Inps, Circolare
n.142 del 29 luglio 2015
SOMMARIO:
1.Premessa
2.Effetti sull’indennità NASpI in caso di rifiuto alle
proposte di lavoro o di trasferimento del lavoratore.
3.Licenziamento con accettazione dell’offerta di
conciliazione di cui all’art. 6 del D.Lgs. n. 23 del 2015 e licenziamento
disciplinare.
4.Requisito contributivo: almeno tredici settimane di
contribuzione contro la disoccupazione nei quattro anni precedenti l’inizio del
periodo di disoccupazione.
4.1. Meccanismo di neutralizzazione.
4.2. Neutralizzazione aspettativa sindacale ex art. 31 della
Legge n. 300 del 1970.
4.3. Neutralizzazione dei periodi di CIG in deroga.
4.4. Neutralizzazione dei periodi di lavoro all’estero in
Paesi non convenzionati.
5. Requisito lavorativo: trenta giornate di lavoro
effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che
precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.
5.1. Perfezionamento del requisito delle 30 giornate di
effettivo lavoro per i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari.
5.2. Eventi che consentono neutralizzazione ai fini della
ricerca delle trenta giornate di lavoro “effettivo”.
5.2.a. Aspettativa sindacale ex art. 31 della legge n. 300
del 1970 e Cig in deroga.
5.2.b. Malattia integrata dal datore di lavoro.
6. Durata. Procedimento di calcolo. Ulteriori precisazioni.
7. Domanda di indennità di mobilità o di indennità di
disoccupazione NASpI.
8. Servizio Civile Nazionale e indennità di disoccupazione
NASpI.
8.1 Premessa ed evoluzione del quadro normativo.
8.2 Disciplina dei rapporti fra indennità di disoccupazione
NASpI e Servizio Civile nazionale.
9. Nuova attività lavorativa in corso di prestazione.
9.1.Effetti del lavoro occasionale accessorio sull’indennità
NASpI.
9.2 Effetti del lavoro intermittente sull’indennità NASpI.
9.3 Effetti del lavoro all’estero sull’indennità NASpI.
10. Espletamento di cariche pubbliche elettive e non
elettive in corso di prestazione. 11. Precisazioni alla circolare INPS n. 180
del 2014.
11. Precisazioni alla circolare INPS n. 180 del 2014.
1. Premessa
A seguito della pubblicazione della circolare n.94 del 12
maggio 2015 attuativa degli artt.1-14 del decreto legislativo n.22 del 2015 in
materia di indennità di disoccupazione NASpI, si rende necessario fornire
chiarimenti di carattere amministrativo-operativo su aspetti specifici non
espressamente disciplinati dalla normativa richiamata ma che possono avere
incidenza sulla prestazione.
Con l’occasione si forniscono, tra l’altro, elementi utili
all’interpretazione del paragrafo 2.5 punto 4) della circolare n.94 del 2015 in
ordine al quale sono state segnalate incertezze circa gli effetti sul calcolo
della durata della NASpI.
2. Effetti sull’indennità NASpI in caso
di rifiuto alle proposte di lavoro o di trasferimento del lavoratore.
Nelle more dell’attuazione
tramite decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - del
disposto di cui all’art. 7 del D.Lgs. n.22 del 2015 in materia di
condizionalità alla erogazione della indennità NASpI, stante il rinvio
all’applicabilità alla NASpI delle disposizioni in materia di ASpI in quanto
compatibili, si confermano le disposizioni attuative e di prassi sulla risoluzione del rapporto di lavoro e
sulla decadenza dalla prestazione nell’ipotesi di trasferimento del lavoratore
ad altra sede della stessa azienda e nell’ipotesi di rifiuto di partecipazione
ad iniziative di politica attiva e di non accettazione di un’offerta di lavoro
congrua.
In dette ipotesi l’elemento della distanza della sede di
lavoro - entro o oltre i 50 chilometri o la raggiungibilità della predetta sede
fino a 80 minuti o oltre con i mezzi di trasporto pubblici - rispetto alla
residenza del lavoratore, incide sia sul requisito di accesso alla tutela sotto
il profilo della cessazione involontaria sia sul mantenimento della
prestazione.
In ordine al requisito di accesso alla tutela, la cessazione
del rapporto di lavoro per risoluzione consensuale - in seguito al rifiuto da
parte del lavoratore al proprio trasferimento ad altra sede della stessa
azienda distante oltre 50 chilometri dalla residenza del lavoratore e/o
mediamente raggiungibile in 80 minuti o oltre con i mezzi di trasporto pubblici
– non è ostativa al riconoscimento della prestazione di disoccupazione.
In ordine al mantenimento della prestazione, per effetto del
combinato disposto di cui ai commi 41 e 42 dell’art.4 della legge n.92 del 28
giugno 2012, il rifiuto da parte del lavoratore di partecipazione ad iniziative
di politica attiva o la non accettazione di un’offerta di lavoro congrua non
costituisce ipotesi di decadenza dalla prestazione laddove le attività
lavorative, di formazione o di riqualificazione si svolgano in un luogo che
dista oltre 50 chilometri dalla residenza del lavoratore o che è raggiungibile
mediamente in più di 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblico. Viceversa il
rifiuto alla partecipazione ad iniziative di politica attiva o la non
accettazione di un’offerta di lavoro congrua in un luogo che dista entro 50
chilometri dalla residenza del lavoratore o che è raggiungibile mediamente
entro 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblico, costituisce ipotesi di
decadenza dalla prestazione, con decorrenza dal verificarsi dell’evento interruttivo
che la determina.
3. Licenziamento con
accettazione dell’offerta di conciliazione di cui all’art. 6 del D. Lgs. n.23
del 2015 e licenziamento disciplinare.
Accanto all’ipotesi legislativamente prevista di risoluzione
consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell’ambito della procedura di
conciliazione di cui all’art.7 della legge n.604 del 1966 come modificato dal
comma 40 dell’art.1 della legge n.92 del 2012, il Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, con interpello n.13 del 2015, ha chiarito che non è ostativo
al riconoscimento della indennità NASpI l’ipotesi di licenziamento con
accettazione dell'offerta di conciliazione di cui all'art. 6 del D. Lgs. n.23
del 2015.
In particolare il predetto art.6 stabilisce che in caso di
licenziamento il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di
impugnazione stragiudiziale del licenziamento stesso, un importo che non
costituisce reddito imponibile e non risulta assoggettato a contribuzione
previdenziale e la cui accettazione da parte del lavoratore comporta
l’estinzione del rapporto di lavoro alla data del licenziamento e la rinuncia
alla impugnazione del licenziamento. Con il citato interpello è stato chiarito
che l’accettazione in questione non muta il titolo della risoluzione del
rapporto di lavoro che resta il licenziamento e pertanto tale fattispecie è da
intendersi quale ipotesi di disoccupazione involontaria conseguente ad atto
unilaterale di licenziamento del datore di lavoro.
Nel medesimo interpello è stato altresì chiarito che anche
la nuova indennità di disoccupazione NASpI può essere riconosciuta ai
lavoratori licenziati per motivi disciplinari. Il licenziamento disciplinare,
infatti, non può essere inteso quale evento da cui derivi disoccupazione
volontaria in quanto la misura sanzionatoria del licenziamento non risulta
conseguenza automatica dell’illecito disciplinare ma è sempre rimessa alla
libera determinazione e valutazione del datore di lavoro, costituendone
esercizio del potere discrezionale.
In definitiva l’indennità NASpI può essere riconosciuta sia
ai lavoratori che accettano l’offerta economica del datore di lavoro di cui
all’art.6 del D.lgs. n.23 del 2015, sia a
quelli licenziati per motivi disciplinari.
