Nella
sentenza n.8453 del 10 aprile 2014 la Corte di Cassazione ha compiuto un’esaustiva
disamina delle disposizioni di legge succedutesi nel tempo per il
riconoscimento dei particolari benefici pensionistici concessi ai dipendenti esposti
per un periodo ultradecennale alle fibre
di amianto.
Nel
caso di specie, un lavoratore si era rivolto al Tribunale di Sulmona per
conseguire l’accertamento nei confronti dell’Inps, della propria esposizione
ultradecennale alle fibre di amianto in misura superiore ai limiti di legge ed
il riconoscimento dei benefici pensionistici di cui all’art.13, comma 8, della
Legge n.257/1992.
Il
Giudice adito aveva accolto parzialmente la domanda, riconoscendo il diritto
del ricorrente alla rivalutazione con il coefficiente di 1.25 dell’anzianità
contributiva ai soli fini della determinazione dell’importo delle prestazioni
pensionistiche, avendo egli presentato domanda amministrativa all’Inail
successivamente al 2 ottobre 2003 ed in ogni caso, non avendo comunque la
possibilità di maturare, neanche con il riconoscimento dei benefici previdenziali
ex art.13 della Legge n.257/92, i requisiti per il pensionamento.
Dette
statuizioni, erano state confermate dalla Corte di Appello di L’Aquila, che
aveva respinto i motivi di gravame con i quali il lavoratore aveva lamentato
l’applicazione della disciplina meno favorevole di cui all’art. 47, comma 1,
del D.L. n.269/03, in luogo della disciplina
previgente di cui alla Legge n.257/92, benché la sua esposizione qualificata
ultradecennale all’amianto fosse stata riconosciuta.
La
Corte territoriale, aveva osservato come la norma, in base alla quale per i
lavoratori che abbiano già maturato alla data del 2 ottobre 2003 il diritto al
conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’art. 13, comma 8,
della Legge n.257/92 sono fatte salve le
disposizioni previgenti alla medesima data, debba essere interpretata nel senso
che, per “maturazione” del diritto al beneficio, si intende la maturazione del
diritto a pensione.
Il
giudicante aveva quindi rilevato come la citata disposizione trovasse
applicazione anche in favore di coloro che avessero avanzato domanda di riconoscimento
all’Inail o avessero ottenuto sentenze favorevoli per cause avviate entro la
stessa data.
La
Corte del merito aveva però negato il regime normativo più favorevole invocato
dal ricorrente, in quanto il lavoratore non aveva ancora maturato il diritto a
pensione, né aveva avviato procedimenti amministrativi o conseguito pronunce di
riconoscimento del diritto anteriormente al 2 ottobre 2003.
Avverso
tale decisione, il lavoratore aveva proposto ricorso per Cassazione, contestando
l’interpretazione della normativa di riferimento accolta dalla Corte territoriale.
Secondo
la tesi del ricorrente, la richiamata disposizione di legge, nel riferirsi a
tutti coloro che avessero maturato, non già il diritto alla pensione, ma “il
diritto al conseguimento” degli specifici “benefici previdenziali” di cui alla
legge n.257/92, vuol fare salva l’applicazione della disciplina previgente per
tutti coloro che, rientrando nelle previsioni di quest’ultima, al momento
dell’entrata in vigore della novella fossero risultati in possesso di almeno
dieci anni di esposizione all’amianto, per attività soggette alla relativa
assicurazione obbligatoria gestita dall’Inail. Condizione alla quale era condizionato il riconoscimento del
beneficio previdenziale, fossero o meno i soggetti richiedenti già in pensione
ovvero in procinto di andarvi.
In
base a questa lettura, salve le diverse
ipotesi specificamente previste, come quella dell’avvenuta presentazione della
domanda di rinascimento all’Inail entro il 2 ottobre 2003 o il conseguimento di
sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data, dall’applicazione
delle disposizioni previgenti resterebbero esclusi solo quei lavoratori che,
pur essendo stati esposti all’amianto per un periodo almeno decennale prima del
2 ottobre 2003, non avevano titolo a conseguite i benefici sulla base della
legge n.257/92, in quanto le relative attività non erano coperte
dall’assicurazione obbligatoria Inail.
Sempre
secondo il ricorrente, l’interpretazione accolta dalla Corte territoriale
condurrebbe all’applicazione della nuova disciplina a lavoratori già esposti
all’amianto, per periodi ultradecennali, per attività soggette
all’assicurazione Inail, il che ne postulerebbe un effetto retroattivo.
La pronuncia
della Cassazione
Per
dirimere la controversia, la Suprema Corte ha ritenuto opportuno riepilogare il
contenuto delle previsioni legislative che
si sono succedute nel tempo per disciplinare la fattispecie.
