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domenica 27 aprile 2014

Superamento dei limiti di legge per l’accesso ai benefici previdenziali per l’esposizione ultradecennale alle fibre di amianto

Nella sentenza n.8453 del 10 aprile 2014 la Corte di Cassazione ha compiuto un’esaustiva disamina delle disposizioni di legge succedutesi nel tempo per il riconoscimento dei particolari benefici pensionistici concessi ai dipendenti esposti per un periodo  ultradecennale alle fibre di amianto.

Nel caso di specie, un lavoratore si era rivolto al Tribunale di Sulmona per conseguire l’accertamento nei confronti dell’Inps, della propria esposizione ultradecennale alle fibre di amianto in misura superiore ai limiti di legge ed il riconoscimento dei benefici pensionistici di cui all’art.13, comma 8, della Legge n.257/1992.

Il Giudice adito aveva accolto parzialmente la domanda, riconoscendo il diritto del ricorrente alla rivalutazione con il coefficiente di 1.25 dell’anzianità contributiva ai soli fini della determinazione dell’importo delle prestazioni pensionistiche, avendo egli presentato domanda amministrativa all’Inail successivamente al 2 ottobre 2003 ed in ogni caso, non avendo comunque la possibilità di maturare, neanche con il riconoscimento dei benefici previdenziali ex art.13 della Legge n.257/92, i requisiti per il pensionamento.

Dette statuizioni, erano state confermate dalla Corte di Appello di L’Aquila, che aveva respinto i motivi di gravame con i quali il lavoratore aveva lamentato l’applicazione della disciplina meno favorevole di cui all’art. 47, comma 1, del  D.L. n.269/03, in luogo della disciplina previgente di cui alla Legge n.257/92, benché la sua esposizione qualificata ultradecennale all’amianto fosse stata riconosciuta.

La Corte territoriale, aveva osservato come la norma, in base alla quale per i lavoratori che abbiano già maturato alla data del 2 ottobre 2003 il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’art. 13, comma 8, della  Legge n.257/92 sono fatte salve le disposizioni previgenti alla medesima data, debba essere interpretata nel senso che, per “maturazione” del diritto al beneficio, si intende la maturazione del diritto a pensione.

Il giudicante aveva quindi rilevato come la citata disposizione trovasse applicazione anche in favore di coloro che avessero avanzato domanda di riconoscimento all’Inail o avessero ottenuto sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data.

La Corte del merito aveva però negato il regime normativo più favorevole invocato dal ricorrente, in quanto il lavoratore non aveva ancora maturato il diritto a pensione, né aveva avviato procedimenti amministrativi o conseguito pronunce di riconoscimento del diritto anteriormente al 2 ottobre 2003.

Avverso tale decisione, il lavoratore aveva proposto ricorso per Cassazione, contestando l’interpretazione della normativa di riferimento accolta dalla Corte territoriale.

Secondo la tesi del ricorrente, la richiamata disposizione di legge, nel riferirsi a tutti coloro che avessero maturato, non già il diritto alla pensione, ma “il diritto al conseguimento” degli specifici “benefici previdenziali” di cui alla legge n.257/92, vuol fare salva l’applicazione della disciplina previgente per tutti coloro che, rientrando nelle previsioni di quest’ultima, al momento dell’entrata in vigore della novella fossero risultati in possesso di almeno dieci anni di esposizione all’amianto, per attività soggette alla relativa assicurazione obbligatoria gestita dall’Inail. Condizione alla quale era condizionato il riconoscimento del beneficio previdenziale, fossero o meno i soggetti richiedenti già in pensione ovvero in procinto di andarvi.

In base a questa lettura,  salve le diverse ipotesi specificamente previste, come quella dell’avvenuta presentazione della domanda di rinascimento all’Inail entro il 2 ottobre 2003 o il conseguimento di sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data, dall’applicazione delle disposizioni previgenti resterebbero esclusi solo quei lavoratori che, pur essendo stati esposti all’amianto per un periodo almeno decennale prima del 2 ottobre 2003, non avevano titolo a conseguite i benefici sulla base della legge n.257/92, in quanto le relative attività non erano coperte dall’assicurazione obbligatoria Inail.

Sempre secondo il ricorrente, l’interpretazione accolta dalla Corte territoriale condurrebbe all’applicazione della nuova disciplina a lavoratori già esposti all’amianto, per periodi ultradecennali, per attività soggette all’assicurazione Inail, il che ne postulerebbe un effetto retroattivo.