4. Requisito
contributivo: almeno tredici settimane di contribuzione contro la
disoccupazione nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di
disoccupazione.
4.1. Meccanismo di
neutralizzazione.
Con riferimento alla individuazione del quadriennio per la
ricerca del requisito contributivo richiesto, unitamente agli altri requisiti
legislativamente previsti, si precisa quanto segue.
In presenza di una pluralità di periodi neutri - cioè
periodi non utili ai fini della ricerca del requisito contributivo e lavorativo
- che si susseguono si richiede che almeno il primo evento neutro cominci o sia
in corso nel quadriennio di osservazione ai fini della ricerca del requisito
contributivo. Il predetto quadriennio viene così ampliato in misura pari alla
durata dell’evento neutro.
Se nel quadriennio così ampliato “si rinviene” un ulteriore
evento neutro, il quadriennio dovrà essere ulteriormente ampliato in misura
pari alla durata dell’evento rinvenuto.
Il procedimento di ampliamento si protrae fino alla
ricostruzione del periodo di osservazione di 48 mesi (quadriennio) al netto
degli eventi neutri.
Si chiarisce ad ogni buon conto che i periodi di
inoccupazione o disoccupazione non danno luogo a neutralizzazioni ed a
conseguenti ulteriori ampliamenti del quadriennio; tuttavia non determinano, di
per sé, interruzione della ricostruzione del quadriennio di osservazione.
A tal fine giovi il seguente esempio:
Quadriennio dal 15.5.2015 al 15.5.2011, CIG a zero ore per
30 mesi dal 31.5.2011 al 1.12.2008, malattia non integrata dal 20 ottobre al 25
novembre 2008: il requisito contributivo, per effetto dei predetti eventi che
determinano l’ampliamento del quadriennio, deve essere ricercato entro
l’8.10.2008. Il quadriennio di osservazione sarà pertanto 15.5.2015 -
08.10.2008.
Qualora all’interno di detto quadriennio (15.05.2015 –
08.10.2008) si rinvenga un evento interruttivo del rapporto assicurativo (es.
inoccupazione) che non si esaurisca entro detto quadriennio ma risalga, a
ritroso, a data precedente estendendosi ad esempio dal 31.12.2008 al
20.09.2008, il suddetto evento non comporta ulteriore ampliamento del
quadriennio: la retrodatazione del quadriennio si estenderà sempre fino
all’8.10.2008. Il periodo dell’evento interruttivo del rapporto assicurativo
non è, infatti, da considerare neutro e non comporta quindi ampliamento del
periodo di osservazione (quadriennio) ma è utile alla ricostruzione del
quadriennio. In concreto ovviamente, nell’esempio riportato, l’ultima
contribuzione utilizzabile ai fini della verifica della sussistenza del
requisito contributivo sarà quella presente fino al 1 gennaio 2009.
4.2. Neutralizzazione
aspettativa sindacale ex art. 31 della Legge n.300 del 1970.
L’art. 31 della legge n.300 del 1970 dispone espressamente
che i periodi durante i quali i lavoratori sono collocati in aspettativa non
retribuita in quanto chiamati a funzioni pubbliche elettive o a ricoprire
cariche sindacali sono considerati utili ai fini del diritto e della misura
delle pensioni.
In considerazione dell’esplicito richiamo della norma in
questione alla sola tutela pensionistica ed in relazione all’orientamento della
giurisprudenza della Corte di Cassazione - espresso in alcune pronunce rese in
materia di trattamenti previdenziali non pensionistici (cfr. sentenze Cass.
Civ. n. 7558 del 13/08/1997; n. 17130 del 3/12/2002) nelle quali essa ha
affermato che se non vi sono disposizioni specifiche che prevedono il periodo
di aspettativa per motivi politici e sindacali come utile figurativamente ai
fini delle predette prestazioni – i periodi di aspettativa di cui al citato
art. 31 coperti da contribuzione figurativa, non sono utili ai fini del
perfezionamento del requisito contributivo per l’accesso alla prestazione
NASpI.
Tuttavia, i suddetti periodi - seppure non utili per il
perfezionamento del requisito contributivo - possono essere considerati
“neutri” con un corrispondente ampliamento sia del periodo di osservazione
(quadriennio) per la ricerca della contribuzione utile alla prestazione di
disoccupazione, sia del periodo di dodici mesi precedenti la cessazione del
rapporto di lavoro per la ricerca del requisito delle trenta giornate di
effettivo lavoro.
Ciò in analogia a quanto previsto per l’indennità di
mobilità rispetto alla quale, per il perfezionamento del requisito di sei mesi
“di lavoro effettivamente prestato”, i periodi di aspettativa di cui all’art.
31 della Legge n.300 del 1970 sono considerati “neutri”.
4.3. Neutralizzazione
dei periodi di CIG in deroga.
Ai fini della determinazione del “quadriennio” per la
ricerca del requisito contributivo (minimo 13 settimane) necessario, unitamente
agli altri requisiti, per l’accesso alla prestazione di disoccupazione NASpI
nonché ai fini della ricerca del requisito delle 30 giornate di lavoro
effettivo nei dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro si
osserva che, anche i periodi di CIG in
deroga con sospensione dell’attività a zero ore – vista l’analogia di detta
prestazione previdenziale di sostegno al reddito con la CIG ordinaria e
straordinaria – sono da considerarsi “neutri” con corrispondente ampliamento
sia del periodo di osservazione (quadriennio) per la ricerca della
contribuzione utile alla prestazione di disoccupazione, sia del periodo di
dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro per la ricerca del
requisito delle trenta giornate di effettivo lavoro.
4.4 Neutralizzazione
dei periodi di lavoro all’estero in Paesi non convenzionati.
Ai fini della determinazione del “quadriennio” per la
ricerca del requisito contributivo (minimo 13 settimane) necessario, unitamente
agli altri requisiti, per l’accesso alla prestazione di disoccupazione NASpI
nonché ai fini della ricerca del requisito delle 30 giornate di lavoro
effettivo nei dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro, si
precisa che i periodi di lavoro all’estero - in Stati con i quali l’Italia non
abbia stipulato accordi o convenzioni bilaterali in materia di assicurazione
contro la disoccupazione - sono da considerarsi “neutri” con corrispondente
ampliamento sia del periodo di osservazione (quadriennio) per la ricerca della
contribuzione utile alla prestazione di disoccupazione, sia del periodo di
dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro per la ricerca del
requisito delle trenta giornate di effettivo lavoro.
5. Requisito
lavorativo: trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale
contributivo, nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di
disoccupazione.
5.1. Perfezionamento
del requisito delle 30 giornate di effettivo lavoro per i lavoratori addetti ai
servizi domestici e familiari.
A causa del particolare regime che caratterizza il lavoro
domestico, per i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari è
possibile individuare le settimane in cui gli stessi hanno prestato attività
lavorativa ma non è possibile verificare, all’interno di ciascuna settimana, in
quali e in quante giornate sia stata prestata l’attività lavorativa.
All’atto dell’instaurazione del rapporto di lavoro, infatti,
il datore di lavoro è tenuto a comunicare all’INPS in via telematica il numero
di ore lavorative settimanali - senza la specifica della distribuzione delle
medesime all’interno delle singole giornate - e la relativa retribuzione oraria
o mensile. Successivamente, all’atto del pagamento dei contributi previdenziali
e assistenziali - effettuato trimestralmente dal datore di lavoro per un numero
di ore che può essere anche maggiore o minore rispetto a quelle inizialmente
comunicate - è possibile conoscere soltanto il numero di settimane accreditate
per ciascun mese.
