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giovedì 13 marzo 2014

Jobs Act – Riepilogo dei contenuti e primi giudizi

Il 12 marzo 2014 il Presidente del Consiglio Renzi ha reso noti i contenuti del c.d. “Jobs Act”, inerente alle misure previste dal piano per il lavoro messo a punto dal Governo per favorire il rilancio dell’occupazione, riformare il mercato del lavoro ed il sistema delle tutele.

Questo in sintesi il contenuto del documento:

-         Un provvedimento urgente per semplificare il ricorso ai contratti a termine e ai contratti di apprendistato;

-         Un disegno di legge che conferisce al Governo le deleghe  per i seguenti interventi:

a)     riforma della disciplina  degli ammortizzatori sociali e del funzionamento dei servizi per il lavoro e delle politiche attive;

b)     semplificazione  delle procedure e degli adempimenti in materia di lavoro;

c)      riordino delle forme contrattuali;

d)     incremento delle misure finalizzate ad una maggiore  conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di vita.

CONTENUTI DEL PROVVEDIMENTO URGENTE

Il contratto di lavoro a termine
Il provvedimento estende da 12 a 36 mesi la durata del c.d. “contratto a termine acausale”. Si tratta del primo rapporto di lavoro a tempo determinato tra azienda e lavoratore, per il quale non è richiesto il requisito della causale legittimante l’apposizione del termine.

Per contenere il ricorso al contratto “acausale” è stato introdotto il limite massimo del 20% per l’utilizzo dell’istituto.

Il piano interviene anche sulla generalità dei contratti a tempo determinato, introducendo la possibilità, sempre entro il limite complessivo di tre anni, di prorogare più volte il rapporto (e non soltanto una sola volta), a patto che sussistano ragioni oggettive e con riferimento alla stessa attività lavorativa.

Il contratto di apprendistato
D’ora in avanti la forma scritta sarà richiesta solo per la stipulazione del contratto e per l’apposizione del patto di prova e non, come attualmente previsto, anche per il relativo piano formativo individuale.

L’assunzione di nuovi apprendisti, inoltre, non sarà più  condizionata alla conferma in servizio di precedenti rapporti di apprendistato al termine del percorso formativo.

Un’altra modifica attiene alla retribuzione dell’apprendista, il quale, per il periodo corrispondente alle ore di formazione, percepirà il 35% del compenso previsto per il livello contrattuale di inquadramento.

Nell’apprendistato professionalizzante o di mestiere, infine, sparisce l’obbligo per il datore di lavoro di integrare la formazione interna con l’offerta formativa pubblica, che diventerà un elemento puramente discrezionale.

La smaterializzazione del DURC
Al di là della vacuità del termine, l’intervento in oggetto dovrebbe rendere più semplice per le aziende ottenere l’attestazione della regolarità contributiva.

Si tratta di una misura lungamente attesa dalle imprese. L’attuale sistema impone infatti ripetuti adempimenti burocratici, al punto che, nel solo 2013, i Durc presentati sono stati circa 5 milioni.

LE DELEGHE AL GOVERNO

Delega in materia di ammortizzatori sociali
L’obiettivo della delega è quello di razionalizzare la normativa in materia di integrazione salariale attraverso  un sistema di garanzia universale per tutti i lavoratori che preveda, in caso di disoccupazione involontaria, tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori.

Il nuovo sistema dovrà coinvolgere attivamente i soggetti espulsi dal mercato del lavoro o quelli beneficiari di ammortizzatori sociali, semplificando le procedure amministrative e riducendo gli oneri non salariali del lavoro.

A tal fine vengono individuati i seguenti principi e criteri direttivi:

a) nuovi criteri di concessione ed utilizzo delle integrazioni salariali, escludendo i casi di cessazione aziendale;

b) semplificazione delle procedure burocratiche anche con la introduzione di meccanismi automatici di concessione;

c) predisporre che l’accesso alla cassa integrazione possa avvenire solo a seguito di esaurimento di altre possibilità di riduzione dell’orario di lavoro;

d) revisione dei limiti di durata, da legare ai singoli lavoratori;

e) previsione di una maggiore compartecipazione ai costi da parte delle imprese utilizzatrici;

f) previsione di una riduzione degli oneri contributivi ordinari e  rimodulazione dei costi tra i diversi settori in funzione dell’effettivo utilizzo;

g) rimodulazione dei criteri per la concessione dell’ASpI, omogeneizzando tra loro la disciplina ordinaria e quella breve;

h) incremento della durata massima dell’ASpI per i lavoratori con carriere contributive più significative;

i) estensione dell’ASpI ai lavoratori con contratti di co.co.co., prevedendo in fase iniziale un periodo biennale di sperimentazione a risorse definite;

l) introduzione di  massimali in relazione alla contribuzione figurativa;

m) verifica circa la possibilità che, dopo l’ASpI, possa essere riconosciuta un’ulteriore prestazione in favore di soggetti con indicatore ISEE particolarmente ridotto;

n) eliminazione dello stato di disoccupazione come requisito per l’accesso a prestazioni di carattere assistenziale.

La delega impone, inoltre,  l’individuazione di meccanismi finalizzati ad assicurare il coinvolgimento attivo del soggetto beneficiario delle prestazioni di integrazione salariale. Si tenterà, in sostanza, di individuare le misure di sostegno in caso di disoccupazione, al fine di favorire lo svolgimento di attività in favore della comunità locale di appartenenza.

