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lunedì 27 aprile 2015

Indennità sostitutiva delle ferie - Congedi non goduti - Diritto alla monetizzazione

Nella sentenza n.7496 del 14 aprile 2015, la Corte di Cassazione ha ribadito il diritto del lavoratore al pagamento dell'indennità sostitutiva per i giorni di congedo non usufruiti, negando la sussistenza di un uso aziendale che avrebbe procrastinato la fruizione dei permessi non goduti all’anno successivo.

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Roma aveva confermato la sentenza con la quale il Tribunale capitolino aveva rigettato l'opposizione proposta da un’azienda di trasporti avverso il decreto ingiuntivo richiesto ed ottenuto da un suo autista per il pagamento dell'indennità sostitutiva per i giorni di congedo non usufruiti.

In particolare, la Corte di Appello aveva osservato come il lavoratore avesse provato la mancata fruizione dei giorni di congedo indicati nel ricorso per ingiunzione sulla base del tabulato Inail (tabulato presenze), mentre, di contro, non poteva ritenersi provata l'esistenza dell'uso aziendale, e della sua accettazione da parte dei lavoratori, di riportare i congedi non fruiti entro l'anno di maturazione a quello successivo e così via, fino a giungere alla liquidazione della indennità per i residui congedi non goduti alla cessazione del rapporto, atteso che, nel corso dell’istruttoria, erano state accertate le richieste avanzate da numerosi lavoratori dirette ad ottenere il godimento delle ferie.

Contro questa sentenza, il titolare dell’azienda aveva proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che l'impugnata sentenza, a fronte di un petitum con il quale era stato chiesto il pagamento esclusivamente dell'indennità "per ferie non godute", aveva riconosciuto al lavoratore il pagamento di un'indennità riferita non già ai giorni di ferie non godute, bensì ai "congedi" non fruiti, finendo con il confondere l’istituto dei congedi con quello delle ferie.

Il ricorrente aveva lamentato, altresì, che la Corte territoriale aveva affermato il diritto del lavoratore al pagamento dell'indennità sostitutiva per i congedi non goduti senza motivare ed illustrare le ragioni per le quali anche ai congedi diversi dalle ferie, nonostante avessero diversa natura, funzione e disciplina, dovevano essere applicati gli stessi principi e le stesse disposizioni previste in caso di mancato godimento delle ferie.

Pur ammettendo che, effettivamente, in caso di ferie non fruite sarebbe spettata l’indennità sostitutiva, il ricorrente aveva poi sostenuto che tale principio non sarebbe applicabile alle altre tipologie di riposi per i quali non sarebbe previsto un diritto inderogabile alla loro fruizione entro l’anno, né una loro monetizzazione entro l'anno successivo.

Investita della questione, la Cassazione ha ritenuto infondate le doglianze predette.

Gli ermellini, dopo aver ricordato come la questione sia stata già ampiamente esaminata dalla giurisprudenza di legittimità (1), hanno osservato che, come si evince dalla sentenza impugnata, il lavoratore aveva chiesto il pagamento dell'indennità sostitutiva per le ferie non usufruite, nonché per gli altri permessi a vario titolo dovuti e non goduti, cumulativamente considerati e risultanti dal tabulato presenze dell’Inail, allegato al ricorso per decreto ingiuntivo, sul presupposto dell’insussistenza di una disciplina differenziata tra le ferie e gli altri congedi in quanto per entrambi sussisteva il diritto alla monetizzazione in caso di mancato godimento.

Il ricorrente, dopo aver riconosciuto che i congedi concessi al lavoratore fossero costituiti, oltre che dalle ferie, da riposi e permessi aggiuntivi costituenti un complesso unitario più favorevole per i dipendenti, aveva censurato la sentenza di Appello sul rilievo della mancata valutazione della diversa normativa delle ferie da quella dei "riposi" a titolo diverso dalle ferie, senza però indicare l'esistenza a livello aziendale di una disciplina differenziata tra ferie e congedi di diversa natura complessivamente ricompresi, di fatto, nella disciplina unitaria dei congedi.