In ragione di quanto esposto – considerato che per la
copertura contributiva di una settimana sono necessarie 24 ore di lavoro - ai
fini della ricerca del requisito delle “trenta giornate di lavoro effettivo”
nei dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro per l’accesso
alla prestazione di disoccupazione NASpI, il requisito si intende soddisfatto
laddove tali assicurati abbiano prestato – nel periodo di osservazione (12 mesi
precedenti la cessazione del rapporto di lavoro) – attività lavorativa per 5
settimane con un minimo di ore lavorate per ciascuna settimana pari a 24 ore
(24 X 5 cioè minimo di ore per la copertura di una settimana = 120 ore). Per la
costituzione del requisito delle trenta giornate di lavoro effettivo occorre
pertanto la presenza - nei dodici mesi precedenti l’inizio del periodo di
disoccupazione - di un minimo di 120 ore distribuite nella maniera sopra descritta
e cioè 24 ore per ciascuna delle cinque settimane.
5.2. Eventi che
consentono neutralizzazione ai fini della ricerca delle 30 giornate di lavoro
“effettivo”.
5.2.a. Aspettativa
sindacale ex art.31 della legge n.300 del 1970 e Cig in deroga.
Si richiamano i paragrafi 4.2 e 4.3 relativi alla
neutralizzazione dei periodi di aspettativa sindacale ex art.31 della legge
n.300 del 1970 e di Cig in deroga anche ai fini della ricerca del requisito
delle trenta giornate di effettivo lavoro nei dodici mesi precedenti la
cessazione del rapporto di lavoro.
5.2.b. Malattia
integrata dal datore di lavoro.
Nella circolare n. 94 del 2015 al paragrafo “Requisiti” è
stato precisato che - ai fini della ricerca del requisito delle “trenta
giornate di lavoro effettivo” nei dodici mesi precedenti la cessazione del
rapporto di lavoro per l’accesso alla prestazione di disoccupazione NASpI - i
periodi di malattia nel caso non vi sia integrazione della retribuzione da
parte del datore di lavoro (ovviamente nel rispetto del minimale retributivo)
siano da considerare “neutri”, con conseguente ampliamento del periodo di
osservazione.
Analogamente, anche i periodi di malattia con integrazione
della retribuzione a carico del datore di lavoro determinano - se si verificano
o siano in corso nei dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di
lavoro - un corrispondente ampliamento del periodo di osservazione all’interno
del quale ricercare il requisito delle trenta giornate.
6. Durata.
Procedimento di calcolo. Ulteriori precisazioni.
Ad integrazione della circolare n.94 del 12 maggio 2015 e a
seguito di segnalazioni pervenute da diversi canali di utenza si ritiene utile
esporre nel dettaglio i singoli passaggi relativi al calcolo della durata
dell’indennità NASpI.
Per determinare la durata della prestazione NASpI si procede
come segue.
1 - Si considerano in prima istanza le prestazioni di
Disoccupazione ordinaria (DSO) e ASpI il cui biennio di osservazione
(eventualmente ampliato in ragione della presenza di periodi neutri) sia a cavallo
dell’inizio del quadriennio di osservazione per la determinazione della durata
dell’indennità NASpI.
1 a) Per la prima prestazione DSO o ASpI e cioè per quella
con la data di cessazione più vecchia:
-
Si calcolano i Contributi Fuori Quadriennio nel
seguente modo:
52 settimane – contributi utili alla prestazione nel
quadriennio;
-
Si calcolano le Settimane utilizzate come segue,
e cioè:
Per il caso di
prestazione con durata teorica fino a 52 settimane:
a) Durata effettiva/durata teorica x 52
b) Se i 12
mesi precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI sono
interamente contenuti nel quadriennio si confrontano le Settimane di
contribuzione presenti in detti mesi, con quelle calcolate al punto a) e si
considera il minore tra i due valori
c) Se i 12 mesi precedenti l’evento di cessazione che ha
dato luogo a DSO/ASpI non sono interamente contenuti nel quadriennio, resta
confermato il numero di settimane calcolato al punto a)
- Per il caso di
prestazione con durata teorica superiore a 52 settimane:
a) Durata effettiva in settimane
b) Se i mesi
in numero pari alla durata teorica della prestazione precedenti l’evento di
cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI, sono interamente contenuti nel
quadriennio si confrontano le Settimane di contribuzione presenti in detto
periodo con quelle calcolate al punto a) e si considera il minore tra i due
valori
c) Se i mesi in numero pari alla durata teorica della
prestazione precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI non
sono interamente contenuti nel quadriennio, resta confermato il numero di
settimane calcolato al punto a)
- Si verifica se i Contributi Fuori Quadriennio coprono
tutte le settimane utilizzate; in questo caso per la domanda in esame di NASpI
non ci sono settimane da scomputare e sarà il residuo Contributi Fuori
Quadriennio ad essere ridotto di dette settimane.
- Se i Contributi Fuori Quadriennio non coprono tutte le
settimane utilizzate per la domanda di DSO o ASpI, si azzererà il numero di Contributi
Fuori Quadriennio (da considerare per eventuali successive domande DSO o
ASpI con biennio a cavallo) e la
ulteriore parte residua di settimane da ritenersi utilizzate sarà detratta dai
contributi presenti nel quadriennio da considerare per il calcolo della durata
della prestazione NASpI.
1 b) Per la seconda prestazione DSO o ASpI ed eventuali
successive sempre di DSO o ASpI (in ordine di data cessazione a partire dalla
più vecchia):
-
Si calcolano le Settimane utilizzate come segue,
e cioè:
Per il caso di prestazione con durata teorica fino a 52
settimane:
a) Durata effettiva/durata teorica x 52
b) Se i 12
mesi precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI sono
interamente contenuti nel quadriennio si confrontano le Settimane di
contribuzione presenti in detti mesi, con quelle calcolate al punto a) e si
considera il minore tra i due valori
c) Se i 12
mesi precedenti l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI non sono
interamente contenuti nel quadriennio, resta confermato il numero di settimane
calcolato al punto a)
Per il caso di prestazione con durata teorica superiore a 52
settimane:
a) Durata effettiva in settimane
b) Se i mesi
in numero pari alla durata teorica della prestazione precedenti l’evento di
cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI, sono interamente contenuti nel
quadriennio si confrontano le Settimane di contribuzione presenti in detto
periodo con quelle calcolate al punto a) e si considera il minore tra i due
valori
c) Se i mesi
in numero pari alla durata teorica della prestazione precedenti l’evento di
cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI non sono interamente contenuti nel
quadriennio, resta confermato il numero di settimane calcolato al punto a).
- Si calcolano i Contributi Fuori Quadriennio nel modo
seguente:
52 settimane – contributi utili alla prestazione nel
quadriennio, nel limite comunque del residuo Contributi Fuori Quadriennio
risultato dalle precedenti domande con biennio a cavallo;
-
Si verifica se i Contributi Fuori Quadriennio
coprono tutte le settimane utilizzate; in questo caso per la domanda di NASpI
in esame non ci sono settimane da scomputare e sarà il residuo Contributi Fuori
Quadriennio ad essere ridotto di conseguenza.
-
Se i Contributi Fuori Quadriennio non coprono
tutte le settimane utilizzate per la domanda di DSO o ASpI, si azzererà il
numero di Contributi Fuori Quadriennio (da considerare per eventuali successive
domande DSO o ASpI con biennio a cavallo) e la ulteriore parte residua di
settimane da ritenersi utilizzate sarà detratta dai contributi presenti nel
quadriennio da considerare per il calcolo della durata della prestazione NASpI.
