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mercoledì 11 marzo 2015

Sicurezza sul lavoro: nessuna sanzione penale per la violazione degli obblighi di informazione

Nella sentenza n.10023 del 10 marzo 2015, la Corte di Cassazione ha precisato che, in materia di prevenzione degli infortuni ai danni dei lavoratori, la norma che obbliga il datore di lavoro ad adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento, non rientra tra quelle disposizione precettive la cui violazione è presidiata da sanzione penale.

Nel caso di specie, il Tribunale di Sala Consilina aveva condannato il legale rappresentante di una società alla pena di giustizia, previa concessione delle attenuanti generiche, prevista in relazione alla violazione di talune prescrizioni sulla sicurezza contenute del D.Lgs. n.81/2008.

La pena era stata sospesa.

In particolare, l’imputato avrebbe omesso di installare, nel cantiere che la predetta ditta aveva aperto in località Morigerati e dove erano in corso lavori di ristrutturazione di un edificio, i servizi igienici, come invece prescritto dall'allegato XIII al ricordato D.Lgs.; avrebbe omesso, altresì, di redigere il piano operativo di sicurezza di cui all'art.89, comma 1, lettera /), dello stesso D.Lgs. e di adempiere agli obblighi di formazione ed informazione di un suo dipendete.

Avverso detta sentenza, l’uomo aveva  proposto ricorso per Cassazione, deducendo:

-         l’inapplicabilità della normativa che si assume violata alla sua impresa, trattandosi di ditta che era stata chiamata unicamente a svolgere lavori di impiantistica elettrica;

-         l’irrilevanza penale della condotta inerente all’omessa informazione al dipendente, non presidiata da alcuna norma che preveda la sanzione penale in caso di sua realizzazione;

-         il vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla determinazione della pena in misura superiore al minimo edittale ed in ordine alla concessione della sospensione condizionale della pena.

Investita della questione, ha Cassazione, ritenendolo parzialmente fondato, ha accolto il ricorso per quanto di ragione.

Con riferimento al primo motivo di impugnazione,  il Collegio ha rilevato che le norme che si assumono essere state violate, cioè, l'art.96, comma 1, lettere a) e g), del D.Lgs. n.81/2008  ed il successivo art.159, commi 1 e 2, lettera c), del medesimo D.Lgs. non contengono limitazioni da cui si possa desumere che le stesse, come invece sostenuto dal ricorrente, non siano applicabili nel caso di cantieri installati allo scopo di realizzare opere di impiantistica elettrica.

Con riferimento al terzo motivo di ricorso, avente ad oggetto la determinazione della pena, gli ermellini hanno osservato che la stessa, tenuto conto del fatto che i reati contestati sono stati avvinti dalla continuazione, è stata determinata, sia pure con sintetica motivazione in ordine al suo ammontare, in misura prossima al minimo edittale, di tal che non vi era la necessità da parte del giudice del merito di un particolare onere motivazionale, potendosi lo stesso considerare assolto già attraverso l’indicazione della rispondenza a giustizia della sanzione irrogata, dovendosi intendere che tale è certamente la pena che sia stata commisurata alla gravità del caso, avendo il giudicante a tal fine tenuto conto dei parametri offerti dall'art.133 cod. pen. (1).

Ciò chiarito, la Suprema Corte ha quindi sottolineato la fondatezza del secondo motivo di ricorso, ricordando come, sul punto,  la giurisprudenza di legittimità abbia già ha avuto modo di chiarire che, in materia di prevenzione degli infortuni ai danni dei lavoratori, la norma di cui all'art.18, comma primo, lett. /), del D.Lgs. n.81/2008 - che obbliga il datore di lavoro ad adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli artt.36 e 37 dello stesso decreto - non rientra tra quelle disposizione precettive la cui violazione, ai sensi del successivo art.55, è presidiata da sanzione penale (2).

Conseguentemente, la Cassazione ha affermato che la impugnata sentenza deve  essere annullata, senza rinvio, limitatamente al riconoscimento della penale responsabilità connessa all’imputazione di cui al punto precedente, in quanto il fatto ivi contestato non è previsto dalla legge come reato.

A tale pronunzia, ferma restando l'affermazione, invece, della penale responsabilità del prevenuto relativamente alle residue imputazioni, ha fatto seguito, di necessità, l'annullamento della sentenza impugnata quanto alla determinazione del trattamento sanzionatorio, con rinvio per tale incombenza al Tribunale di Lagonegro, non potendosi in ciò la Corte di legittimità sostituirsi al giudice del merito, non avendo questo specificamente determinato in sede di computo della pena quanto di questa fosse ascrivibile all'aumento ex art.81 cpv cod. pen. per il reato escluso con la presente sentenza; aumento che è stato, per quanto sopra riportato, eliminato.

Valerio Pollastrini

1)      - in questo senso si veda: Cassazione, Sezione II penale, Sentenza n.28852 dell’8 luglio 2013;
2)      - Cassazione, Sezione III penale, Sentenza n.3145 del 23 gennai 2014;

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