei lavoratori impiegati con contratto di lavoro accessorio

La legge n.134/2012 che ha convertito in legge, il c.d. "Decreto sviluppo", e' intervenuta sulla disciplina del lavoro occasionale accessorio.
Si tratta di quelle attivita' svolte mediante il pagamento dei prestatori di lavoro con appositi voucer.
La legge di conversione ha, di fatto, ampliato la platea dei lavoratori per i quali e' possibile fare ricorso alla suddetta fattispecie contrattuale.

Il primo comma, lettera d), dell'articolo 46-bis, per il 2013 consente, anche a coloro che percepiscono prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito, di instaurare un rapporto di lavoro accessorio nel limite massimo di 3000 euro di corrispettivo per anno solare.
L'ambito di applicazione riguarda tutti i settori di attivita', inclusi gli enti locali.
Per tali soggetti, l'Inps dovra' sottrarre dalla contribuzione figurativa, prevista per le prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito, gli accrediti previdenziali derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio.

Il particolare contratto in commento viene utilizzato prevalentemente nel settore agricolo e la recente modifica viene incontro alle richieste pervenute da varie associazioni di categoria che chiedevano di utilizzare anche i soggetti percipienti l'indennita' di disoccupazione.
La norma si e' pero' mostrata poco sensibile alle imminenti esigenze legate alla vendemmia autunnale, dal momento che, come detto, la novita' produrra' i suoi effetti unicamente nell'anno 2013.

Valerio Pollastrini

Gestione separata: ulteriori modifiche alle aliquote contributive

La legge n.134/2012 che ha convertito in legge il c.d. "Decreto sviluppo" e' intervenuta sull'aumento dei contributi previdenziali verso la Gestione separata disposti dalla riforma Fornero.
L'articolo art.46-bis della legge di conversione ha determinato lo slittamento di un anno dell' incremento dell'aliquota applicabile unicamente ai soggetti non assicurati presso altre forme pensionistiche.

Per tali soggetti, l'aliquota contributiva del 27% rimarra' invariata per tutto il 2013,mentre passera' al 28% a partire dal 2014.

Coloro che invece fossero iscritti ad altre forme pensionistiche, nel 2013 vedranno elevata la propria aliquota al 20%.

Alla luce di quest'ultima modifica si riporta la progressione degli aumenti previsti fino al 2018 per tutti gli iscritti alla Gestione separata:

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2012
- Aliquota per non iscritti ad altra forma pensionistica: 27%
- Aliquota per soggetti iscritti ad altre forme pensionistiche: 18%
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2013
- Aliquota per non iscritti ad altra forma pensionistica: 27%
- Aliquota per soggetti iscritti ad altre forme pensionistiche: 20%
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2014
- Aliquota per non iscritti ad altra forma pensionistica: 28%
- Aliquota per soggetti iscritti ad altre forme pensionistiche: 21%
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2015
- Aliquota per non iscritti ad altra forma pensionistica: 30%
- Aliquota per soggetti iscritti ad altre forme pensionistiche: 22%
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2016
- Aliquota per non iscritti ad altra forma pensionistica: 31%
- Aliquota per soggetti iscritti ad altre forme pensionistiche: 24%
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2017
- Aliquota per non iscritti ad altra forma pensionistica: 32%
- Aliquota per soggetti iscritti ad altre forme pensionistiche: 24%
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2018
- Aliquota per non iscritti ad altra forma pensionistica: 33%
- Aliquota per soggetti iscritti ad altre forme pensionistiche: 24%
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Valerio Pollastrini

Il lavoro in regime di Partita Iva dopo le novita' del "decreto sviluppo"


La legge n.134 del 7 agosto 2012 ha convertito in legge, apportandovi alcune modifiche, il Dl n.83/2012, meglio conosciuto come "decreto sviluppo", concernente misure urgenti per la crescita del Paese.
La legge di conversione e' intervenuta su diversi istituti rientranti nel campo del diritto del lavoro. In particolare, gli articoli 24-bis e 46-bis, oltre ad introdurre una disposizione inerente alla normativa applicabile ai call center outbound, hanno apportato alcune modifiche alla legge n.92 del 28 giugno 2012 di riforma del mercato del lavoro.
Oggetto del presente commento sono le prestazioni rese da soggetti titolari di partita Iva alla luce dei correttivi apportati dalla conversione in legge del decreto sviluppo.


Il lavoro in regime di partita Iva dopo la riforma Fornero
La riforma, entrata in vigore il 18 luglio 2012, ha operato una netta restrizione del campo di applicazione del lavoro autonomo in regime di partita Iva.
La legge Fornero, inserendo l'articolo 69-bis al decreto legislativo n.276/2003, ha introdotto, per i rapporti lavorativi con i soggetti rientranti in tale ambito, un complesso sistema di presunzioni volto alla conversione automatica in contratto di collaborazione coordinata e continuativa al verificarsi di determinate condizioni.
Piu' precisamente, tale conversione avverra' al verificarsi di almeno due dei seguenti presupposti:
A) che la collaborazione con il medesimo committente abbia una durata complessivamente superiore ad otto mesi nell'arco dell'anno solare;
B) che il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche se fatturato a più' soggetti riconducibili al medesimo centro d'imputazione di interessi, costituisca più dell'80% dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell'arco dello stesso anno solare;
C) che il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.

In pratica la concomitanza di due delle sopracitate ipotesi comportera', a danno del committente, una doppia trasformazione.
Con la prima, quella citata espressamente dalla norma, il rapporto verra' trasformato in collaborazione coordinata e continuativa. La seconda, conseguenza diretta della prima, in virtu' della generale disciplina dei contratti di lavoro parasubordinato che prevede l'automatica conversione in contratto di lavoro subordinato per quei rapporti di collaborazione privi di un formale "progetto".
Ricapitolando: sulla base del meccanismo di presunzione introdotto dalla riforma Fornero, il contratto di lavoro autonomo stipulato tra un committente ed un soggetto titolare di partita Iva, in difetto dei requisiti fissati dalla legge, verra' convertito automaticamente in contratto di collaborazione coordinata e continuativa. Il contratto cosi' mutato, in mancanza di uno specifico progetto (cosa scontata dal momento che ab origine le parti avevano concordato la stipulazione di una diversa fattispecie contrattuale) subira' l'ulteriore trasformazione nell'alveo della subordinazione.

Per completezza di esposizione, e' necessario aggiungere che la presunzione di sussistenza di una collaborazione coordinata e continuativa deve essere esclusa nel caso in cui la prestazione del titolare di partita Iva sia connotata dai seguenti requisiti:
- abbia ad oggetto competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi, ovvero da capacita' tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell'esercizio concreto di attivita';
- sia svolta da soggetto possessore di un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali (per il 2012 € 17823);
- sia svolta nell'esercizio di attivita' professionali per le quali l'ordinamento richiede l'iscrizione ad un ordine professionale, ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati e detta specifici requisiti e condizioni.

I correttivi del decreto sviluppo
Dopo circa 3 settimane dall'entrata in vigore della riforma del lavoro, la conversione del decreto sviluppo ne ha modificato alcune disposizioni, contemperando in particolare le restrizioni che la stessa aveva apportato al regime di lavoro con partita Iva.
Il comma 1 dell'articolo 46-bis della legge n.134/2012 dispone ora che la presunzione introdotta dalla riforma deve essere verificata su un arco temporale di due anni e non più sul singolo anno solare.
Tale novita' riscrive di fatto le ipotesi di conversione automatica dei rapporti di lavoro autonomo previste dalla riforma del lavoro.
La nuova formulazione normativa impone il disconoscimento del contratto di lavoro autonomo con partita Iva al verificarsi di almeno due dei seguenti presupposti:
A) che la collaborazione con il medesimo committente abbia una durata complessiva superiore a otto mesi annui per due anni consecutivi;
B) che il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche se fatturato a più' soggetti riconducibili al medesimo centro d'imputazione di interessi, costituisca più' dell'80% dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell'arco di due anni solari consecutivi;
C) che il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.

