L’unico
elemento positivo è l’aumento, pari ad 1,1 milioni, dei soggetti impiegati con
età compresa tra i 55 ed i 64 anni, frutto, però, delle conseguenze della riforma Fornero che, nel 2011, ha ritardato ulteriormente
l’uscita dal mercato del lavoro.
Il
confronto con le altre nazioni europee ha evidenziato che l’Italia, finora uno
dei Paesi con le più basse età pensionabili, 61,4 anni per gli uomini e 61,1 per le donne,
nel 2060 toccherà il vertice dell’Unione con 66,8-66,7 anni.
Se
nel terzo trimestre del 2007 il tasso di occupazione degli over 55 si attestava
al 34,2%, nello stesso periodo del 2014 il dato, pari al 46,9%, ha registrato un aumento di 12,7 punti
percentuali.
Per
quanto riguarda l’incremento del tasso di occupazione dei lavoratori “anziani”,
l’Italia si colloca al quarto posto. Con un +8,9 punti percentuali, infatti, il
nostro Paese si attesta alle spalle di Germania (+12,2), Polonia (+10,9) e Paesi
Bassi (+9,2).
Si
tratta di dati che, tuttavia, non ribaltano il trend negativo, basti il
confronto del nostro tasso di disoccupazione, pari al 42,7%, contro il 59,8% del
Regno Unito, il 60,1% dei Paesi Bassi, il 61,7% della Danimarca, il 63,5% della
Germania ed il 73,6% della Svezia.
I
risultati più sconfortanti, però, sono quelli che riguardano i giovani. Il numero dei lavoratori tra i 25 ed i 34 anni
è diminuito, infatti, di 11,2 punti percentuali. Il tasso occupazionale di
questi soggetti è sceso dal 70,3% al 59,1%.
Con
-9,9 punti percentuali, si tratta della quarta diminuzione più alta registrata
in Europa, dopo quelle di Grecia (-18,8
punti), Spagna (-16,6) ed Irlanda (-10,6).
Valerio
Pollastrini
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