Il ricorrente aveva, dunque, sottolineato la diversa fonte istitutiva e regolatrice di tali congedi aggiuntivi,  senza però evidenziare se tale diversa normativa fosse di ostacolo al riconoscimento del diritto dei lavoratori ad una monetizzazione dei vari congedi riconosciuti dalle fonti contrattuali in caso di mancata fruizione

Secondo la Cassazione, da ciò  consegue che, correttamente, la Corte di merito, interpretata la domanda del lavoratore di pagamento dell'indennità sostitutiva riferita ai congedi non goduti, termine da intendersi in senso ampio comprensivo tanto delle ferie che degli altri permessi come risultante dal tabulato Inail, avesse considerato unitariamente le ferie e gli altri giorni di permesso, senza svolgere alcun indagine specifica sulla diversa natura dei crediti azionati al fine di scorporare le giornale di permesso e congedo non godute dalle ferie, riconoscendo anche per i primi, pur previsti da specifiche e diverse norme contrattuali, il diritto a percepire l'indennità sostitutiva  in caso di mancata fruizione, al pari delle ferie ordinarie.

Sotto altro profilo, il ricorrente aveva lamentato che, nel caso de quo, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte di merito, il lavoratore non avrebbe fornito la prova della mancata fruizione delle ferie. Ed infatti i cedolini INAIL, ritenuti nella impugnata sentenza idonei a dimostrare la mancata fruizione dei congedi, tale efficacia probatoria non avrebbero perché:

a)     la loro funzione tipizzata dalla legge, riguarderebbe soltanto l’adempimento degli obblighi antinfortunistici;

b)     il legislatore non avrebbe previsto affatto che in essi vi debba essere anche l'indicazione delle ferie, dei riposi e dei congedi da fruire;

c)     essi recherebbero solo la generica ed indistinta indicazione dei giorni di "congedo" ancora spettanti al lavoratore e, dunque, non potrebbero valere a dimostrare il diritto all’indennità per ferie non godute richiesta, comprendendo tra i "congedi" residui esclusivamente quelli spettanti ad un titolo diverso dalle ferie;

d)    l'azienda avrebbe provato documentalmente di aver fatto godere al dipendente, negli anni oggetto di contestazione, mediamente, un numero di giorni di riposo superiore a 25.

Anche questo motivo di ricorso, a detta della Suprema Corte, è inammissibile, in quanto, seppur prospettato come violazione di norme di diritto, nella sostanza, finisce con il censurare unicamente la valutazione compiuta dai giudici di merito delle risultanze di causa e sollecita una richiesta di controllo sulla motivazione che si risolverebbe in una inammissibile duplicazione del giudizio di merito (2).

In effetti, la Corte di Appello aveva ritenuto provato l'assunto del lavoratore sulla scorta dei cedolini INAIL, evidenziando che non vi fosse ragione di ritenere non veritieri i dati numerici in essi indicati, proprio in considerazione della non differenziazione tra congedi, permessi e ferie esistente in azienda.

Sul punto, gli ermellini hanno precisato come, nel motivo fosse stata contestata la efficacia probatoria dei detti cedolini solo in modo generico ed, inoltre, era stato affermato che il legislatore avrebbe indicato specificamente il loro contenuto nel D.P.R. n.1124/1965, artt.20 e ss., ed al D.P.R. n.359/1994, art. 2, laddove, invece, in tali norme non è detto alcunché circa il contenuto dei menzionati cedolini.

Per tutte le richiamate considerazioni, la Cassazione ha dunque concluso rigettando il ricorso.

Valerio Pollastrini

 
1)      - cfr Cass., Sentenza n.17689/2014; Cass., Sentenza n.17688/2014; Cass., Sentenza n.17687/2014;
2)      - cfr. Cass., Sentenza n.6288 del 18 marzo 2011; Cass., Sentenza n.10657/2010; Cass., Sentenza n.9908/2010; Cass., Sentenza n.27162/2009; Cass., Sentenza n.13157/2009; Cass., Sentenza n.6694/2009; Cass., Sentenza n.18885/2008; Cass., Sentenza n.6064/2008;

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