Rimangono del tutto invariate le ipotesi di esclusione previste dalla riforma sopra citate.
L'interezza della disciplina riepilogata nel presente commento produce i suoi effetti verso i rapporti instaurati dopo il 18/07/2012, data di entrata in vigore della riforma del lavoro.
Per i rapporti che hanno invece avuto inizio nel periodo precedente, la presente normativa risultera' applicabile a far data dal 18 luglio 2013, vale a dire, decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge Fornero.

Valerio Pollastrini

mercoledì 29 agosto 2012

Cambio appalto e tutela dei diritti dei lavoratori


Con l'interpello n.22/2012 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali fornisce alcuni chiarimenti in merito ai diritti dei lavoratori subordinati coinvolti nella successione degli appalti.
L'istanza sul merito e' stata presentata dall’Associazione Nazionale Sindacati dei Trasporti e dei Servizi che ha chiesto alla Direzione generale per l'Attivita' Ispettiva “quale possa essere lo strumento legale assimilabile al cambio d’appalto e che ne qualifichi lo spessore giuridico-contrattuale” e quale tutela sia esperibile “al fine di garantire i diritti dei lavoratori alla conservazione del posto di lavoro”.
L'Ente interpellato ha ricordato che la materia della successione negli appalti tra imprese e' regolamentata dalla contrattazione collettiva.
Ad esempio, per quanto riguarda i dipendenti di aziende rientranti nel campo dell'Igiene Ambientale, l'articolo 6 del relativo CCNL, prevede che in tutti casi di cessazione di un appalto di servizi e di conseguente aggiudicazione dell’appalto da parte di una diversa impresa, i rapporti di lavoro sussistenti con la prima azienda appaltatrice vengono a cessare e l’appaltatrice subentra nella gestione dei rapporti di lavoro se impiegati presso l’azienda cessante nei 240 giorni precedenti l’inizio della nuova gestione.

La principale problematica rappresentata da un impianto normativo retto dai contratti collettivi e' costituita dall'efficacia soggettivamente limitata di tale fonte. Le clausole che garantiscono ai lavoratori la continuità del rapporto di lavoro risultano opponibili all’impresa subentrante solo se anch’essa applica lo stesso contratto collettivo o altro contratto che contempli analogo obbligo.
Tale criticità risulta amplificata dal fatto che alcuni strumenti legali di tutela dei lavoratori risultano difficilmente estendibili alla successione degli appalti.
Basti pensare, al riguardo, quanto riportato dalla Circolare L/01 del 28 maggio 2001, con la quale il Ministero del lavoro ha escluso i licenziamenti comunicati a causa della cessazione di un appalto, qualunque sia il loro numero, dall’area di applicazione della disciplina dei licenziamenti colllettivi di cui alla legge n.223/1991ed ha affermato che gli stessi debbano essere considerrati come licenziamenti individuali plurimi per giustificato motivo oggettivo da assoggettare, quindi, alla disciplina della L. n. 604/1966. In tal modo, i lavoratori licenziati vengono automaticamente esclusi dalla possibile fruizione dell'indennita' di mobilita'.
Tale scelta viene giustificata dal Ministero attraverso l'assunto che la perdita di un appalto di servizi non può essere ricondotta alle situazioni tipiche di sospensione del lavoro o riduzione del personale per situazioni temporanee di mercato né ad ipotesi di ristrutturazione o crisi aziendale quanto, piuttosto, ad un turn over assolutamente “fisiologico”. In tale contesto il cambio di gestione nell’appalto viene disciplinato allo scopo principale di salvaguardare i livelli occupazionali mediante un impegno all’assunzione degli addetti al singolo appalto da parte dell’impresa subentrante mediante uno strumento contrattuale di tutela dell’occupazione.
Del resto il suddetto orientamento trova conferma nell'art.7, comma 4 bis, della L. n. 31/2008, il quale attribuisce espressamente ai contratti o agli accordi collettivi stipulati tra le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, il compito di perseguire, nei confronti dei lavoratori riassunti dall’azienda subentrante, il fine della piena occupazione e l’invarianza del trattamento economico complessivo dei lavoratori, nonche' l’acquisizione del personale già impiegato nel medesimo appalto, a seguito del subentro di un nuovo appaltatore.
In merito all’acquisizione del personale già impiegato nell'appalto a seguito di subentro di un nuovo appaltatore,va inoltre precisato che l'art. 29, comma 3 del D.Lgs. n. 276/2003 esclude la configurabilita' della fattispecie del trasferimento d'azienda. Ciò sta a significare che il passaggio del dipendente da una azienda all’altra in caso di cambio appalto può avvenire senza il riconoscimento al lavoratore dell’anzianità di servizio o della retribuzione e livello di inquadramento, salvo, ben inteso, che il contratto collettivo non disponga il contrario.
Del resto anche la giurisprudenza, negli anni, non si e' discostata dagli indirizzi normativi citati. Ad esempio la Corte di Cassazione, nel decidere su questioni attinenti i licenziamenti effettuati per cambio appalto o per mancate assunzioni da parte delle nuove società appaltatrici, con la sentenza n.12613 del 2007 ha affermato che, in caso di cessazione dell’appalto originario o per la scadenza del contratto, nonche' per la risoluzione anticipata dello stesso, la sussistenza per il lavoratore di un diritto all’assunzione diretta da parte dell’impresa subentrante, dipende dalla eventuale esplicita previsione della contrattazione collettiva inerente al cambio di appalto.
La Suprema Corte, in molteplici occasioni, ha peraltro osservato che la tutela prevista dai contratti collettivi non esclude ma si aggiunge a quella apprestata a favore del lavoratore nei confronti del datore di lavoro che ha intimato il licenziamento per il cambio appalto, non incidendo sul diritto del lavoratore di impugnare il licenziamento per ottenere il riconoscimento della continuità giuridica del rapporto originario. (Cass., sez. lav., sent. cit.; Cass., sez. lav., n. 4166/2006; v. anche Cass., sez. lav., n. 3337/1998; Cass., sez. lav., n. 15593/2002).
Quanto fin ora dedotto induce a riassumere che, da un lato, grazie alla riconduzione della cessazione del rapporto di lavoro al licenziamento individuale, si afferma per il lavoratore il diritto di impugnare il licenziamento per insussistenza del giustificato motivo oggettivo; dall’altro, si rafforza l’obbligo giuridico per l’azienda subentrante di assunzione diretta del lavoratore in base alle previsioni contenute nel contratto collettivo e la conseguente possibilità per il lavoratore, in caso di inottemperanza, di adire l’Autorità giudiziaria.

Va da ultimo osservato che, sebbene l’art. 29, comma 3, del D.Lgs. n. 276/2003 non ammetta la riconduzione del cambio appalto al trasferimento d’azienda o di un ramo di essa, ciò non esclude che, se in sede giudiziaria venisse accertato che, la successione dell'appalto avesse mascherato, nel concreto, un vero e proprio trasferimento di azienda, occorrerà applicare la relativa disciplina con riconoscimento, quindi, della continuità dei rapporti di lavoro tra impresa cedente e cessionaria.

Valerio Pollastrini

Pubblicata sul sito del Ministero l'Agenda del Governo per sostenere la crescita

28 agosto 2012
Agenda del Governo per sostenere la crescita
Presentato dal Consiglio dei Ministri il 24 agosto, il documento contiene anche le azioni in programma in tema di lavoro.

E’ stata discussa dal Consiglio dei Ministri dello scorso 24 agosto e presentata al termine di una intensa giornata di lavori, l’Agenda del Governo - Obiettivo crescita. Il documento mira a definire - dopo una prima fase caratterizzata dall’avvio di nuove iniziative - l’azione coordinata e finalizzata a sostenere la crescita del Paese che il Governo intende portare avanti nei prossimi mesi. 

La sfida per il prossimo futuro, in particolare, sarà quella di rafforzare la strategia iniziata al fine di sollecitare le principali leve del sistema economico nazionale accrescendo la produttività e aprendo nuove opportunità di impresa e lavoro secondo gli obbiettivi posti dalla Strategia Europa 2020. 

