Nel
caso di specie, una lavoratrice era stata licenziata per aver violato le
indicazioni con le quali l'azienda l’aveva invitata a svolgere le proprie
mansioni in posizione eretta.
A
causa delle sue particolari condizioni fisiche, infatti, la donna, pur svolgendo
interamente i compiti assegnatigli, era stata costretta ad alternare la posizione eretta a quella seduta.
Proprio
in considerazione dello stato fisico della lavoratrice, la Corte di Appello di
Brescia aveva ritenuto illegittimo il recesso, avendo altresì appurato,
attraverso le prove testimoniali, che le mansioni rese dalla stessa potevano
essere svolte correttamente anche in posizione seduta.
Avverso
questa sentenza, conclusasi con la condanna dell’azienda a reintegrare in servizio la dipendente ed a corrisponderle le retribuzioni
nel frattempo maturate, la società aveva adito la Cassazione.
Nel
confermare quanto disposto dalla Corte territoriale, gli ermellini hanno
precisato che l’impugnata pronuncia risultava fondata anche sulle risultanze di
una consulenza tecnica medico legale d'ufficio che aveva ribadito la
possibilità di svolgere in maniera corretta le predette mansioni anche stando
seduti.
Di
conseguenza, la Cassazione ha concluso negando che nella condotta posta in essere dalla
lavoratrice potessero ravvisarsi gli
estremi per il suo licenziamento.
Valerio
Pollastrini
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