Il
caso di specie è quello del direttore di un ufficio postale al quale era stato
imputato il reato di peculato continuato per aver sottratto 70.000,00 € dai libretti
di risparmio di alcuni clienti.
Nella
pronuncia in commento gli ermellini hanno osservato che le qualità di pubblico ufficiale
o dell’incaricato di pubblico servizio derivano dall’effettivo espletamento di funzioni
configurate nell’ambito di un pubblico
ufficio, estraneo ai lavoratori alle dipendenze di Poste Italiane.
Di
conseguenza, la Cassazione, ribadito che quella svolta dalle Poste è un’attività
di tipo privato, ha concluso affermando che, in caso di appropriazione di fondi
dal cliente, l’impiegato è responsabile di appropriazione indebita e non di peculato.
Valerio
Pollastrini
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