Fra i punti messi in agenda dal Governo, uno specifico riferimento alla modernizzazione del nostro mercato del lavoro che, anche alla luce delle recenti novità introdotte dalla Riforma Fornero, passerà dalle seguenti azioni:

- Avviare un serio e puntuale monitoraggio degli effetti della riforma;

- Adottare i provvedimenti per rafforzare la partecipazione dei lavoratori;

- Rafforzare i servizi per l’impiego, le politiche attive e l'apprendimento permanente;

- Intensificare le azioni finalizzate a promuovere la formazione, la mobilità internazionale, l’inserimento nel mondo lavorativo dei giovani (attingendo a finanziamenti europei);

- Avviare iniziative atte ad accorciare i tempi della transizione scuola-lavoro e di quella tra gli stati disoccupazione-occupazione;

- Presidiare l’attività concernente gli ammortizzatori sociali, compresi quelli in deroga, per rispondere con tempestività alle esigenze sollecitate dalla perdurante recessione economica;

- Promuovere la stabilizzazione dei contratti a termine o di apprendistato;

- Razionalizzare e indirizzare le misure e gli incentivi per l’imprenditoria giovanile e femminile;

martedì 28 agosto 2012

Appalto e subappalto: responsabilita' solidale per i crediti di lavoro

L'art. 1292 del c.c. definisce l'obbligazione solidale passiva quella fattispecie in cui più debitori sono obbligati per la medesima prestazione, in modo che ciascuno può essere costretto all'adempimento per la totalità del debito. In tal caso l'adempimento di uno di essi libera gli altri.
Lo scopo della solidarietà passiva e' quello di rafforzare il credito, in quanto attribuisce al creditore la facoltà di chiedere l'adempimento dell'esatta prestazione ad uno qualunque dei debitori.
Il 10 agosto 2012 l'Inps ha diramato la circolare n.106, con l'intento di fornire indicazioni operative per uniformare i comportamenti nella gestione delle obbligazioni nascenti da vincoli di solidarietà, sia per quanto riguarda la fase dell'accertamento ispettivo che quella del recupero del credito.
Di primario interesse, risulta in questa sede, il riepilogo compiuto dall'Istituto Previdenziale della disciplina relativa all'obbligazione solidale nel campo del lavoro.
Le ipotesi di responsabilità solidale passiva verso l'Inps, scaturenti da violazioni di natura contributiva, sono state ampliate nel tempo attraverso reiterati interventi normativi concentrati, in particolare, sulla disciplina prevista per il contratto di appalto.
I soggetti tutelati sono tutti i lavoratori, ovvero, non solo i lavoratori subordinati, ma anche quelli impiegati nell'appalto con altre tipologie contrattuali (ad es. collaboratori a progetto), nonché quelli in nero, purché impiegati direttamente nell'opera o nel servizio oggetto dell'appalto.
Le norme di riferimento sono l'art. 29, comma 2, del D.Lgs. n.10 settembre 2003, n.276 e l'art.35, comma 28, del D.L.4 luglio 2006, n.233.
La prima sancisce che nel caso di appalto di opere o servizi il committente e` obbligato in solido con l'appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto.
L'obbligazione riguarda la corresponsione ai lavoratori impiegati nell'appalto dei trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali dovuti.
Il committente, convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all'appaltatore, potra' eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell'appaltatore medesimo.
In tal caso l'azione esecutiva potra' essere intentata nei confronti del committente solamente dopo l'infruttuosa escussione del patrimonio dell'appaltatore.
L'eccezione potra' essere sollevata anche nel caso in cui l'appaltatore non fosse stato convenuto in giudizio. In questo caso pero', il committente dovra' indicare i beni del patrimonio dell'appaltatore sui quali il lavoratore potra' agevolmente soddisfare i suoi crediti.
Qualora il committente fosse costretto ad eseguire il pagamento in luogo dell'appaltatore potra' successivamente esercitare l'azione di regresso nei confronti di quest'ultimo secondo le regole generali.

La seconda norma citata dalla circolare in commento, in vigore fino al 28/04/2012, riguarda invece la disciplina del subappalto e dispone la responsabilità solidale dell'appaltatore con il subappaltatore per il pagamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente ed il versamento dei contributi previdenziali e dei contributi assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei dipendenti a cui e' tenuto il subappaltatore.
La citata norma e` stata sostituita, a decorrere dal 29/04/2012, dall'art.2 comma 5 bis legge n.44/2012, ma mantiene la propria efficacia fino a tale data.
Per i periodi successivi, la nuova disposizione legislativa coinvolge il committente nel rapporto tra appaltatore e subappaltatore nelle obbligazioni di natura fiscale. Il committente e` infatti obbligato in solido con l'appaltatore e con ciascuno degli eventuali subappaltatori, entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, al versamento delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente e dell'Iva scaturente dalle fatture inerenti le prestazioni effettuate nell'ambito dell'appalto.
Il coinvolgimento del committente si avra' ogni qualvolta quest'ultimo non dimostri di aver messo in atto tutte le cautele possibili per evitare l'inadempimento.


Dall'analisi complessiva delle menzionate disposizioni legislative, nonche' della loro progressione temporale, si evince dunque che il committente e` chiamato a rispondere in solido con l'appaltatore, nonché con gli eventuali subappaltatori, per l'intero importo della contribuzione previdenziale (nonché della retribuzione) dovuta, con esclusione, dalla data di entrata in vigore del D.L.5/2012 (10/02/2012), delle sanzioni civili, ai sensi dell'art.21 del medesimo decreto.
In merito alla esclusione delle sanzioni civili, il Ministero del lavoro, con la circolare n.2 del 2012, a chiarito che il regime di solidarietà permane sulle somme dovute a titolo di interesse moratorio sui debiti previdenziali (sia contributivi e assistenziali che assicurativi), nascenti sul debito contributivo una volta raggiunta l'entità massima prevista della sanzione civile.
Il Ministero ha, altresì chiarito che il dies a quo a partire dal quale il committente non risponde dell'obbligo relativo alle somme aggiuntive, coincide con tutti gli obblighi contributivi la cui scadenza e` successiva al 10 febbraio 2012, data di entrata in vigore del predetto decreto.
E` importante rimarcare che il vincolo della solidarietà viene meno dopo due anni dalla cessazione dell'appalto (ovvero, in presenza di subappaltatori, dopo due anni dalla cessazione del subappalto).

La responsabilita' in solido dell'appaltatore risponde inoltre ad un consolidato orientamento giurisprudenziale che considera il contratto di subappalto null'altro che un vero e proprio appalto - che si caratterizza, rispetto al contratto-tipo, solo per essere un contratto derivato da altro contratto stipulato a monte, che ne costituisce il presupposto. Tale interpretazione e` formulata nel rispetto della ratio della norma consistente nell'esigenza di assicurare una particolare tutela in favore dei lavoratori ausiliari dell'appaltatore, atta a preservarli dal rischio dell'inadempimento di questi, esigenza che ricorre identica tanto nell'appalto quanto nel subappalto.
Pertanto, a partire dal 29 aprile 2012, il regime complessivamente previsto per il committente obbligato in solido, come sopra descritto, va esteso anche all'appaltatore chiamato in solidarietà.


Indicazioni operative
Per quanto riguarda l'attivita' ispettiva dell'Ente previdenziale, la circolare 106/2012 prevede che, nei casi di accertata solidarieta', l'ispettore dovra' comunicare all'obbligato in solido il verbale di accertamento gia' notificato all'obbligato principale. Tale documento riportera' esclusivamente l'esposizione dettagliata dei fatti presupposto dell'addebito, ivi compreso l'elenco dei lavoratori ed i periodi di lavoro per ciascuno di essi ed riferimenti di legge da cui deriva il vincolo solidale.

Il verbale contenente l'addebito nei confronti dell'obbligato principale e' stato strutturato in modo da evidenziare, distintamente per ciascuno degli obbligati solidali, l'importo della contribuzione dovuta e delle somme aggiuntive, secondo il regime indicato nella premessa normativa.

Si rammenta, infine, che, come precisato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con interpello n.3/2010, il debito contributivo nascente da solidarieta' non pregiudica rilascio del DURC regolare.