2 - Si considerano tutte le domande di prestazione Ds
ordinaria (DSO) e ASpI, miniASpI, NASpI, DS Requisiti ridotti e miniASpI 2012
del lavoratore già percepite con data cessazione nel quadriennio ad esclusione
di quelle già esaminate al punto 1, e cioè delle prestazioni di Disoccupazione
ordinaria (DSO) e ASpI il cui biennio di osservazione (eventualmente ampliato in
ragione della presenza di periodi neutri) sia a cavallo dell’inizio del
quadriennio di osservazione per la determinazione della durata dell’indennità
NASpI.
2 a- Per le prestazioni di cui al presente punto di Ds
ordinaria (DSO) e ASpI e con durata teorica fino a 52 settimane si calcolano le
Settimane utilizzate come il valore MINORE tra i seguenti:
a) Durata effettiva/durata teorica x 52
b) Settimane contribuzione presenti nei 12 mesi precedenti
l’evento di cessazione che ha dato luogo a DSO/ASpI
c) Settimane di contribuzione utilizzate per la domanda di
DSO o ASpI che cadono nel quadriennio di osservazione.
2 b- Per le domande di cui al presente punto 2 di Ds
Ordinaria (DSO) e di ASpI con durata teorica superiore a 52 settimane si
calcolano le Settimane utilizzate come il valore MINIMO tra i seguenti:
a) Durata effettiva in settimane
b) Settimane contribuzione presenti in un numero di mesi
pari alla durata teorica della prestazione, precedenti l’evento di DSO/ASpI
c) Settimane di contribuzione utilizzate per la domanda che
cadono nel quadriennio di osservazione.
2 c- Per le domande di cui al presente punto 2 di miniASpI e
NASpI si calcolano le Settimane utilizzate come il valore MINORE tra:
a) Settimane di durata effettiva x 2
b) Settimane di contribuzione utilizzate per la domanda di
miniASpI e NASpI che cadono nel quadriennio di osservazione dell’ultima domanda
di NASpI.
2 d- Per le domande di cui al presente punto 2 di Ds
Requisiti Ridotti e miniASpI 2012 si calcolano le Settimane già utilizzate in
una misura pari alle Settimane di contribuzione nell’anno solare precedente
l’anno di presentazione della domanda di Ds RR o di MiniASpI 2012, che cadono
nel quadriennio di osservazione per l’ultima domanda di NASpI.
3 – Si considerano i contributi del lavoratore nel
quadriennio di osservazione (eventualmente ampliato in ragione della presenza
di periodi neutri) prima della data cessazione attività a seguito della quale
viene richiesta la NASpI
4 - Al termine del calcolo fin qui illustrato si sommano i
contributi nel quadriennio calcolati al punto 3, e cioè i contributi del
lavoratore nel quadriennio di osservazione (eventualmente ampliato in ragione
della presenza di periodi neutri) prima
della data cessazione attività, e si riducono del numero delle Settimane di
contributi utilizzate come calcolate ai punti precedenti, facendo comunque
salvi i contributi derivati dai rapporti di lavoro successivi alla data
cessazione che ha dato luogo all’ultima indennità di disoccupazione percepita
dal lavoratore.
5 - Dividendo per 2 il risultato si ottiene la durata della
prestazione NASpI.
Con l’occasione si forniscono elementi utili
all’interpretazione del paragrafo 2.5 punto 4) della circolare n.94 del 2015 in
ordine al quale sono state segnalate incertezze circa gli effetti sul calcolo
della durata della NASpI.
Si precisa pertanto che per tutte le prestazioni di
disoccupazione ordinaria con requisiti normali (DSO) o di ASpI le cui ultime 52
settimane di contribuzione che vi hanno dato luogo siano a cavallo dell’inizio
del quadriennio, la valutazione della contribuzione utilizzata – calcolata così
come indicato al punto 1) dello stesso paragrafo 2.5 - deve essere ricondotta
prioritariamente ai periodi contributivi più risalenti delle ultime 52 settimane
di contribuzione che hanno dato luogo a prestazioni di DSO o ASpI, anche se
detta contribuzione si colloca al di fuori del quadriennio di riferimento.
Il procedimento di calcolo fin qui descritto sarà pubblicato
in apposita sezione di pagina Internet.
7. Domanda di
indennità di mobilità o di indennità di disoccupazione NASpI
A seguito dei quesiti pervenuti dalle strutture territoriali
circa la possibilità per il lavoratore di optare tra la prestazione di mobilità
e la prestazione di disoccupazione NASpI, si precisa quanto segue in ordine
alla diversità delle due prestazioni con riferimento alla contribuzione versata
dal datore di lavoro, ai requisiti di accesso, alla durata, alla misura ed alle
tipologie di agevolazioni. Per quanto concerne gli aspetti contributivi, il
datore di lavoro è tenuto al versamento dell’aliquota contributiva ordinaria
ASpI dell’1,61% (1,31% + 0,30%), a favore dei lavoratori per i quali è prevista
l’assicurazione contro la disoccupazione.
In materia di mobilità, invece, sono tenute al versamento
del contributo dello 0,30 le aziende inquadrate, ai fini contributivi, nei
settori economico–produttivi rientranti nel campo di applicazione della
disciplina dell’intervento straordinario di integrazione salariale.
Quanto agli aspetti legati ai requisiti di accesso, la
prestazione di disoccupazione NASpI è rivolta ai lavoratori che abbiano perduto
involontariamente la propria occupazione a seguito di licenziamento
individuale, licenziamento con accettazione dell'offerta di conciliazione di
cui all'art. 6 del D. Lgs. n.23 del 2015, dimissioni per giusta causa
(individuate dalla giurisprudenza), nonché risoluzione consensuale
(esclusivamente se avvenuta secondo la procedura di cui all’art. 7, L.
604/1966).
L’indennità di mobilità è, invece, rivolta ai lavoratori
licenziati a seguito di una procedura di licenziamento collettivo ai sensi
degli artt. 4 e 24 della legge n.223 del 1991 da aziende rientranti nel campo
di applicazione della disciplina dell’intervento straordinario di integrazione
salariale e appartenenti a particolari settori economico-produttivi.
Quanto ai requisiti di accesso, per la prestazione di
disoccupazione NASpI si richiede, oltre allo stato di disoccupazione
involontario, la presenza di almeno tredici settimane di contribuzione nel
quadriennio precedente la data di cessazione dal lavoro, nonché la presenza di
almeno trenta giornate di effettivo lavoro nei dodici mesi precedenti la
cessazione dal lavoro. Per l’accesso alla indennità di mobilità, oltre
all’iscrizione nelle liste di mobilità, i lavoratori licenziati devono avere la
qualifica di operai, impiegati e quadri e un’anzianità aziendale di dodici
mesi, di cui almeno sei di lavoro effettivamente prestato, con rapporto di
lavoro a tempo indeterminato, come disciplinato dall’art. 16, comma 1 della
legge n.223 del 1991.
Quanto alla durata delle prestazioni in argomento,
l’indennità NASpI è pari alla metà delle settimane di contribuzione nel
quadriennio precedente la data di cessazione dal lavoro, risultando pertanto
strettamente legata all’anzianità contributiva del lavoratore. La durata
dell’indennità di mobilità, invece, è commisurata all’età anagrafica del
lavoratore al momento del licenziamento nonché all’area geografica di
ubicazione dell’azienda interessata dalla procedura di licenziamento
collettivo. A tal proposito, si precisa che l’art. 2, comma 46 della legge n.92
del 2012 ha introdotto un regime transitorio della durata dell’indennità di
mobilità per cui si dovrà applicare una graduale riduzione della durata dell’indennità
di mobilità secondo quanto meglio specificato nella circolare n.2 del 2013 e
nel messaggio Hermes 009916 del
24.12.2014. Infine, ai sensi dell’art. 7, comma 4 l’indennità di mobilità non
può essere corrisposta per un periodo superiore all'anzianità maturata dal
lavoratore alle dipendenze dell'impresa che abbia attivato la procedura di cui
all'articolo 4 della legge n.223 del 1991.
