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venerdì 13 marzo 2015

Il dipendente di Poste Italiane non può rispondere del reato di peculato

Nella sentenza n.10124 del 10 marzo 2015, la Corte di Cassazione ha precisato che i dipendenti di Poste Italiane preposti alla gestione dei risparmi dei clienti non possono rispondere del reato di peculato ma soltanto di appropriazione indebita, in quanto non rivestono la funzione di Pubblico Ufficiale.

Il caso di specie è quello del direttore di un ufficio postale al quale era stato imputato il reato di peculato continuato per aver sottratto 70.000,00 € dai libretti di risparmio di alcuni clienti.

Nella pronuncia in commento gli ermellini hanno osservato che le qualità di pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio derivano  dall’effettivo espletamento di funzioni configurate nell’ambito  di un pubblico ufficio, estraneo ai lavoratori alle dipendenze di Poste Italiane.

Di conseguenza, la Cassazione, ribadito che quella svolta dalle Poste è un’attività di tipo privato, ha concluso affermando che, in caso di appropriazione di fondi dal cliente, l’impiegato è responsabile di appropriazione indebita e non di peculato.

Valerio Pollastrini

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