L’art.
13, comma 8, della Legge n.257 del 27 marzo 1992, stabilì che “Per i lavoratori che siano stati esposti
all’amianto per un periodo superiore a dieci anni, l’intero periodo lavorativo
soggetto all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali
derivanti dall’esposizione all’amianto, gestita dall’INAIL, è moltiplicato, ai
fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,5”.
L’art.47 del D.L. n.269 del 30 settembre
2003 (1) previde quanto
segue:
-
“1.
A
decorrere dal 1° ottobre 2003, il coefficiente stabilito dall’articolo 13,
comma 8, della legge n.251 del 21 marzo 1992, è ridotto da 1,5 a 1,25. Con la
stessa decorrenza, il predetto coefficiente moltiplicatore si applica ai soli fini
della determinazione dell’ importo delle prestazioni pensionistiche e non della
maturazione del diritto di accesso alle medesime”.
-
“2.
Le disposizioni di cui al comma 1 si
applicano anche ai lavoratori a cui sono state rilasciate dall’INAIL le certificazioni
relative all’esposizione all’amianto sulla base degli atti d’indirizzo emanati
sulla materia dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali
antecedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
-
“3.
Con la stessa decorrenza prevista al
comma 1, i benefici di cui al comma 1, sono concessi esclusivamente ai
lavoratori, che, per un periodo non inferiore a dieci anni, sono stati esposti
all’amianto in concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come
valore medio su otto ore al giorno. I predetti limiti non si applicano ai
lavoratori per i quali sia stata accertata una malattia professionale a causa
dell’esposizione all’amianto”.
-
“4.
La sussistenza e la durata
dell’esposizione all’amianto di cui al comma 3 sono accertate e certificate
dall’INAIL”.
-
“5.
I lavoratori che intendano ottenere il
riconoscimento dei benefici di cui al comma 1, compresi quelli a cui è stata
rilasciata certificazione dall’INAIL prima del 1° ottobre 2003, devono
presentare domanda alla Sede INAIL di residenza entro 180 giorni dalla data di
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale di cui al
comma 6, a pena di decadenza del diritto agli stessi benefici”.
-
“6-bis.
Sono comunque fatte salve le previgenti
disposizioni per i lavoratori che abbiano già maturato, alla data di entrata in
vigore del presente decreto, il diritto al trattamento pensionistico anche in
base ai benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8, della Legge
n.257 del 21 marzo 1992, nonché coloro
che alla data di entrata in vigore del presente decreto, fruiscano dei
trattamenti di mobilità, ovvero che abbiano definito la risoluzione del
rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento”.
-
6-ter.
“I soggetti cui sono stati estesi, sulla
base del presente articolo, i benefici previdenziali di cui alla legge n.251
del 21 marzo 1992, come rideterminati sulla base del presente articolo, qualora
siano destinatari di benefici previdenziali che comportino , rispetto ai regimi
pensionistici di appartenenza, l’anticipazione dell’accesso al pensionamento,
ovvero l’aumento dell’anzianità contributiva, hanno facoltà di optare tra i
predetti benefici e quelli previsti dal presente articolo. Ai medesimi soggetti
non si applicano i benefici di cui al presente articolo, qualora abbiano già
usufruito dei predetti aumenti o anticipazioni alla data di entrata in vigore del
presente decreto”.
La
Cassazione ha precisato che i predetti
commi 6-bis e 6-ter vennero introdotti in sede di conversione in legge del Decreto
e che il Decreto Ministeriale attuativo venne emanato il 27 ottobre 2004.
L’art.3,
comma 132, della Legge n.350 del 24 dicembre 2003 previde poi che:
-
“In favore dei lavoratori che abbiano già
maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei
benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8, della Legge n.257 del
21 marzo 1992, e successive
modificazioni, sono fatte salve le disposizioni previgenti alla medesima data
del 2 ottobre 2003. La disposizione di cui al primo periodo si applica anche a
coloro che hanno avanzato domanda di riconoscimento all’INAIL o che ottengono
sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data. Restano valide le
certificazioni già rilasciate dall’INAIL”.
Per
quanto qui specificamente interessa, l’art.1, comma 2, del Decreto Ministeriale
attuativo del 27 ottobre 2004, stabilì che:
-
“Ai lavoratori che sono stati esposti
all’amianto per periodi lavorativi soggetti all’assicurazione obbligatoria
contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, gestita
dall’INAIL, che abbiano già maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto
al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8,
della Legge n.251 del 21 marzo 1992, e
successive modificazioni, si applica la disciplina previgente alla medesima data,
fermo restando, qualora non abbiano già provveduto, l’obbligo di presentazione
della domanda di cui all’art. 3 entro il termine di 180 giorni, a pena di
decadenza, dalla data di entrata in vigore del presente decreto”.