Delega in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive
La delega è finalizzata a garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politica attiva del lavoro su tutto il territorio nazionale, nonché ad assicurare l’esercizio unitario delle relative funzioni amministrative. A tal fine vengono individuati i seguenti principi e criteri direttivi:

a) razionalizzare gli incentivi all’assunzione già esistenti, da collegare alle caratteristiche osservabili per le quali l’analisi statistica evidenzi una minore probabilità di trovare occupazione;

b) razionalizzare gli incentivi per l’autoimpiego e l’autoimprenditorialità;

c) istituire, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un’Agenzia nazionale per l’impiego per la gestione integrata delle politiche attive e passive del lavoro, partecipata da Stato, Regioni e Province autonome e vigilata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. All’agenzia sarebbero attribuiti compiti gestionali in materia di servizi per l’impiego, politiche attive e ASpI e vedrebbe il coinvolgimento delle parti sociali nella definizione delle linee di indirizzo generali. Si prevedono meccanismi di raccordo tra l’Agenzia e l’Inps, sia a livello centrale che a livello territoriale, così come meccanismi di raccordo tra l’Agenzia e gli enti che, a livello centrale e territoriale, esercitano competenze in materia di incentivi all’autoimpiego e all’autoimprenditorialità;

d) razionalizzare gli enti e le strutture, anche all’interno del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che operano in materia di ammortizzatori sociali, politiche attive e servizi per l’impiego allo scopo di evitare sovrapposizioni e garantire l’invarianza di spesa;

e) rafforzare e valorizzare l’integrazione pubblico/privato per migliorare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro;

f) mantenere il capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali il ruolo per la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni che debbono essere garantite su tutto il territorio nazionale;

g) mantenere in capo alle Regioni e Province autonome le competenze in materia di programmazione delle politiche attive del lavoro;

h) favorire il coinvolgimento attivo del soggetto che cerca lavoro;

i) valorizzare il sistema informativo per la gestione del mercato del lavoro e il monitoraggio delle prestazioni erogate.

Delega in materia di semplificazione delle procedure e degli adempimenti
La delega punta a snellire gli adempimenti burocratici attualmente previsti per la costituzione e la gestione dei rapporti di lavoro. A tal fine vengono individuati i seguenti principi e criteri direttivi:

a) razionalizzare e semplificare le procedure e gli adempimenti connessi con la costituzione e la gestione del rapporto di lavoro, con l’obiettivo di dimezzare il numero di atti di gestione del rapporto di carattere burocratico ed amministrativo;

b) eliminare e semplificare, anche mediante norme di carattere interpretativo, le disposizioni interessate da rilevanti contrasti interpretativi, giurisprudenziali e amministrativi;

c) unificare le comunicazioni alle pubbliche amministrazioni per i medesimi eventi (es. infortuni sul lavoro) ponendo a carico delle stesse amministrazioni l’obbligo di trasmetterle alle altre amministrazioni competenti;

d) promuovere le comunicazioni in via telematica e l’abolizione della tenuta di documenti cartacei;

e) rivedere il regime delle sanzioni, valorizzando gli istituti di tipo premiale, che tengano conto della natura sostanziale o formale della violazione e favoriscano l’immediata eliminazione degli effetti della condotta illecita (a parità di costo);

f) individuare modalità organizzative e gestionali che consentano di svolgere, anche in via telematica, tutti gli adempimenti di carattere burocratico e amministrativo connesso con la costituzione, la gestione e la cessazione del rapporto di lavoro;

g) revisione degli adempimenti in materia di libretto formativo del cittadino

Delega in materia di riordino delle forme contrattuali
La delega è finalizzata a rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di occupazione, nonché a riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto produttivo nazionale e internazionale.

A tal fine vengono individuati i seguenti principi e criteri direttivi:

a) individuare e analizzare tutte le forme contrattuali esistenti ai fini di poterne valutare l’effettiva coerenza con il contesto occupazionale e produttivo nazionale e internazionale, anche in funzione di eventuali interventi di riordino delle medesime tipologie contrattuali;

b) procedere alla redazione di un testo organico di disciplina delle tipologie contrattuali dei rapporti di lavoro, riordinate secondo quanto indicato alla lettera a), che possa anche prevedere l’introduzione, eventualmente in via sperimentale, di ulteriori tipologie contrattuali espressamente volte a favorire l’inserimento nel mondo del lavoro, con tutele crescenti per i lavoratori coinvolti;

c) introdurre, eventualmente anche in via sperimentale, il compenso orario minimo, applicabile a tutti i rapporti di lavoro subordinato, previa consultazione delle parti sociali;

d) procedere all’abrogazione di tutte le disposizioni che disciplinano le singole forme contrattuali, incompatibili con il testo organico di cui alla lettera b), al fine di assicurare certezza agli operatori, eliminando duplicazioni normative e difficoltà interpretative ed applicative.

Delega in materia di conciliazione dei tempi di lavoro con le esigenze genitoriali
Lo scopo della delega è quello di introdurre misure utili a  contemperare i tempi di vita con i tempi di lavoro dei genitori, con l’obiettivo principale di liberare le donne dall’obbligo di scelta fra cura dei figli e lavoro.

