Nel
caso di specie, la Corte di Appello di Cagliari, confermando la sentenza non
definitiva del Tribunale di Oristano, aveva accertato la responsabilità del
datore di lavoro nei confronti di una
dipendente per violazione dei precetti
sulla sicurezza fissati dall’art.2087 cod.civ..
In
particolare, la Corte territoriale, sulla
scorta delle prove testimoniali assunte, aveva rilevato la progressiva
emarginazione della dipendente dal ruolo ricoperto, la privazione di mansioni e di
strumenti di lavoro e la perdita di credibilità, scaturite in seguito ad alcuni
contrasti con la titolare della azienda e dalla sua deposizione resa nelle
controversie di altro dipendente licenziato, nonché un uso strumentale e
persecutorio del potere disciplinare datoriale.
La
Corte del merito aveva accertato,
altresì, che dalla condotta datoriale era derivato uno stato di malattia della
ricorrente.
Avverso
questa sentenza, l’azienda aveva proposto ricorso per Cassazione, deducendo
vizio di motivazione per la mancata valutazione nell'eziologia del danno di
fattori causali concomitanti extra lavorativi e per l'erronea valutazione delle
risultanze delle prove testimoniali acquisite.
Investita
della questione, la Cassazione ha rigettato il ricorso.
Secondo
gli ermellini, infatti, l'esistenza di
fattori concausali extralavorativi non rilevano per escludere il valore causale
accertato dei fatti lavorativi, atteso che è del tutto consolidato il principio
(1) secondo il
quale, in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali, trova
applicazione la regola contenuta nell'art.41 cod. pen., per cui il rapporto
causale tra evento e danno è governato dal principio dell'equivalenza delle
condizioni, secondo il quale va riconosciuta l'efficienza causale ad ogni
antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla
produzione dell'evento, salvo che il nesso eziologico sia interrotto dalla
sopravvenienza di un fattore sufficiente, da solo, a produrre l'evento, tale da
far degradare le cause antecedenti a semplici occasioni.
Ciò
chiarito, la Cassazione ha proseguito sottolineato che le ulteriori questioni
riguardo la valutazione delle risultanze di prova da parte della Corte
territoriale, in quanto motivate adeguatamente e correttamente, non sono sindacabili in sede di legittimità.
Valerio
Pollastrini
1)
–
Cass., Sentenza n.23990 dell’11 novembre 2014; Cass., Sentenza n.13954 del 19 giugno 2014;
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