Valerio Pollastrini

domenica 26 agosto 2012

Istruzioni per l'assunzione di colf e badanti

L'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale ha pubblicato nel proprio sito un vademecum sulle modalita' di instaurazione di un rapporto di lavoro domestico. Si tratta dei contratti di lavoro relativi alle attivita' di colf e badanti.
Il riepilogo degli adempimenti previsti in caso di assunzione tiene conto delle differenze formali tra lavoratori extracomunitari e quelli appartenenti alla Unione Europea.
Vengono inoltre evidenziati distintamente tutti gli adempimenti richiesti ai datori di lavoro e quelli a carico dei lavoratori.

ISTRUZIONI INPS
A seconda della provenienza e dell'eta` del lavoratore sono richiesti adempimenti diversi sia al datore di lavoro sia al lavoratore.

PER I LAVORATORI ITALIANI O DI PAESI DELL'UNIONE EUROPEA

Cosa deve fare il datore di lavoro

Nel caso il lavoratore domestico sia di nazionalita` italiana o di paesi della Unione Europea (Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria) il datore di lavoro puo` assumere direttamente il lavoratore domestico, dopo aver concordato gli elementi del rapporto di lavoro (orario, retribuzione, ferie, ecc.).
Sono equiparati ai cittadini dell'Ue i cittadini Svizzeri e i cittadini degli stati appartenenti allo Spazio Economico Europeo - SEE (Norvegia, Islanda, Liechtenstein).


Cosa deve fare il lavoratore

Il lavoratore puo` essere assunto anche se non iscritto nelle liste di collocamento. E' pero` necessario che sia in possesso del codice fiscale, di un documento di identita` e della tessera sanitaria aggiornata e rilasciata dall'Asl.
Dato che e` ammessa l'assunzione di minori con eta` minima di 16 anni, se il lavoratore domestico e' minorenne, il lavoratore deve presentare oltre ai documenti gia` indicati:
- il certificato di idoneita` al lavoro, rilasciato dall'Ufficiale sanitario dell'Asl di zona dopo visita medica a cura e carico del datore di lavoro;
- la dichiarazione dei genitori o di chi ne esercita la potesta` familiare, vidimata dal Sindaco del comune di residenza, con cui si acconsente che il lavoratore minorenne viva presso la famiglia del datore di lavoro o, in alternativa, per i minori ad ore, l'autorizzazione scritta di chi esercita la patria potesta`.


PER I LAVORATORI EXTRACOMUNITARI

Le procedure sono diverse se il lavoratore risiede gia` in Italia o se invece risiede all'estero.


SE IL LAVORATORE EXTRACOMUNITARIO GIA' RISIEDE IN ITALIA

Cosa deve fare il datore di lavoro

Il datore di lavoro che vuole assumere un lavoratore extracomunitario gia` residente in Italia deve stipulare con questo un contratto di soggiorno per lavoro, procedendo come segue:
- compilare e sottoscrivere, con il lavoratore straniero, il modulo Q per stipulare il contratto di soggiorno per lavoro. Il modulo e` scaricabile dai siti www.lavoro.gov.it, www.solidarietasociale.gov.it, www.interno.it o dal sito dello Sportello Unico dell'Immigrazione della Prefettura di residenza.
- inviare tramite raccomandata a/r allo Sportello Unico per l'Immigrazione della Prefettura di residenza l'originale del contratto di soggiorno (mod.Q) con allegata la copia di un documento d'identita`;
- consegnare al lavoratore straniero una copia del contratto di soggiorno e della ricevuta postale di ritorno, timbrata dallo Sportello Unico. Sulla ricevuta postale e` necessario indicare cognome e nome del lavoratore con il quale e` stato stipulato il contratto di soggiorno.


Cosa deve fare il lavoratore

- essere in possesso di un permesso di soggiorno valido per lo svolgimento di un'unita` lavorativa;
- compilare insieme al datore di lavoro, il modulo Q per il contratto di soggiorno per lavoro.


SE IL LAVORATORE EXTRACOMUNITARIO NON E' ANCORA ENTRATO IN ITALIA

Cosa deve fare il datore di lavoro

Ogni anno in Italia viene programmato attraverso il cosiddetto "Decreto Flussi" il numero massimo di lavoratori extracomunitari ai quali sara` concesso il permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
Il Decreto entra in vigore quando viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Pertanto, il datore di lavoro che vuole instaurare un rapporto di lavoro domestico con un cittadino extracomunitario residente all'estero, deve attendere la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto flussi dell'anno in corso e, a partire dalle scadenze indicate, presentare la domanda di nulla osta al lavoro.

Per ulteriori informazioni consultare il sito del Ministero dell'Interno.


Come presentare la domanda di nulla osta

La domanda puo` essere compilata e inviata esclusivamente via Internet.
Il Ministero dell'Interno, infatti, ha messo a punto una procedura di invio delle domande che elimina l'obbligo della spedizione postale e richiede, da parte del datore di lavoro, la disponibilita` di un computer e di un collegamento internet. Di seguito si elencano i passaggi della procedura telematica.

A) l'utente deve collegarsi al sito www.interno.it e registrarsi all'interno di una "sezione dedicata", inserendo nome, cognome, data di nascita, un indirizzo di posta elettronica e una password di accesso;
B) riceve una e-mail di conferma e di perfezionamento della registrazione all'indirizzo di posta elettronica da lui indicato;
C) l'utente deve scegliere, da un apposito elenco, la tipologia di domanda che vuole presentare ed inserire i dati anagrafici propri, del lavoratore e il luogo di impiego. La procedura genera un modulo che l'utente deve salvare sul proprio computer, per poi compilarlo senza dover rimanere connesso ad internet.
N.B. E' possibile richiedere anche ulteriori moduli per altre domande, fino ad un massimo di cinque.
D) per compilare il modulo cosi` salvato, occorre scaricare un apposito programma seguendo le istruzioni contenute nel sito.
E) terminata la compilazione di tutti i campi richiesti, la domanda e` pronta per l'invio.


Procedura per il rilascio del nulla osta al lavoro

La domanda, inviata allo Sportello unico, viene contestualmente resa disponibile anche alla Direzione Provinciale del Lavoro, alla Questura e al centro per l'impiego competenti. Lo Sportello Unico convoca il datore di lavoro per la consegna del nullaosta - che ha una validita` di 6 mesi - e la sottoscrizione del contratto di soggiorno, predisposto dallo stesso Sportello. In questa occasione, inoltre, il datore di lavoro deve esibire la documentazione relativa al reddito e la ricevuta dell'avvenuta richiesta del certificato di idoneita` alloggiativa (rilasciato dal Comune o dalla ASL competenti per territorio). Lo Sportello Unico trasmette per via telematica il nulla osta e la proposta di contratto di soggiorno alla competente rappresentanza diplomatico-consolare italiana all'estero, la quale rilascia allo straniero il visto d'ingresso, da lui precedentemente richiesto.


Delega per il ritiro del nulla osta

Se il datore di lavoro, per motivi di salute, non puo` recarsi allo Sportello Unico per ritirare il nulla osta al lavoro e firmare il contratto di soggiorno, puo` delegare il coniuge, i figli o altro parente in linea diretta o collaterale fino al terzo grado.
Il delegato dovra` esibire un proprio documento di riconoscimento e presentare al funzionario dello Sportello Unico una dichiarazione contenente l'esatta indicazione del motivo dell'impedimento.

Altri obblighi del datore di lavoro
Il datore di lavoro dovra` in ogni caso garantire quanto stabilito dal "Decreto Flussi" in vigore al momento della richiesta in merito all'orario di lavoro settimanale ed al reddito annuo. Il datore di lavoro che assume un lavoratore straniero in qualita` di assistente familiare, perche' affetto lui stesso da patologie o gravi handicap che ne limitano l'autosufficienza, non ha l'obbligo dell'autocertificazione relativa alla sua capacita' economica.
Inoltre, come previsto nel contratto di soggiorno, il datore di lavoro dovra`:
- impegnarsi al pagamento delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel paese di provenienza;
- impegnarsi a comunicare ogni variazione concernente il rapporto di lavoro;
- assicurare la disponibilita` di un alloggio adeguato e, al momento della convocazione presso lo Sportello Unico per la consegna del nulla osta, esibire la ricevuta dell'avvenuta richiesta del certificato di idoneita` alloggiativa rilasciato dal Comune o dall'Asl di competenza (il certificato va richiesto anche nel caso in cui il lavoratore alloggera` presso l'assistito per svolgere le mansioni di assistente alla persona).


