In
Italia sono circa 340mila i giovani di età compresa tra i 12 e i 15 anni
coinvolti in attività lavorative.
Nella
maggior parte dei casi, i baby lavoratori in età preadolescenziale aiutano i
genitori nelle loro attività professionali, nell’ambito di piccole e
piccolissime imprese a gestione familiare (41%), oppure sostenendoli nei lavori
di casa (30%). Il restante 29% si distribuisce invece in misura equivalente tra
chi lavora nella cerchia di parenti e amici e chi per altre persone.
Si
tratta di dati che, tuttavia, devono essere letti tenendo conto del contesto di
un’economia avanzata come quella italiana. Sul punto, infatti, Anna Teselli, ricercatrice
nell'area welfare e diritti di cittadinanza e responsabile dell'Osservatorio
sul lavoro minorile, ha precisato: “Non
ci troviamo davanti a baby lavoratori impiegati in lavori lontani dalle società
evolute, ma di giovanissimi impegnati a contribuire a mandare avanti l’azienda
di famiglia oppure a servire, fino a tardi, tra i tavoli dei ristoranti”.
In
questo ambito, il settore predominante è proprio quello della ristorazione, che
assorbe il 27,7% delle attività, seguita dalla vendita (comprese quelle
ambulanti) con il 17,2% e dall’artigianato, con il 15%.
La
lista include inoltre baby sitting ed attività con bambini (4,3%), lavoretti di
ufficio (4,2%) e impegni nei cantieri (1,9%).
L'indagine
sottolinea anche che, tra i 14-15enni che lavorano, uno su cinque (quasi
55mila) svolge un'attività di tipo continuativo, soprattutto in ambito familiare.
Detti lavori coinvolgono i minori per almeno tre mesi all’anno, almeno una
volta a settimana e per almeno due ore al giorno.
Uno
dei dati più interessanti emersi dalla ricerca è quello che riguarda la
percezione del rischio da parte dei giovani lavoratori rispetto all’attività
che svolgono. Al riguardo, Teselli ha osservato che: “Per l'83,9% dei minori che lavorano il lavoro non è pericoloso e solo
il 14% lo indica come un po’ pericoloso”, a dimostrazione del fatto che il
problema della sicurezza è sottovalutato dai baby lavoratori.
Il
profilo tracciato dall’indagine, infatti, è quello di giovani che lavorano in
fasce orarie serali o notturne, svolgono un lavoro continuativo e hanno poco
tempo libero per riposare e divertirsi con gli amici, tutte condizioni che
possono favorire il verificarsi di situazioni di potenziale rischio.
Il
rapporto con la scuola e l’istruzione è un altro degli aspetti approfonditi
dalla ricerca. Nonostante la legge italiana preveda l’obbligo di istruzione
nella fascia di età compresa tra i 6 ed i 16 anni, dall'analisi emerge, infatti,
che spesso i giovani interrompono gli studi per lavorare e che le bocciature
sono più frequenti tra i minori con esperienze di lavoro. Di qui la decisione
dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) di dedicare la prossima
Giornata mondiale contro il lavoro minorile del 12 giugno proprio
all’istruzione obbligatoria e di qualità, che rappresenta uno degli strumenti
più efficaci per contrastare il fenomeno.
Valerio
Pollastrini
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