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domenica 18 gennaio 2015

Inabilità: termine prescrizionale per la richiesta della rendita Inail

Nella sentenza n.211 del 12 gennaio 2015, la Corte di Cassazione ha ribadito che, in materia di infortuni e malattie professionali, la prescrizione triennale del diritto alle prestazioni previdenziali è soggetta ad un unico periodo di sospensione della durata massima di centocinquanta giorni, collegato alla pendenza del procedimento amministrativo, indipendentemente dal momento in cui il relativo iter venga di fatto a concludersi.

Nel caso di specie, una dipendente, premesso di aver subito un infortunio sul lavoro in data 10 settembre 2001, aveva convenuto l'Inail innanzi al Tribunale di Sulmona per sentir accertare il diritto alla corresponsione di una indennità rapportata all'accertato grado di inabilità.

Instaurato il contraddittorio, l'Istituto assicuratore aveva eccepito la prescrizione triennale dell'azione avversa, ai sensi dell'art.112 del D.P.R. n.1124/1965, e, comunque, l'infondatezza della domanda.

Il Tribunale aveva rilevato che il primo certificato medico di infortunio era stato trasmesso in data 13 settembre 2001 e che il modulo contenente, tra l'altro, la descrizione delle cause e delle circostanze dell'evento lesivo era stato sottoscritto dall'infortunata in data 23 ottobre 2001.

Conseguentemente aveva ritenuto che l'atto interruttivo rappresentato dalla domanda giudiziale fosse intervenuto oramai decorso il termine di tre anni e 150 giorni.

Successivamente, la Corte di Appello di L'Aquila, pur avendo accertato che il triennio ed il termine di 150 giorni per l'adozione del provvedimento fossero oramai decorsi al momento della proposizione dell'atto introduttivo del giudizio, aveva ritenuto che la prescrizione dovesse restare sospesa per tutto il corso degli accertamenti amministrativi anche oltre la scadenza del termine di 150 giorni previsto dall'art.111, comma 3, del D.P.R. n.1124/1165.

Avverso questa sentenza, l’Inail aveva proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che la corretta interpretazione della normativa di riferimento avrebbe imposto di far decorrere il termine triennale di prescrizione dalla data di scadenza del periodo di sospensione, che non può eccedere i 150 giorni decorrenti dall’avvio del procedimento amministrativo, con la conseguente declaratoria della prescrizione del diritto avverso per essere stato depositato il ricorso dopo la scadenza del termine triennale come sopra determinato.

Investita della questione, la Cassazione ha ritenuto fondata la predetta censura.

Nella premessa, gli ermellini hanno richiamato  le seguenti disposizioni del citato D.P.R. n.1124/1965, contenente il Testo Unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, rilevanti ai fini del decidere: 

-         Art.112, comma 1:"L'azione per conseguire le prestazioni di cui al presente titolo si prescrive nel termine di tre anni dal giorno dell’infortunio o da quello della manifestazione della malattia professionale";

-         Art.112, comma 4:"La prescrizione dell'azione di cui al primo comma è interrotta quando gli aventi diritto all'indennità, ritenendo trattarsi di infortunio disciplinato dal titolo secondo del presente decreto, abbiano iniziato o proseguito le pratiche amministrative o l'azione giudiziaria in conformità delle relative norme";

-         Art.111, comma 1: "Il procedimento contenzioso non può essere istituito se non dopo esaurite tutte le pratiche prescritte dal presente titolo per la liquidazione amministrativa delle indennità";

-         Art.111, comma 2: "La prescrizione prevista dall'art. 112 del presente decreto rimane sospesa durante la liquidazione amministrativa dell’indennità";

-         Art.111, comma 3: "Tale liquidazione, peraltro, deve essere esaurita nel termine di centocinquanta giorni, per il procedimento previsto dall’art.104 (liquidazione dell'indennità) e di duecentodieci per quello indicato dall'art.83 (revisione della rendita). Trascorsi tali termini senza che la liquidazione sia avvenuta, l'interessato ha facoltà di proporre l'azione giudiziaria";

La Suprema Corte ha poi aggiunto che il precedente art.104 prevede un ricorso, motivato e documentato, dell'avente diritto allo stesso Inail contro il diniego di prestazione, con possibilità di adire l’autorità giudiziaria solo dopo il rigetto, espresso, oppure manifestato attraverso il silenzio.