Cosa deve fare il lavoratore

Una volta concesso il nulla osta, lo Sportello Unico per l'immigrazione lo trasmette per via telematica insieme alla proposta di contratto di soggiorno alla competente rappresentanza diplomatico-consolare italiana all'estero, che rilascera` al lavoratore il visto d'ingresso presso la rappresentanza diplomatica o consolare italiana all'estero, deve:
- recarsi entro 8 giorni dall'ingresso in Italia, presso lo Sportello Unico per firmare sia il contratto sia la richiesta di permesso di soggiorno, da spedire alla prefettura con raccomandata A/R postale.

La Questura, infine, convochera` il cittadino extracomunitario per la consegna del permesso di soggiorno.

Lo Sportello Unico consegnera` al lavoratore, oltre al contratto di soggiorno, una copia della Carta dei Valori ed una guida alle leggi sull'immigrazione predisposta dal Ministero dell'Interno ("In Italia in regola"), tradotta nella lingua meglio conosciuta dal cittadino straniero.

Per ulteriori informazioni: www.poliziadistato.it


SE IL LAVORATORE EXTRACOMUNITARIO GIA` ASSUNTO DEVE RINNOVARE IL PERMESSO DI SOGGIORNO

Il contratto di soggiorno per lavoro, stipulato con il datore di lavoro mediante il modulo Q, e` un obbligo sia per instaurare un nuovo rapporto di lavoro sia per il rinnovo del permesso di soggiorno. Pertanto, il lavoratore gia` residente in Italia, che abbia concluso un rapporto di lavoro e il cui permesso di soggiorno sia prossimo alla scadenza, accettando un'altra offerta di lavoro puo` ottenere il rinnovo del permesso presentando il contratto di soggiorno stipulato con il nuovo datore.

sabato 25 agosto 2012

Riproporzionamento dei permessi previsti dalla legge 104 del 1992 per l'assistenza di familiare disabile

Ai sensi del terzo comma dell'articolo 33 della legge n.104/1992, dopo il compimento del terzo anno di vita del bambino, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre di minore con handicap, nonche` colui che assiste una persona disabile, parente o affine entro il terzo grado, convivente, hanno diritto a tre giorni di permesso mensile, fruibili anche in maniera continuativa a condizione che la persona con handicap in situazione di gravita` non sia ricoverata a tempo pieno.
Nell'ambito del quadro normativo appena descitto, la Federambiente ha presentato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali istanza di interpello relativa a due quesiti nel merito delle modalita` di fruizione del diritto dei suddetti tre giorni di permesso mensili.
Con il primo quesito, l'istante ha chiesto se sia legittimo un eventuale riproporzionamento sulla base della prestazione lavorativa effettivamente svolta. E` il caso di un dipendente che usufruisce dei permessi per assistere il familiare disabile ma che nello stesso mese abbia legittimamente beneficiato di altre tipologie di permessi o congedi a lui spettanti.
Si chiede in sostanza se in virtu` di assenze dal lavoro per permessi sindacali, maternita' facoltativa, maternita` obbligatoria, malattia o congedo straordinario invalidi, l'azienda possa ridurre il numero di permessi della legge 104/1992.
Attraverso interpello n.24/2012, il primo agosto 2012 la Direzione generale per l'attivita` ispettiva ha chiarito che nelle ipotesi in cui il dipendente, nel corso del mese, fruisca di altri permessi, quali ad esempio permesso sindacale, maternita`, malattia ecc., non e` possibile ritenere giustificato un riproporzionamento del diritto ai permessi ex L. n.104, in quanto trattasi comunque di assenze "giustificate", riconosciute per legge come diritti spettanti al lavoratore.
Il parere ministeriale trova la sua motivazione nelle finalita` della legge in commento. L'intento di garantire alla perona con disabilita' grave una assistenza morale e materiale adeguata, anche attraverso la fruizione degli specifici permessi mensili da parte di colui che la assiste, non puo` subire una menomazione a causa della fruizione di istituti aventi funzione, natura e caratteri del tutto diversi.
La Direzione, nell'esporre il proprio convincimento, ricorda l'interpello n.21/2011, nel quale e` stato escluso il riprorzionamento per le giornate di ferie usufruite nel medesimo mese. Cio` proprio in virtu` della diversa ratio sottesa all'istituto delle ferie rispetto a quello dei permessi finallizzati all'assistenza di persona disabile.
Il secondo quesito della Federambiente concerne l'eventuale riproporzionamento nel caso in cui il dipendente richieda la fruizione dei permessi della 104/1992 per la prima volta nel corso del mese (ad es. il giorno 19).
E` necessario ricordare che nel 2003, con la circolare numero 128, l'Inps ha chiarito i criteri di maturazione del periodo garantito per l'assistenza di familiare disabile. Ogni dieci giorni di assistenza continuativa, il lavoratore potra` contare su un giorno di permesso, mentre, per periodi inferiori a dieci giorni, non ne avra` alcun diritto.
Tenendo conto di quanto stabilito dall'Ente previdenziale, la Direzione ribadisce che nel caso indicato dall'istante, appare evidentemente possibile operare un riproporzionamento del numero dei giorni mensili di permesso spettanti in base ai suddetti criteri.

Valerio Pollastrini

mercoledì 22 agosto 2012

Aziende metalmeccaniche escluse dall'obbligo di iscrizione alla Cassa edile

L'istituto dell'interpello consente a particolari soggetti connotati da un consistente livello di rappresentatività di inoltrare alla Direzione generale per l'Attività ispettiva quesiti di ordine generale inerenti alle normative di competenza del Ministero del lavoro.
Con l'interpello n.18/2012 e' stato fornito un chiarimento in merito alla specifica richiesta presentata dall'Unione Province d'Italia.
L'oggetto dell'istanza riguardava l'obbligo di iscrizione alla Cassa edile per un'azienda rientrante nel campo di applicazione del contratto collettivo nazionale dei metalmeccanici.
Si ricorda che tale Cassa rappresenta un istituto di natura contrattuale verso il quale le aziende edili sono obbligate a versare contributi a vario titolo nonché ad accantonare quote dei compensi differiti dei propri lavoratori.
Nel caso specifico il quesito era finalizzato ad accertare se un'impresa che applica per i propri dipendenti il CCNL del settore metalmeccanico, in quanto corrispondente all'attività prevalentemente esercitata, sia tenuta all'iscrizione alla Cassa edile.
Si tratta di un'azienda a cui e' stata affidata la manutenzione di edifici scolastici di competenza dell'Amministrazione provinciale. Nell'ambito di questa attivita' i lavori edili, seppur rilevanti dal punto di vista quantitativo, non sono prevalenti rispetto al complesso dei lavori, consistenti nel monitoraggio e nella verifica degli edifici e nella manutenzione degli impianti.
La Direzione generale per l'Attività ispettiva, nel dirimere la questione, ha citato l'interpello n.56/2008, nel quale e' stato chiarito che l'obbligo di iscrizione alle Casse edili sussiste unicamente per "le imprese inquadrate o inquadrabili nel settore dell'edilizia, con la esclusione pertanto delle imprese rientranti nell'ambito di applicazione del CCNL metalmeccanico comunque operanti nella' realtà di cantiere".
E' stato, inoltre rammentato che tale principio non può essere esteso alle obbligazioni di natura assicurativo, in quanto per la corretta classificazione Inail, la circostanza che la ditta svolga prevalentemente attività riferita al CCNL metalmeccanico non esonera dall'obbligo di denunciare lavorazioni edili anche qualora queste siano svolte in maniera non prevalente.
La Direzione nel confermare l'esclusione dall'obbligo di iscrizione alla Cassa edile rimarca l'importanza del criterio della rilevanza dell'intera situazione aziendale che non consente di scindere all'interno della verifica contributiva le eventuali lavorazioni edili svolte.
Nel caso specifico di azienda che applica il CCNL metalmeccanico e che effettua lavorazioni tipiche di tale settore, non sussistono pertanto obblighi di versamento alla Cassa edile pur se contemporaneamente vengono svolti lavori edili che, presumibilmente, risultano connessi all'attività prevalente ma che risultano meramente accessori.

