Nel
caso di specie, una dipendente, premesso di aver subito un infortunio sul
lavoro in data 10 settembre 2001, aveva convenuto l'Inail innanzi al Tribunale
di Sulmona per sentir accertare il diritto alla corresponsione di una indennità
rapportata all'accertato grado di inabilità.
Instaurato
il contraddittorio, l'Istituto assicuratore aveva eccepito la prescrizione
triennale dell'azione avversa, ai sensi dell'art.112 del D.P.R. n.1124/1965, e,
comunque, l'infondatezza della domanda.
Il
Tribunale aveva rilevato che il primo certificato medico di infortunio era
stato trasmesso in data 13 settembre 2001 e che il modulo contenente, tra
l'altro, la descrizione delle cause e delle circostanze dell'evento lesivo era
stato sottoscritto dall'infortunata in data 23 ottobre 2001.
Conseguentemente
aveva ritenuto che l'atto interruttivo rappresentato dalla domanda giudiziale
fosse intervenuto oramai decorso il termine di tre anni e 150 giorni.
Successivamente,
la Corte di Appello di L'Aquila, pur avendo accertato che il triennio ed il
termine di 150 giorni per l'adozione del provvedimento fossero oramai decorsi
al momento della proposizione dell'atto introduttivo del giudizio, aveva
ritenuto che la prescrizione dovesse restare sospesa per tutto il corso degli
accertamenti amministrativi anche oltre la scadenza del termine di 150 giorni
previsto dall'art.111, comma 3, del D.P.R. n.1124/1165.
Avverso
questa sentenza, l’Inail aveva proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che
la corretta interpretazione della normativa di riferimento avrebbe imposto di
far decorrere il termine triennale di prescrizione dalla data di scadenza del
periodo di sospensione, che non può eccedere i 150 giorni decorrenti dall’avvio
del procedimento amministrativo, con la conseguente declaratoria della
prescrizione del diritto avverso per essere stato depositato il ricorso dopo la
scadenza del termine triennale come sopra determinato.
Investita
della questione, la Cassazione ha ritenuto fondata la predetta censura.
Nella
premessa, gli ermellini hanno richiamato le seguenti disposizioni del citato D.P.R.
n.1124/1965, contenente il Testo Unico delle disposizioni per l'assicurazione
obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali,
rilevanti ai fini del decidere:
-
Art.112,
comma 1:"L'azione per conseguire le
prestazioni di cui al presente titolo si prescrive nel termine di tre anni dal
giorno dell’infortunio o da quello della manifestazione della malattia professionale";
-
Art.112,
comma 4:"La prescrizione dell'azione
di cui al primo comma è interrotta quando gli aventi diritto all'indennità,
ritenendo trattarsi di infortunio disciplinato dal titolo secondo del presente
decreto, abbiano iniziato o proseguito le pratiche amministrative o l'azione
giudiziaria in conformità delle relative norme";
-
Art.111,
comma 1: "Il procedimento
contenzioso non può essere istituito se non dopo esaurite tutte le pratiche
prescritte dal presente titolo per la liquidazione amministrativa delle indennità";
-
Art.111,
comma 2: "La prescrizione prevista
dall'art. 112 del presente decreto rimane sospesa durante la liquidazione
amministrativa dell’indennità";
-
Art.111,
comma 3: "Tale liquidazione,
peraltro, deve essere esaurita nel termine di centocinquanta giorni, per il procedimento
previsto dall’art.104 (liquidazione dell'indennità) e di duecentodieci per
quello indicato dall'art.83 (revisione della rendita). Trascorsi tali termini
senza che la liquidazione sia avvenuta, l'interessato ha facoltà di proporre
l'azione giudiziaria";
La
Suprema Corte ha poi aggiunto che il precedente art.104 prevede un ricorso,
motivato e documentato, dell'avente diritto allo stesso Inail contro il diniego
di prestazione, con possibilità di adire l’autorità giudiziaria solo dopo il
rigetto, espresso, oppure manifestato attraverso il silenzio.
Ponendo
fine alla premessa, inoltre, gli ermellini hanno sottolineato che gli intervalli di 150 e 210
giorni corrispondono alla somma del periodo di complessivi 120 giorni,
contemplato proprio dall'art.104 per la fase contenziosa amministrativa, ai
periodi previsti, rispettivamente, per la liquidazione della rendita di
inabilità (30 giorni) e per la decisione sulla domanda di revisione della
misura della rendita per aggravamento (90 giorni).
