Il
caso di specie è giunto all’attenzione della Cassazione dopo che la Corte di Appello
di Firenze, confermando la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale, aveva annullato il provvedimento con il quale l’Inps,
ai fini previdenziali ed assistenziali, aveva
attribuito ad una società il numero di matricola e la classificazione nel
settore terziario (1), nella classe
intermediari (2), nella categoria locazione di beni immobili
propri e sublocazione, con chiusura della relativa posizione contributiva.
La
Corte del merito aveva ritenuto l’azienda un Ente Pubblico, in quanto costituita dai 33 Comuni della Provincia di
Firenze per la gestione in forma associata delle funzioni attinenti all’edilizia
residenziale pubblica. Funzioni già espletate dagli Istituti autonomi case
popolari (IACP) e poi dalle Aziende territoriali per l’edilizia residenziale
pubblica (Ater) e trasferite alle Regioni ed ai Comuni.
Secondo
il Giudice di Appello al personale delle disciolte Aziende territoriale per
l’edilizia residenziale trasferito alla società ricorrente, che aveva optato
per il mantenimento dell’iscrizione all’Inpdap, dovevano essere applicati gli
istituti propri della gestione previdenziale pubblica.
Conseguentemente,
il giudicante aveva escluso che la società fosse soggetta al pagamento dei
contributi per malattia, assegni familiari, maternità e fondo di garanzia in
favore dell’Inps, per il versamento dei quali l’Istituto aveva disposto l’apertura
di una specifica posizione contributiva.
Contro
questa sentenza l’Inps aveva ricorso in Cassazione, contestando il disposto
annullamento della posizione contributiva aperta dall’Istituto, in
accoglimento della tesi aziendale in relazione alla sua natura di organismo di diritto pubblico,
in quanto costituita con capitale interamente pubblico e per le finalità di
pubblica utilità perseguite.
Secondo
la società la natura pubblica ne condizionava l’assoggettamento al corrispondente
regime previdenziale, al quale non si applicano
i c.d. “contributi minori”, quali quelli per malattia, maternità, trattamento
di fine rapporto, CUAF. Vale a dire, le prestazioni per le quali l’Inps, in relazione ai dipendenti ex Ater
transitati alla società e che avevano optato in base all’art 5 della L n
274/1991 per il mantenimento dell’iscrizione all’Inpdap, aveva invitato la
società ad aprire la specifica posizione contributiva.
In
proposito, l’Istituto Previdenziale aveva rilevato come, ai sensi dell’articolo 49 della legge n.88 del
1989, la classificazione dei datori di lavoro ai fini
previdenziali e assistenziali riguarda tutti i datori di lavoro, sia pubblici
che privati, e, nel caso di specie, l’inquadramento era stato effettuato in
base alla concreta attività esercitata dalla società.
L’Inps
aveva giustificato la propria pretesa sulla base delle seguenti ulteriori
considerazioni:
-
Con
riferimento ai contributi di malattia: la dizione generica di datori di lavoro
e lavoratori non consente l’esonero contributivo per i datori di lavoro
pubblici.
-
Con
riferimento ai contributi per maternità:
il TU tace in merito ai rapporti
di lavoro subordinato privato e tali
erano i rapporti dei dipendenti dell’Ater transitati nella società.
-
Con
riferimento ai contributi per il Fondo di garanzia del Tfr: le espressioni utilizzate, generiche e senza
distinzioni, tra datori di lavoro privati e pubblici non consentono l’esclusione
dell’azienda dall’obbligo di pagamento.
-
Con
riferimento ai contributi CUAF: per ottenere l’esonero sarebbe stato comunque necessario dimostrare il pagamento diretto
degli assegni familiari.
L’Inps
aveva infine contestato specificatamente
le argomentazioni addotte dalla Corte territoriale ai fini dell’asserita natura pubblica dell’azienda.
La pronuncia
della Cassazione
Per
dirimere la questione, la Suprema Corte ha compiuto una lunga disamina della normativa di riferimento,
affermando che, ai fini dell’accertamento dell’obbligo contributivo di cui è
causa, fosse necessario analizzare la Legge Regionale n.77/1998, con la quale
la Regione Toscana ha provveduto a riorganizzare la materia dell’edilizia
residenziale.