Ponendo fine alla premessa, inoltre, gli ermellini hanno  sottolineato che gli intervalli di 150 e 210 giorni corrispondono alla somma del periodo di complessivi 120 giorni, contemplato proprio dall'art.104 per la fase contenziosa amministrativa, ai periodi previsti, rispettivamente, per la liquidazione della rendita di inabilità (30 giorni) e per la decisione sulla domanda di revisione della misura della rendita per aggravamento (90 giorni).

In proposito, con sentenza n.783 del 16 novembre 1999, le Sezioni Unite della Cassazione hanno risolto il contrasto di giurisprudenza insorto sulla possibilità di interrompere la prescrizione prevista dalle disposizioni ora citate attraverso atti stragiudiziali, affermando il seguente principio di diritto: "la prescrizione delle azioni per conseguire le prestazioni dell'Inail può essere interrotta, secondo le norme del codice civile, anche con atti stragiudiziali, né l'efficacia sospensiva della prescrizione, prevista dall'art.111, secondo comma, dello stesso D.P.R., esclude l'efficacia interruttiva, che permane fino alla definizione del procedimento amministrativo di liquidazione".

Da alcuni passaggi della motivazione di tale decisione, successive pronunce della Corte di legittimità hanno tratto argomento per sostenere che "il termine di prescrizione delle azioni per conseguire le prestazioni dell’Inail di cui all'art.112 del D.P.R. n.1124/1965 è sospeso durante la pendenza del procedimento amministrativo, anche ove questo non si concluda nel termine di 150 giorni previsto dalla legge" (1).

Tuttavia, nella pronuncia in commento, la Cassazione ha aderito ad un diverso orientamento giurisprudenziale, ai sensi del quale la prescrizione triennale del diritto alle prestazioni previdenziali previste in tema di infortuni e malattie professionali nel settore industriale è soggetta ad un unico periodo di sospensione della durata massima di centocinquanta giorni, collegato alla pendenza dal procedimento amministrativo, indipendentemente dal momento in cui il relativo iter venga di fatto a concludersi (2).

In sostanza, secondo tale indirizzo lo scadere del termine di 150 giorni previsto per la liquidazione in via amministrativa comporta la formazione del silenzio-rigetto e l’esaurimento del procedimento amministrativo, ragione della sospensione della prescrizione, sicché non vi sarebbe giustificazione del protrarsi della sospensione oltre tale termine.

Si tratta di un’interpretazione che trova conforto nel fatto che la predeterminazione ex lege del periodo massimo di sospensione risponde ad esigenze di carattere pubblicistico, quali la celerità degli accertamenti volti al riconoscimento della tutela assicurativa in prossimità dei fatti, che non consentono di attribuire rilevanza, rispetto a tale interesse generale, ad un interesse personale al prolungamento del termine di sospensione fino a comprendervi tutto l’iter amministrativo.

Ulteriore conforto alla tesi accolta, inoltre, deriva da una recente pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione che, proprio in materia di previdenza e assistenza obbligatorie, ha sancito il principio di diritto per il quale "il decorso della prescrizione, che comincia solo se e quando il diritto può essere fatto valere, è sospeso durante il tempo di formazione del silenzio rifiuto a norma dell’art.7 della Legge n.533/1973, che stabilisce che la richiesta all'istituto assicuratore di una prestazione di previdenza o assistenza si intende respinta, a tutti gli effetti di legge, quando siano trascorsi 120 giorni dalla data della sua presentazione, senza che l’Istituto si sia pronunciato - nonché durante il tempo in cui la domanda è improcedibile  per non essere ancora decorso, in generale, il termine di centottanta giorni dalla data in cui è stato proposto il ricorso amministrativo, ovvero, in particolare, per non essere ancora esauriti i procedimenti prescritti date leggi speciali per la composizione in sede amministrativa ovvero decorsi i termini ivi fissati per il compimento dei procedimenti stessi" (3).

Il sistema così delineato appare coerente con il principio generale del contenzioso previdenziale, per il quale una volta che l'assicurato abbia proposto una domanda amministrativa di prestazione, vi devono essere tempi certi per la sua definizione, sia in sede amministrativa, che in quella giudiziaria (4).