A tal fine vengono individuati i seguenti principi e criteri direttivi:

a) introdurre a carattere universale l’indennità di maternità, quindi anche per le lavoratrici che versano contributi alla gestione separata;

b) garantire alle lavoratrici madri parasubordinate il diritto alla prestazione assistenziale anche in caso di mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro;

c) abolire la detrazione per il coniuge a carico ed introdurre il tax credit, quale incentivo al lavoro femminile, per le donne lavoratrici, anche autonome, con figli minori e che si trovino al di sotto di una determinata soglia di reddito familiare;

d) incentivare accordi collettivi volti a favorire la flessibilità dell’orario lavorativo e l’impiego di premi di produttività, per favorire la conciliazione dell’attività lavorativa con l’esercizio delle responsabilità genitoriali e dell’assistenza alle persone non autosufficienti;

e) favorire l’integrazione dell’offerta di servizi per la prima infanzia forniti dalle aziende nel sistema pubblico – privato dei servizi alla persona, anche mediante la promozione del loro utilizzo ottimale da parte dei lavoratori e dei cittadini residenti nel territorio in cui sono attivi.

GIUDIZI
Cominciando dalle misure certe, ad avviso di chi scrive, sicuramente positiva è l’estensione della durata del contratto a termine “acausale”. Si tratta, praticamente, di un lungo periodo di prova per il primo rapporto di lavoro a termine tra azienda e lavoratore, utile a dissipare alcune delle attuali “remore” datoriali all’instaurazione di un rapporto di lavoro.

Di grandissimo impatto le modifiche introdotte nell’istituto dell’apprendistato. Dopo l’inutilità delle numerose  modifiche degli ultimi 10 anni, con la soppressione dell’obbligo formativo esterno è stata finalmente rimossa la causa principale che ha,  di fatto, drasticamente ridotto il ricorso all’apprendistato. Si tratta di una misura certamente utile per contrastare la dilagante disoccupazione giovanile.

Per quanto riguarda invece le disposizioni oggetto di delega, l’intenzione di snellire gli adempimenti burocratici, semplificando le procedure per l’instaurazione e la gestione dei rapporti di lavoro, va accolta certamente in modo positivo, purché non si traduca, come nel recente passato, in disposizioni ininfluenti, come avvenne con l’eliminazione del “libro matricola”.

Un’effettiva riduzione dell’attuale sovrapposizione dei compiti tra gli Enti e l’accentramento di alcune discipline sarebbe poi di sicura utilità, dal momento che l’attuale proliferazione di regolamentazioni statali e regionali negli ultimi anni ha reso diversi istituti di difficile applicazione.

Positive anche le disposizioni delegate per favorire l’occupazione femminile attraverso la concessione dell’indennità di maternità alle lavoratrici iscritte alla gestione separata, il riconoscimento delle prestazioni assistenziali alle lavoratrici parasubordinate anche in caso di mancato versamento dei contributi, l’introduzione del “tax credit” al posto delle detrazioni per il coniuge a carico e l’implementazione degli asili nido pubblici.

Venendo alle note dolenti, il provvedimento nulla ha previsto in favore dei pensionati, mentre la categoria aveva auspicato misure volte a restituire, almeno in parte, la capacità di spesa persa negli ultimi anni.

Il giudizio più negativo è riservato al versante del costo del lavoro. La riforma, infatti, non ha previsto nessuna misura per ridurre gli oneri aziendali per la gestione dei rapporti di lavoro.

Probabilmente le attuali scarse risorse a disposizione hanno impedito interventi in tal senso, lasciando però irrisolto il principale problema ostativo ad una sostanziale crescita dell’occupazione.

Conclusioni
Ad avviso di chi scrive, pur se in gran parte ancora limitate  all’ambito delle sole intenzioni, le misure programmate meritano complessivamente un giudizio positivo, specie se paragonate alle riforme del lavoro degli ultimi 20 anni. Rispetto al “Pacchetto Biagi”, ad esempio, il “Jobs Act” sembra prefiggersi misure utili per contrastare la disoccupazione senza ricorrere eccessivamente ad una  flessibilità a discapito dei diritti  dei lavoratori, anche se, a questo proposito, rimane una riserva sui risultati che produrrà la delega per il riordino delle forme contrattuali, specie nella disposizione che stimola l’introduzione di nuove tipologie contrattuali per favorire l’inserimento nel mondo del lavoro, con tutele crescenti per i lavoratori coinvolti.

Valerio Pollastrini

martedì 11 marzo 2014

Praticanti negli studi professionali senza assicurazione Inail

L’Inail, nella Circolare n.16 del 2014, ha confermato che, contrariamente a ciò che avviene per i tirocini lavorativi, non sussiste nessun obbligo di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro per i praticanti negli studi professionali.

La ragione dell’esclusione sussiste nella gratuità dell’istituto del praticantato, anche in presenza di rimborsi spese forfettari.

L’Inail ha però chiarito che nel caso in cui il praticante, oltre alla normale attività presso lo studio, partecipi a corsi di formazione professionale che lo espongano ad un rischio specifico connesso al lavoro, l'obbligo di assicurativo sussisterà  a carico di chi cura i corsi.