Valerio Pollastrini

martedì 21 agosto 2012

Analisi e considerazioni sui problemi del nostro sistema pensionistico

Forse non tutti sanno che il male del nostro sistema pensionistico non e' genetico. Esso ha un'origine ben precisa che risale all'immediato secondo dopoguerra.
Nel 1943, dopo lo sbarco in Sicilia delle "forze Alleate", la necessità di sostenere lo sforzo bellico nel nostro territorio indusse quest'ultime a produrre moneta in modo massiccio: le cosiddette AM lire.
Tale politica economica, esauritasi solo nel 1946, e' stata la causa di un'enorme svalutazione che ha avuto quale conseguenza l'impoverimento immediato di tutti coloro che potevano contare unicamente su un reddito fisso.
Il sistema pensionistico italiano, fino ad allora perfettamente bilanciato, di colpo si e' trovato a dover far fronte alle problematiche economiche dei pensionati.
Per garantire la sopravvivenza degli appartenenti a questa categoria si e' preso atto della necessità di adeguare le prestazioni al mutato costo della vita.
Lo strumento utilizzato e' stato quello di abbandonare la via dell'erogazione di importi commisurati alla contribuzione versata per ancorare le pensioni ai livelli retributivi della forza lavoro.
Le risorse finanziarie utilizzate, per far fronte a quella che veniva ritenuta un'emergenza temporanea, sono state quelle costituite dai contributi delle nuove generazioni di lavoratori.
Ciò che sarebbe dovuto essere provvisorio e' diventato la norma e fino agli anni '90 nulla si e' fatto per invertire il progressivo processo di indebitamento.
In questo e' chiaro che la politica ha messo del suo, aggravando la situazione con innumerevoli concessioni clientelistico-speculative. Si pensi in proposito alle varie "clausole oro", al trattamento di quiescenza nel pubblico impiego e alle più famose "pensioni baby".
Arrivati sulla soglia del baratro, dopo circa cinquant'anni si e' cercato di porre rimedio alla situazione, attraverso la pianificazione di un progressivo riallineamento delle prestazioni dal sistema retributivo a quello contributivo.
La sottovalutazione del problema, unita alla scelta di non sostenere tale processo con risorse esterne alla contribuzione dei lavoratori, ha portato negli anni a bruciare le tappe verso tale percorso. Varie riforme hanno di volta in volta aumentato con notevole anticipo l'età pensionabile e la contribuzione richiesta, fino allo scippo del trattamento di fine rapporto di buona parte dei lavoratori subordinati, i quali si sono visti costretti a rinunciare ad un considerevole emolumento, da sempre ritenuto necessario per i bisogni del periodo della terza età. Il Tfr, con un vero colpo di spugna, e' stato destinato al finanziamento di fondi pensionistici complementari che avranno il compito di adeguare parzialmente pensioni che negli anni futuri saranno sempre più' esigue.
La corsa sfrenata di questi ultimi anni verso il "virtuosismo" delle casse di previdenza non ha conosciuto ostacoli ed ha raggiunto il suo apice con la recente riforma pensionistica che, in un sol colpo, ha disilluso le legittime aspettative di quanti si trovavano in prossimità della pensione.
Problema ancora maggiore e' stato il crescente depauperamento del "valore reale" dei trattamenti, come detto, orientato al ribasso in un futuro talmente prossimo da apparire presente.
Risultato: si stanno verificando le stesse condizioni che nella seconda metà degli anni '40 hanno causato lo sfaldamento del sistema.
Sia chiaro che in dubbio non vi e' la necessità di ancorare le erogazioni degli Enti previdenziali alle loro capacità di spesa. Ciò che si vuole biasimare e' l'amoralità della soluzione scelta. Ovvero quello di gravare unicamente sulla parte più' debole della nostra società che, di contro, vede inalterati o quasi, i privilegi, anche in campo previdenziale, della classe politica.
La corretta via, ad avviso di chi scrive, sarebbe dovuta passare attraverso l'eliminazione di tali "trattamenti di favore" e per una vera razionalizzazione della spesa ma, soprattutto, per una politica del lavoro indirizzata verso la creazione di una maggiore e certo più' stabile occupazione. Sull'ultimo punto la riforma del lavoro rappresenta solo una chimera.

Valerio Pollastrini

lunedì 20 agosto 2012

Alcune considerazioni sulla riforma

Il 18 aprile 2012 e' entrata in vigore la legge 28 giugno 2012 n. 92 di riforma del mercato del lavoro.
La finalita', per espressa dizione, e' quella di realizzare un mercato del lavoro inclusivo e dinamico, in grado di contribuire alla creazione di occupazione, in quantita' e qualita', alla crescita sociale ed economica e alla riduzione permanente del tasso di disoccupazione.
Per raggiungere tale obiettivo, a detta di chi scrive, sarebbe stato di primaria importanza dare un po' di certezza all'intricato groviglio normativo nel quale aziende e lavoratori sono costretti a districarsi nella gestione dei rapporti di lavoro.
La riforma, invece, complica ulteriormente le cose, dal momento che i suoi 4 articoli sono comprensivi di ben 270 commi, i quali, oltre ad introdurre diversi nuovi istituti, modificano pesantemente ben 30 disposizioni legislative, alcune delle quali in vigore da oltre cinquant'anni.
Si tratta di modifiche che, al momento, non sembrano di alcuna utilita' nel "creare occupazione".
Gli amministratori del personale sono chiamati ad un enorme sforzo interpretativo senza, tra l'altro, poter contare su un valido aiuto da parte dell'Amministrazione. Basti pensare che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha emanato una circolare esplicativa su alcune delle novita' più' importanti, tra cui quelle previste per i contratti a termine, per l'apprendistato ed i contratti a chiamata, il giorno stesso in cui la legge e' entrata in vigore. Quando cioe', le aziende avrebbero gia' dovuto conoscere al meglio come gestire tali contratti.
Proprio il lavoro a chiamata puo' essere considerato l'emblema dello stato confusionale nel quale versa il Ministero.
Nella circolare esplicativa erano state fornite le modalita' provvisorie per la nuova comunicazione preventiva. Il 9 agosto sono state rese note le modalita' definitive per il suddetto adempimento, con conseguente abrogazione delle modalita' provvisorie.
Forse qualcuno avra' fatto notare che nel mese di agosto gli studi professionali sono chiusi e che buona parte delle aziende che maggiormente utilizzano il lavoro intermittente sono alle prese con il caos della stagionalita' della loro attivita'. Fatto sta che il giorno 13 dello stesso mese una nuova nota ministeriale ha disposto, in rettifica, che le aziende potranno continuare ad usare la precedente procedura fino al 15 settembre 2012.
Una vera riforma dovrebbe considerare che la mancanza di chiarezza genera inevitabilmente un innalzamento del contenzioso e che questo rappresenta un problema principe dell'ingessamento del nostro mercato del lavoro.
I contenuti delle norme, inoltre, sono ben lontani dall incentivare nuove assunzioni. E' senz'altro corretto cercare di contrastare le zone grigie di lavoro, limitando l'utilizzo dei contratti c.d. Parasubordinati o i "simulati" contratti di lavoro autonomo, cosi' come e' eticamente necessario ridurre l'attuale abuso dei contratti a termine. A questa azione andrebbero pero' affiancate delle misure volte ad agevolare nuove assunzioni "regolari". Nella legge, purtroppo" gli unici incentivi previsti sono quelli per le nuove assunzioni di donne ed ultracinquantenni e, bene che vada, saranno operativi dal 2013.

domenica 19 agosto 2012

Il nuovo testo di legge dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori dopo le modifiche della riforma

La legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro ha, di fatto, riscritto l'articolo 18 della legge n.300/1970, meglio conosciuta come Statuto dei lavoratori.
Le modifiche alla norma ne hanno stravolto il contenuto. Basti pensare che il precedente titolo "reintegrazione nel posto di lavoro" e' stato sostituito da "tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo".
La nuova dizione pone immediatamente in evidenza che, quello che nella precedente formulazione normativa costituiva la regola e cioe' la reintegrazione nel posto di lavoro, riveste ora il mero ruolo di eccezione rispetto alla sanzione base del risarcimento del danno.
La riforma ha introdotto 10 nuovi commi con i quali ha sostituito i primi 6 dell'articolo 18.
I commi residuali, che nella precedente formulazione della norma erano rubricati dal numero 7 al numero 10, verranno ora indicati con la numerazione 11, 12, 13 e 14.
Si ricorda, inoltre, che quanto disposto dal quarto al settimo comma e' applicabile esclusivamente ai lavoratori occupati presso datori di lavoro che hanno alle proprie dipendenze più' di 15 lavoratori in uno stesso Comune o più' di 60 in tutto il territorio nazionale. Per le aziende agricole il limite e' ridotto a più' di 5 unita'.


