Nel caso
di specie, la Corte di Appello di Lecce, riformando la pronuncia di rigetto del
primo grado, aveva condannato il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca
al pagamento, in favore di una professoressa, della una somma pari alle
differenze retributive per la durata del collocamento d’ufficio in malattia,
non giustificato, disposto nei suoi confronti per motivi di salute, con
riduzione della retribuzione.
In
particolare, la Corte del merito aveva osservato:
-
che la docente aveva presentato in data 22
aprile 2002 domanda di collocamento in pensione per inabilità, essendo stata
riconosciuta totalmente e permanentemente invalida per gravi patologie oculari;
-
che
l’Amministrazione, dopo averla sottoposta a visita medica, aveva invitato la
docente ad optare per la risoluzione del rapporto o la utilizzazione in altri
compiti, secondo quanto previsto dal contratto collettivo del Comparto del
personale della scuola all’epoca vigente;
-
che la docente
aveva chiesto di essere utilizzata in altri compiti;
-
che a tale
richiesta avevano fatto seguito altre visite da parte dell’Amministrazione;
-
che in data 18 agosto 2003 la professoressa
era stata collocata "d’ufficio in
assenza per motivi di salute", con riduzione dello stipendio;
-
che a seguito di
altra visita del 9 febbraio 2004 la Commissione medica di verifica aveva
confermato la sua idoneità allo svolgimento di mansioni collaterali
all’insegnamento;
-
che solo in data
18 marzo 2004 l’Amministrazione aveva stipulato con la docente il contratto di
utilizzazione in compiti compatibili con le sue condizioni di salute.
Tutto ciò
premesso, la Corte territoriale aveva rilevato che il grave ritardo con cui
l’Amministrazione si era pronunziata sulla utilizzazione della docente in altri
compiti, giustificava la richiesta di risarcimento dei danni, costituiti dalle
differenze stipendiali conseguenti al suo collocamento d’ufficio in malattia ed
alla riduzione dello stipendio, atteso che a norma dell’art.23 del contratto
collettivo il personale dichiarato inidoneo per motivi di salute poteva essere
utilizzato in altri compiti tenuto conto della sua preparazione culturale e
professionale.
Avverso
questa sentenza, il Ministero aveva proposto ricorso per Cassazione, deducendo
che il collocamento d’ufficio in malattia fosse dipeso dal fatto che la donna
non era in grado di prestare servizio per motivi di salute e che, avendo la
medesima chiesto di essere utilizzata in altri compiti, si era reso necessario
procedere ad accertamenti medici onde valutare la compatibilità
dell’utilizzazione in altri compiti con le sue condizioni di salute.
La
censura predetta è stata ritenuta infondata dalla Cassazione che, investita
della questione, ha precisato che la Corte del merito aveva spiegato in modo
esaustivo le ragioni in base alle quali la condotta dell’Amministrazione
scolastica era stata del tutto ingiustificata, atteso che, a seguito della
richiesta della resistente in data 5 novembre 2002 di essere utilizzata in
altri compiti compatibili con le sue condizioni di salute, tale richiesta era
stata accolta solo nel marzo 2004.
Nel
frattempo, con decreto del 12 agosto
2003, la docente, senza giustificato motivo, era stata collocata d’ufficio in malattia, con riduzione
dello stipendio.
Sul
punto, il Ministero aveva asserito che il ritardo con cui la richiesta era
stata accolta fosse dovuto ai tempi tecnici richiesti per l’istruzione della
pratica.
Si tratta
di una giustificazione che, però, era già
stata ritenuta infondata dalla Corte
territoriale, dal momento che gli unici adempimenti che l’Amministrazione
avrebbe dovuto porre in essere erano quelli di disporre accertamenti medici
sulle condizioni di salute della docente, al fine di poterla utilizzare in
altri compiti.
L’Amministrazione,
viceversa, a fronte di una disposizione che configura un diritto soggettivo del
dipendente ad essere utilizzato - in tempi ragionevoli - in compiti diversi per
ragioni di salute, non solo aveva lasciato trascorrere circa sedici mesi prima
di definire la vicenda, ma aveva nelle more collocato la docente in malattia,
con riduzione dello stipendio e tenendola forzatamente inattiva, senza peraltro
indicare le disposizioni di legge o del contratto collettivo in base alle quali
era stato adottato siffatto provvedimento.
Queste,
in sostanza, le considerazioni in base alle quali la Corte di Cassazione ha
rigettato il ricorso.
Valerio
Pollastrini
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