In
proposito, con sentenza n.783 del 16 novembre 1999, le Sezioni Unite della
Cassazione hanno risolto il contrasto di giurisprudenza insorto sulla
possibilità di interrompere la prescrizione prevista dalle disposizioni ora
citate attraverso atti stragiudiziali, affermando il seguente principio di
diritto: "la prescrizione delle
azioni per conseguire le prestazioni dell'Inail può essere interrotta, secondo
le norme del codice civile, anche con atti stragiudiziali, né l'efficacia
sospensiva della prescrizione, prevista dall'art.111, secondo comma, dello
stesso D.P.R., esclude l'efficacia interruttiva, che permane fino alla
definizione del procedimento amministrativo di liquidazione".
Da
alcuni passaggi della motivazione di tale decisione, successive pronunce della
Corte di legittimità hanno tratto argomento per sostenere che "il termine di prescrizione delle azioni per
conseguire le prestazioni dell’Inail di cui all'art.112 del D.P.R. n.1124/1965
è sospeso durante la pendenza del procedimento amministrativo, anche ove questo
non si concluda nel termine di 150 giorni previsto dalla legge" (1).
Tuttavia,
nella pronuncia in commento, la Cassazione ha aderito ad un diverso
orientamento giurisprudenziale, ai sensi del quale la prescrizione triennale
del diritto alle prestazioni previdenziali previste in tema di infortuni e
malattie professionali nel settore industriale è soggetta ad un unico periodo
di sospensione della durata massima di centocinquanta giorni, collegato alla
pendenza dal procedimento amministrativo, indipendentemente dal momento in cui
il relativo iter venga di fatto a concludersi (2).
In
sostanza, secondo tale indirizzo lo scadere del termine di 150 giorni previsto
per la liquidazione in via amministrativa comporta la formazione del
silenzio-rigetto e l’esaurimento del procedimento amministrativo, ragione della
sospensione della prescrizione, sicché non vi sarebbe giustificazione del
protrarsi della sospensione oltre tale termine.
Si
tratta di un’interpretazione che trova conforto nel fatto che la
predeterminazione ex lege del periodo
massimo di sospensione risponde ad esigenze di carattere pubblicistico, quali
la celerità degli accertamenti volti al riconoscimento della tutela
assicurativa in prossimità dei fatti, che non consentono di attribuire
rilevanza, rispetto a tale interesse generale, ad un interesse personale al
prolungamento del termine di sospensione fino a comprendervi tutto l’iter amministrativo.
Ulteriore
conforto alla tesi accolta, inoltre, deriva da una recente pronuncia delle
Sezioni Unite della Cassazione che, proprio in materia di previdenza e
assistenza obbligatorie, ha sancito il principio di diritto per il quale "il decorso della prescrizione, che comincia
solo se e quando il diritto può essere fatto valere, è sospeso durante il tempo
di formazione del silenzio rifiuto a norma dell’art.7 della Legge n.533/1973, che stabilisce che la richiesta all'istituto
assicuratore di una prestazione di previdenza o assistenza si intende respinta,
a tutti gli effetti di legge, quando siano trascorsi 120 giorni dalla data
della sua presentazione, senza che l’Istituto si sia pronunciato - nonché
durante il tempo in cui la domanda è improcedibile per non essere ancora decorso, in generale, il
termine di centottanta giorni dalla data in cui è stato proposto il ricorso
amministrativo, ovvero, in particolare, per non essere ancora esauriti i procedimenti
prescritti date leggi speciali per la composizione in sede amministrativa
ovvero decorsi i termini ivi fissati per il compimento dei procedimenti stessi"
(3).
Il
sistema così delineato appare coerente con il principio generale del
contenzioso previdenziale, per il quale una volta che l'assicurato abbia
proposto una domanda amministrativa di prestazione, vi devono essere tempi
certi per la sua definizione, sia in sede amministrativa, che in quella
giudiziaria (4).