La copertura deve essere garantita anche quando, oltre all'attività in studio, il praticante esegua lavorazioni rischiose nell'ambito di un rapporto di lavoro parasubordinato o subordinato per conto del professionista o, ancora, quando ricorrono le condizioni oggettive e soggettive previste dall'articolo 1 del Dpr 1124/1965 e dal Dlgs 38/200 che riguardino attività specifiche come la realizzazione di opere edili, collaudo macchine, trasporto, scavi.

 
Valerio Pollastrini

L’azienda può legittimamente affidare a soggetti esterni il controllo della condotta dei dipendenti

In base ai principi enunciati dallo Statuto dei Lavoratori (1) il datore di lavoro non può impiegare le guardie particolari giurate in attività di vigilanza sull’attività lavorativa, durante lo svolgimento della stessa.

Nella sentenza n.4984 del 4 marzo 2014 la Corte di Cassazione ha però affermato che l’imprenditore  può legittimamente ricorrere a soggetti esterni per verificare la condotta dei dipendenti.

Il caso di specie è quello di una lavoratrice che era stata licenziata in seguito ad un controllo effettuato per conto del datore di lavoro da un’agenzia di investigazioni che aveva accertato il suo utilizzo illecito di un permesso per l’assistenza di un familiare affetto da handicap previsto dall’art.33 della legge n.104/1992.

La lavoratrice aveva contestato la legittimità del recesso, in quanto avvenuto in seguito ad un accertamento compiuto in violazione delle norme dello Statuto dei Lavoratori.

Il Tribunale aveva accolto il ricorso della lavoratrice ed aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento.

La Corte di Appello, però, aveva successivamente riformato la sentenza di primo grado ed aveva dichiarato che il datore di lavoro, rivolgendosi a soggetti esterni per il controllo della lavoratrice, non aveva compiuto alcun illecito.

In assenza di una contestazione sull’accertamento del fatto che aveva causato il recesso, la Corte territoriale aveva, pertanto, considerato legittimo  il licenziamento.

Investita della questione, la Cassazione, nel  confermare la pronuncia di Appello, ha ricordato come sia legittimo per il datore ricorrere alla collaborazione di soggetti esterni per controllare l'adempimento delle prestazioni lavorative e quindi anche per accertare mancanze specifiche dei dipendenti, purché le modalità di controllo siano tali da rispettare le garanzie dei diritti fondamentali del lavoratore costituzionalmente garantiti, come, ad esempio, il diritto alla libertà e alla dignità personale.

Secondo la Suprema Corte, in sostanza, il controllo della condotta dei lavoratori può avvenire anche in modo occulto.

Valerio Pollastrini


(1)   – Artt. 2 e 3 della Legge n.300 del 20 maggio 1970;

Illegittimo licenziare il lavoratore che abbia trasmesso al proprio legale dei file aziendali

Nella sentenza n.5179 del 5 marzo 2014 la Corte di Cassazione ha chiarito che la trasmissione di atti aziendali ad un difensore e la loro divulgazione sono due diverse condotte che non possono essere tra loro assimilate. Nel primo caso, infatti l'informazione rimane circoscritta al professionista, tenuto sia alla riservatezza che ad informare il cliente sulle conseguenze di una diffusione ulteriore.

Il caso in commento è quello di un lavoratore  licenziato per aver inviato dal computer dell'ufficio una e-mail contenente in allegato oltre 200 files aziendali relativi a commesse ed appalti.

La Corte di Appello aveva escluso che tale comportamento avesse costituito un fatto così grave da legittimare il licenziamento.

L’istruttoria aveva infatti accertato che i files non erano stati divulgati ma trasmessi al difensore che, obbligato al segreto professionale, ne aveva limitato l’uso ad eventuali attività difensive del lavoratore.

Occorre inoltre rilevare che il datore di lavoro nel corso del procedimento non aveva fornito alcun elemento per chiarire quale fosse la natura di tali documenti, impedendo così di accertare l’importanza dell’inadempimento contestato al dipendente.

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha precisato come il Giudice di Appello si fosse limitato a considerare che i documenti erano stati trasmessi al solo difensore e che il loro contenuto non era stato in alcun modo ricostruito dalla società, sicché non era stato possibile valutare la gravità dell'inadempimento.

Secondo la Suprema Corte la sentenza appellata doveva ritenersi congrua e logicamente coerente nelle motivazioni.

Valerio Pollastrini

Novità in vista per i dirigenti del Pubblico Impiego

Tra le misure collegate al Jobs Act di prossima emanazione, sono attese alcune importanti novità per i dirigenti  nel Pubblico Impiego.

Si parla dell’introduzione della “mobilità interamministrativa”, di  un albo unico per gli alti vertici della burocrazia, del  salario di produttività vincolato all'effettiva capacità di ottimizzare la gestione finanziaria degli uffici statali e delle pagelle sull’operato del dirigente.

Il riordino della regolamentazione dei dirigenti dovrebbe scattare unitamente alla complessiva riorganizzazione della Pubblica Amministrazione, attesa entro il mese prossimo.

 
La mobilità scatterebbe dopo 5 anni di permanenza all’interno di  un'Amministrazione. Previsto, inoltre, anche  un Albo unico per i dirigenti esterni a chiamata.