La pronuncia della Cassazione
Per dirimere la controversia, la Suprema Corte ha ritenuto opportuno riepilogare il contenuto delle  previsioni legislative che si sono succedute nel tempo per disciplinare la fattispecie.

L’art. 13, comma 8, della Legge n.257 del 27 marzo 1992, stabilì che “Per i lavoratori che siano stati esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni, l’intero periodo lavorativo soggetto all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’esposizione all’amianto, gestita dall’INAIL, è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,5”.

L’art.47 del D.L. n.269 del 30 settembre 2003 (1) previde quanto segue:

-         “1.  A decorrere dal 1° ottobre 2003, il coefficiente stabilito dall’articolo 13, comma 8, della legge n.251 del 21 marzo 1992, è ridotto da 1,5 a 1,25. Con la stessa decorrenza, il predetto coefficiente moltiplicatore si applica ai soli fini della determinazione dell’ importo delle prestazioni pensionistiche e non della maturazione del diritto di accesso alle medesime”.

-         “2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai lavoratori a cui sono state rilasciate dall’INAIL le certificazioni relative all’esposizione all’amianto sulla base degli atti d’indirizzo emanati sulla materia dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali antecedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto”.

-         “3. Con la stessa decorrenza prevista al comma 1, i benefici di cui al comma 1, sono concessi esclusivamente ai lavoratori, che, per un periodo non inferiore a dieci anni, sono stati esposti all’amianto in concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno. I predetti limiti non si applicano ai lavoratori per i quali sia stata accertata una malattia professionale a causa dell’esposizione all’amianto”.

 
-         “4. La sussistenza e la durata dell’esposizione all’amianto di cui al comma 3 sono accertate e certificate dall’INAIL”.

-         “5. I lavoratori che intendano ottenere il riconoscimento dei benefici di cui al comma 1, compresi quelli a cui è stata rilasciata certificazione dall’INAIL prima del 1° ottobre 2003, devono presentare domanda alla Sede INAIL di residenza entro 180 giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale di cui al comma 6, a pena di decadenza del diritto agli stessi benefici”.

-         “6-bis. Sono comunque fatte salve le previgenti disposizioni per i lavoratori che abbiano già maturato, alla data di entrata in vigore del presente decreto, il diritto al trattamento pensionistico anche in base ai benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8, della Legge n.257 del 21 marzo 1992,  nonché coloro che alla data di entrata in vigore del presente decreto, fruiscano dei trattamenti di mobilità, ovvero che abbiano definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento”.

-         6-ter. “I soggetti cui sono stati estesi, sulla base del presente articolo, i benefici previdenziali di cui alla legge n.251 del 21 marzo 1992, come rideterminati sulla base del presente articolo, qualora siano destinatari di benefici previdenziali che comportino , rispetto ai regimi pensionistici di appartenenza, l’anticipazione dell’accesso al pensionamento, ovvero l’aumento dell’anzianità contributiva, hanno facoltà di optare tra i predetti benefici e quelli previsti dal presente articolo. Ai medesimi soggetti non si applicano i benefici di cui al presente articolo, qualora abbiano già usufruito dei predetti aumenti o anticipazioni alla data di entrata in vigore del presente decreto”.

La Cassazione ha  precisato che i predetti commi 6-bis e 6-ter vennero introdotti in sede di conversione in legge del Decreto e che il Decreto Ministeriale attuativo  venne emanato il 27 ottobre 2004.

L’art.3, comma 132, della Legge n.350 del 24 dicembre 2003 previde poi che:

-         In favore dei lavoratori che abbiano già maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8, della Legge n.257 del 21 marzo 1992,  e successive modificazioni, sono fatte salve le disposizioni previgenti alla medesima data del 2 ottobre 2003. La disposizione di cui al primo periodo si applica anche a coloro che hanno avanzato domanda di riconoscimento all’INAIL o che ottengono sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data. Restano valide le certificazioni già rilasciate dall’INAIL”.

Per quanto qui specificamente interessa, l’art.1, comma 2, del Decreto Ministeriale attuativo del 27 ottobre 2004, stabilì che:
 
-         Ai lavoratori che sono stati esposti all’amianto per periodi lavorativi soggetti all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, gestita dall’INAIL, che abbiano già maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8, della Legge n.251 del 21 marzo 1992,  e successive modificazioni, si applica la disciplina previgente alla medesima data, fermo restando, qualora non abbiano già provveduto, l’obbligo di presentazione della domanda di cui all’art. 3 entro il termine di 180 giorni, a pena di decadenza, dalla data di entrata in vigore del presente decreto”.