Quanto alla misura, l’indennità mensile NASpI è pari al 75%
della retribuzione media mensile nei casi in cui tale retribuzione sia pari o
inferiore ad un importo stabilito che per l’anno 2015 è di € 1.195; nei casi in
cui la retribuzione mensile sia superiore all’importo stabilito, l’indennità
NASpI è pari al 75% di detto importo incrementato di una somma pari al 25% del differenziale
tra la retribuzione media mensile e il predetto importo stabilito.
All’indennità mensile si applica una riduzione del 3% ogni
mese a decorrere dal primo giorno del quarto mese di fruizione.
L’indennità NASpI non può superare un importo massimo
mensile stabilito dalla legge, che per il 2015 è pari a € 1.300 lorde.
L’importo dell'indennità di mobilità è, invece, pari al
trattamento straordinario di integrazione salariale che il lavoratore avrebbe
percepito nel periodo immediatamente precedente la risoluzione del rapporto di
lavoro, nei limiti dei “massimali”, previsti per le due fasce di retribuzione
percepita prima del licenziamento e adeguati annualmente. Pertanto, detto
importo, verrà corrisposto nella misura del cento per cento per i primi 12 mesi
e dell’ottanta per cento a decorrere dal tredicesimo fino al termine della
prestazione.
Sotto il profilo delle agevolazioni alle assunzioni, per i
percettori delle prestazioni di disoccupazione ASpI, mini-ASpI e NASpI, l’art.
2, comma 10 bis della legge n.92 del 2012 prevede che, al datore di lavoro che
assume a tempo pieno e indeterminato lavoratori beneficiari della prestazione
di disoccupazione, è concesso, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta
al lavoratore, un contributo pari al 50% dell’indennità mensile residua che
sarebbe stata corrisposta al lavoratore.
Per i destinatari dell’indennità di mobilità, al datore di
lavoro è concesso uno sgravio sulla quota di contribuzione, pari a quella
dovuta per gli apprendisti, per una durata massima di:
-
18 mesi nel caso di assunzione a tempo indeterminato (art. 25, comma 9,
della legge n.223 del 1991);
-
12 mesi nel caso di assunzione a tempo determinato, anche attraverso più
contratti di lavoro. Se nel corso del rapporto, lo stesso è trasformato a tempo
indeterminato, il beneficio contributivo spetta per ulteriori dodici mesi. Il
contratto può avere anche una durata più lunga ma gli incentivi sono limitati a
dodici mesi (articolo 8, comma 2, della legge n. 223 del 1991).
L’assunzione di un lavoratore in mobilità comporta anche un
incentivo di natura economica solo qualora il lavoratore assunto sia anche
beneficiario della prestazione.
Infatti, il datore di lavoro che senza esservi tenuto assume
un lavoratore percettore di indennità di mobilità a tempo pieno e indeterminato
percepisce (articolo 8, comma 2, della legge n.223 del 1991):
-
il 50% dell’indennità di mobilità residua dovuta al lavoratore, per un
massimo di dodici mesi se il lavoratore ha meno di 50 anni;
-
il 50% dell’indennità di mobilità residua dovuta al lavoratore, per un
massimo di 24 mesi se il lavoratore ha più di 50 anni, elevato a 36 nelle aree
del Mezzogiorno.
Posto quanto sopra, nell’ipotesi di licenziamento collettivo
a seguito di procedura di cui agli artt. 4 e 24 della Legge n.223 del 1991, il
lavoratore che abbia presentato apposita domanda di indennità di mobilità
accede esclusivamente alla indennità di mobilità, in presenza di tutti i
requisiti legislativamente previsti; pertanto, sussistendo i requisiti di
accesso a tale prestazione, il lavoratore non ha facoltà di optare tra
l’indennità di mobilità e l’indennità di disoccupazione NASpI.
Al fine, comunque, di agevolare l’interessato a presentare
correttamente la domanda della prestazione di mobilità o di NASpI si procederà
ad inserire nella procedura informatica di presentazione della domanda di NASpI
un avviso con il quale si porta a conoscenza dell’utente/lavoratore che se la
cessazione del proprio rapporto di lavoro è avvenuta a seguito di licenziamento
collettivo, ai sensi degli artt. 4 e 24 della Legge n.223 del 1991, occorre
presentare esclusivamente domanda di indennità di mobilità. Al riguardo si
richiama tuttavia il messaggio INPS n.1644 del 2015 nel quale è stato chiarito
che, nel caso di reiezione delle domande di indennità di mobilità, sarà cura
degli operatori della struttura territoriale inserire – in calce alla
comunicazione di reiezione e della relativa motivazione - una nota con la quale
si chiede al lavoratore di manifestare espressamente la volontà di trasformare
la iniziale domanda di indennità di mobilità in domanda di indennità di
disoccupazione. A tal fine si precisa che il lavoratore dovrà manifestare la
predetta scelta entro il termine di 30 giorni dalla data di ricezione della
comunicazione in argomento. In tale ipotesi, ai fini della decorrenza della
prestazione di disoccupazione, si terrà in considerazione l’originaria domanda
di indennità di mobilità, successivamente “trasformata” in domanda di
disoccupazione.
Inoltre, nella procedura informatica di presentazione della
domanda di indennità di mobilità si procederà ad inserire l’avviso con il quale
si porta a conoscenza dell’interessato che l’indennità di mobilità deve essere
richiesta solo se la cessazione del proprio rapporto di lavoro sia avvenuta a
seguito di procedura di mobilità ai sensi degli artt. 4 e 24 della Legge n.223
del 1991 e che in tutti gli altri casi di cessazione involontaria del rapporto
di lavoro occorre presentare domanda di indennità di disoccupazione NASpI.
8. Servizio civile nazionale e indennità di
disoccupazione NASpI
8.1. Premessa ed
evoluzione del quadro normativo.
Il decreto legislativo 5 aprile 2002, n.77 recante la
disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell’articolo 2 della legge 6
marzo 2001 n.64, all’art.9 rubricato “Trattamento economico e giuridico”
stabilisce al comma 1 che l'attività svolta nell'ambito dei progetti di
servizio civile non determina l'instaurazione di un rapporto di lavoro e non comporta
la sospensione e la cancellazione dalle liste di collocamento o dalle liste di
mobilità.
Ai sensi del successivo comma 2, agli ammessi a prestare
attività in un progetto di servizio civile compete un assegno per il servizio
civile, non superiore al trattamento economico previsto per il personale
militare volontario in ferma annuale, nonché' le eventuali indennità da
corrispondere in caso di servizio civile all'estero.La misura del compenso
dovuto ai volontari del servizio civile nazionale è determinata con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri tenendo conto delle disponibilità
finanziarie del Fondo nazionale per il servizio civile.
In relazione al compenso, l’Agenzia delle Entrate con
circolare 10 giugno 2004 n.24/E ha chiarito che le somme percepite dai
volontari ai sensi della normativa di settore, in mancanza dei presupposti che
consentano di configurare il rapporto d’impiego dei volontari come un vero e
proprio rapporto di lavoro dipendente, devono essere qualificate quali redditi
di collaborazione coordinata e continuativa ai sensi dell’art.50, lettera
c-bis) del TUIR.
Relativamente al versamento della contribuzione, a norma
dell’art. 9, co. 4, del D. Lgs. n.77/2002, il relativo onere era posto
interamente a carico del Fondo nazionale per il servizio civile.