Detta
legge, dopo aver disciplinato le funzioni e i compiti della Regione e dei Comuni,
ha stabilito lo scioglimento e la liquidazione degli Ater (3) e, con
l’attribuzione del patrimonio a questi ultimi facente capo ai Comuni (4), ha previsto che
“Le funzioni attinenti al recupero, alla
manutenzione e alla gestione amministrativa del patrimonio destinato all’ERP
(Edilizia residenziale pubblica) già in proprietà dei comuni e del patrimonio
toro attribuito ai sensi dell’art. 3, comma 1, nonché quelle attinenti a nuove
realizzazioni sono esercitate dai Comuni stessi in forma associata nei livelli
ottimali di esercizio, individuati con la procedura di cui al presente articolo”.
La
norma dispone poi che i Comuni gestiscano le altre funzioni preferibilmente in
forma associata, nel rispetto del principio di economicità e dei criteri di
efficienza ed efficacia.
L’articolo
6, intitolato “forme associate”, ha quindi previsto che i Comuni stabiliscano,
mediante apposita conferenza, l’esercizio in forma associata delle citate
funzioni, provvedendo altresì alla costituzione del soggetto affidatario.
L’art
7 della legge dispone l’assegnazione del personale Ater ai soggetti individuati
per l’esercizio delle funzioni e stabilisce che i rapporti di lavoro siano
disciplinati dal CCNL degli addetti al settore.
La
Cassazione ha precisato che la richiamata normativa si inserisce nel processo
di riforma del settore (5)
“comportante la trasformazione degli enti di
edilizia residenziale pubblica spesso in enti economici o all’istituzione di
una molteplicità di enti riformati ai quali sono state attribuite svariate
denominazioni (Aziende, Agenzie ecc) tutte dirette a porre in risalto il nuovo
ruolo imprenditoriale attribuito agli enti”.
La
Suprema Corte, a proposito dell’assetto istituzionale, ha ricordato come, in un
primo momento, le scelte dei legislatori regionali non si erano discostate
troppo dalla forma tradizionale propria degli Iacp,, aventi natura di enti
pubblici, dotati di organizzazione, amministrazione e contabilità autonome,
ruolo strumentale dell’ente rispetto alla Regione che ne esercita il controllo.
Molte
leggi regionali, per effetto della disposta trasformazione dei suddetti enti in
enti pubblici economici, hanno previsto la loro possibile partecipazione a consorzi,
società miste ed altre forme di raggruppamento temporaneo, a volte anche per
fini non istituzionali.
Queste
condizioni hanno causato notevoli
difficoltà per stabilire quanto, nei nuovi enti, fosse rimasto pubblico e quanto
privato.
Tornando
al caso in esame, la Cassazione ha
rilevato che, in applicazione della
disposizione della Legge Regionale, secondo cui le funzioni attinenti al
recupero, alla manutenzione e alla gestione amministrativa del patrimonio
destinato all’ERP (Edilizia residenziale pubblica), già in proprietà dei Comuni,
nonché quelle attinenti a nuove realizzazioni, siano esercitate dai Comuni stessi
in forma associata, era stata costituita l’azienda tra i 33 Comuni della Provincia
di Firenze.
La
Cassazione ha però ritenuto non condivisibile l’assunto con il quale la Corte
di Appello aveva sostenuto che la riconducibilità dell’azienda ad un Ente Pubblico
ne determinasse la mancata applicazione della normativa previdenziale relativa
ai c.d. “contributi minori” per il personale proveniente dai disciolti Ater che
avessero optato per il mantenimento dell’iscrizione all’Inpdap.
La
forma prescelta per lo svolgimento della gestione dell’edilizia residenziale
pubblica era stata quella della società per azioni, nella quale l’Amministrazione
esercitava il controllo esclusivamente
attraverso gli strumenti di diritto privato, dovendosi escludere, in mancanza
di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario,
che la mera partecipazione da parte
dell’Ente pubblico fosse idonea a determinare la natura dell’organismo
attraverso cui la gestione del servizio pubblico era stata attuata.
La
partecipazione pubblica alla società non costituisce infatti un tratto
caratterizzante e determinante per attestarne la natura pubblica. Ciò, nella
fattispecie in esame, risulta confermato dallo statuto dell’azienda che, all’art.
6, prevede la possibilità di cedere a soggetti terzi, pubblici o privati, una
quota, comunque inferiore al 50% del capitale, delle azioni.
Secondo
la Cassazione, dunque, non sussiste alcuna apprezzabile deviazione rispetto
alla comune disciplina privatistica delle società di capitali.