La novità di maggior impatto sarà però costituita dall’introduzione di alcuni strumenti utili per valutare l'attività dei dirigenti, come, ad esempio, la pagella di verifica, costruita su precisi indicatori che verranno resi pubblici.

L’erogazione in favore dei dirigenti dei c.d. bonus retributivi verrà dunque ancorata ai risultati raggiunti nei termini delineati dalla spendig review.

Valerio Pollastrini

Adempimenti Inail per i tirocinanti

Con la circolare n.16 del 4 marzo 2014 l’Inail ha diramato alcuni chiarimenti in merito all’obbligo assicurativo ed alla relativa determinazione del premio per i tirocinanti.

Il quadro normativo di riferimento è costituito dalle “Linee guida in materia di tirocini” approvato il 24 gennaio 2013 nell’ambito dell’accordo della Conferenza unificata Stato/Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano e dalle varie discipline regionali.

Il costante  susseguirsi delle diverse disposizioni in materia ha posto l’esigenza, da parte dell’Istituto, di dettare uniformi indirizzi sulla classificazione tariffaria e sulla retribuzione imponibile ai fini del calcolo del premio assicurativo dovuto per le lavorazioni svolte dai tirocinanti.

Le Linee guida
Con le “Linee guida in materia di tirocini” sono stati definiti principi e standard minimi condivisi sul piano nazionale della disciplina dei tirocini formativi e di orientamento.

Oggetto delle Linee guida sono i tirocini extracurriculari ed, in particolare:

- i tirocini formativi e di orientamento,  finalizzati ad agevolare le scelte professionali e l’occupazione dei giovani nella transizione scuola lavoro e non possono avere durata superiore a sei mesi. Destinatari sono i soggetti che hanno conseguito un titolo di studio entro 12 mesi;

- i tirocini di inserimento/reinserimento al lavoro, finalizzati a percorsi di recupero occupazionale a favore di inoccupati e disoccupati, anche in mobilità, nonché a beneficiari di ammortizzatori sociali sulla base di specifici accordi in attuazione di politiche attive del lavoro e non possono avere una durata superiore a 12 mesi;

- i tirocini di orientamento e formazione oppure di inserimento/reinserimento in favore di disabili, persone svantaggiate e richiedenti asilo politico o titolari di protezione internazionale. I tirocini in favore di persone svantaggiate non possono durare più di 12 mesi, mentre per i disabili la durata del tirocinio può arrivare fino a 24 mesi.

Tirocini estranei alle Linee guida
Restano estranee all’ambito di applicazione  delle “Linee guida”, le seguenti esperienze:

A. Tirocini curriculari promossi da università, istituzioni scolastiche, centri di formazione professionale, ovvero tutte le fattispecie non soggette a comunicazioni obbligatorie ai centri per l’impiego, in quanto esperienze previste all’interno di un percorso formale di istruzione o di formazione.

B. Periodi di pratica professionale nonché tirocini previsti per l’accesso alle professioni ordinistiche.

C. Tirocini transnazionali quali, ad esempio, quelli attuati nell’ambito dei programmi comunitari per l’istruzione e per la formazione.

D. Tirocini per soggetti extracomunitari promossi all’interno delle quote di ingresso.

E. Tirocini estivi.

Regime assicurativo
In tema di garanzie assicurative  le normative regionali stabiliscono:

- l’obbligo, per il soggetto promotore, di garantire, salvo diversa previsione della convenzione, la copertura assicurativa dei tirocinanti contro gli infortuni sul lavoro presso l’Inail di tutte le attività rientranti nel progetto formativo;

- la possibilità che le Regioni e Province autonome assumano a proprio carico gli oneri connessi a tale copertura assicurativa;

- la definizione, nell’ambito di apposite convenzioni, delle modalità attraverso le quali il soggetto ospitante può eventualmente assumere a suo carico l’onere della copertura assicurativa, nel caso in cui il soggetto promotore sia una pubblica amministrazione.

Le Regioni sono tenute ad assicurare i tirocinanti oggetto delle linee guida nella forma prevista per gli allievi dei corsi di istruzione professionale impegnati in esperienze tecnicoscientifiche, esercitazioni pratiche o di lavoro.

Il premio assicurativo è calcolato dunque  sulla base della retribuzione minima annua valevole ai fini del calcolo delle prestazioni Inail e sulla base del tasso del nove per mille corrispondente alla voce 0720  della tariffa dei premi, approvata con D.M. del 18 giugno 1988.

A partire dalla data di ricezione della circolare in commento, i tirocini saranno classificati allo stesso modo dei corsi di istruzione e formazione professionale, con applicazione del tasso di tariffa proprio della voce 0611delle varie gestioni, con esclusione dei corsi che comportano partecipazione alle lavorazioni esercitate dall’azienda, per i quali fare riferimento alle voci che competono alle lavorazioni stesse.

Resta comunque invariata la retribuzione imponibile ai fini del premio assicurativo, per i tirocinanti, calcolato per gli allievi dei corsi, anche aziendali, di istruzione professionale comunque finanziati o gestiti - sulla retribuzione convenzionale annuale pari al minimale di rendita rapportata alle giornate di presenza.

