Nel
caso di specie, la Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza
impugnata, aveva rigettato la domanda di annullamento del licenziamento, con la
conseguente pronuncia risarcitoria, proposta da una dipendente contro la
società datrice di lavoro.
In
particolare, la Corte territoriale aveva ritenuto insufficiente la prova del
recesso, contrastante con l'affermazione di dimissioni orali resa dalla società
e risultante soltanto da una testimonianza de
relato proveniente da una collega della lavoratrice.
Contro
questa sentenza, la donna aveva proposto ricorso per Cassazione, lamentando vizi
di motivazione per non avere la datrice di lavoro, che ne era onerata, fornito
la prova delle sue dimissioni.
La
lavoratrice, inoltre, aveva dedotto omessa motivazione circa un modulo, ritualmente depositato con
l'atto introduttivo del processo e da lei sottoscritto quaranta giorni dopo la
cessazione del rapporto di lavoro, di richiesta alla Commissione provinciale di
Roma del tentativo di conciliazione; richiesta rimasta senza riscontro della
datrice di lavoro, la quale non era neppure comparsa davanti al Tribunale di
Tivoli.
Investita
della questione, la Cassazione ha ritenuto fondate le censure predette.
Nella
premessa, gli ermellini hanno ricordato che le dimissioni costituiscono un
negozio giuridico unilaterale con cui il lavoratore rinuncia ad un bene, quale
il posto di lavoro, protetto dagli artt. 4 e 36 Cost., con il conseguente onere
del datore, che neghi il licenziamento, di darne la prova, non limitata
all'allontanamento del lavoratore dall'azienda ma estesa a circostanze di fatto
indicative dell'intento recessivo (1).
Quello
appena espresso costituisce un orientamento consolidato della giurisprudenza di
legittimità che, nella specie, la Corte di Appello aveva disatteso, valorizzando
solo una testimonianza de relato e
trascurando gli argomenti di prova contraria.
Per
tale ragione la Suprema Corte ha deciso di cassare la sentenza impugnata, rinviando
il giudizio alla Corte di Appello di Roma, che, in diversa composizione, è
chiamata a dirimere la controversia uniformandosi al sopra esposto principio in
materia di onere della prova, compiutamente motivando e provvedendo sulle
spese.
Valerio
Pollastrini
1)
-
Cass., Sentenza nn.2162 e 2170 del 25 febbraio 2000; Cass., Sentenza n.4760 del
13 aprile 2000; Cass., Sentenza n.5454 dell’8 marzo 2011;
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