A
tale proposito la Suprema Corte ha richiamato quanto già affermato dalla
giurisprudenza di legittimità (6), sulla
circostanza che “dal punto di vista
previdenziale e pensionistico il personale dello Iacp è stato iscritto
all’Inpdap, gestione ex CPDEL, mentre a mano a mano che venivano disposte le
suddette trasformazioni , i dipendenti degli enti e strutture sostitutive degli
IACP sono stati iscritti all’Inps per l’assicurazione IVS, cd. previdenza
maggiore”.
Fino
a quando gli IACP sono rimasti pubbliche amministrazioni, le prestazioni per
malattia e per la maternità degli operai,
relative alla c.d. “previdenza minore”, sono state regolate dal regime proprio
di tali amministrazioni, in base al quale il corrispondente trattamento
economico deve essere corrisposto direttamente dalle amministrazioni o enti di
appartenenza.
Sempre
con riguardo alla “previdenza minore”, nulla
è stato invece espressamente disposto in riferimento ai dipendenti degli enti e
delle strutture sostitutive degli Iacp, ma, come regola generale, per l’assicurazione
IVS in favore degli iscritti all’Inps, è sempre lo stesso Istituto a provvedere
all’erogazione delle relative prestazioni, grazie ai contributi versati dai
datori di lavoro.
Nel
silenzio della legge, pertanto, la Suprema Corte ritiene debba farsi
riferimento a tale regola generale, che assolve anche all’esigenza di applicare
a tutti i dipendenti dei suddetti enti, comunque denominati e configurati, la medesima
disciplina previdenziale.
Per
individuare quali fossero le caratteristiche sostanziali dell’ente pubblico, la
Corte di Appello aveva richiamato la
normativa comunitaria e la nozione di organismo pubblico contenuta nella
disciplina degli appalti, sul presupposto che detta normativa fornisse una
nozione unitaria di organismo pubblico.
Si
è peraltro osservato che l’oggetto del servizio pubblico locale dell’attività,
esercitata mediante società di diritto privato, e la partecipazione pubblica
alla stessa, avesse rilievo ai fini diversi da quelli previdenziali,
preoccupandosi il legislatore comunitario e quello nazionale di introdurre
misure antitrust, miranti ad aprire un
mercato o a consolidarne l’apertura, eliminando barriere all’entrata,
attraverso la riduzione o l’eliminazione dei vincoli al libero esplicarsi della
capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese per favorire la concorrenza
(7).
Pertanto,
la circostanza che la pubblica amministrazione provveda in
proprio al perseguimento di scopi pubblici, attribuendo l’appalto o il servizio
ad altra entità mediante il sistema
dell’affidamento diretto, c.d. in house providing, cioè senza gara, non muta la
natura giuridica privata della società con riguardo alle ricadute previdenziali
dei rapporti di lavoro, ma assume rilievo nell’ordinamento nazionale e
comunitario con riguardo al mercato e alla tutela della concorrenza.
Parimenti,
stante il denaro pubblico utilizzato, non costituisce un indice della natura
pubblica dell’ente il controllo esercitato su di esse dalla Corte dei Conti,
così come irrilevanti risultano i vincoli di finanza pubblica, atteso che
l’impegno di capitale pubblico impone il rispetto dei principi di imparzialità,
di economicità e di buon andamento della pubblica amministrazione.
Infine,
con riferimento ai cosiddetti contributi minori, la stessa Corte di legittimità
in passato aveva avuto modo di confermare l’obbligo della loro corresponsione
all’Inps per le società con partecipazione maggioritaria dell’ente locale (8).
Per
tutte le riportate considerazioni, la Suprema Corte ha cassato la sentenza
impugnata, prescrivendo al giudice del rinvio la decisione sulla sussistenza o meno delle singole
obbligazioni contributive e della loro misura e decorrenza, alla luce della
statuizione di cui sopra con la quale è stata
esclusa la natura pubblica dell’azienda in oggetto.
Valerio
Pollastrini
(1)
-
Commercio, servizi, professionisti ed altri;
(2)
-
Immobiliari, agenzie di viaggio, logistica eccetera;
(3)
-Agenzie
Regionali Territoriali per l’Edilizia;
(4)
-
Art 5, comma 1, della Legge Regionale
n.77/1998;
(5)
-
Cass., Sentenza n.2756/2014;
(6)
-
Cass., Sentenza n.2756/2014;
(7)
-
Corte Cost., Sentenza n.430/2007; Cass., Sentenza n.28022/2013;
(8)
-
Cass., Sentenze n.19087, n.20818, n.20819 e n.22318 del 2013;
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