Lo stesso regime assicurativo in tema di retribuzione imponibile e classificazione tariffaria illustrato per i tirocini extracurriculari si applica anche ai tirocini curriculari che non rientrano nell’ambito di applicazione delle Linee guida, trattandosi di esperienze riconducibili ai corsi di qualificazione, riqualificazione e addestramento professionale.

                                                                              
Valerio Pollastrini

 

(1)   – Corte Costituzionale, sentenza n.287/2012;
      (2) - Convertito con modificazioni dalla legge n. 148/2011;

domenica 9 marzo 2014

Illegittima la revoca dell’incarico del dirigente medico in assenza di valutazione negativa

Ritenendo illegittima la revoca delle funzioni attribuite al dipendente in assenza di una valutazione negativa del suo operato, la Corte di Cassazione, nella sentenza n.4979 del 4 marzo 2014, ha condannato un’Azienda Ospedaliera a risarcire il danno in favore del lavoratore successivamente adibito ad incarichi ritenuti oggetto di demansionamento.

Un medico alle dipendenze dell’Azienda Ospedaliera  di Brescia, precedentemente inquadrato come direttore di struttura, in seguito alla successiva adibizione alle funzioni di addetto al reparto di anestesia dei servizi, aveva ritenuto di essere stato vittima di un demansionamento ed aveva chiamato in giudizio l’Ente, chiedendo di essere assegnato al precedente incarico, oltre al risarcimento del danno.

Dopo  il rigetto della domanda da parte del Tribunale di primo grado, la Corte di Appello di Brescia aveva accolto le richieste del lavoratore, condannando l’Azienda ad assegnare al dipendente un incarico dello stesso livello di quello originario e a corrispondergli la somma di 329,12 € mensili a titolo di risarcimento per la illegittima riduzione del trattamento economico.

Attraverso l’analisi  dell’art.27 del Contratto Collettivo applicabile ai dirigenti sanitari, la Corte di merito aveva rilevato come dalla tipologia di incarico b), inerente alla direzione di struttura semplice, il medico era stato spostato nella tipologia di incarico c), avente natura professionale di consulenza, studio, ricerca, ecc.

La non equivalenza dei due incarichi, sia per il contenuto professionale che per il corrispondente trattamento economico, aveva indotto la Corte a ritenere che l’adibizione del lavoratore ad un incarico di contenuto inferiore si fosse tradotta in un demansionamento ingiustificato, anche perché posto in essere senza che alla base vi fosse  una valutazione negativa dell’attività dirigenziale, unico presupposto legittimante una simile  decisione aziendale.

L’assenza della prova circa la riconducibilità del declassamento  ad una riorganizzazione aziendale, attestava l’inadempimento del contratto individuale, perpetrato attraverso  la revoca dell’incarico assegnato prima della scadenza del periodo negozialmente fissato.

L’Azienda Sanitaria aveva proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che, nell’ambito del  lavoro pubblico privatizzato, il concetto di equivalenza delle mansioni debba essere individuato attraverso le disposizioni della Contrattazione Collettiva di riferimento. Nella specie, il C.C.N.L. precisa che i quattro tipi di incarico dirigenziale indicati nell’art. 27 costituiscono una mera elencazione sulla base della quale non può essere fondata una gerarchia tra gli specifici incarichi.

In assenza di un diritto del dirigente alla conservazione dell’incarico, il passaggio dall’una  all’altra funzione costituirebbe dunque una legittima attuazione del principio di rotazione tra i vari soggetti con funzioni dirigenziali.

Ribadendo che detto art. 27 non crea una gerarchia tra gli incarichi ivi previsti, ma semplicemente una graduazione di carattere economico, l’azienda aveva quindi lamentato come nessuna norma sancisca che il dirigente sanitario, salvo il caso di ristrutturazione aziendale, abbia il diritto di mantenere l’incarico ricevuto.

L’azienda ha inoltre contestato che il Giudice di Appello, pur ritenendo sussistente la ristrutturazione aziendale, avesse escluso il nesso causale tra ristrutturazione e mutamento dell’incarico, entrando così nel merito della insindacabile scelta organizzativa ed amministrativa dell’Ente sanitario di modificare la pianta organica, violando così l’art.41 della Costituzione.

L’Ente aveva lamentato, infine, che la quantificazione del danno era stata calcolata con decorrenza dal 1° gennaio 2003, senza tener conto che il risarcimento avrebbe dovuto comunque essere contenuto al 12 marzo 2003, data di scadenza dell’originario incarico del sanitario.

La pronuncia della Cassazione
La Suprema Corte ha innanzitutto precisato che il lavoratore, in servizio presso l’Azienda ospedaliera dal 1980 in qualità di dirigente medico, era stato  titolare dell’incarico di struttura semplice fino al 1° gennaio 2003, mentre successivamente era stato reinquadrato come titolare di un semplice incarico professionale.

La Cassazione ha dunque provveduto ad una lunga analisi della normativa collettiva applicabile alla  “Dirigenza medica e veterinaria del Servizio sanitario nazionale”, ricordando che l’art.27 prevede le seguenti tipologie di inquadramento:

a)     Direzione di struttura complessa;

b)    Direzione di struttura semplice;

c)     Incarico di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, di studio, e ricerca, ispettivo, di verifica e di controllo;

d)    Incarico di natura professionale conferibile ai dirigenti con meno di cinque anni di attività.