L’art. 1, comma 20, della Legge n.247 del  24 dicembre 2007 ha poi disposto che:

-          Ai fini del conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8, della Legge n.257 del  27 marzo 1992,  e successive modificazioni, sono valide le certificazioni rilasciate dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) ai lavoratori che abbiano presentato domanda al predetto Istituto entro il 15 giugno 2005, per periodi di attività lavorativa svolta con esposizione all’amianto fino all’avvio dell’azione di bonifica e, comunque, non oltre il 2 ottobre 2003, nelle aziende interessate dagli atti di indirizzo già emanati in materia dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale”.

La Cassazione ha ricordato che la finalità della  Legge n. 257/1992 (2)  era quella di favorire la cessazione dell’impiego dell’amianto e tra le misure adottate per raggiungere tale obiettivo si inserisce il ricordato art. 13, comma 8, emanato con il fine precipuo di favorire l’esodo dal mondo del lavoro del maggior numero di lavoratori che avessero subito, sul piano occupazionale, le conseguenze della suddetta dismissione.

Con la riforma del 2003, tale misura ha subito una trasformazione radicale, dovuta (3), ad un duplice ordine di ragioni: “Da un lato, infatti, è stato logico presumere che, a distanza di tanti anni dall’entrata in vigore della legge n.257 del 1992, il risultato della dismissione delle lavorazioni dell’amianto, comportanti esposizione dei lavoratori alle sue polveri, fosse stato ormai conseguito; dall’altro, è venuto emergendo, dalle indagini epidemiologiche e dai progressi della scienza medica, che gli effetti dannosi della suddetta esposizione possono prodursi anche a lunga distanza di tempo e che non era, quindi, irragionevole attribuire un beneficio previdenziale a coloro che a siffatto rischio erano stati esposti, anche se le relative attività non erano obbligatoriamente assoggettate all’assicurazione INAIL”.

La nuova normativa, pertanto, ha previsto che il beneficio non valesse per il raggiungimento della anzianità contributiva, ma fosse attribuito, in presenza delle altre condizioni di legge, a coloro che avessero maturato il diritto al trattamento di quiescenza secondo gli ordinari criteri di calcolo, per la sola quantificazione della pensione.

La riduzione del coefficiente di rivalutazione da 1,50 a 1,25 è dovuta quindi ad una nuova valutazione delle esigenze di bilancio in conseguenza  dell’allargamento della platea degli aventi diritto.

In sintesi, rispetto agli incentivi  originariamente previsti dell’art. 13, comma 8, della Legge n.257/1992, le previsioni della riforma hanno attribuito  un beneficio ridotto a tutti i lavoratori che, nel periodo considerato, siano stati esposti all’amianto (nella concentrazione media annua indicata), indipendentemente dal fatto che l’attività esercitata fosse assoggettata all’assicurazione Inail contro le malattie professionali.

La Suprema Corte ha rilevato come la questione sollevata investa la corretta interpretazione dell’art.3, comma 132, della legge n.350/2003 e dell’art.1, comma 2, del D.M del 27 ottobre 2004, nella parte in cui sanciscono l’applicabilità della previdente disciplina – sull’utilizzo del coefficiente moltiplicatore 1,5 tanto ai fini tanto dell’accesso a pensione, quanto a quello della relativa liquidazione -  nei confronti di coloro che avessero maturato “il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali dì cui all’art.13, comma 8, della Legge n.257 del 21 marzo 1992” alla data del 2 ottobre 2003.

Ai fini dell’anzidetta indagine, la Cassazione ha precisato che la disposizione di cui all’art.1, comma 20, della Legge n.247/07, che ha  introdotto una deroga alla disciplina generale per i lavoratori che abbiano prestato la propria attività nelle aziende interessate dagli atti di indirizzo già emanati in materia dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, risulta priva di rilevanza, in quanto riferita ad una situazione soggettiva che non ricorre nel caso di specie.

L’opzione ermeneutica prospettata dal ricorrente è basata essenzialmente sulla differenza lessicale tra il comma 6-bis dell’art.47 del D.L. n.269/2003 (“diritto al trattamento pensionistico”) ed il comma 132 dell’art.3 della Legge n.350/2003 (“diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8, della legge 21 marzo 1992, n. 251”), desumendone che la seconda locuzione esprimerebbe un diverso concetto  e, in particolare, che vorrebbe far salva l’applicazione della disciplina previgente per tutti coloro che, rientrando nelle previsioni di quest’ultima, al momento dell’entrata in vigore della novella fossero risultati in possesso dei requisiti a cui era condizionato il riconoscimento del beneficio previdenziale, indipendentemente dal fatto che avessero maturato il diritto alla pensione.