Il decreto legge 29 novembre 2008 n.185 convertito dalla L.
28 gennaio 2009, n.2 ha introdotto all’art.9 del decreto legislativo in
argomento il comma 4 ter il quale prevede che dal 1° gennaio 2009, cessa a
carico del Fondo Nazionale del Servizio Civile qualsiasi obbligo contributivo
ai fini di cui al comma 4 per il periodo di servizio civile prestato dai
volontari avviati dal 1° gennaio 2009.
Il succitato comma 4 – come modificato dal richiamato
decreto legge n.185 del 2008 - prevede che per i soggetti iscritti al Fondo
pensioni lavoratori dipendenti e alle gestioni speciali dei lavoratori
autonomi, agli iscritti ai fondi sostitutivi ed esclusivi dell'assicurazione
generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti ed alla
gestione di cui all'articolo 2, co.26, della legge 8 agosto 1995, n.335, i
periodi corrispondenti al servizio civile su base volontaria successivi al 1°
gennaio 2009 sono riscattabili, in tutto o in parte, a domanda dell'assicurato,
e senza oneri a carico del Fondo Nazionale del Servizio Civile, con le modalità
di cui all'art. 13 della legge 12 agosto 1962, n.1338 e sempreché gli stessi
non siano già coperti da contribuzione in alcuno dei regimi stessi.
Sulla base delle integrazioni e modifiche esposte il regime
previdenziale dei soggetti interessati risulta significativamente trasformato
rispetto al passato. Nel previgente regime infatti i beneficiari di prestazione
di disoccupazione - i quali durante il periodo indennizzabile iniziavano il
servizio civile volontario - decadevano dal diritto alla prestazione.
Analogamente non competeva la prestazione di disoccupazione a coloro che
presentavano la relativa domanda nel corso dello svolgimento del servizio
civile a seguito di precedente cessazione di rapporto di lavoro subordinato.
L’attuale mutato quadro normativo impone un adeguamento
delle ricadute in ambito previdenziale rispetto a quanto da ultimo richiamato.
8.2. Disciplina dei
rapporti fra indennità di disoccupazione NASpI e Servizio Civile nazionale.
Ferme restando le previsioni di cui ai citati commi 1 e 2
dell’art. 9 del D.Lgs. n.77 del 2002, si evidenzia quanto segue.
A differenza che nel passato, i volontari del servizio
civile, pur percependo un compenso - che vista la normativa fiscale vigente
nonché le indicazioni dell'Agenzia delle Entrate è equiparato ai compensi
percepiti dai soggetti che svolgono attività di lavoro parasubordinato
(collaborazioni coordinate e continuative) – non ricevono copertura
contributiva.
Per conseguenza, essendo rimasta immutata la natura delle
somme percepite dai volontari del servizio civile qualificate quali redditi di
collaborazione coordinata e continuativa ancorché cessato ogni obbligo
contributivo, si ritiene di potere ricondurre la fattispecie in esame
all’ipotesi normativa di cui all’art. 10 del D.Lgs. n.22 del 2015. La
prestazione di disoccupazione è pertanto cumulabile con il compenso da servizio
civile volontario subendo la riduzione pari all’80% del compenso previsto. Ciò
comporta anche la copertura contributiva figurativa di un periodo altrimenti
privo di tutela contributiva ancorché caratterizzato dallo svolgimento di
attività a favore della collettività.
Le strutture territoriali provvederanno a gestire la
situazione dei beneficiari di prestazione di disoccupazione NASpI i quali
durante il periodo indennizzabile inizino il servizio civile volontario,
applicando le medesime modalità riservate ai beneficiari della stessa
prestazione che - durante il periodo indennizzabile - intraprendono una
attività di lavoro parasubordinata (punto 2.10.b Circ. n.94 del 2015).
Analogamente sarà gestita la prestazione di disoccupazione
NASpI di coloro che presentano, nei termini legislativamente previsti, la
relativa domanda nel corso dello svolgimento del servizio civile a seguito di
precedente cessazione di rapporto di lavoro subordinato.
Resta inteso che, non rilevando l’inizio del Servizio civile
nazionale da archivio delle comunicazioni obbligatorie UNILAV, rimane a carico
dell’interessato la relativa comunicazione.
L’interessato dovrà altresì effettuare all’Inps la
comunicazione in ordine all’importo del compenso annuo che questi trarrà dallo
svolgimento del Servizio.
Le suddette comunicazioni dovranno effettuarsi entro un mese
dall’inizio del Servizio Civile se questo interviene nel corso della percezione
della prestazione di disoccupazione o entro un mese dalla domanda di
prestazione di disoccupazione - presentata a seguito di precedente cessazione di
rapporto di lavoro subordinato - se il servizio civile è già in corso di
svolgimento.
Si sottolinea che la presente disciplina comporta accredito
di contribuzione figurativa nei periodi di sovrapposizione di Servizio civile
nazionale con periodi indennizzati a titolo di NASpI. Nei periodi in cui non
sussiste sovrapposizione in quanto il Servizio civile nazionale si svolge in
tutto o in parte al di fuori dei periodi indennizzati di NASpI, la copertura
contributiva dei periodi di Servizio civile non concomitanti con i periodi
indennizzati a titolo di NASpI può essere ottenuta, ai sensi del modificato
comma 4 del citato decreto legislativo, solo a seguito di riscatto con onere a
carico degli assicurati.
9. Nuova attività lavorativa in corso di prestazione
9.1. Effetti del lavoro accessorio sull’indennità
NASpI.
Il recente Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n.81
disciplina, tra l’altro, il lavoro accessorio.
In particolare l’art. 48 del richiamato d.lgs. n.81 del 2015
stabilisce che per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività
lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti,
a compensi superiori a 7.000 euro nel corso di un anno civile, annualmente
rivalutati sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo
per le famiglie degli operai e degli impiegati. Fermo restando il limite
complessivo di 7.000 euro, nei confronti dei committenti imprenditori o
professionisti, le attività lavorative di cui trattasi possono essere svolte a
favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro,
anche essi rivalutati annualmente.
Il successivo comma 2 prevede che prestazioni di lavoro
accessorio possono essere rese, in tutti i settori produttivi, compresi gli
enti locali, nel limite complessivo di 3.000 euro di compenso per anno civile,
anche essi rivalutati, da percettori di prestazioni integrative del salario o
di sostegno al reddito. L’INPS provvede a sottrarre dalla contribuzione
figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al
reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro
accessorio.
Alla luce della disciplina sopra esposta e delle
disposizioni di cui al D.lgs. n.22 del 2015 che prevedono la cumulabilità della
prestazione NASpI con i redditi derivanti da attività lavorativa, si precisa
che l’indennità NASpI è interamente cumulabile con i compensi derivanti dallo
svolgimento di lavoro accessorio nel limite complessivo di 3.000 per anno
civile.
Per i compensi che superano detto limite e fino a 7.000 euro
per anno civile la prestazione NASpI sarà ridotta di un importo pari all’80 per
cento del compenso rapportato al periodo intercorrente tra la data di inizio
dell’attività e la data in cui termina il periodo di godimento dell’indennità
o, se antecedente, la fine dell’anno.
Il beneficiario dell’indennità NASpI è tenuto a comunicare
all’INPS entro un mese rispettivamente dall’inizio dell’attività di lavoro
accessorio o, se questa era preesistente, dalla data di presentazione della
domanda di NASpI, il compenso derivante dalla predetta attività.
9.2. Effetti del
lavoro intermittente sull’indennità
NASpI.
Il contratto di lavoro intermittente, disciplinato dagli
artt. 13-18 del richiamato D.Lgs. 15 giugno 2015, n.81, costituisce un
contratto di lavoro dipendente che può essere stipulato a tempo determinato
ovvero a tempo indeterminato.