Il citato articolo afferma inoltre  che la definizione della tipologia degli incarichi di cui alle lettere b) e c) rappresenta una mera elencazione che non configura rapporti di sovra o sotto ordinazione degli incarichi, la quale discende esclusivamente dall’assetto organizzativo aziendale e dalla graduazione delle funzioni.

Il successivo art. 28 prevede che ai dirigenti, dopo cinque anni di attività, sono conferibili gli incarichi di direzione di struttura semplice ovvero di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, di studio e ricerca, ispettivi, di verifica e di controllo indicati nell’art. 27,  lett. b) e c), e che  i citati incarichi sono conferiti dall’azienda, a seguito di valutazione positiva ai sensi dell’art. 32, su proposta del responsabile della struttura di appartenenza, con atto scritto e motivato.

Per quanto riguarda gli incarichi di direzione di struttura semplice, essi sono conferiti nei limiti del numero stabilito nell’atto aziendale. E’ previsto, inoltre, che gli incarichi precedentemente citati sono conferiti a tempo determinato ed hanno una durata non inferiore a tre anni e non superiore a cinque  - comunicata all’atto del conferimento - con facoltà di rinnovo.

Gli articoli 32, 33, 34 del contratto collettivo, concernenti le modalità di valutazione dell’attività di detti dirigenti, nonché le conseguenze derivanti dal giudizio formulato al riguardo, prevedono  che per i dirigenti con incarico di direzione di struttura complessa o semplice, l’accertamento delle responsabilità dirigenziali, rilevato a seguito delle procedure di valutazione, e dovuto alla inosservanza delle direttive ed ai risultati negativi della gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa, può determinare la perdita della retribuzione di risultato in tutto o in parte,  la revoca dell’incarico e l’affidamento di altro tra quelli ricompresi nell’art. 27 comma 1, lett. a), b) o c), di valore economico inferiore a quello in atto.

Tanto premesso, la Cassazione ha accertato che il Giudice di merito aveva preso atto che, ai sensi dell’articolo 27 del Contratto Collettivo, la qualificazione degli incarichi di direzione di struttura semplice e quelli di natura professionale anche di alta specializzazione  rappresentassero solamente una definizione tipologica e che dalla definizione in questione non derivasse alcun rapporto di sovra o sotto ordinazione degli incarichi. Tuttavia, la Corte di Appello aveva ugualmente  ritenuto illegittima la revoca poiché l’incarico originale era stato sostituito con un incarico retribuito in misura inferiore e di contenuto professionale peggiorativo, senza che l’Azienda avesse dato luogo al procedimento di valutazione dell’attività del dirigente previsto dall’art. 34 del Contratto Collettivo.

Si tratta di una valutazione del tutto conforme con quanto disposto dalla giurisprudenza di legittimità, che in altra occasione aveva dichiarato che nonostante il dirigente medico non possieda un diritto soggettivo a conservare un determinato incarico dirigenziale, d’altro canto è legittimo il controllo giudiziale circa il mancato rinnovo o la revoca dell’incarico, ove questo si traduca in un’indagine sul rispetto delle garanzie procedimentali previste, nonché sull’osservanza delle regole di correttezza e buona fede (1).

Per il Giudice di merito l’assegnazione del nuovo incarico risultava ingiustificata sulla base delle due concomitanti considerazioni che la revoca di detto incarico fosse avvenuta al di fuori del procedimento di valutazione dell’attività del dirigente e che la giustificazione offerta dall’Azienda, circa la riconducibilità della revoca ad una riorganizzazione del servizio, si era rivelata priva di supporto probatorio.

Quella che la ricorrente aveva  ritenuto  una intromissione del Giudice nelle prerogative dell’imprenditore circa il suo diritto di organizzazione del servizio, dunque, non è altro che un approfondimento probatorio sulla sorte dell’incarico già ricoperto dal lavoratore, risultato dall’istruttoria non soppresso, bensì trasferito in un diverso  reparto ed assegnato ad altro dirigente.

Quanto alle modalità di quantificazione del danno, la Corte di Appello, considerando che la revoca fosse avvenuta prima della scadenza del contratto individuale, aveva fissato il risarcimento in misura pari alla differenza di retribuzione  corrente tra il revocato incarico di responsabile di struttura semplice e l’incarico di natura professionale assegnato illegittimamente, calcolando la liquidazione del danno dal 1° gennaio 2003 fino alla riassegnazione di una funzione del medesimo valore economico.

Sul punto, la Cassazione ha rilevato la contraddittorietà della pronuncia di merito. La Corte di Appello, infatti, pur dando per scontata la delimitazione temporale del contratto individuale entro il quale avrebbe dovuto essere garantita la permanenza dell’incarico originariamente conferito, non aveva considerato il raggiungimento di tale limite quale momento finale della realizzazione del danno. Anzi, senza ulteriore spiegazione, aveva ritenuto che l’inadempienza contrattuale avesse dato luogo ad un non meglio precisato effetto permanente, sufficiente per giustificare la menzionata modalità di risarcimento, dilatando immotivatamente ed a dismisura la perdita patrimoniale del dipendente.

