Beneficiari
del provvedimento sono i datori di
lavoro privati, indipendentemente dal settore di appartenenza, compresi quelli
agricoli, per i quali, tuttavia, il comma 119 ha previsto alcune limitazioni.
In
questi giorni si è posto il dubbio se detto esonero abbia natura
di “agevolazione contributiva”, oppure rappresenti una riduzione strutturale
del costo del lavoro per la tipologia contrattuale di riferimento, seppure per
un limitato periodo di tempo.
Si
tratta di una differenza sostanziale, in quanto, qualora l’intervento normativo
rientrasse nell’alveo delle agevolazioni contributive, le aziende sarebbero costrette
a rispettare ulteriori condizioni rispetto a quelle poste dalla manovra, quali la
regolarità contributiva, l’osservanza delle norme poste a tutela delle condizioni
di lavoro, il rispetto degli accordi e
contratti collettivi nazionali, di quelli regionali, territoriali o aziendali,
laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente
più rappresentative sul piano nazionale, nonché il rispetto dei principi
fissati dall’articolo 4, commi 12, 13 e 15, della Legge n.92/2012.
Questi
ultimi, in particolare, stabiliscono che tutte le tipologie di incentivo all'assunzione non spettano:
-
se l'assunzione
costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di
legge o dalla contrattazione collettiva;
-
se l'assunzione viola il diritto di
precedenza, stabilito dalla legge o dal
contratto collettivo, alla riassunzione di un altro lavoratore
licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a
termine;
-
per
il periodo compreso tra la decorrenza del rapporto agevolato e la data della
tardiva comunicazione telematica
obbligatoria inerente all'instaurazione del rapporto di lavoro.
A
questo proposto, il nuovo beneficio introdotto dalla Legge di Stabilità, sia
nell’estensione generalizzata della riduzione contributiva, che nell’utilizzo
del termine “esonero”, in luogo di altre locuzioni più identificative di una agevolazione,
porterebbe ad escludere che si tratti di un’agevolazione contributiva, in senso
proprio, che, come detto, imporrebbe alle aziende il rispetto dei vincoli sopra
richiamati.
Una
problematica ulteriore, inoltre, è quella
relativa alla connessione tra il provvedimento in commento ed i dettami
comunitari.
Sul
punto, giova premettere, che in quanto generalizzato su tutto il territorio
nazionale e privo di criteri selettivi, il beneficio appare compatibile con il Trattato
sul Funzionamento dell’Unione Europea, il cui Art.107 dispone espressamente: “Salvo deroghe contemplate dai trattati, sono
incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi
tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali,
sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni,
falsino o minaccino di falsare la concorrenza”.
Parimenti,
la mancanza di un criterio selettivo di imprese o di produzioni sembrerebbe
escludere il nuovo beneficio anche dal campo di applicazione del Regolamento
Comunitario n.651/2014 e, dunque, si ritiene che non trovino applicazione le
condizioni fissate dall’Unione Europea relative alla soglia massima del 50% dei
costi salariali sostenuti durante i 12 mesi successivi all'assunzione e,
soprattutto, quello dell’aumento netto del
numero di dipendenti dell'impresa interessata (criterio ULA), rispetto alla
media dei dodici mesi precedenti.
Per
completezza di esposizione, appare utile rilevare che tutte le conclusioni appena
espresse trovano conferma nell’interpretazione recentemente fornita dalla
Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro nella Circolare n.1 del 7 gennaio
2015.
Tuttavia,
prima di poter giudicare chiusa la questione, è necessario attendere gli
eventuali chiarimenti ministeriali.
Valerio
Pollastrini
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