L’art.
1, comma 20, della Legge n.247 del 24 dicembre
2007 ha poi disposto che:
-
“Ai fini
del conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8,
della Legge n.257 del 27 marzo 1992, e successive modificazioni, sono valide le
certificazioni rilasciate dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro
gli infortuni sul lavoro (INAIL) ai lavoratori che abbiano presentato domanda
al predetto Istituto entro il 15 giugno 2005, per periodi di attività
lavorativa svolta con esposizione all’amianto fino all’avvio dell’azione di bonifica
e, comunque, non oltre il 2 ottobre 2003, nelle aziende interessate dagli atti
di indirizzo già emanati in materia dal Ministero del lavoro e della previdenza
sociale”.
La
Cassazione ha ricordato che la finalità della
Legge n. 257/1992 (2) era quella di favorire la cessazione
dell’impiego dell’amianto e tra le misure adottate per raggiungere tale
obiettivo si inserisce il ricordato art. 13, comma 8, emanato con il fine
precipuo di favorire l’esodo dal mondo del lavoro del maggior numero di
lavoratori che avessero subito, sul piano occupazionale, le conseguenze della
suddetta dismissione.
Con
la riforma del 2003, tale misura ha subito una trasformazione radicale, dovuta (3), ad un duplice
ordine di ragioni: “Da un lato, infatti,
è stato logico presumere che, a distanza di tanti anni dall’entrata in vigore
della legge n.257 del 1992, il risultato della dismissione delle lavorazioni
dell’amianto, comportanti esposizione dei lavoratori alle sue polveri, fosse
stato ormai conseguito; dall’altro, è venuto emergendo, dalle indagini
epidemiologiche e dai progressi della scienza medica, che gli effetti dannosi
della suddetta esposizione possono prodursi anche a lunga distanza di tempo e
che non era, quindi, irragionevole attribuire un beneficio previdenziale a
coloro che a siffatto rischio erano stati esposti, anche se le relative
attività non erano obbligatoriamente assoggettate all’assicurazione INAIL”.
La
nuova normativa, pertanto, ha previsto che il beneficio non valesse per il
raggiungimento della anzianità contributiva, ma fosse attribuito, in presenza
delle altre condizioni di legge, a coloro che avessero maturato il diritto al
trattamento di quiescenza secondo gli ordinari criteri di calcolo, per la sola
quantificazione della pensione.
La
riduzione del coefficiente di rivalutazione da 1,50 a 1,25 è dovuta quindi ad
una nuova valutazione delle esigenze di bilancio in conseguenza dell’allargamento della platea degli aventi
diritto.
In
sintesi, rispetto agli incentivi originariamente previsti dell’art. 13, comma
8, della Legge n.257/1992, le previsioni della riforma hanno attribuito un beneficio ridotto a tutti i lavoratori
che, nel periodo considerato, siano stati esposti all’amianto (nella
concentrazione media annua indicata), indipendentemente dal fatto che
l’attività esercitata fosse assoggettata all’assicurazione Inail contro le
malattie professionali.
La
Suprema Corte ha rilevato come la questione sollevata investa la corretta
interpretazione dell’art.3, comma 132, della legge n.350/2003 e dell’art.1,
comma 2, del D.M del 27 ottobre 2004, nella parte in cui sanciscono
l’applicabilità della previdente disciplina – sull’utilizzo del coefficiente
moltiplicatore 1,5 tanto ai fini tanto dell’accesso a pensione, quanto a quello
della relativa liquidazione - nei confronti
di coloro che avessero maturato “il
diritto al conseguimento dei benefici previdenziali dì cui all’art.13, comma 8,
della Legge n.257 del 21 marzo 1992” alla data del 2 ottobre 2003.
Ai
fini dell’anzidetta indagine, la Cassazione ha precisato che la disposizione di
cui all’art.1, comma 20, della Legge n.247/07, che ha introdotto una deroga alla disciplina
generale per i lavoratori che abbiano prestato la propria attività nelle
aziende interessate dagli atti di indirizzo già emanati in materia dal
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, risulta priva di rilevanza, in
quanto riferita ad una situazione soggettiva che non ricorre nel caso di
specie.
L’opzione
ermeneutica prospettata dal ricorrente è basata essenzialmente sulla differenza
lessicale tra il comma 6-bis dell’art.47 del D.L. n.269/2003 (“diritto al
trattamento pensionistico”) ed il comma 132 dell’art.3 della Legge n.350/2003
(“diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’articolo 13,
comma 8, della legge 21 marzo 1992, n. 251”), desumendone che la seconda
locuzione esprimerebbe un diverso concetto e, in particolare, che vorrebbe far salva
l’applicazione della disciplina previgente per tutti coloro che, rientrando
nelle previsioni di quest’ultima, al momento dell’entrata in vigore della
novella fossero risultati in possesso dei requisiti a cui era condizionato il
riconoscimento del beneficio previdenziale, indipendentemente dal fatto che
avessero maturato il diritto alla pensione.
