Nel
caso di specie, sia al legale rappresentante di una ditta di costruzioni che al coordinatore per la sicurezza in fase
di progettazione ed esecuzione era stato imputato di non avere impedito ad un lavoratore autonomo
di manovrare l'autopompa per il getto del calcestruzzo in vicinanza di una
linea elettrica ad alto voltaggio in funzionamento, così procurando la morte
per folgorazione di un operaio intento all'opera di sversamento del
calcestruzzo.
Dopo
che i giudizi del merito si erano conclusi con la condanna degli imputati, i
due avevano proposto ricorso per Cassazione, sostenendo, tra l’altro, che l'evento
suddetto sarebbe dovuto essere
addebitato, in via esclusiva, al menzionato lavoratore autonomo, la cui
inadeguata condotta non sarebbero stati
in grado di prevedere.
Investita
della questione, la Cassazione ha premesso che l’oggetto dell’imputazione
risultava costituito dalla mancata
applicazione “della procedura prevista
nel piano di sicurezza e di coordinamento, così come integrato dal piano
operativo della sicurezza, in relazione alle operazioni di getto di
calcestruzzo nella parete di contenimento posta al di sotto della linea
elettrica area alimentata a 8.400 volt, al fine di mantenere la distanza minima
di sicurezza di metri cinque tra il braccio dell'autopompa e i conduttori
elettrici”.
Dall’istruttoria,
inoltre, era emerso che quella stessa mattina il primo getto era stato
effettuato, nella piena ed evidente consapevolezza del rischio, sotto la direzione
di uno dei ricorrenti, il quale aveva impartito le disposizioni ritenute
necessarie al richiamato lavoratore autonomo. Senza contare che entrambi i
ricorrenti avevano già avuto modo di sperimentare concretamente la pericolosità
del sito, in quanto, appena qualche giorno prima, un altro operaio era stato coinvolto in un analogo incidente,
dal quale era uscito miracolosamente incolume, e che la gravità della
situazione aveva imposto riunioni tra alcuni esponenti della società, nell'interesse
della quale operava il soggetto che aveva materialmente eseguito la sciagurata
manovra, senza che si fosse acceduto alle misure preventive risolutive,
costituite dalla richiesta di disattivazione temporanea della linea o dell'uso
di congegni di autolimitazione del braccio dell'autobetoniera o di altri
efficaci ed effettive cautele.
Si
tratta di un addebito penale che, per gli ermellini, non può certo dirsi di
natura oggettiva. I due ricorrenti, infatti, erano stati condannati non già per
il mero fatto di ricoprire le qualifiche di cui si è detto, ma perché, ciascuno
di loro, per colpa, era venuto meno ai doveri di prevenzione antinfortunistica
derivanti dal ruolo rispettivamente ricoperto.
In
merito alla pretesa responsabilità esclusiva del lavoratore autonomo, la
Cassazione ha poi ricordato come, in materia di sicurezza, il garante debba
assicurare il bene dell'integrità fisica e della vita del garantito, il quale
da solo, per una pluralità di ragioni, non sarebbe in grado di tutelarsi pienamente.
Pertanto,
l’eventuale concorso (invero frequente) della colpa di altro soggetto, la cui
attività o anche sola presenza risulta legittimamente inserita nel processo
lavorativo, non elide affatto la penale responsabilità di chi rivesta la
funzione di garante, salvo l'emergere di condotte che, per la loro anomalia,
bizzarria o abnormità, non siano tali da indurre questi ad una precipua
preventiva percezione del rischio.
Tornando
al caso di specie, la Suprema Corte, non ravvisando i caratteri dell'anomalia o
dell'abnormità nella condotta del lavoratore autonomo, tali da recidere il
nesso di causalità, aveva ritenuto infondata la tesi sostenuta dagli imputati.
Sul
punto, gli ermellini hanno richiamato anche la consolidata giurisprudenza di
legittimità secondo la quale la colpa del lavoratore, eventualmente concorrente
con la violazione della normativa antinfortunistica addebitata ai soggetti
tenuti ad osservarne le disposizioni, non esime questi ultimi dalle proprie
responsabilità, poiché l'esistenza del rapporto di causalità tra la violazione
e l'evento morte o lesioni del lavoratore che ne sia conseguito può essere
esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del
lavoratore fu abnorme, e che proprio questa abnormità abbia dato causa
all'evento; abnormità che, per la sua stranezza e imprevedibilità si ponga al
di fuori delle possibilità di controllo dei garanti (1).
Del
resto, sempre a questo proposito, la
Cassazione aveva già avuto modo di affermare che “in materia di normativa antinfortunistica, l'obbligo del datore di
lavoro di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro si estende anche ai
soggetti che, nell’impresa, prestino la loro opera in via autonoma” (2).
Se,
infatti, è indiscutibile che il lavoratore autonomo ha l’obbligo di munirsi dei
presidi antinfortunistici connessi all'attività autonomamente prestata, è
altrettanto indiscutibile che sono a carico del datore di lavoro, che si avvale
della prestazione autonoma, da un lato, l'obbligo di garantire le condizioni di
sicurezza dell’ambiente ove detta opera
viene prestata, e, dall'altro, quello di fornire attrezzature adeguate e
rispondenti alla vigente normativa di sicurezza, nonché di informare il
prestatore d'opera dei rischi specifici esistenti sul luogo di lavoro (3).
Parimenti,
sulla base della dinamica ricostruita nel corso dell’istruttoria, doveva escludersi
che la stessa vittima avesse potuto, anche in misura minimale, aver concorso
all’incidente.
Queste,
in sostanza, le condizioni in base alle quali la Cassazione ha rigettato il
ricorso.
Valerio
Pollastrini
1)
–
Cass., Sentenza n.23292 del 28 aprile 2011; Cass., Sentenza n.35204 del 12
maggio 2011; Cass., Sentenza n.7267 del
10 novembre 2009; Cass., Sentenza n.15009 del 17 febbraio 2009; Cass., Sentenza n.25532
del 23 maggio 2007; Cass., Sentenza
n.25502 del 19 aprile 2007; Cass., Sentenza n.21587 del 23 marzo 2007; Cass.,
Sentenza n.47146 del 29 settembre 2005;
Cass., Sentenza n.38850 del 23 giugno
2005;
2)
-
v. di recente, Cass., Sentenza 25 maggio 2007-3 ottobre 2007;
3)
-
v. artt.4 e seguenti del D.P.R. n.547 del 27 aprile 1955; il D.Lgs. n.626 del 19 settembre 1994; l’art.2087 c.c.;
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