Nel caso
di specie, il dipendente di un supermercato era stato licenziato per aver in
più occasioni, tutte all’interno di un breve arco temporale, furtivamente
sottratto dagli scaffali alcune confezioni di vino in scatola, per poi
consumarle nello stesso luogo di lavoro ivi abbandonandone i vuoti.
Detta
condotta, risultava accertata dalle testimonianze dei colleghi e dalle riprese
delle telecamere di sorveglianza.
Tuttavia,
la Corte di Appello di Catanzaro, in riforma della decisione resa dal Tribunale
del primo grado, aveva ritenuto il recesso illegittimo.
In
particolare, la Corte territoriale aveva ritenuto che la massima sanzione
espulsiva fosse sproporzionata rispetto alla gravità della condotta posta in
essere dal dipendente, poiché reiterata in un breve periodo, coincidente,
presumibilmente, con la sua difficile condizione lavorativa, psicologica ed
ambientale nella contingenza attraversata, nonché tenuto conto della precedente condotta e delle
mansioni svolte.
Investita
della questione, la Cassazione ha confermato la validità del procedimento
logico in virtù del quale la Corte del merito aveva giudicato il licenziamento
illegittimo.
Gli
ermellini, infatti, hanno osservato come l’azione dell’impossessamento invito domino fosse meramente funzionale
al soddisfacimento di un bisogno di consumo immediato e limitato, una condotta
che, in quanto manifestatasi all’improvviso, appare idonea a riflettere una anomala condizione di
disagio da parte di un lavoratore che in precedenza non aveva suscitato
particolari problemi in azienda.
Ciò, nella
specie, risultava acclarato anche in considerazione delle condizioni di salute
dei familiari del dipendente, dalla moglie in stato di gravidanza a rischio, al
figlio di quattro anni con problemi respiratori, evenienze che non di rado possono spingere ad
indulgere verso "rimedi" discutibili e socialmente censurabili ma
soggettivamente percepiti come necessario sollievo.
Valerio
Pollastrini
Nessun commento:
Posta un commento