Per la Suprema Corte un simile argomento interpretativo risulta intrinsecamente fragile, in quanto non spiega affatto per quale ragione la seconda locuzione, alla luce di un’interpretazione sistematica della normativa di riferimento, non potrebbe configurare una sostanziale sinonimia della prima.

Se il legislatore avesse inteso garantire l’applicabilità delle previgenti disposizioni alla mera ricorrenza di tale situazione fattuale, lo avrebbe esplicitato, così come ha fatto in riferimento ad altre situazioni  ben determinate, nel caso, ad esempio, di chi avesse “avanzato domanda di riconoscimento all’INAIL”, la cui contemplazione risulterebbe invece pleonastica seguendo l’interpretazione prospettata dal ricorrente.

Sotto il profilo sistematico, l’interpretazione invocata è inconciliabile con la natura dei benefici previdenziali de quibus, posto che, secondo un consolidato indirizzo ermeneutico (4),  la rivalutazione contributiva non rappresenta una prestazione previdenziale autonoma, ma determina i contenuti del diritto alla pensione” , ovvero, in altri termini, introduce “una modalità di calcolo della anzianità contributiva ai fini delle ordinarie prestazioni pensionistiche di vecchiaia e di anzianità o di queste sostitutive in regimi speciali(5).

Di conseguenza, la maturazione, alla data del 2 ottobre 2003, del “diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8, della legge n.251 del 21 marzo 1992, e successive modificazioni”, deve essere intesa nel senso del perfezionamento del diritto al trattamento pensionistico anche sulla base del beneficio di cui all’art.13, comma 8, della Legge n.257/1992.

La locuzione utilizzata nel predetto art.3, comma 132, della Legge n.350/2003 costituisce soltanto la conferma di quanto già espresso attraverso  quella relativa alla maturazione del “diritto al trattamento pensionistico” contenuta nell’art. 47, comma 6-bis, del D.L. n.269/2003.

Conseguentemente, i lavoratori, esposti all’amianto, in epoca antecedente all’ottobre 2003, per un periodo superiore a dieci anni nello svolgimento di attività assoggettate all’assicurazione obbligatoria dell’Inail, non sono considerati titolari di un diritto soggettivo perfetto alla pensione e alla sua determinazione secondo i criteri di cui all’art.13, comma 8, della Legge n.257/92, ma, altresì,  portatori di una legittima aspettativa a che tale diritto si concretizzi al momento dell’eventuale (sempre che, cioè, venissero a realizzarsi gli ulteriori requisiti) futura maturazione del diritto a pensione.

Dal che discende che non può ritenersi che la riforma del 2003 abbia inciso, retroattivamente, su posizioni di diritto soggettivo già acquisite.

Nella specie, la Suprema Corte ha affermato che la parziale frustrazione delle aspettative pensionistiche dei destinatari dell’art.13, comma 8, della Legge n.257/92, per quanti, ovviamente, non avessero già maturato il diritto alla pensione, non è connotata da arbitrarietà ed irrazionalità, inserendosi, al contrario, in un complessivo quadro di trasformazione radicale dell’istituto, nei termini e per le ragioni già diffusamente esposti.

Sulla base delle richiamate argomentazioni, la Cassazione ha dunque rigettato il ricorso ed ha condannato il lavoratore al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in 3.000,00 € per compensi professionali, 100,00 € per spese, oltre accessori come per legge.

Valerio Pollastrini

 
(1)   - Convertito, con modificazioni,  dalla legge n.326 del 24 novembre 2003,  sotto la rubrica “Benefici previdenziali ai lavoratori esposti all’amianto’’;
(2)   - Emanata dopo la sentenza di condanna della Corte di Giustizia CE n. 240 del 1990, a seguito di una procedura d’infrazione;
(3)   - Come puntualmente evidenziato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 376/2008;
(4)   - Cass., Sentenze n.21257/2004, n.21862/2004, n.15007/2005, n.15008/2005, n.16179/2005,  n.441/2006, n.15679/2006, n.23068/2007, n.18135/2010, n.3122/2011 e  n.8649/2012;
(5)   - Corte Costituzionale, Sentenza n.376/2008;

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