Dopo
il costante aumento delle donne inserite nel mercato del lavoro, infatti, il
2013 ha registrato, rispetto al 2012, una flessione del 5,6% del numero del
numero delle lavoratrici.
Nel
2013 gli infortuni sul lavoro al femminile denunciati all’Inail sono stati,
complessivamente, 206.528, pari a poco più di un terzo (34,1%) del totale
(606mila).
A
queste vanno poi aggiunte le 38.500 denunce di infortuni occorsi a studentesse
delle scuole pubbliche statali e le circa 900 della gestione autonoma
casalinghe.
Nel
nostro Paese le donne rappresentano il 52% della popolazione in età lavorativa,
mentre quelle con un impiego, quantificate dall’Istat in 9,3 milioni, sono pari
al 41,6% del totale degli occupati e risultano concentrate prevalentemente nel
Centro-Nord.
Dall’analisi
condotta dall’Inail è emerso, in particolare, che le 207mila denunce relative agli
infortuni occorsi alle lavoratrici nel 2013 corrispondono ad una riduzione del 5,6%
rispetto al 2012, tuttavia, questo calo appare notevolmente inferiore sia rispetto
alla diminuzione complessiva (-7,8%) che a quella relativa ai lavoratori
(-8,9%).
Sempre
rispetto al 2012, nell’anno successivo gli infortuni femminili hanno registrato
un calo maggiore nel settore agricolo (dalle 8.647 denunce del 2012 alle 7.963
del 2013, pari a una diminuzione del 7,9%), mentre nelle gestioni industria e
servizi e dipendenti dello Stato la riduzione è stata, rispettivamente, del
6,1% (da 188.894 casi a 177.378) e dello 0,1% (da 21.212 a 21.187).
La
maggiore quota di infortuni femminili (84% di tutti gli infortuni delle
lavoratrici contro il 46% di quelli maschili) è quella registrata nelle
attività dei servizi (compresi i dipendenti statali), mentre il 12% ha riguardato l’industria
(contro il 46% degli uomini) ed il 4% l’agricoltura (8% tra i lavoratori).
Nella
graduatoria dei settori di attività con maggiore incidenza infortunistica femminile,
il primo posto spetta al personale
domestico (88,2%), seguito da sanità, servizi sociali (73,1%) e confezionamento di articoli di abbigliamento
(72,3%). Nei settori più rischiosi dell’industria, invece, si scende al 3,3% della metallurgia, fino al 2,5% delle
costruzioni.
La
quota di infortuni femminili è prevalente anche tra i dipendenti statali
(74,5%). Questo dato, tuttavia, è dovuto anche dalla maggiore presenza di
lavoratrici nelle amministrazioni pubbliche. In particolare, nelle scuole pubbliche
e private, su oltre 13mila infortuni occorsi nel 2013 a maestri ed insegnanti, l’86% ha riguardato le donne.
Un’altra
significativa differenza di genere è quella riscontrata nelle denunce degli
infortuni in itinere, che nel 2013 sono state complessivamente 69.378. Sebbene,
infatti, gli incidenti avvenuti nel tragitto tra la casa ed il posto di lavoro
si dividano in termini assoluti quasi equamente tra i sessi, con una leggera
prevalenza delle donne (circa 37mila casi, pari al 53%), tra le donne una
denuncia su sei (17,9%) riguarda proprio il tragitto casa-lavoro-casa, mentre
tra gli uomini lo stesso rapporto si dilata ad una ogni 12 (8,1%). Ciò è probabilmente dovuto al fatto che le donne
sono occupate per oltre il 50% nel ramo dei servizi, in attività solitamente
meno pericolose di quelle industriali ma comunque soggette al rischio connesso
agli spostamenti tra l’abitazione e il posto di lavoro.
Se
si concentra l’analisi sui casi mortali, la differenza di genere rispetto agli
infortuni in itinere si allarga ulteriormente tra le lavoratrici. Un decesso su due, infatti, è legato al
rischio strada, mentre tra i lavoratori solo un incidente mortale su cinque
avviene in itinere. Nel 2013 sono state 69 le donne decedute sul posto di lavoro,
pari al 9,2% del totale (746). Rispetto al 2012 si contano due casi in più, a
fronte di una diminuzione del 15,2% delle morti tra gli uomini (121 casi in
meno).
Escludendo
i casi avvenuti in itinere, la mano è, nel complesso, la sede della lesione
maggiormente interessata dagli infortuni indennizzati dall’Inail. Tuttavia, tra
le donne questa lesione presenta un’incidenza inferiore rispetto agli uomini
(20% dei casi contro il 28,5%) e ciò a causa del maggiore peso assunto dalle
altre sedi principali, come la colonna vertebrale (14% contro 10%), la caviglia
(11% contro 7%) e il ginocchio (10% contro 8%). Anche le nature delle lesioni
più rilevanti risultano, come per gli uomini, contusione e lussazione, con pesi
relativi che in questo caso sono maggiori per le donne (rispettivamente 36,8%
contro 28% e 30,7% contro 25%). La prima causa di infortunio per le lavoratrici
è la caduta (33% sul totale dei casi indennizzati), seguita dalla perdita di
controllo di macchine e utensili (20%).
Prendendo
in considerazione l’età delle lavoratrici, la fascia più colpita in valore
assoluto risulta essere quella tra i 35 e i 49 anni, che con 88.791 casi
rappresenta il 43% di tutti gli infortuni al femminile denunciati nel 2013 e
comprende anche il maggior numero di infortuni mortali (32). All’interno di
questa classe di età gli infortuni delle donne costituiscono il 33,9% del
totale, mentre è quella tra i 50 e i 64 anni (65.742 casi) a raggiungere la
quota percentuale più elevata (39,9%) rispetto al numero complessivo degli
infortuni.
Valerio
Pollastrini
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