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mercoledì 6 maggio 2015

Lavoro minorile, in Italia il fenomeno riguarda 340mila preadolescenti

Una ricerca curata dall’associazione Bruno Trentin e da Save the Children ha evidenziato come il contributo dei baby lavoratori sia prevalentemente a sostegno delle attività dei genitori, soprattutto in ambito domestico e nelle piccole e micro imprese.

In Italia sono circa 340mila i giovani di età compresa tra i 12 e i 15 anni coinvolti in attività lavorative.

Nella maggior parte dei casi, i baby lavoratori in età preadolescenziale aiutano i genitori nelle loro attività professionali, nell’ambito di piccole e piccolissime imprese a gestione familiare (41%), oppure sostenendoli nei lavori di casa (30%). Il restante 29% si distribuisce invece in misura equivalente tra chi lavora nella cerchia di parenti e amici e chi per altre persone.

Si tratta di dati che, tuttavia, devono essere letti tenendo conto del contesto di un’economia avanzata come quella italiana. Sul punto, infatti, Anna Teselli, ricercatrice nell'area welfare e diritti di cittadinanza e responsabile dell'Osservatorio sul lavoro minorile, ha precisato: “Non ci troviamo davanti a baby lavoratori impiegati in lavori lontani dalle società evolute, ma di giovanissimi impegnati a contribuire a mandare avanti l’azienda di famiglia oppure a servire, fino a tardi, tra i tavoli dei ristoranti”.

In questo ambito, il settore predominante è proprio quello della ristorazione, che assorbe il 27,7% delle attività, seguita dalla vendita (comprese quelle ambulanti) con il 17,2% e dall’artigianato, con il 15%.

La lista include inoltre baby sitting ed attività con bambini (4,3%), lavoretti di ufficio (4,2%) e impegni nei cantieri (1,9%).

L'indagine sottolinea anche che, tra i 14-15enni che lavorano, uno su cinque (quasi 55mila) svolge un'attività di tipo continuativo, soprattutto in ambito familiare. Detti lavori coinvolgono i minori per almeno tre mesi all’anno, almeno una volta a settimana e per almeno due ore al giorno.

Uno dei dati più interessanti emersi dalla ricerca è quello che riguarda la percezione del rischio da parte dei giovani lavoratori rispetto all’attività che svolgono. Al riguardo, Teselli ha osservato che: “Per l'83,9% dei minori che lavorano il lavoro non è pericoloso e solo il 14% lo indica come un po’ pericoloso”, a dimostrazione del fatto che il problema della sicurezza è sottovalutato dai baby lavoratori.

Il profilo tracciato dall’indagine, infatti, è quello di giovani che lavorano in fasce orarie serali o notturne, svolgono un lavoro continuativo e hanno poco tempo libero per riposare e divertirsi con gli amici, tutte condizioni che possono favorire il verificarsi di situazioni di potenziale rischio.

Il rapporto con la scuola e l’istruzione è un altro degli aspetti approfonditi dalla ricerca. Nonostante la legge italiana preveda l’obbligo di istruzione nella fascia di età compresa tra i 6 ed i 16 anni, dall'analisi emerge, infatti, che spesso i giovani interrompono gli studi per lavorare e che le bocciature sono più frequenti tra i minori con esperienze di lavoro. Di qui la decisione dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) di dedicare la prossima Giornata mondiale contro il lavoro minorile del 12 giugno proprio all’istruzione obbligatoria e di qualità, che rappresenta uno degli strumenti più efficaci per contrastare il fenomeno.

Valerio Pollastrini

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