Nel
caso di specie, la Corte di Appello di Salerno aveva rigettato il gravame
proposto da un dipendente di Poste Italiane Spa nei confronti della datrice di
lavoro e dell’Inail avverso la decisione di prime cure, che aveva disatteso la
domanda di risarcimento dei danni subiti per effetto di tre successive rapine
di cui era rimasto vittima nello svolgimento della sua attività presso
l'ufficio di Roccadaspide, località Fonte.
Nel
motivare la propria decisione, la Corte territoriale, rilevato che la responsabilità
datoriale ex art.2087 cc non ha carattere oggettivo, aveva ritenuto
l’inidoneità delle misure effettivamente adottabili per scongiurare gli eventi
delittuosi, così escludendo, in concreto, il nesso di causalità tra la mancata
adozione degli accorgimenti che si assumevano essere stati omessi (sistemi di
videosorveglianza, collegamento diretto con le forze dell’ordine, sistemi di
apertura a tempo ovvero di allarme interno) e la verificazione degli eventi stessi.
Avverso
l’anzidetta sentenza, il lavoratore aveva proposto ricorso per Cassazione, lamentando
che la società, pur avendo l’obbligo di adottare ogni cautela necessaria per
scongiurare il verificarsi di eventi pregiudizievoli per i dipendenti, non
avesse utilizzato tutti gli strumenti tecnici messi a disposizione dalla
tecnologia dell’epoca dei fatti.
Investita
della questione, la Cassazione ha precisato preliminarmente come la disamina
delle predette censure dovesse tener conto del contesto fattuale per cui è
causa, caratterizzato, secondo quanto già accertato nei gradi di merito, dalle
seguenti circostanze:
a)
gli eventi delittuosi di cui il lavoratore era stato vittima si erano realizzati
al di fuori dell’ufficio postale e, in particolare, nel momento in cui egli
risultava intento a sollevare la saracinesca che vi dava accesso;
b)
l'unica misura di tutela attuata dalla parte datoriale consisteva nell'essere
il bancone protetto da vetri antisfondamento, mentre nessun mezzo di sicurezza
rivolto all'esterno era stato concretamente realizzato ed attivato.
Ciò
ricordato, gli ermellini hanno osservato come la prevedibilità del verificarsi
di episodi di aggressione a scopo di lucro fosse insita nella tipologia
dell'attività esercitata, stante la movimentazione, per quanto contenuta essa
fosse, di somme di denaro ed avesse trovato un riscontro concreto nei fatti
dedotti in giudizio, contrassegnati addirittura da una plurima reiterazione
degli indicati fatti delittuosi.
Non
può dunque dubitarsi che fosse preciso dovere della parte datoriale predisporre
e mantenere in efficienza quei mezzi di tutela, concretamente attuabili secondo
la tecnologia disponibile nel periodo, almeno potenzialmente idonei a tutelare
l’integrità fisica del lavoratore, in ossequio al principio dettato dall’art.2087
c.c. Il che non significa che tali mezzi dovessero essere certamente in grado
di impedire il verificarsi di episodi criminosi a danno del dipendente, bensì
che gli stessi dovevano consistere in quelle misure che, secondo criteri di
comune esperienza, potevano risultare atti a svolgere, al riguardo, una
funzione almeno dissuasiva e, quindi, preventiva e protettiva.
Queste,
in sostanza, le considerazioni che hanno indotto gli ermellini a cassare la
sentenza impugnata, rinviando la
decisione alla Corte di Appello di Salerno, che, in diversa composizione, dovrà
dirimere la controversia tenendo conto dei rilievi sopra riportati.
Valerio
Pollastrini
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