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venerdì 16 gennaio 2015

Licenziamento del disabile per mancato superamento del periodo di prova

Nella sentenza n.469 del 14 gennaio 2015, la Corte di Cassazione ha ricordato che il licenziamento del lavoratore disabile per mancato superamento del periodo di prova non richiede, necessariamente, una formale comunicazione delle ragioni del recesso.

Con ricorso, ritualmente depositato, una lavoratrice aveva esposto:

- di essere stata selezionata come appartenente a categoria protetta per un corso di tirocinio di sei mesi  presso un Ospedale di Roma, come addetta, rispettivamente, alle pulizie, al rifacimento dei letti e al servizio dei pasti ai malati;

- di essere stata assunta, al termine del tirocinio, come ausiliario specializzato con contratto a tempo indeterminato, comprensivo del patto di prova di sei mesi;

- che l’azienda ospedaliera aveva risolto il rapporto di lavoro per mancato superamento della prova.

Ciò premesso, aveva convenuto in giudizio l’azienda per sentir accertare l’illegittimità del recesso, con le conseguenze previste dall’art.18 dello Statuto dei  Lavoratori, oltre accessori.

La Corte di Appello di Roma aveva confermato, però, la pronuncia con la quale il Tribunale del primo grado aveva rigettato la domanda della ricorrente.

Nel pervenire a tale conclusione la Corte territoriale aveva osservato che la donna, nel rispetto della convenzione con la Provincia di Roma, era stata ammessa al tirocinio con la qualifica di ausiliario specializzato e che i suoi tutori esterni, destinati al controllo del regolare svolgimento del tirocinio, non avevano formulato alcun rilievo sul suo operato, pertanto,  detto rapporto  doveva considerarsi regolare sia sotto il profilo della costituzione che  riguardo al rispetto della normativa in materia.

La stessa Corte aveva poi aggiunto che, in seguito, la lavoratrice aveva stipulato un contratto a tempo indeterminato, nel quale era stata validamente inserita la  clausola del  patto di prova della durata di sei mesi e che la datrice di lavoro  aveva posto fine alla prova senza indicarne i motivi, che, tuttavia, non erano stati richiesti dalla ricorrente.

Investita della questione, la Cassazione ha ricordato che, secondo il costante orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, nell’ipotesi di patto di prova legittimamente stipulato con uno dei soggetti protetti, assunti in base alla normativa sul collocamento obbligatorio, il recesso dell’imprenditore durante tale periodo è sottratto alla disciplina limitativa del licenziamento individuale per quanto riguarda l’onere dell’adozione della forma scritta e non richiede, pertanto, una formale comunicazione delle ragioni del recesso.

In sostanza, in simili casi la manifestazione di volontà del datore di lavoro, in quanto riferita all’esperimento in corso, si qualifica come valutazione negativa della prova e comporta, senza necessità di ulteriori indicazioni, la definitiva e vincolante identificazione della ragione che giustifica l’esercizio del potere di recesso.

Per tale ragione, gli ermellini hanno confermato quanto disposto nell’impugnata sentenza.

Valerio Pollastrini

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