Per
la Suprema Corte un simile argomento interpretativo risulta intrinsecamente
fragile, in quanto non spiega affatto per quale ragione la seconda locuzione,
alla luce di un’interpretazione sistematica della normativa di riferimento, non
potrebbe configurare una sostanziale sinonimia della prima.
Se
il legislatore avesse inteso garantire l’applicabilità delle previgenti
disposizioni alla mera ricorrenza di tale situazione fattuale, lo avrebbe
esplicitato, così come ha fatto in riferimento ad altre situazioni ben determinate, nel caso, ad esempio, di chi
avesse “avanzato domanda di
riconoscimento all’INAIL”, la cui contemplazione risulterebbe invece
pleonastica seguendo l’interpretazione prospettata dal ricorrente.
Sotto
il profilo sistematico, l’interpretazione invocata è inconciliabile con la
natura dei benefici previdenziali de quibus, posto che, secondo un consolidato
indirizzo ermeneutico (4), “la
rivalutazione contributiva non rappresenta una prestazione previdenziale
autonoma, ma determina i contenuti del diritto alla pensione” , ovvero, in
altri termini, introduce “una modalità di
calcolo della anzianità contributiva ai fini delle ordinarie prestazioni
pensionistiche di vecchiaia e di anzianità o di queste sostitutive in regimi
speciali” (5).
Di
conseguenza, la maturazione, alla data del 2 ottobre 2003, del “diritto al conseguimento dei benefici
previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8, della legge n.251 del 21 marzo
1992, e successive modificazioni”, deve essere intesa nel senso del
perfezionamento del diritto al trattamento pensionistico anche sulla base del
beneficio di cui all’art.13, comma 8, della Legge n.257/1992.
La
locuzione utilizzata nel predetto art.3, comma 132, della Legge n.350/2003
costituisce soltanto la conferma di quanto già espresso attraverso quella relativa alla maturazione del “diritto al trattamento pensionistico”
contenuta nell’art. 47, comma 6-bis, del D.L. n.269/2003.
Conseguentemente,
i lavoratori, esposti all’amianto, in epoca antecedente all’ottobre 2003, per
un periodo superiore a dieci anni nello svolgimento di attività assoggettate
all’assicurazione obbligatoria dell’Inail, non sono considerati titolari di un
diritto soggettivo perfetto alla pensione e alla sua determinazione secondo i
criteri di cui all’art.13, comma 8, della Legge n.257/92, ma, altresì, portatori di una legittima aspettativa a che
tale diritto si concretizzi al momento dell’eventuale (sempre che, cioè,
venissero a realizzarsi gli ulteriori requisiti) futura maturazione del diritto
a pensione.
Dal
che discende che non può ritenersi che la riforma del 2003 abbia inciso,
retroattivamente, su posizioni di diritto soggettivo già acquisite.
Nella
specie, la Suprema Corte ha affermato che la parziale frustrazione delle
aspettative pensionistiche dei destinatari dell’art.13, comma 8, della Legge n.257/92,
per quanti, ovviamente, non avessero già maturato il diritto alla pensione, non
è connotata da arbitrarietà ed irrazionalità, inserendosi, al contrario, in un
complessivo quadro di trasformazione radicale dell’istituto, nei termini e per
le ragioni già diffusamente esposti.
Sulla
base delle richiamate argomentazioni, la Cassazione ha dunque rigettato il
ricorso ed ha condannato il lavoratore al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità, liquidate in 3.000,00 € per compensi professionali, 100,00 € per
spese, oltre accessori come per legge.
Valerio
Pollastrini
(1)
-
Convertito, con modificazioni, dalla
legge n.326 del 24 novembre 2003, sotto
la rubrica “Benefici previdenziali ai lavoratori esposti all’amianto’’;
(2)
-
Emanata dopo la sentenza di condanna della Corte di Giustizia CE n. 240 del
1990, a seguito di una procedura d’infrazione;
(3)
-
Come puntualmente evidenziato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.
376/2008;
(4)
-
Cass., Sentenze n.21257/2004, n.21862/2004, n.15007/2005, n.15008/2005, n.16179/2005,
n.441/2006, n.15679/2006, n.23068/2007, n.18135/2010,
n.3122/2011 e n.8649/2012;
(5)
-
Corte Costituzionale, Sentenza n.376/2008;