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lunedì 5 gennaio 2015

Licenziamento per soppressione del posto di lavoro e obbligo di repechage

Nell’Ordinanza del 27 ottobre 2014, il Tribunale di Roma ha ritenuto legittimo il licenziamento intimato ad una dipendente a causa della soppressione della sua posizione lavorativa, nonostante, un mese prima del recesso, l’azienda avesse assunto un altro soggetto per l’espletamento di mansioni analoghe.

Nel caso di specie, il datore di lavoro aveva licenziato  l’addetta all’ufficio paghe, adducendo, quale ragione del recesso, la soppressione dell’intero reparto.

Nel contestare la veridicità della motivazione, la donna aveva convenuto in giudizio l’azienda, lamentando che, quand’anche la predetta esternalizzazione fosse realmente avvenuta, circostanza, tra l’altro, contestata nella lettera con la quale aveva impugnato il recesso, il datore di lavoro avrebbe dovuto  offrirle un impiego in posizioni alternative all’interno dell’azienda.

Investito della questione, il Tribunale ha preliminarmente accertato la reale sussistenza della riorganizzazione aziendale, circostanza confermata da un contratto di outsourcing con il quale il datore di lavoro aveva affidato ad un terzo la gestione del servizio.

Ciò rilevato, il giudice ha quindi affrontato la questione inerente al supposto obbligo di repechage, ricordando come il datore di lavoro che intenda licenziare per giustificato motivo oggettivo abbia l’onere di provare di non potere adibire il dipendente ad una mansione diversa da quella per la quale era stato assunto, anche inferiore, qualora trovasse il consenso dell’interessato.

In simili casi, l’onere probatorio del datore di lavoro, concernendo un fatto negativo, deve essere assolto dimostrando l’esistenza di correlativi fatti positivi, come, ad esempio, la circostanza che, al tempo del recesso, i residui posti di lavoro fossero stabilmente occupati o che, dopo il licenziamento, non sia stata effettuata alcuna nuova assunzione, intendendosi come tale un’assunzione a tempo indeterminato.

Sotto quest’ultimo profilo, in particolare, è proprio la durata del contratto instaurato con il nuovo assunto ad assumere rilevanza.

Nella vicenda in commento, infatti, il Tribunale ha optato per la legittimità del recesso proprio perché il nuovo lavoratore era stato assunto con un contratto a tempo determinato.

Parimenti irrilevante, inoltre, è stato ritenuto il mancato repechage, poiché il datore, benché all’epoca dell’instaurazione del nuovo rapporto fosse consapevole della sua esigenza organizzativa, non poteva proporre anche alla ricorrente un’assunzione a termine, quale alternativa al licenziamento.

Valerio Pollastrini

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