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lunedì 4 maggio 2015

Omesso versamento delle ritenute: i controlli automatizzati non sono sufficienti per l’accertamento del reato

Nella sentenza n.17710 del 28 aprile 2015, la Corte di Cassazione ha ribadito che, ai fini della configurazione del reato di omesso versamento di ritenute, la prova dell'elemento costitutivo rappresentato dal rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le trattenute effettivamente operate, non può essere costituita dal solo contenuto del modello 770.

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Bologna aveva confermato la sentenza di primo grado con la quale il Tribunale di Piacenza aveva condannato un datore di lavoro alla pena di 7 mesi di reclusione, oltre alle pene accessorie di legge, per aver omesso di versare nel termine di legge le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti relative ad emolumenti erogati nell'anno 2005, per un importo pari a 52.558,00 €.

Avverso la sentenza di appello, l’imputato aveva proposto ricorso per Cassazione,  censurando la Corte territoriale per aver confermato la sua responsabilità penale  in assenza di elementi che consentissero di ritenere sussistenti gli elementi oggettivi e soggettivi del reato.

Secondo in ricorrente, infatti, da un lato egli non sarebbe stato posto nelle condizioni di verificare l'esattezza della richiesta dell'Istituto in merito alla quantificazione delle ritenute omesse, non essendo certo l'importo esattamente dovuto, non avendo l'Istituto eseguito alcuna verifica effettiva, donde l'incertezza del risultato raggiunto.

Dall'altro, l'Agenzia delle Entrate aveva eseguito la comunicazione in un momento in cui il ricorrente non era più il legale rappresentante della società che, nel frattempo, aveva anche mutato la sede da Piacenza a Palermo, con conseguente sua impossibilità di verificare l'esattezza della richiesta dell'Ufficio, né provvedere a pagare in prima persona quanto dovuto, donde sarebbe anche mancante il relativo elemento psicologico del delitto contestato.

Nello specifico, il ricorrente aveva sviluppato la questione richiamando una recente decisione della Cassazione che aveva affermato come nel reato de quo la prova del rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute effettivamente operate non può essere costituita dal solo contenuto della dichiarazione mod. 770 proveniente dal datore di lavoro.

Nel caso in esame, pertanto, essendo stata tratta la prova esclusivamente sulla base dei controlli automatizzati eseguiti dall'Ufficio Finanziario, anziché sulla base delle ritenute certificate, il reato non sarebbe configurabile.

Investita della questione, la Suprema Corte ha ritenuto fondata la censura predetta e, in accoglimento del ricorso, ha disposto l’annullamento della sentenza impugnata  per intervenuta prescrizione.

Gli ermellini hanno osservato come, invero, la prova dell'omesso versamento delle ritenute certificate era stata fornita in sede dibattimentale attraverso la procedura di controllo automatizzato in base alla dichiarazione annuale mod.770/2006 relativa all'anno di imposta 2005. Diversamente, dall’istruttoria era emerso come nessuna verifica effettiva, documentale, fosse stata effettuata al fine di accertare l'effettivo ammontare delle ritenute di cui si contesta l'omesso versamento.

Sul punto, la Corte di Legittimità ha già avuto modo di chiarire che nel reato di omesso versamento di ritenute certificate, la prova dell'elemento costitutivo rappresentato dal rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute effettivamente operate, il cui onere incombe sull'accusa, non può essere costituita dal solo contenuto della dichiarazione modello 770 proveniente dal datore di lavoro (1).

Questa decisione, tuttavia, si pone in difformità rispetto alla prevalente giurisprudenza secondo cui, nel reato di omesso versamento di ritenute certificate, la prova delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro, quale sostituto d'imposta, sulle retribuzioni effettivamente corrisposte ai sostituiti, può essere fornita dal Pubblico Ministero mediante documenti, testimoni o indizi (2).

Proprio la presenza del contrasto giurisprudenziale di cui si è detto ha indotto la Suprema Corte a qualificare, di per sé, il motivo di ricorso come non manifestamente infondato.

Ciò detto, gli ermellini hanno poi rilevato come, nel caso di specie, il reato debba ritenersi estinto per intervenuta prescrizione.

Valerio Pollastrini

1)      – Corte di Cassazione, Sentenza n.40526 dell’8 aprile 2014;
2)      - v., ad esempio, Cass., Sentenza n.1443 del 15 novembre 2012;

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