Parimenti immotivata, a detta della Suprema Corte, risulta l’affermazione del Giudice attestante la durata triennale del contratto del lavoratore. Dalla delibera amministrativa era invece emerso   che l’incarico poi revocato era stato  conferito il 12 marzo del 1998 e, dal momento che il richiamato art.28 del Contratto Collettiva prevede che gli incarichi di dirigenza siano conferiti a tempo determinato e per un periodo compreso da tre a cinque anni, la Corte di merito avrebbe dovuto verificare quale fosse la durata indicata nel contratto individuale pattuita tra le parti.

In mancanza di tale verifica, la Cassazione ha accolto la tesi aziendale sull’assenza di  pattuizione di un termine, ragion per cui  la scadenza dell’incarico doveva ritenersi fissata per il periodo massimo consentito dal Contratto Collettivo.

In conclusione, la Cassazione ha accolto il ricorso dell’Azienda solamente per ciò che attiene la contestazione sulle modalità di quantificazione del danno, disponendo l’obbligo di corrispondere le differenze retributive alla data del 12 marzo 2003, corrispondente alla scadenza del quinquennio dal conferimento dell’incarico.

In ragione della prevalenza della soccombenza del datore di lavoro, la Corte ha posto a carico dell’Azienda Ospedaliera le spese del giudizio di legittimità, liquidate in 3.000,00 € per compensi professionali e 100,00 € per esborsi, oltre Iva e Cpa.

Valerio Pollastrini

(1)   - Cass., sentenza  n. 5025 del 2 marzo 2009;

Importi 2014 delle prestazioni concesse dai Comuni a titolo di assegni familiari e di assegno di maternità

Nella Circolare n. 29 del 27 febbraio 2014 l’Inps ha reso noto che l’importo dell’assegno per il nucleo familiare concesso dai Comuni per il 2014 è fissato in 141,02 €.

Sempre con riferimento alle domande relative all’anno in corso, il valore dell'indicatore della situazione economica, per i nuclei familiari composti da 5 componenti, di cui almeno 3 figli minori, è pari a 25.384,91 €.

La misura intera dell'assegno mensile di maternità, per le nascite, gli affidamenti preadottivi e le adozioni senza affidamento avvenuti dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2014 ammonta, invece, a 338,21 € per 5 mensilità, pari quindi ad un importo complessivo di 1.691,05 €.

In merito a quest’ultima prestazione, la Circolare precisa che il valore dell’indicatore della situazione economica, relativo ai nuclei familiari composti da 3 componenti,  è fissato in 35.256,84 €.

Valerio Pollastrini

venerdì 7 marzo 2014

Indennità di disoccupazione per i collaboratori a progetto

Con il Messaggio n.2999 del 3 marzo 2014 l’Inps è intervenuto sull’indennità prevista dall’art.2, c.51-56, della legge n.92/2012 in favore dei collaboratori coordinati e continuativi a progetto.

Premesso che la suddetta norma ha introdotto una nuova disciplina dell’indennità di disoccupazione per i collaboratori coordinati e continuativi a progetto, con il Messaggio in commento l’Istituto ha riepilogato  le novità concernenti il nuovo modello di domanda per l’anno di riferimento 2014, la rivalutazione per l’anno 2013 del requisito reddituale  ed, infine, la modalità di attestazione del periodo ininterrotto di disoccupazione.

Il nuovo modello
Per la presentazione delle domande relative alla prestazione in oggetto con anno di riferimento 2014, è disponibile nella modulistica on-line il nuovo modello CoCoPro 2014 COD. SR 140.

Rivalutazione per l’anno 2013 del requisito reddituale
La norma sopra richiamata ha previsto che il limite di reddito di 20.000 €, per l’anno 2012, debba essere annualmente rivalutato in base alla variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati.

Con il comunicato stampa del 14 gennaio 2014, l’ISTAT ha reso noto che l’incremento del suddetto indice è risultato pari al 1,1%.

L’Inps ha dunque chiarito che, ai fini del riconoscimento dell’indennità in favore dei collaboratori coordinati e continuativi a progetto, il limite di reddito  per l’anno 2013 risulta pari a 20.220 €.

 
Il Messaggio ha inoltre precisato che tale limite trova applicazione per le domande di prestazione con anno di riferimento 2014, per le quali dovrà essere utilizzato il nuovo modello CoCoPro 2014 COD. SR 140.

Periodo ininterrotto di disoccupazione
L’articolo 2, comma 51, lettera d), della legge n.92/2012  prevede tra i requisiti richiesti per il riconoscimento dell’indennità in oggetto un periodo ininterrotto di disoccupazione di almeno due mesi.

L’Istituto ha chiarito che per la presentazione delle domande con anno di riferimento 2014 e per quelle degli anni successivi, il requisito del periodo di disoccupazione ininterrotto di almeno due mesi sostituisce il requisito dell’assenza di contratto di lavoro ininterrotto di almeno due mesi, valevole esclusivamente per l’anno 2012.

Per attestare questo requisito sarà sufficiente un’autocertificazione, con la quale il richiedente dichiara di essere stato disoccupato ininterrottamente per almeno due mesi e di aver attestato tale condizione presso il Centro per l’impiego.

Nel nuovo modello di domanda CoCoPro 2014 COD. SR 140 sarà possibile inserire tali dati in un apposito campo.

Valerio Pollastrini