Tale contratto può assumere una delle seguenti tipologie:
1. lavoro intermittente con espressa pattuizione
dell’obbligo di risposta alla chiamata del datore di lavoro e diritto alla
indennità di disponibilità;
2. lavoro intermittente senza obbligo di
risposta alla chiamata e senza diritto all’indennità di disponibilità.
Tipologia 1
Nel caso in cui il lavoratore già beneficiario di indennità
NASpI si rioccupi con un contratto di lavoro intermittente di cui alla prima
tipologia e cioè con obbligo di risposta alla chiamata e diritto alla indennità
di disponibilità, si precisa quanto segue.
Prima dell’evoluzione interpretativa delle disposizioni di
cui all’art.2 della legge n.92 del 2012 e prima della disciplina dettata
dall’art.9 del D.Lgs. n.22 del 2015 rispettivamente in materia di cumulo
dell’indennità ASpI e NASpI con il reddito da lavoro dipendente nel caso di
rioccupazione del beneficiario della prestazione, il Ministero del Lavoro e
delle Politiche sociali con interpelli n.3147 del 22 dicembre 2005 e n.44 del 3
ottobre 2008 ha chiarito che la corresponsione dell’indennità di disoccupazione
deve ritenersi esclusa per i periodi non lavorati durante i quali il lavoratore
resta disponibile a prestare la propria attività lavorativa percependo la
relativa indennità di disponibilità.
Alla luce delle vigenti disposizioni sia in materia di
indennità di disoccupazione ASpI che della nuova indennità NASpI, nell’ipotesi
di rioccupazione con contratto di lavoro subordinato è ammesso il cumulo della
prestazione di disoccupazione con il reddito da lavoro dipendente laddove
quest’ultimo sia inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello
stato di disoccupazione.
Pertanto, anche nell’ipotesi in esame di rioccupazione del
beneficiario di indennità di disoccupazione con rapporto di lavoro
intermittente con obbligo di risposta alla chiamata da parte del prestatore di
lavoro e obbligo di corresponsione della indennità di disponibilità da parte
del datore di lavoro è ammissibile, trattandosi di rapporto di lavoro
subordinato con una tutela retributiva continuativa assicurata dall’indennità
di disponibilità, il cumulo della prestazione di disoccupazione con il reddito
da lavoro, qualora quest’ultimo - comprensivo della indennità di disponibilità
- non superi il limite di € 8.000 per il mantenimento dello stato di
disoccupazione.
In particolare trovano applicazione - in considerazione
della durata del contratto, che può essere a tempo determinato o a tempo
indeterminato, e del reddito annuo derivante dal medesimo - le disposizioni in
materia di rioccupazione del beneficiario dell’indennità di disoccupazione con
rapporto di lavoro subordinato e i conseguenti effetti di sospensione,
riduzione e decadenza sulla prestazione.
Tipologia 2
Nel caso in cui il lavoratore beneficiario di indennità
NASpI si rioccupi con contratto di lavoro intermittente di cui alla seconda
tipologia e cioè senza obbligo di risposta alla chiamata e senza diritto
all’indennità di disponibilità, l’indennità di disoccupazione NASpI resta
sospesa per le sole giornate di effettiva prestazione lavorativa e può essere
riconosciuta limitatamente ai periodi interni al contratto non interessati da
prestazione lavorativa tra una chiamata e l’altra.
Tuttavia, anche per tale tipologia di lavoro intermittente,
in applicazione di quanto disposto dall’art. 9, comma 2, del D.Lgs. n.22 del
2015, è ammesso il cumulo della prestazione di disoccupazione con il reddito da
lavoro qualora quest’ultimo non superi il limite annuo di 8.000 euro per il
mantenimento dello stato di disoccupazione.
Pertanto, laddove il percettore di NASpI intenda cumulare il
reddito derivante dal rapporto di lavoro intermittente con la prestazione di
disoccupazione, è tenuto a comunicare all’Istituto, entro il termine di un mese
dalla ripresa dell’attività lavorativa, il reddito annuo che prevede di trarre
dalla stessa. In tal caso la prestazione verrà ridotta e sarà effettuato il
conguaglio a fine anno tra i redditi conseguiti in seguito all’attività
lavorativa e l’indennità NASpI, secondo quanto previsto per la generalità dei
lavoratori.
Stante quanto sopra, si sottolinea che nell’ipotesi in cui
un lavoratore, non percettore di indennità di disoccupazione, sia titolare di
un contratto di lavoro intermittente a tempo determinato o indeterminato di cui
al pt.2 e cioè senza obbligo di risposta alla chiamata e senza diritto
all’indennità di disponibilità, per i periodi interni al contratto non
interessati da prestazione lavorativa tra una chiamata e l’altra, non è
possibile accedere alla indennità di disoccupazione. I periodi di lavoro e di
non lavoro costituiscono infatti l’articolazione della prestazione lavorativa
della tipologia del contratto in argomento e pertanto i periodi di non lavoro
non possono essere assimilati ad una cessazione involontaria del rapporto di
lavoro, presupposto per la presentazione della domanda di indennità di
disoccupazione.
9.3. Effetti del
lavoro all’estero sull’indennità NASpI.
In caso di nuova occupazione con contratto di lavoro
subordinato a tempo determinato all’estero del soggetto percettore di NASpI
occorre distinguere a seconda che il nuovo lavoro sia intrapreso in uno Stato
che applica la normativa comunitaria o in uno Stato non comunitario che sia
convenzionato con l’Italia in materia di disoccupazione con previsione
dell’esportabilità della prestazione o in uno Stato non comunitario che non sia
convenzionato con l’Italia in materia di disoccupazione.
Si forniscono pertanto i seguenti chiarimenti in ordine alle
diverse situazioni.
1. Percettore di
indennità di disoccupazione NASpI che si reca in un Paese che applica la
normativa comunitaria esportando la prestazione (artt. 7, 63 e 64 del
Regolamento (UE) n. 883/2004).
Se la persona disoccupata titolare di prestazione italiana
chiede, in applicazione dell’articolo 64 del regolamento CE n. 883/2004, di
esportare tale prestazione perché si reca in cerca di lavoro in uno Stato che
applica la normativa comunitaria, è tenuta a iscriversi come persona in cerca
di lavoro nello Stato in cui si è recata e quindi non è più a disposizione del
Centro per l’impiego in Italia. Qualora trovi lavoro in detto Stato si produrrà
la decadenza dall’indennità NASpI.
2. Percettore di
indennità di disoccupazione NASpI che lascia l’Italia avendo già un contratto
di lavoro in Paese estero che applica la normativa comunitaria.
In tale ipotesi l’indennità viene sospesa fino ad un massimo
di sei mesi: in questo caso infatti nel momento in cui è stipulato il contratto
di lavoro la persona disoccupata è iscritta al Centro per l’impiego.
Al termine del contratto di lavoro all’estero, prima di
ripristinare l’indennità sospesa, occorre verificare che l’interessato non si
sia iscritto all’ufficio del lavoro dello Stato estero di ultima occupazione e
abbia chiesto una prestazione a carico di detto Stato. In tale ipotesi
l’indennità NASpI non potrà più essere ripristinata.
3. Percettore di
indennità di disoccupazione NASpI che si reca in uno Stato non comunitario che
sia convenzionato con l’Italia in materia di disoccupazione con previsione
dell’esportabilità della prestazione, esportando la prestazione. In tale
ipotesi si applica quanto previsto al precedente punto 1.
