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lunedì 9 marzo 2015

Licenziamento - Dimissioni orali - Onere della prova a carico del datore

Nella sentenza n.4241 del 3 marzo 2015, la Corte di Cassazione ha precisato che il datore di lavoro che deduca, quale causa della cessazione del rapporto, le dimissioni in luogo del licenziamento ha l’onere di fornirne la prova, non limitata all'allontanamento del lavoratore dall'azienda, ma estesa a circostanze di fatto indicative dell'intento recessivo.

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza impugnata, aveva rigettato la domanda di annullamento del licenziamento, con la conseguente pronuncia risarcitoria, proposta da una dipendente contro la società datrice di lavoro.

In particolare, la Corte territoriale aveva ritenuto insufficiente la prova del recesso, contrastante con l'affermazione di dimissioni orali resa dalla società e risultante soltanto da una testimonianza de relato proveniente da una collega della lavoratrice.

Contro questa sentenza, la donna aveva proposto ricorso per Cassazione, lamentando vizi di motivazione per non avere la datrice di lavoro, che ne era onerata, fornito la prova delle sue dimissioni.

La lavoratrice, inoltre, aveva dedotto omessa motivazione  circa un modulo, ritualmente depositato con l'atto introduttivo del processo e da lei sottoscritto quaranta giorni dopo la cessazione del rapporto di lavoro, di richiesta alla Commissione provinciale di Roma del tentativo di conciliazione; richiesta rimasta senza riscontro della datrice di lavoro, la quale non era neppure comparsa davanti al Tribunale di Tivoli.

Investita della questione, la Cassazione ha ritenuto fondate le censure predette.

Nella premessa, gli ermellini hanno ricordato che le dimissioni costituiscono un negozio giuridico unilaterale con cui il lavoratore rinuncia ad un bene, quale il posto di lavoro, protetto dagli artt. 4 e 36 Cost., con il conseguente onere del datore, che neghi il licenziamento, di darne la prova, non limitata all'allontanamento del lavoratore dall'azienda ma estesa a circostanze di fatto indicative dell'intento recessivo (1).

Quello appena espresso costituisce un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità che, nella specie, la Corte di Appello aveva disatteso, valorizzando solo una testimonianza de relato e trascurando gli argomenti di prova contraria.

Per tale ragione la Suprema Corte ha deciso di cassare la sentenza impugnata, rinviando il giudizio alla Corte di Appello di Roma, che, in diversa composizione, è chiamata a dirimere la controversia  uniformandosi al sopra esposto principio in materia di onere della prova, compiutamente motivando e provvedendo sulle spese.

Valerio Pollastrini


1)      - Cass., Sentenza nn.2162 e 2170 del 25 febbraio 2000; Cass., Sentenza n.4760 del 13 aprile 2000; Cass., Sentenza n.5454 dell’8 marzo 2011;

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