Da ultimo, ma non per importanza, occorre rilevare come la soluzione adottata nella pronuncia in commento risulti conforme alla lettura della disciplina in esame offerta dalla Corte Costituzionale, che, nella sentenza n.207/1997, aveva ribadito la congruità del termine prescrizionale di tre anni previsto dall'art.112 del D.P.R. n.1124/1965, "anzitutto in ragione della specialità del sistema in cui esso si inserisce, ma soprattutto avuto riguardo alla funzione a cui il termine stesso risponde, nel garantire all'INAIL un accertamento tempestivo degli elementi posti a base della denuncia e, contemporaneamente, nell’assicurare all'interessato un rapido conseguimento della prestazione. Appare invero evidente la necessità oggettiva di pervenire ad una pronta ricerca dei fatti, potendo un'attesa superiore ai tre anni pregiudicare la raccolta di prove utili a verificare il rapporto eziologico tra infortunio (o malattia) ed evento ai fini della risarcibilità”.

Sulla base di queste considerazioni,  che portano "ad escludere la necessità razionale di una più lunga prescrizione", la Corte Costituzionale aveva negato "la fondatezza della tesi, con cui a tale risultato si vorrebbe sostanzialmente pervenire prolungando la sospensione della stessa", anche oltre i termini prescritti e per la durata effettiva della procedura amministrativa, pur quando "disposta un'inchiesta pretorile  di durata superiore a 150 giorni".

Per la Consulta, in sostanza, "l'aver sancito un arco temporale di 150 giorni durante i quali, da una parte l’azione non può essere esercitata e, dall’altra, la prescrizione stessa non decorre, ha solo il senso di evitare un inutile contenzioso permettendo la definizione in via amministrativa".

Una volta venuta meno, con il silenzio serbato dall'Istituto oltre i termini prescritti, "la relazione tra fase amministrativa ed effetto sospensivo della prescrizione", la stessa riprende a decorrere, con "un meccanismo del tutto ragionevole e coerente con le esigenze già illustrate. Esso, non solo non ostacola, ..., ma viceversa agevola il conseguimento dei mezzi adeguati di cui all’art.38 Cost.; e ciò in ragione proprio del carattere sollecitatorio sotteso a tutta la sequenza avviata dalla denuncia dell’infortunio”.

Ogni "ritardo procedimentale", così aveva concluso la Corte Costituzionale,  "trova adeguata risposta nella già prevista facoltà di adire il giudice non appena formatosi il silenzio-rifiuto".

Sulla base di tutte le considerazioni di cui fin qui si è detto, la Cassazione, accolto il ricorso, ha rinviato la sentenza impugnata alla Corte di Appello indicata in dispositivo, che dovrà uniformarsi al seguente principio di diritto:

"La sospensione della prescrizione triennale dell'azione per il riconoscimento delle prestazioni da infortunio sul lavoro e malattie professionali, di cui all'articolo 111, comma 2, del  D.P.R. n.1124 del 30 giugno 1965,  opera limitatamente al decorso dei 150 giorni previsti per la liquidazione amministrativa delle indennità dal terzo comma della stessa disposizione. La mancata pronuncia definitiva dell'INAIL entro il suddetto temine configura una ipotesi di “silenzio significativo” della reiezione dell'Istanza dell'assicurato o comporta, quindi, l'esaurimento del procedimento amministrativo e, con esso, la cessazione della sospensione della prescrizione.

Valerio Pollastrini

 
1)      - Cass., Sentenza n.15322/2007; Cass., Sentenza n.1917/2006;  Cass., Sentenza n.21539/2006;  Cass., Sentenza n.15733/2013;
2)      - tra le numerose decisioni in tal senso: Cass., Sentenza n.2662/1991; Cass., Sentenza n.5992/1995; Cass., Sentenza n.12968/1995; Cass., Sentenza n.15343/2002; Cass., Sentenza n.12553/2004; Cass., Sentenza n.25261/2007; Cass., Sentenza n.14770/2008; Cass., Sentenza n.17822/2011; Cass., Sentenza n.10776/2012; Cass., Sentenza n.14212/2013;
3)      - Cass. SS.UU., Sentenza n.5572 del 6 aprile 2012;
4)      - sul punto v. Cass., Sentenza n.14212/2013 e Cass., Sentenza n.10776/2012;

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