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lunedì 4 maggio 2015

Scuola - Gravi patologie oculari - Collocamento d’ufficio in malattia - Riduzione dello stipendio - Inattività forzata

Nella sentenza n.8081 del 21 aprile 2015, la Corte di Cassazione ha ritenuto illegittimo il collocamento d’ufficio in malattia, con riduzione dello stipendio, del docente che aveva chiesto di essere adibito ad altre mansioni compatibili con il proprio stato di salute.

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Lecce, riformando la pronuncia di rigetto del primo grado, aveva condannato il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca al pagamento, in favore di una professoressa, della una somma pari alle differenze retributive per la durata del collocamento d’ufficio in malattia, non giustificato, disposto nei suoi confronti per motivi di salute, con riduzione della retribuzione.

In particolare, la Corte del merito aveva osservato:

-          che la docente aveva presentato in data 22 aprile 2002 domanda di collocamento in pensione per inabilità, essendo stata riconosciuta totalmente e permanentemente invalida per gravi patologie oculari;

-         che l’Amministrazione, dopo averla sottoposta a visita medica, aveva invitato la docente ad optare per la risoluzione del rapporto o la utilizzazione in altri compiti, secondo quanto previsto dal contratto collettivo del Comparto del personale della scuola all’epoca vigente;

-         che la docente aveva chiesto di essere utilizzata in altri compiti;

-         che a tale richiesta avevano fatto seguito altre visite da parte dell’Amministrazione;

-          che in data 18 agosto 2003 la professoressa era stata collocata "d’ufficio in assenza per motivi di salute", con riduzione dello stipendio;

-         che a seguito di altra visita del 9 febbraio 2004 la Commissione medica di verifica aveva confermato la sua idoneità allo svolgimento di mansioni collaterali all’insegnamento;

-         che solo in data 18 marzo 2004 l’Amministrazione aveva stipulato con la docente il contratto di utilizzazione in compiti compatibili con le sue condizioni di salute.

Tutto ciò premesso, la Corte territoriale aveva rilevato che il grave ritardo con cui l’Amministrazione si era pronunziata sulla utilizzazione della docente in altri compiti, giustificava la richiesta di risarcimento dei danni, costituiti dalle differenze stipendiali conseguenti al suo collocamento d’ufficio in malattia ed alla riduzione dello stipendio, atteso che a norma dell’art.23 del contratto collettivo il personale dichiarato inidoneo per motivi di salute poteva essere utilizzato in altri compiti tenuto conto della sua preparazione culturale e professionale.

Avverso questa sentenza, il Ministero aveva proposto ricorso per Cassazione, deducendo che il collocamento d’ufficio in malattia fosse dipeso dal fatto che la donna non era in grado di prestare servizio per motivi di salute e che, avendo la medesima chiesto di essere utilizzata in altri compiti, si era reso necessario procedere ad accertamenti medici onde valutare la compatibilità dell’utilizzazione in altri compiti con le sue condizioni di salute.

La censura predetta è stata ritenuta infondata dalla Cassazione che, investita della questione, ha precisato che la Corte del merito aveva spiegato in modo esaustivo le ragioni in base alle quali la condotta dell’Amministrazione scolastica era stata del tutto ingiustificata, atteso che, a seguito della richiesta della resistente in data 5 novembre 2002 di essere utilizzata in altri compiti compatibili con le sue condizioni di salute, tale richiesta era stata accolta solo nel marzo 2004.

Nel frattempo,  con decreto del 12 agosto 2003, la docente, senza giustificato motivo, era stata  collocata d’ufficio in malattia, con riduzione dello stipendio.

Sul punto, il Ministero aveva asserito che il ritardo con cui la richiesta era stata accolta fosse dovuto ai tempi tecnici richiesti per l’istruzione della pratica.

Si tratta di una giustificazione che, però,  era già stata  ritenuta infondata dalla Corte territoriale, dal momento che gli unici adempimenti che l’Amministrazione avrebbe dovuto porre in essere erano quelli di disporre accertamenti medici sulle condizioni di salute della docente, al fine di poterla utilizzare in altri compiti.

L’Amministrazione, viceversa, a fronte di una disposizione che configura un diritto soggettivo del dipendente ad essere utilizzato - in tempi ragionevoli - in compiti diversi per ragioni di salute, non solo aveva lasciato trascorrere circa sedici mesi prima di definire la vicenda, ma aveva nelle more collocato la docente in malattia, con riduzione dello stipendio e tenendola forzatamente inattiva, senza peraltro indicare le disposizioni di legge o del contratto collettivo in base alle quali era stato   adottato siffatto provvedimento.

Queste, in sostanza, le considerazioni in base alle quali la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.

Valerio Pollastrini

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