4. Percettore di
indennità di disoccupazione NASpI che lascia l’Italia avendo già un contratto
di lavoro in Paese non comunitario che sia convenzionato con l’Italia in
materia di disoccupazione con previsione dell’esportabilità della prestazione.
In tale ipotesi si applica quanto previsto al precedente punto 2.
5. Percettore di
indennità di disoccupazione NASpI che si reca uno Stato non comunitario che non
sia convenzionato con l’Italia in materia di disoccupazione. In tale ipotesi se
la persona ha già un contratto di lavoro nel Paese in cui si reca, l’indennità
viene sospesa fino ad un massimo di sei mesi, dopodiché si produce decadenza.
Nel caso invece la persona si rechi nell’altro Paese per
brevi periodi e per motivi documentati, si applica quanto già previsto con
messaggio n.367/8.1.2009.
6. Percettore di
indennità di disoccupazione NASpI che stipuli in Italia un contratto di lavoro
subordinato da eseguire in un Paese che applica la normativa comunitaria. In
tale caso, essendo il rapporto di lavoro disciplinato dalla normativa Italiana
anche in materia previdenziale, trovano applicazione le disposizioni di cui
all’art. 9 del D.Lgs. n. 22 del 2015 e i conseguenti effetti di sospensione,
riduzione e decadenza sulla prestazione, come nel caso di percettore di NASpI
che si rioccupa in Italia.
10. Espletamento di cariche pubbliche elettive e non
elettive in corso di prestazione.
In ordine alla compatibilità e cumulabilità in tutto o in
parte degli emolumenti derivanti dall’esercizio di cariche pubbliche elettive e
non elettive con la fruizione di indennità di disoccupazione NASpI, in assenza
di normativa esplicita specifica - fermo restando il presupposto del
mantenimento dello status di disoccupato – si precisa quanto segue.
Ai sensi dei combinati disposti di cui agli artt. 31, 32
della Legge 20 maggio 1970, n.300 e degli artt. 79, 80, 81 e 82 del D.lgs. 18
agosto 2000, n.267 (T.U.E.L.), i lavoratori dipendenti chiamati a funzioni
pubbliche elettive e non elettive possono essere collocati, a richiesta, in
aspettativa non retribuita per tutta la durata del loro mandato o, in
alternativa, hanno diritto di assentarsi dal servizio per la partecipazione
alle sedute e alle riunioni degli organi di cui fanno parte per la loro
effettiva durata.
Ai predetti lavoratori che chiedono di essere collocati in
aspettativa non retribuita compete, ai sensi del richiamato art. 82 del D.Lgs.
n.267 del 2000, una indennità di funzione corrisposta in misura intera. Per i
lavoratori che, invece, non richiedono l’aspettativa non retribuita tale indennità
di funzione è dimezzata.
Ai sensi dell’art. 50 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n.917
(T.U.I.R.) la richiamata indennità di funzione è assimilata ai redditi di
lavoro dipendente.
Ciò premesso, nell’ipotesi in cui il lavoratore dipendente
che all’atto della cessazione involontaria del rapporto di lavoro ricopre
cariche pubbliche percependo la relativa indennità di funzione può, in presenza
di tutti i requisiti legislativamente previsti, accedere alla prestazione
NASpI.
In particolare, considerato che l’indennità di funzione è
assimilata a reddito di lavoro dipendente, possono trovare applicazione
rispetto alla prestazione NASpI, gli istituti - previsti per il caso di
rioccupazione del beneficiario della prestazione con rapporto di lavoro
subordinato - del cumulo, della sospensione e della decadenza in relazione
all’importo lordo annuo dell’indennità di funzione e alla durata della carica
rivestita. In tali ipotesi, il percettore di NASpI è tenuto alle comunicazioni
in ordine allo svolgimento della carica ed alla misura annua dell’indennità di
funzione da essa derivante.
Analogamente, anche per il beneficiario di NASpI che nel
corso della fruizione della prestazione venga chiamato a ricoprire cariche
pubbliche, possono trovare applicazione gli istituti suddetti con la relativa
disciplina.
11. Precisazioni alla
circolare INPS n. 180 del 2014.
Con la circolare n. 180 del 2014 sono state date istruzioni
in merito alla fruizione delle indennità di ASPI e Mini-ASPI in caso di
raggiungimento dei requisiti per il diritto a pensione.
In particolare, al punto 1.4 della citata circolare è stato,
tra l’altro, chiarito che ai soggetti nei confronti dei quali si applicano le
disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze
previgenti all’entrata in vigore del decreto legge n. 201 del 2011, convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, la decadenza dell’indennità di
disoccupazione ASpI e mini ASpI deve essere riferita alla prima decorrenza
utile della prestazione pensionistica di vecchiaia o di anzianità. Pertanto,
tali soggetti raggiunti i requisiti per il pensionamento, decadono dalla
fruizione delle indennità di disoccupazione ASpI e mini-ASpI dalla data di
apertura della c.d. finestra di accesso. In coerenza con quanto specificato,
quindi, devono essere respinte le domande di indennità di disoccupazione ASpI e
mini ASpI per le quali la fruizione delle predette indennità dovrebbe decorrere
successivamente alla prima decorrenza utile della prestazione pensionistica di
vecchiaia o di anzianità (data di apertura della c.d. finestra di accesso).
Ciò posto sulla materia sono pervenute richieste di
chiarimento nei casi di soggetti che
risultano aver percepito l’indennità di disoccupazione ASPI o mini ASpI
successivamente alla data della prima decorrenza utile della pensione di
anzianità, ma prima della effettiva corresponsione della pensione. La criticità
è data dalla necessaria restituzione di un importo percepito durante un periodo
che rimarrebbe privo di copertura sia reddituale, essendo intervenuta la
cessazione dell’attività lavorativa, condizione questa di erogabilità
dell’indennità di disoccupazione, sia pensionistica, stante la decorrenza della
pensione di anzianità successiva alla data di presentazione della relativa
domanda.
A tale proposito, infatti, sussistono situazioni come ad
esempio quelle relative al regime sperimentale donna di cui all’art 1, comma 9, della legge n 23
agosto 2004 n 243 o relative alla disciplina della totalizzazione di cui
decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 42, nelle quali è impraticabile, dal
punto di vista logico ed operativo, la possibilità di respingere le eventuali
domande di indennità di disoccupazione ASpI e mini ASpI per le quali la
fruizione delle predette indennità dovrebbe decorrere successivamente alla
prima decorrenza utile della prestazione pensionistica di anzianità e,
conseguentemente, applicare in modo restrittivo il principio della decadenza
dalla fruizione delle indennità di disoccupazione ASpI e mini-ASpI dalla data
di apertura della c.d. finestra di accesso.
In questi casi, infatti,
l’esercizio delle predette facoltà, anch’esse previste dalla legge, può
consentire di avvalersi di requisiti più favorevoli per l’assicurato,
attribuendo una decorrenza della pensione già in corso di percezione di
indennità di disoccupazione ASpI e mini ASpI ma una corresponsione della stessa
solo dalla data dell’esercizio della facoltà, successiva all’apertura della
c.d. finestra di accesso.
Ciò posto, dopo aver acquisito anche il concorde parere del
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, si chiarisce che nei casi in
cui l’esercizio di una facoltà di legge (es. opzione per il regime sperimentale
donna, totalizzazione, ricongiunzione o totalizzazione di periodi contributivi
esteri ) comporti il perfezionamento del diritto a pensione ad un momento
antecedente all’esercizio della facoltà, ma consenta di ottenere la pensione
solo con decorrenza successiva all’esercizio delle predette facoltà, è
possibile fruire dell’indennità di disoccupazione ASpI e mini-ASpI e Naspi fino
alla prima decorrenza utile successiva all’esercizio delle predette facoltà.