Dal 2010 ad oggi il gettito ottenuto dall’applicazione delle
addizionali Irpef ha subito un vera e propria impennata. Quello relativo alle
addizionali regionali è cresciuto di oltre il 34 per cento, quello imposto dai
comuni, invece, è salito addirittura del 54 per cento.
A sostenerlo è l’Ufficio studi della CGIA che ha analizzato
il prelievo di queste imposte locali sulle retribuzioni di alcune categorie di
lavoratori dipendenti, sui pensionati e
sui redditi dei lavoratori autonomi residenti in un centinaio di Comuni
capoluogo di provincia.
Un peso, quello delle addizionali Irpef, molto oneroso che
per l’anno in corso garantirà alle casse delle regioni e dei comuni oltre 15
miliardi di euro.
“Per l’anno venturo – ricorda il coordinatore dell’Ufficio
studi Paolo Zabeo – con la legge di Stabilità 2016 il Governo ha deciso di
bloccare gli eventuali aumenti delle imposte locali solo per le regioni che non
si trovano in deficit sanitario. Considerato che sono otto quelle sottoposte ad
un piano di rientro dal disavanzo per la spesa sanitaria, per molti
contribuenti vi è comunque il pericolo di subire un ulteriore aumento del
prelievo, visto che per il 2016 il fabbisogno sanitario nazionale è stato
rideterminato con un risparmio di spesa di quasi 1,8 miliardi di euro”.
ADDIZIONALE COMUNALE
IRPEF
In questi ultimi anni il gettito dell’addizionale comunale
IRPEF è aumentato del 54 per cento, passando da 2,9 miliardi di euro del 2010
agli oltre 4,4 miliardi di euro del 2014 (ultimo dato disponibile di fonte
ISTAT).
Nel biennio 2009-2010 vigeva ancora il “blocco” delle
aliquote delle addizionali e solo a partire dal 2011 gli enti locali hanno
potuto ritoccare l’aliquota entro il limite massimo dello 0,8 per cento.
“Nel corso degli ultimi anni – prosegue Zabeo – i Sindaci
hanno elevato sempre più le aliquote alla ricerca di gettito. Tuttavia, vi è
stata la tendenza a contenere il prelievo sui redditi più bassi, mentre sui
quelli più elevati l’aliquota media si è avvicinata sempre più alla soglia
massima”.
In generale, ricorda la CGIA, sono 63 i comuni capoluogo di
provincia che nel 2015 hanno applicato l’aliquota al livello massimo consentito
(0,8 per cento), mentre una decina hanno aumentato il prelievo nel 2015
rispetto al 2014, con effetti che i contribuenti percepiranno nel 2016.
ADDIZIONALE REGIONALE
IRPEF
Anche le Regioni hanno subito il “blocco” dell’aliquota: in
caso di disavanzo sanitario, però, era stata data la possibilità di aumentarla.
L’aliquota “base” ha subito nel tempo diverse modifiche. Nel
1998 e nel 1999 era pari allo 0,5 per cento, nel 2000 è salita allo 0,9 per
cento e dal 2011 è stata ulteriormente
aumentata all’1,23 per cento.
Nel corso del tempo è aumentata anche l’autonomia tributaria
delle regioni. Sino al 2013, infatti, l’aliquota base poteva essere
incrementata di 0,5 punti percentuali, raggiungendo il livello dell’ 1,73 per cento.
Sia nel 2014 e poi nel 2015 alle Regioni è stata data la possibilità di
elevarle rispettivamente dell’ 1,1 e del 2,1 per cento.
“Nel corso degli anni – conclude Zabeo – i governatori
hanno cercato di ridurre il peso fiscale
sulle fasce di reddito più basse, concentrando gli inasprimenti su quelle più
elevate, anche se la tendenza è stata quella di aumentarne il prelievo, come
testimoniano i dati sul gettito che è salito dagli 8 miliardi degli anni 2009 –
2010 ai quasi 11 miliardi del 2014, registrando una variazione di oltre il 34
per cento”.
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