Legge 20 maggio 1970, n.300

Articolo 18
Tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo

1. Il giudice, con la sentenza con la quale dichiara la nullita' del licenziamento perche' discriminatorio ai sensi dell'articolo 3 della legge 11 maggio 1990, n. 108, ovvero intimato in concomitanza col matrimonio ai sensi dell'articolo 35 del codice delle pari opportunita' tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o in violazione dei divieti di licenziamento di cui all'articolo 54, commi 1, 6, 7 e 9, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, ovvero perche' riconducibile ad altri casi di nullita' previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell'articolo 1345 del codice civile, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto e quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro. La presente disposizione si applica anche ai dirigenti. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennita' di cui al terzo comma del presente articolo. Il regime di cui al presente articolo si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perche' intimato in forma orale.

2. Il giudice, con la sentenza di cui al primo comma, condanna altresi' il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullita', stabilendo a tal fine un'indennita' commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attivita' lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potra' essere inferiore a cinque mensilita' della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro e' condannato inoltre, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.

3. Fermo restando il diritto al risarcimento del danno come previsto al secondo comma, al lavoratore e' data la facolta' di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennita' pari a quindici mensilita' dell'ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non e' assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell'indennita' deve essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza, o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione.

4. Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perche' il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro di cui al primo comma e al pagamento di un'indennita' risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attivita' lavorative, nonche' quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell'indennita' risarcitoria non puo' essere superiore a dodici mensilita' della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro e' condannato, altresi', al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo pari al differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro risolto dall'illegittimo licenziamento e quella accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre attivita' lavorative. In quest'ultimo caso, qualora i contributi afferiscano ad altra gestione previdenziale, essi sono imputati d'ufficio alla gestione corrispondente all'attivita' lavorativa svolta dal dipendente licenziato, con addebito dei relativi costi al datore di lavoro. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennita' sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi del terzo comma.

5. Il giudice, nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennita' risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilita' dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all'anzianita' del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attivita' economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo.

6. Nell'ipotesi in cui il licenziamento sia dichiarato inefficace per violazione del requisito di motivazione di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni, della procedura di cui all'articolo 7 della presente legge, o della procedura di cui all'articolo
7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni, si applica il regime di cui al quinto comma, ma con attribuzione al lavoratore di un'indennita' risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla gravita' della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilita' dell'ultima retribuzione globale di fatto, con onere di specifica motivazione a tale riguardo, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti che vi e' anche un difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica, in luogo di quelle previste dal presente comma, le tutele di cui ai commi quarto, quinto o settimo.

7. Il giudice applica la medesima disciplina di cui al quarto comma del presente articolo nell'ipotesi in cui accerti il difetto di giustificazione del licenziamento intimato, anche ai sensi degli articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68, per motivo oggettivo consistente nell'inidoneita' fisica o psichica del lavoratore, ovvero che il licenziamento e' stato intimato in violazione dell'articolo 2110, secondo comma, del codice civile. Puo' altresi' applicare la predetta disciplina nell'ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo; nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del predetto giustificato motivo, il giudice applica la disciplina di cui al quinto comma. In tale ultimo caso il giudice, ai fini della determinazione dell'indennita' tra il minimo e il massimo previsti, tiene conto, oltre ai criteri di cui al quinto comma, delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione e del comportamento delle parti nell'ambito della procedura di cui all'articolo 7 della legge 15luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le relative tutele previste dal presente articolo.

8. Le disposizioni dei commi dal quarto al settimo si applicano al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze piu' di quindici lavoratori o piu' di cinque se si tratta di imprenditore
agricolo, nonche' al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che nell'ambito dello stesso comune occupa piu' di quindici dipendenti e all'impresa agricola che nel medesimo ambito
territoriale occupa piu' di cinque dipendenti, anche se ciascuna unita' produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali
limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa piu' di sessanta dipendenti.

9. Ai fini del computo del numero dei dipendenti di cui all'ottavo comma si tiene conto dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale per la quota di orario effettivamente svolto, tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle unita' lavorative fa riferimento all'orario previsto dalla contrattazione collettiva del settore. Non si computano il coniuge e i parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e in linea collaterale. Il computo dei limiti occupazionali di cui all'ottavo comma non incide su norme o istituti che prevedono agevolazioni finanziarie o creditizie.

10. Nell'ipotesi di revoca del licenziamento, purche' effettuata entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell'impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuita', con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal presente articolo;

11. Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, su istanza congiunta del lavoratore e del sindacato cui questi aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado del giudizio di merito, puo' disporre con ordinanza, quando ritenga irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.

12. L'ordinanza di cui al coma precedente puo' essere impugnata con reclamo immediato al giudice medesimo che l'ha pronunciata. Si applicano le disposizioni dell'articolo 178, terzo, quarto, quinto e sesto comma del Codice di procedura civile.

13. L'ordinanza puo' essere revocata con la sentenza che decide la causa.

14. Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al primo comma ovvero all'ordinanza di cui all'undicesimo comma, non impugnata o confermata dal giudice che l'ha pronunciata, e' tenuto anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo adeguamento pensioni di una somma pari all'importo della retribuzione dovuta al lavoratore.

Valerio Pollastrini

sabato 18 agosto 2012

Procedure e recapiti per le comunicazioni preventive di utilizzo dei lavoratori a chiamata

Con la circolare n.18 del 18 luglio 2012 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali aveva fornito le prime istruzioni operative per le comunicazioni preventive, introdotte dalla legge n.92/2012, per l’utilizzo dei lavoratori a chiamata. In quella occasione il Ministero aveva specificato che, in assenza della individuazione delle modalità semplificate di comunicazione, l’adempimento poteva essere effettuato con gli strumenti già operativi (posta elettronica e fax) ai recapiti delle Direzioni territoriali del lavoro.
Il 9 agosto 2012 sono state fornite ulteriori istruzioni che definiscono tutte le modalità di comunicazione e, di fatto, eliminano quelle utilizzate fino ad ora in via provvisoria.
La nota informa che sono state messe a punto una serie di modalità che hanno il pregio di semplificare l'attività dei datori di lavoro e che consentono una più agevole verifica delle direzioni territoriali del lavoro sulla correttezza degli adempimenti.
Le varie modalità tecniche verranno messe a disposizione secondo la seguente progressione temporale:
1. Fax - a partire dal 13 agosto 2012;
2. Sms - a partire dal 17 agosto 2012;
3. e-mail - a partire dal 17 agosto 2012;
4. On-line - a partire dal 1 ottobre 2012;

Fax
Per utilizzare questa modalità, il datore di lavoro dovrà scaricare l'apposito modello disponibile agli indirizzi www.lavoro.gov.it e www.ciclilavoro.gov.it; il modulo opportunamente compilato dovrà essere inviato al numero 848800131.
Questa modalità potrà essere utilizzata unicamente per comunicare la chiamata di un singolo lavoratore.
Al datore di lavoro viene richiesto di conservare il rapporto di consegna del proprio fax, ai fini della ricevuta dell'avvenuta comunicazione.