Da
ultimo, ma non per importanza, occorre rilevare come la soluzione adottata
nella pronuncia in commento risulti conforme alla lettura della disciplina in
esame offerta dalla Corte Costituzionale, che, nella sentenza n.207/1997, aveva
ribadito la congruità del termine prescrizionale di tre anni previsto dall'art.112
del D.P.R. n.1124/1965, "anzitutto
in ragione della specialità del sistema in cui esso si inserisce, ma
soprattutto avuto riguardo alla funzione a cui il termine stesso risponde, nel
garantire all'INAIL un accertamento tempestivo degli elementi posti a base
della denuncia e, contemporaneamente, nell’assicurare all'interessato un rapido
conseguimento della prestazione. Appare invero evidente la necessità oggettiva
di pervenire ad una pronta ricerca dei fatti, potendo un'attesa superiore ai
tre anni pregiudicare la raccolta di prove utili a verificare il rapporto
eziologico tra infortunio (o malattia) ed evento ai fini della risarcibilità”.
Sulla
base di queste considerazioni, che portano
"ad escludere la necessità razionale
di una più lunga prescrizione", la Corte Costituzionale aveva negato
"la fondatezza della tesi, con cui a
tale risultato si vorrebbe sostanzialmente pervenire prolungando la sospensione
della stessa", anche oltre i termini prescritti e per la durata
effettiva della procedura amministrativa, pur quando "disposta un'inchiesta pretorile di durata superiore a 150 giorni".
Per
la Consulta, in sostanza, "l'aver
sancito un arco temporale di 150 giorni durante i quali, da una parte l’azione
non può essere esercitata e, dall’altra, la prescrizione stessa non decorre, ha
solo il senso di evitare un inutile contenzioso permettendo la definizione in
via amministrativa".
Una
volta venuta meno, con il silenzio serbato dall'Istituto oltre i termini
prescritti, "la relazione tra fase
amministrativa ed effetto sospensivo della prescrizione", la stessa
riprende a decorrere, con "un
meccanismo del tutto ragionevole e coerente con le esigenze già illustrate. Esso,
non solo non ostacola, ..., ma viceversa agevola il conseguimento dei mezzi
adeguati di cui all’art.38 Cost.; e ciò in ragione proprio del carattere
sollecitatorio sotteso a tutta la sequenza avviata dalla denuncia
dell’infortunio”.
Ogni
"ritardo procedimentale",
così aveva concluso la Corte Costituzionale, "trova
adeguata risposta nella già prevista facoltà di adire il giudice non appena
formatosi il silenzio-rifiuto".
Sulla
base di tutte le considerazioni di cui fin qui si è detto, la Cassazione,
accolto il ricorso, ha rinviato la sentenza impugnata alla Corte di Appello
indicata in dispositivo, che dovrà uniformarsi al seguente principio di
diritto:
"La
sospensione della prescrizione triennale dell'azione per il riconoscimento
delle prestazioni da infortunio sul lavoro e malattie professionali, di cui
all'articolo 111, comma 2, del D.P.R. n.1124
del 30 giugno 1965, opera limitatamente
al decorso dei 150 giorni previsti per la liquidazione amministrativa delle
indennità dal terzo comma della stessa disposizione. La mancata pronuncia
definitiva dell'INAIL entro il suddetto temine configura una ipotesi di “silenzio
significativo” della reiezione dell'Istanza dell'assicurato o comporta, quindi,
l'esaurimento del procedimento amministrativo e, con esso, la cessazione della
sospensione della prescrizione.
Valerio
Pollastrini
1)
-
Cass., Sentenza n.15322/2007; Cass., Sentenza n.1917/2006; Cass., Sentenza n.21539/2006; Cass., Sentenza n.15733/2013;
2)
-
tra le numerose decisioni in tal senso: Cass., Sentenza n.2662/1991; Cass.,
Sentenza n.5992/1995; Cass., Sentenza n.12968/1995; Cass., Sentenza n.15343/2002;
Cass., Sentenza n.12553/2004; Cass., Sentenza n.25261/2007; Cass., Sentenza
n.14770/2008; Cass., Sentenza n.17822/2011; Cass., Sentenza n.10776/2012; Cass.,
Sentenza n.14212/2013;
3)
-
Cass. SS.UU., Sentenza n.5572 del 6 aprile 2012;
4)
-
sul punto v. Cass., Sentenza n.14212/2013 e Cass., Sentenza n.10776/2012;
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