Sms
La comunicazione preventiva potrà essere effettuata via sms al numero seguente: 339-9942256.
Nel messaggio dovranno essere riportati i seguenti dati:

- indirizzo e-mail del datore di lavoro;

- codice della comunicazione obbligatoria corrispondente al lavoratore per il quale viene effettuata la chiamata. E' possibile reperire il suddetto codice nella ricevuta rilasciata al termine dell'invio del modello UniLav.
Tale informazione non dovrà essere fornita nel caso in cui il rapporto di lavoro tra l'azienda e il lavoratore a chiamata fosse stato instaurato prima del 1 marzo 2008;

- codice fiscale del datore di lavoro (solo nel caso in cui il rapporto di lavoro sia stato attivato prima del 1 marzo 2008);

- codice fiscale del lavoratore (solo nel caso in cui il rapporto di lavoro sia stato attivato prima del 1 marzo 2008). Con un singolo sms potranno essere comunicati fino ad un massimo di 3 lavoratori per il medesimo periodo di chiamata;

- data inizio e data fine della prestazione: queste informazioni possono essere fornite in modalità multipla, ovvero possono essere comunicati più periodi di lavoro. Nel caso in cui il lavoratore sia chiamato a rendere la prestazione per un singolo giorno e' sufficiente inserire la data inizio della prestazione. Nel caso in cui si intenda comunicare, per il medesimo lavoratore, diverse singole giornate le date della prestazione dovranno essere separate da un asterisco.

I dati della comunicazione dovranno essere digitati senza spazi e senza ulteriori caratteri; i campi dovranno essere separati sempre da una virgola ad eccezione del campo CF datore di lavoro o Codice comunicazione, che va separato da un punto; il formato della data e' gg-mm-aaaa; le date "singole" durante la quale si effettua la chiamata periodicamente (ad esempio tutti i sabati del mese) dovranno essere separati da un asterisco.

Mail
Per utilizzare questa modalità, il datore di lavoro dovrà scaricare il modello sul sito www.lavoro.gov.it o www.ciclilavoro.gov.it, compilarlo in ogni sua parte ed inviarlo all'indirizzo intermittenti@lavoro.gov.it.
Tale modello dovrà essere:
- allegato ad una mail che avrà come oggetto “Comunicazione chiamata lavoro intermittente”;
- non appena ricevuta la mail, il sistema invierà un messaggio di conferma di avvenuta ricezione.

Con un singolo modello potranno essere comunicate le chiamate fino ad un massimo di sei lavoratori per il medesimo periodo di chiamata ovvero, per un solo lavoratore, fino ad un massimo di 10 periodi.

Modulo on-line
Per le comunicazioni a partire dal primo ottobre 2012 verrà messa a disposizione un’ulteriore modalità di comunicazione che prevede la compilazione di un modulo on-line. Il modello sarà disponibile sul portale www.ciclilavoro.gov.it e sarà accessibile solamente agli utenti registrati.
Si prevede che in una successiva evoluzione tecnologica l’applicazione potrà essere disponibile anche attraverso gli strumenti mobile (Iphone, Ipad, Android)

Sulla nota del 9 agosto il Ministero aveva stabilito che a far data dal 13 agosto 2012, ai fini dell’adempimento in questione, i datori di lavoro avrebbero dovuto utilizzare esclusivamente le modalità ed i recapiti ora indicati e non inviare più alcuna mail agli indirizzi di posta certificata delle Direzioni territoriali del lavoro, come richiesto dalla circolare n.18 del 18 luglio 2012. Lo stesso giorno in cui tale disposizione entrava a regime il ministero ha però diramato un avviso di rettifica con il quale è stato concesso fino al 15 settembre 2012 di inoltrare le comunicazioni agli indirizzi di posta elettronica e fax delle Direzioni territoriali del lavoro.

Valerio Pollastrini


Schema riepilogativo delle tutele contro i licenziamenti

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LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO

Campo di applicazione
La tutela si applica a tutti i datori di lavoro, a prescindere da qualunque limite dimensionale;

Ipotesi contrastate
A) Licenziamento per motivi di credo politico, fede religiosa, appartenenza sindacale, razza, lingua, sesso, handicap, età, orientamento sessuale, convinzioni personali;
B) Licenziamento in concomitanza con il matrimonio;
C) Licenziamento in violazione delle tutele previste per il sostegno della maternità e paternità;
D) Licenziamento riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito determinante, come ad esempio il licenziamento per ritorsione;
E) Licenziamento orale;
Sanzione - reintegrazione nel posto di lavoro e restituzione di tutte le retribuzioni maturate tra il recesso e la reintegra. Da esse dovranno essere detratti gli emolumenti percepiti per altra attività in attesa della reintegrazione, nonché quanto, nello stesso periodo, il lavoratore avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione;

N.B. al lavoratore non e' più' richiesta la messa a disposizione delle energie lavorative.
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LICENZIAMENTO PER MOTIVI ECONOMICI

Campo di applicazione - I
Aziende rientranti nel campo di applicazione dell'articolo 18 della legge n.300/1970 (datori di lavoro con più' di 15 dipendenti in un Comune, più' di 60 in tutto il territorio nazionale, più' di 5 nel settore agricolo);

Ipotesi contrastate
A) licenziamento privo degli estremi del giustificato motivo oggettivo;
Sanzione - indennità risarcitoria determinata tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all'anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti;

B) mancata indicazione dei motivi nella lettera di recesso o violazione della procedura di conciliazione preventiva;
Sanzione - indennità risarcitoria omnicomprensiva determinata tra un minimo di 6 e un massimo di 12 mensilità;

C) manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo;
Sanzione - reintegrazione nel posto di lavoro e indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto, dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito dal lavoratore in altra attività lavorativa svolta tra il licenziamento e la reintegra ovvero quanto lo stesso avrebbe potuto percepire se si fosse impegnato diligentemente nella ricerca di un altro lavoro;

Campo di applicazione II
Aziende escluse dal campo di applicazione dell'articolo 18 della legge n.300/1970 (datori di lavoro con meno di 16 dipendenti in un Comune, meno di 61 in tutto il territorio nazionale, meno di 6 nel settore agricolo);

Ipotesi contrastate
A) ogni caso di licenziamento economico illegittimo;
Sanzione - il datore di lavoro può scegliere tra reintegrazione e risarcimento del danno valutato dal giudice tra 2,5 e 6 mensilità di retribuzione globale di fatto.
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LICENZIAMENTO DISCIPLINARE

Campo di applicazione - I
Aziende rientranti nel campo di applicazione dell'articolo 18 della legge n.300/1970 (datori di lavoro con più' di 15 dipendenti in un Comune, più' di 60 in tutto il territorio nazionale, più' di 5 nel settore agricolo);

Ipotesi contrastate
A) insussistenza del fatto contestato o tale fatto rientra tra le condotte punibili dai contratti collettivi o dai codici disciplinari applicabili con una sanzione più lieve del licenziamento;
Sanzione - reintegrazione nel posto del lavoro e risarcimento del danno fino a 12 mensilità. Entro 30 giorni dalla comunicazione della sentenza o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, il dipendente può scegliere, in luogo della reintegrazione, la corresponsione di un importo pari a 15 mensilità;

B) altre ipotesi in cui non ricorrono gli estremi della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo;
Sanzione - indennità compresa fra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità di retribuzione;

C) il licenziamento adottato in violazione delle regole procedurali (mancato rispetto dei termini e altre violazioni formali);
Sanzione - indennità variabile fra sei e 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto;

N.B. Se oltre al vizio di forma, il licenziamento fosse privo di una giusta causa o di un giustificato motivo di licenziamento troveranno applicazione le specifiche tutele dei punti A) e B);

Campo di applicazione II
Aziende escluse dal campo di applicazione dell'articolo 18 della legge n.300/1970 (datori di lavoro con meno di 16 dipendenti in un Comune, meno di 61 in tutto il territorio nazionale, meno di 6 nel settore agricolo);

Ipotesi contrastate
A) ogni caso di licenziamento disciplinare illegittimo;
Sanzione - il datore di lavoro può scegliere tra reintegrazione e risarcimento del danno valutato dal giudice tra 2,5 e 6 mensilita' di retribuzione globale di fatto.
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